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Liquidazione giudiziale: quando si apre la procedura

Il Tribunale di Ancona, con sentenza del 01/07/2025 nel caso R.G. 52-1/2025, ha dichiarato aperta la procedura di liquidazione giudiziale nei confronti di una ditta individuale. La decisione si fonda sullo stato di insolvenza dell’impresa, evidenziato da ingenti debiti verso ex dipendenti, fisco e enti previdenziali, e sulla mancata costituzione in giudizio della debitrice, che non ha così assolto all’onere di provare la sussistenza dei requisiti dimensionali per evitare la procedura.

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Pubblicato il 8 luglio 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile

La Liquidazione Giudiziale: Analisi di un Caso Pratico

La liquidazione giudiziale rappresenta il principale strumento previsto dal Codice della Crisi d’Impresa per gestire le situazioni di insolvenza irreversibile. Analizziamo una recente sentenza del Tribunale di Ancona per comprendere i presupposti concreti che portano alla sua apertura, con un focus particolare sullo stato di insolvenza e sull’onere della prova a carico del debitore.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dal ricorso di due creditori, ex dipendenti, che lamentavano il mancato pagamento di retribuzioni per un importo significativo. I ricorrenti avevano già ottenuto provvedimenti giudiziari a loro favore, ma i tentativi di pignoramento presso la sede dell’impresa individuale debitrice e presso la residenza della titolare si erano rivelati infruttuosi.

Dalle verifiche effettuate dal Tribunale, è emersa una situazione debitoria ben più grave: oltre al debito verso gli ex dipendenti, l’impresa presentava rilevanti pendenze con l’Agenzia delle Entrate e con gli enti previdenziali, per un ammontare complessivo superiore a 130.000 euro. Nonostante la rituale notifica, la titolare dell’impresa non si è costituita in giudizio per l’udienza fissata.

La Decisione del Tribunale: Apertura della Liquidazione Giudiziale

Di fronte a questo quadro, il Tribunale di Ancona ha accolto il ricorso e dichiarato l’apertura della liquidazione giudiziale. La corte ha ritenuto sussistenti sia la qualità di impresa commerciale della debitrice, sia il suo stato di insolvenza. Conseguentemente, ha nominato un giudice delegato e un curatore, incaricato di gestire la procedura, e ha fissato i termini per l’accertamento del passivo e la presentazione delle domande di insinuazione da parte dei creditori.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione del Tribunale si fonda su due pilastri argomentativi fondamentali.

L’Insolvenza e i Debiti Scaduti

Il primo presupposto è lo stato di insolvenza, definito come l’incapacità dell’imprenditore di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni. Il Tribunale ha accertato tale stato non solo sulla base del debito verso i ricorrenti, ma considerando l’intera esposizione debitoria, che includeva debiti fiscali e contributivi ingenti e definitivamente accertati. La corte ha sottolineato come l’ammontare complessivo dei debiti scaduti e non pagati superasse abbondantemente la soglia prevista dall’art. 49 del Codice della Crisi, rendendo manifesta l’incapacità dell’impresa di proseguire l’attività.

L’Inversione dell’Onere della Prova a Carico del Debitore

Il secondo punto, di cruciale importanza pratica, riguarda l’onere della prova. La legge presume che un’impresa commerciale sia soggetta a liquidazione giudiziale, a meno che il debitore stesso non dimostri di trovarsi al di sotto di determinate soglie dimensionali (patrimoniali e reddituali) previste dall’art. 2 del CCII. Nel caso di specie, la debitrice, non costituendosi in giudizio, non ha fornito alcuna prova in tal senso. Il Tribunale, richiamando un consolidato orientamento della Cassazione, ha concluso che tale omissione impedisce di superare la presunzione di assoggettabilità alla procedura.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza offre spunti di riflessione essenziali. In primo luogo, conferma che lo stato di insolvenza viene valutato sulla base dell’intero quadro debitorio dell’impresa e non solo sulla posizione del singolo creditore istante. In secondo luogo, evidenzia una conseguenza processuale fondamentale: un imprenditore che riceve un ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale ha l’onere di partecipare attivamente al procedimento e dimostrare, se ne ricorrono i presupposti, la propria ‘non fallibilità’. La mancata difesa in giudizio viene interpretata come un elemento a sfavore, che facilita la dichiarazione di apertura della procedura concorsuale. Per i creditori, ciò rafforza l’efficacia dello strumento della liquidazione come mezzo per accertare e gestire l’insolvenza del proprio debitore.

Quando un’impresa è considerata in ‘stato di insolvenza’? Un’impresa è in stato di insolvenza quando non è più in grado di pagare regolarmente i propri debiti. Come dimostra la sentenza, tale condizione viene accertata analizzando l’insieme dei debiti scaduti e non pagati verso dipendenti, fornitori, fisco ed enti previdenziali.

Cosa succede se un imprenditore ignora la convocazione del tribunale per la liquidazione giudiziale? Se l’imprenditore non si costituisce in giudizio, perde l’opportunità di dimostrare che la sua impresa si trova al di sotto delle soglie dimensionali previste dalla legge per evitare la procedura. Di conseguenza, il tribunale può ritenere provati i presupposti per l’apertura della liquidazione giudiziale.

Quali sono i primi passi dopo la sentenza che apre la liquidazione giudiziale? Il tribunale nomina un giudice delegato per supervisionare la procedura e un curatore per amministrare i beni del debitore. Viene fissata una data per l’esame delle passività e un termine entro cui i creditori devono presentare al curatore le loro domande di ammissione al passivo, tramite posta elettronica certificata (PEC).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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