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Codice Civile
Codice Penale

Il Giudice può assegnare una diversa qualificazione giuridica

Il Giudice può assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite, nonché all’azione esercitata.

Pubblicato il 22 June 2022 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Napoli, ottava sezione civile, in composizione monocratica ed in persona del Giudice dr.ssa ha pronunziato la seguente

SENTENZA n. 5944/2022 pubblicata il 13/06/2022

nella causa recante RG 32078/2015

TRA

XXX

YYY, entrambi elettivamente domiciliatati presso lo studio dell’avv.

APPELLANTI

CONTRO

ZZZ SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

APPELLATA

MOTIVI

La presente controversia ha ad oggetto l’appello proposto da XXX e YYY, avverso la sentenza 1006/2015 depositata in data 08.05.2015 in virtù della quale il Giudice di Pace di Portici rigettava la domanda promossa dai predetti nei confronti di ZZZ SRL.

XXX ha dedotto:

– che in data 11/12/2012 commissionava alla ZZZ la fornitura e posa in opera di un box in lamiera zincata, la ZZZ provvedeva ad eseguire le prestazioni convenute in data 12/12/2012 dietro il pagamento del corrispettivo pari ad € 684,00;

-che trascorso meno di un anno dal montaggio del box, lo stesso crollava a causa di un temporale e a seguito di tale circostanza le pareti del box rovinavano sull’autoveicolo BMW targato *** di proprietà del coniuge YYY;

– che la ZZZ informata dell’accaduto provvedeva a ritirare le lamiere del box;

-che nonostante i solleciti la ZZZ non ha restituito all’attore il prezzo pagato.

YYY, in qualità di proprietaria dell’autoveicolo allocato nel suddetto box, ha dedotto che a seguito del crollo l’autoveicolo BMW targato *** riportava ingenti danni patrimoniali mai risarciti dalla convenuta.

Sulla base di tali premesse, XXX proponeva domanda avente ad oggetto la risoluzione contrattuale per inadempimento da parte della convenuta-appellata del contratto di acquisto del box, concluso con la ZZZ, e la restituzione del relativo prezzo pagato per il suo acquisto, mentre YYY chiedeva la condanna della ZZZ al risarcimento dei danni patrimoniali patiti a seguito del crollo. Si costituiva in primo grado la ZZZ SRL, contestando l’an ed il quantum debeatur ed eccependo preliminarmente la decadenza dalla garanzia dei presunti vizi della res venduta e la prescrizione dell’azione ex art. 1495 c.c., inesistenza dei presunti vizi della res venduta, concorso del fatto colposo del compratore ex art. 1227 c.c. forza maggiore ex art.1218 c.c., difetto di legittimazione attiva e passiva.

Il giudizio di primo grado, dopo l’escussione testimoniale, si concludeva con la sentenza impugnata, con la quale il giudice rigettava la domanda attorea, ritenendo assorbente e dunque meritevole di accoglimento l’eccezione di prescrizione del diritto azionato dal XXX nonché l’eccezione di carenza di legittimazione attiva in capo alla YYY.

Gli appellanti hanno dedotto, nel presente giudizio, l’errata valutazione degli elementi di fatto e di diritto a disposizione del Giudice; con il secondo motivo hanno lamentato l’erroneo accoglimento dell’eccezione di carenza di legittimazione attiva in capo alla YYY, concludendo, dunque, per la riforma della sentenza di primo grado, la dichiarazione di risoluzione del contratto tra XXX e la ZZZ e per l’effetto la condanna dell’appellata ZZZ SRL alla restituzione in favore dell’appellante dell’importo pagato a titolo di prezzo nonché l’accertamento della responsabilità dell’appellata e la condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni patiti dalla YYY, oltre rivalutazione monetaria e interessi maturati dopo la sentenza impugnata, vittoria di spese.

L’ appellata si è costituita invocando il rigetto dell’appello per inammissibilità di domande nuove in appello per violazione dell’art. 345 c.p.c., infondatezza dei motivi e la conferma della pronuncia di primo grado. In via preliminare l’appellata ha ribadito la decadenza dalla garanzia dei vizi della res venduta ex art.1495 c.c. ed in subordine la decadenza dalla garanzia dei vizi della res venduta ex art. 130 Codice del Consumo, reiterando l’eccezione sul difetto di legittimazione attiva in capo alla YYY.

Ciò detto, il primo motivo di appello risulta fondato per le ragioni che di seguito si esplicitano.

Innanzitutto il contratto concluso tra le parti va qualificato come contratto di vendita, previsto dall’art. 1470 c.c., norma che disciplina un contratto tra due soggetti, venditore e compratore, che ha ad oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa e/o un diritto verso il corrispettivo di un prezzo.

Tra le obbligazioni che fanno capo al venditore (art. 1476 c.c.), oltre a quelle di consegnare il bene al compratore e fargli acquistare la proprietà del bene/diritto venduto, vi è anche l’obbligo di garantire il compratore dall’evizione (art. 1483 c.c.) e dai vizi della cosa (art. 1490 c.c.).

In particolare, per quanto riguarda i vizi, il legislatore prevede che la cosa venduta deve essere immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore; pertanto, se il bene presenta dei vizi, il venditore risulterà essere inadempiente all’obbligazione assunta con il contratto e l’acquirente, ai sensi dell’art. 1492 c.c. potrà chiedere, a sua scelta, la risoluzione del contratto (azione redibitoria) o la riduzione del prezzo. Nel caso in cui la cosa venduta, invece, non abbia le qualità promesse o essenziali per l’uso a cui è destinata, il compratore ha diritto di ottenere la risoluzione del contratto, purché il difetto di qualità ecceda i limiti di tolleranza stabiliti dagli usi; in difetto, avrà solo diritto ad una riduzione di prezzo (art. 1497 c.c.). Sia il vizio redibitorio (art. 1490 c.c.) che la mancanza di qualità promesse o essenziali (1497 c.c.) presuppongono entrambi che il bene consegnato sia quello oggetto del contratto, o quantomeno dello stesso genere, e a norma dell’art. 1495 c.c. tali vizi/difformità devono essere denunciati al venditore entro 8 giorni dalla consegna, pena la decadenza dal diritto di garanzia, salvo che il venditore abbia riconosciuto il vizio/difformità o li abbia occultati. L’azione per garanzia, applicabile sia in caso di vizi che in caso di mancanza di qualità, si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla consegna (salvo eventuali interruzioni della prescrizione, che fanno decorrere da nuovo il termine annuale). I vizi e la mancanza di qualità dei beni venduti si differenziano entrambi dalla vendita di “aliud pro alio“ che, al contrario, si verifica quando il bene consegnato è completamente diverso da quello oggetto del contratto di vendita: il bene appartiene ad un genere differente oppure presenta dei difetti che gli impediscono di assolvere la funzione naturale cui è destinato o quella concreta assunta come essenziale dalle parti. In tal caso l’acquirente potrà chiedere l’esatto adempimento dell’obbligazione oppure la risoluzione del contratto per inadempimento ex art. 1453 c.c., azione quest’ultima che è svincolata dai termini di decadenza e prescrizione previsti dall’art. 1495 c.c. in tema di garanzia nella vendita, essendo invece soggetta, quale ordinaria azione di risoluzione contrattuale, al termine di prescrizione decennale (Cass. I, 05/02/2016, n. 2313).

Accanto alla disciplina generale prevista dal Codice Civile, in materia di contratti di vendita e garanzia dei beni, qualora si tratti di beni di consumo e l’acquirente sia un consumatore (persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta) è necessario far riferimento alla normativa speciale prevista dal Codice del Consumo ( Decreto legislativo 06/09/2005 n.206), potendosi ricorrere alle norme generali previste dal codice civile esclusivamente in via residuale solo per gli aspetti non espressamente disciplinati dal medesimo.

Ed allora, in tema di contratto di vendita l’art. 129 di tale Codice stabilisce che il venditore ha l’obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita ed il successivo art. 130 prevede che il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene. In caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, ovvero, ad una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto. La responsabilità per il difetto di conformità del bene venduto in forza degli artt. 128 e seguenti del d.lgs. 206/2005 (Codice del Consumo) è di carattere speciale e prevalente rispetto a quella generale in materia di garanzia per vizi della cosa venduta di cui agli artt. 1490 e seguenti del codice civile, laddove il venditore sia una qualsiasi persona fisica o giuridica pubblica o privata che, nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, utilizza i contratti di vendita, il compratore sia un consumatore e la compravendita abbia ad oggetto un bene di consumo, anche usato (il tutto come previsto dall’art. 128 del Codice del Consumo). Pertanto, le norme civilistiche relative alla garanzia per vizi della cosa venduta sono espressamente derogate dalle norme del Codice del Consumo.

Orbene, aderendo questo Giudice al consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo cui il Giudice può assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite, nonché all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, potendo porre a fondamento della sua decisione princìpi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti, la domanda in questa sede esercitata deve essere qualificata come azione di garanzia dai vizi prevista dagli artt. 128 e ss. Del Codice del Consumo (Cass., 26 aprile 2021, n. 10998, Cass. 7269/2015; Cass. 7255/2013; Cass. 6757/2011; Cass. 12402/2007; Cass. 6945/2007). In particolare si evidenzia che il Codice del Consumo prevede la decadenza dai diritti di garanzia per vizi nel caso in cui il consumatore non denunci al venditore il difetto di conformità entro il termine di due mesi dalla data in cui ha scoperto il difetto. Così qualificata l’azione volta alla risoluzione del contatto con restituzione del prezzo, considerato che il termine prescrizionale per l’esercizio dell’azione è pari a due anni dal giorno della consegna, con decadenza dal diritto nel caso in cui non venga denunziato al venditore entro 60 giorni dal giorno in cui ha scoperto il vizio, l’azione risulta tempestivamente proposta.

Pertanto il XXX ha dedotto e provato che il crollo delle lamiere è avvenuto nella notte tra il 19 ed il 20 novembre 2013 a distanza di meno di un anno dalla consegna e ha immediatamente denunciato alla ZZZ il vizio di conformità, tale per cui la venditrice ha provveduto nella stessa giornata a ritirare le lamiere del box. Tali circostanze sono state confermate anche dai testi escussi e non sono state oggetto di puntuale contestazione da parte della convenuta che, per l’effetto ne ha confermato la veridicità. Dunque il ritiro delle lamiere deve intendersi come comportamento concludente della venditrice, idoneo a far ritenere tempestiva la denuncia. In ogni caso, in data 15.01.2014 è stata, altresì, inviata lettera A/R con la quale si ribadiva il difetto di conformità della cosa venduta come da documenti versati in atti.

Passando al merito della controversia, questo Giudice ritiene tempestivamente esperito il rimedio della risoluzione del contratto per inadempimento con la restituzione del prezzo pagato dal venditore, che dalle emergenze processuali e dalla documentazione in atti, in particolare dalla fattura prodotta, è pari ad € 484,00 e non € 684,00, oltre interessi in misura legale dalla domanda al soddisfo.

Quanto alla rivalutazione richiesta, va rammentato che “in ordine alla prova del danno da svalutazione monetaria nelle obbligazioni pecuniarie, – in difetto di discipline particolari dettate da norme speciali, il maggior danno di cui all’art. 1224,comma 2, c.c. (rispetto a quello già coperto dagli interessi legali moratori non convenzionali che siano comunque dovuti) è in via generale riconoscibile in via presuntiva, per qualunque creditore che ne domandi il risarcimento – dovendosi ritenere superata l’esigenza di inquadrare a tal fine il creditore in una delle categorie a suo tempo individuate – nella eventuale differenza, a decorrere dalla data di insorgenza della mora, tra il tasso del rendimento medio annuo netto dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi ed il saggio degli interessi legali determinato per ogni anno ai sensi del primo comma dell’art. 1284 c.c. – è fatta salva la possibilità del debitore di provare che il creditore non ha subito un maggior danno o che lo ha subito in misura inferiore alla differenza tra interessi legali e rendimento netto dei titoli di Stato non superiori all’anno, in relazione al meno remunerativo uso che avrebbe fatto della somma dovuta se gli fosse stata tempestivamente versata – il creditore che domandi a titolo di maggior danno una somma superiore a quella differenza è tenuto ad offrire la prova del danno effettivamente subito, quand’anche sia un imprenditore, mediante la produzione di idonea e completa documentazione, e ciò sia che faccia riferimento al tasso dell’interesse corrisposto per il ricorso al credito bancario sia che invochi come parametro l’utilità marginale netta dei propri investimenti – in entrambi i casi la prova potrà dirsi raggiunta per l’imprenditore solo se, in relazione alle dimensioni dell’impresa ed all’entità del credito, sia presumibile nel primo caso, che il ricorso o il maggior ricorso al credito bancario abbia effettivamente costituito conseguenza dell’inadempimento, ovvero che l’adempimento tempestivo si sarebbe risolto nella totale o parziale estinzione del debito contratto verso le banche; e, nel secondo, che la somma sarebbe stata impiegata utilmente nell’impresa” (Cass. civ., Sez. Unite, 16/07/2008, n.19499).

Mancando ogni diversa dimostrazione da parte attorea, tale danno andrà quindi commisurato nel differenziale tra il rendimento medio annuo netto dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e gli interessi legali determinati ai sensi del primo comma dell’art. 1284 c.c.

In relazione all’eccezione di carenza di legittimazione attiva in capo alla YYY e formulata dall’appellata essa va disattesa, in quanto l’appellante ha dedotto e dimostrato sia per tabulas che con prova testimoniale di essere la proprietaria del veicolo danneggiato a causa del crollo del box.

Infatti, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (ex multis Cass. 27.06.2011 n. 14177) la legittimazione sia attiva che passiva va verificata in base alle allegazioni delle parti, in particolare, è stato affermato sull’argomento che: “La legitimatio ad causam, attiva e passiva, consiste nella titolarità del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell’attore, prescindendo dall’effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, con conseguente dovere del giudice di verificarne l’esistenza in ogni stato e grado del procedimento. Da essa – pertanto – va tenuta distinta la titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, per la quale non è consentito l’esame d’ufficio, poiché la contestazione della titolarità del rapporto controverso si configura come una questione che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell’onere deduttivo e probatorio della parte interessata” (Cass. Civ., Sez. III, 09/04/2009 n.8699, Cass. Civ., Sez. III, 30/05/2008 n.14468 e Cass. Civ., Sez. III, 14/06/2006, n. 13756)

In particolare la Suprema Corte ha affermato che: “…la contestazione della titolarità passiva (ma il discorso è identico per la titolarità attiva), investendo un fatto costitutivo della domanda, e cioè che il soggetto convenuto non è quello che nella fattispecie concreta è tenuto per legge al comando richiesto al giudice, non integra un’eccezione in senso stretto (e cioè un fatto modificativo o estintivo), ma una mera difesa (Cass. n. 15832/2011), consistente nella contestazione del fatto costitutivo della domanda, non modifica il principio secondo cui l’onere della prova del fatto costitutivo grava sull’attore”. La Suprema Corte, dunque, ha più volte chiarito che la titolarità del diritto (sia dal lato attivo che passivo) rientra tra i fatti costitutivi della domanda, sicché la parte che ne eccepisca la carenza non svolge alcuna eccezione in senso stretto, bensì propone una mera difesa consistente, appunto, nella negazione di un fatto costitutivo posto a base dell’avversa domanda. Da tanto deriva che nel valersi di tale opzione difensiva la parte non è tenuta al rispetto di alcun termine decadenziale.

Pertanto, condividendo la distinzione tra la legittimazione al processo e la titolarità della posizione soggettiva oggetto dell’azione, risulta altrettanto condivisibile l’affermazione per cui il problema della titolarità della posizione soggettiva, attiva e passiva, attiene al merito della decisione, cioè alla fondatezza della domanda, e dunque alla verifica della sussistenza del diritto fatto valere in giudizio.

Nella fattispecie de quo, risulta sufficiente a radicare la legittimazione passiva della ZZZ l’allegazione attorea che l’autoveicolo di proprietà della YYY fosse ricoverato nel box venduto e montato dalla ZZZ al XXX. Invero dalla prova per testi espletata in sede di primo grado, parte istante ha dimostrato che al momento del fatto in quel box vi fosse parcheggiata l’autovettura intestata a YYY (vedasi dichiarazioni rese dai testi *** e *** all’udienza del 12.12.2014). La domanda azionata dalla YYY di risarcimento del danno, da intendersi per fatto illecito altrui ex art 2043 cc, va accolta. In merito al quantum debeatur, alla luce della parziale corrispondenza tra i danni riferiti dai testi escussi (al lato destro dell’auto e al cofano posteriore), le foto prodotte dall’attrice e le voci di cui al preventivo di spesa in atti (che fanno riferimento anche a verniciature di cofano, parafango e port. anteriore), questo Giudice ritiene equa la liquidazione del danno patrimoniale subito da YYY nella misura complessiva di euro 1.700,00, oltre iva. Essendo stata effettuata la liquidazione di cui sopra all’attualità, sulla somma anzidetta, devalutata alla data del sinistro e rivalutata anno per anno secondo gli indici Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati ed operai, sono dovuti in adesione all’orientamento della S.C. ( S.U. n. 1712/1995 ) gli interessi nella misura legale a partire dalla data del sinistro fino al saldo.

Spettano ovviamente gli interessi legali sulla suindicata somma liquidata dalla presente pronuncia sino al soddisfo effettivo.

Le spese di lite del primo grado e del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale di Napoli, VIII Sezione Civile, in persona della dott.ssa Ivana SASSI, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. RG 32078/2015, ogni contraria istanza disattesa così provvede: accoglie l’appello e, per l’effetto:

in riforma della sentenza appellata, dichiara la risoluzione del contratto per inadempimento della ZZZ srl, in persona del legale rappresentante e condanna quest’ultima al pagamento in favore di XXX della somma di € 484,00, oltre interessi al saggio legale dalla scadenza sino al saldo nonché oltre il differenziale tra il rendimento medio annuo netto dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e gli interessi legali determinati ai sensi del primo comma dell’art. 1284 c.c.;

in riforma della sentenza appellata, dichiara la esclusiva responsabilità di ZZZ srl, in persona del legale rapp.nte pt, nella causazione dei danni riportati all’autovettura di proprietà di YYY per i fatti dedotti in lite, e la condanna al ristoro dei danni patrimoniali cagionati, liquidati in complessivi euro 1.700,00 oltre iva in favore di YYY, oltre interessi nella misura legale a partire dalla data del sinistro fino al saldo sulla somma devalutata alla data del sinistro e rivalutata anno per anno secondo gli indici Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati ed operai, sono dovuti in adesione all’orientamento della S.C. ( S.U. n. 1712/1995 ), e oltre gli interessi legali sulla suindicata somma liquidata dalla presente pronuncia sino al soddisfo effettivo,

condanna la parte appellata al pagamento delle spese di lite relative al primo grado di giudizio, che si liquidano in euro 130,00 per spese vive, euro 1205,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali e oneri di legge se dovuti, con attribuzione al procuratore per fattone anticipo.

condanna la parte appellata al pagamento delle spese di lite relative al presente grado di giudizio, che si liquidano in euro 175,00 per spese vive, euro 1620,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali e oneri di legge se dovuti, con attribuzione al procuratore per fattone anticipo.

Così deciso in Napoli il 13.06.2022

Il Giudice

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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