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Essenzialità del termine per l’adempimento

Essenzialità del termine per l’adempimento, non può essere desunta solo dall’uso dell’espressione “entro e non oltre”.

Pubblicato il 22 June 2022 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte di Appello di Napoli – settima sezione civile – riunita in camera di consiglio nelle persone dei seguenti magistrati:

ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 2850/2022 pubblicata il 21/06/2022

nella causa civile iscritta al numero 5245/2015 di Ruolo Generale degli affari contenziosi sopra indicato, avente ad oggetto: appello contro la sentenza del Tribunale di Nola- Seconda Sezione Civile, n. 1074/2015 del 14 aprile 2015

TRA

XXX (codice fiscale)

APPELLANTE

E

la YYY S.r.l. (partita iva)

APPELLATA

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

I.1 Con atto di citazione per l’udienza del 15 luglio 2011, ritualmente notificato il 16 marzo 2011, XXX, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della *** S.r.l., conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Nola la YYY S.r.l., deducendo:

a) di avere sottoscritto in data 5 dicembre 2006, quale promissario acquirente, con la convenuta società, quale promittente alienante, un contratto preliminare di compravendita con cui si impegnava ad acquistare “ per se e/o per persona da nominare” l’immobile in corso di edificazione, sito in Cercola- Contrada ***, alla Via, pattuendo un corrispettivo di € 235.000,00 e versando un acconto di € 35.000,00;

b) di dover destinare il predetto cespite, facente parte di un più ampio complesso immobiliare, a sede operativa della società amministrata;

c) che la stipula del rogito, prevista per il 31 dicembre 2007 ed a più riprese differita dalla società costruttrice, veniva fatta oggetto di un “improvviso invito” da parte della YYY S.r.l. per il 31 dicembre 2009, tanto che il promissario acquirente richiedeva l’invio degli atti attestanti “la regolarità amministrativa dell’immobile”;

d) che dalla disamina di questi ultimi aveva rilevato la sostituzione dell’originario permesso di costruire n. 20/04 del 29.07.2005, con la concessione in variante n. 23 del 30.07.2008 in forza della quale gli immobili edificati erano vincolati a pubblica destinazione (“intervento di costruzione di un fabbricato per attrezzature e servizi di interesse pubblico in zona urbanistica C4, da destinare a terziario 30% e servizi 70%”) ovvero sottoposti a vincoli di natura reale “mai comunicati ne conformemente accettati dalla parte acquirente” (cfr. pag. 3 dell’atto di citazione di primo grado), con la conseguente ed ulteriore previsione della loro sopravvenuta abusività qualora tale destinazione fosse stata successivamente modificata dalla società costruttrice ovvero dai suoi aventi causa.

Tanto premesso, l’attore concludeva chiedendo:

– “accertare l’esclusiva responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del promittente venditore e, per l’effetto, dichiarare YYY S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., unica responsabile della risoluzione del contratto preliminare di compravendita del 5 dicembre 2006 avente ad oggetto l’immobile indicato al punto 2;

– per l’effetto, condannare la convenuta:

a) alla restituzione in favore del sig. XXX, dell’acconto di € 35.000,00 oltre interessi e rivalutazione monetaria, versando all’atto della sottoscrizione del preliminare di compravendita del 05/12/06;

b) al risarcimento in favore del sig. XXX, ovvero, della *** S.r.l. (…) di tutti i danni a qualsiasi titolo, causa e/o ragione patiti per effetto dell’inadempimento contrattuale ed extracontrattuale della convenuta YYY S.r.l., quantificati in € 15.000,00 oltre interessi e rivalutazione monetaria, da determinarsi anche in via equitativa in quella maggiore o minore somma che l’On. Tribunale adito vorrà determinare in sua Equità e giustizia;

– condannare in ogni caso YYY S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., alla refusione delle spese legali in favore del procuratore antistatario oltre IVA, Cpa e spese generali come per legge” (cfr. pag. 6 dell’atto di citazione di primo grado).

I.2. Si costituiva la YYY S.r.l. deducendo l’infondatezza della domanda attorea, avendo essa adempiuto tutti gli obblighi contrattualmente assunti e non potendosi revocare in dubbio la regolarità urbanistica del cespite promesso in vendita nonché la corrispondenza tra quest’ultimo ed il bene realizzato. Chiedeva pertanto di “rigettare la domanda proposta dall’attore, in quanto infondata in fatto e in diritto, stante l’adempimento della parte promittente venditrice a tutti i suoi obblighi e la corrispondenza tra il bene promesso in vendita e realizzato; in via subordinata, stante il maggior valore del pregiudizio subito dal promittente venditore dichiarare che comunque nulla è dovuto alla attrice; in via ulteriormente gradata e nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda sottrarre alle somme eventualmente riconosciute quelle spese dalla YYY S.r.l. per le migliorie apportate all’immobile” (cfr. pag. 8 della citata comparsa).

I.3. Concessi i termini di cui all’art. 183 c.p.c. VI comma senza che occorresse l’espletamento di alcuna istruttoria, la causa era riservata in decisione.

Con la sentenza n. 1074/2015 del 14 aprile 2015, il Tribunale di Nola, Seconda Sezione Civile, così decideva:

-“ Rigetta tutte le domande proposte da XXX, in proprio e nella qualità di legale rappresenta della S.rl. Nuova Informatica Service;

– Dichiara assorbite le spiegata le spiegate domande riconvenzionali;

– Condanna altresì la parte attrice a rimborsare alla parte convenuta le spese di lite, che si liquidano in € 5.500,00 di cui per € 200,00 per spese, oltre i.v.a., c.p.a. e per spese generali” (cfr. pag. 10 della sentenza).

II.1. Avverso detta sentenza – con citazione per l’udienza del 15 marzo 2016 notificata telematicamente il 14 novembre 2015 – proponeva appello XXX articolando i seguenti motivi di gravame, così rubricati:

I- “Sulla rilevanza degli inadempimenti della YYY”;

II- “Sulla errata interpretazione delle domande ed eccezioni poste dalle parti: omessa pronuncia sull’intervenuta risoluzione del contratto preliminare per mancanza d’interesse della parti”;

III- “Sulle spese liquidate in sentenza”.

Chiedeva pertanto all’adita Corte di volere:

-“accertare l’esclusiva responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del promittente venditore e, per l’effetto, dichiarare YYY S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., unica responsabile della risoluzione del contratto preliminare di compravendita del 5 dicembre 2006;

– accertare e dichiarare che il preliminare di compravendita del 5 dicembre 2006 si è comunque risolto attesa la carenza d’interesse delle parti alla stipula del contratto definitivo di compravendita;

-in ogni caso accertare e dichiarare che la somma di € 35.000,00 versata dal sig. XXX alla YYY S.r.l. integra un mero acconto sul maggior prezzo di compravendita e per effetto anche di quanto sopra condannare la medesima convenuta alla restituzione in favore del sig. XXX (…) dello stesso importo maggiorato di interessi sanzionatori di cui al D.Lgs 231/02 e rivalutazione monetaria dalla data della richeista e sino all’effettivo soddisfo;

– condannare la convenuta al risarcimento in favore del sig. XXX ovvero della *** S.r.l. (…) di tutti i danni a qualsiasi titolo, causa e /o ragione patiti per effetto dell’inadempimento contrattuale ed extracontrattuale della convenuta YYY S.r.l. quantificati in € 15.000,00 oltre interessi e rivalutazione monetaria, da determinarsi anche in via equitativa in quella maggiore o minore somma che l’On. Tribunale adito vorrà determinare in sua equità e giustizia;

– condannare in ogni caso YYY S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., alla refusione delle spese legali in favore del procuratore antistatario, oltre IVA, Cpa e spese generali come per legge per il doppio grado di giudizio” (cfr. pag. 14 dell’atto di appello).

II.2. Si costituiva in giudizio con comparsa del 24 febbraio 2016 la YYY S.r.l. che chiedeva dichiararsi, in via preliminare, l’inammissibilità dell’appello ex art. 342 e 348 bis c.p.c., nel merito, il suo rigetto perché infondato, con la conferma della sentenza impugnata.

II.3. Esaurita l’attività prevista nell’art. 350 c.p.c all’udienza del giorno 3 marzo 2022, celebrata nelle forme della trattazione scritta, le parti depositavano le proprie note conclusive e la causa veniva rimessa in decisione con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti defensionali conclusivi, l’ultimo dei quali è venuto a scadere il 23 maggio 2022.

Infine, depositati gli scritti defensionali conclusivi ad opera delle parti, il fascicolo veniva rimesso al Collegio per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.Non vi sono dubbi sull’ammissibilità dell’appello proposto da XXX ai sensi dell’art. 342 c.p.c.

E’ noto che, secondo la costante giurisprudenza, “Gli articoli 342 e 434 del Cpc, nel testo formulato dal Dl 83/2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata” (pt. Cass. 03/11/2020, n.24262). In sostanza, ai fini dell’ammissibilità del gravame, è sufficiente che l’atto di appello indichi i passaggi argomentativi della sentenza che l’appellante intende censurare, senza necessità di una trascrizione testuale di tali parti, e che formuli, rispetto ad essi, le proprie ragioni di dissenso, sì da esplicitare l’idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione impugnata.

Nella specie, l’appellante ha indicato, con assoluta chiarezza e puntualità, le parti della sentenza oggetto di censura e le ragioni di critica che dovrebbero indurre a rivederle per ottenere l’accoglimento dell’ appello da essa proposta avverso la sentenza impugnata. Ne deriva che l’atto introduttivo del presente giudizio soddisfa sicuramente i requisiti richiesti dal citato art. 342 del codice di rito e va senz’altro esclusa la ricorrenza delle condizioni richieste da tale disposizione per la declaratoria di inammissibilità dell’appello.

1.1. Quanto, poi, alla declaratoria di inammissibilità dell’appello, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., pure auspicata dall’appellata, la questione deve ritenersi superata, poiché questa Corte, procedendo alla trattazione della causa nel merito, ha, sia pure implicitamente, ritenuto insussistenti i presupposti per pervenire ad una definizione semplificata del giudizio, nei termini previsti dall’indicata disposizione.

In tal senso, la S.C. ha ritenuto che, qualora il giudice d’appello abbia proceduto alla trattazione nel merito dell’impugnazione, ritenendo di non ravvisare un’ipotesi di inammissibilità ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., la decisione sulla ammissibilità non è ulteriormente sindacabile sia davanti allo stesso giudice dell’appello che al giudice di legittimità nel ricorso per cassazione, anche alla luce del più generale principio secondo cui il vizio di omessa pronuncia non è configurabile su questioni processuali (Cass. civ., Sez. 3 – Sentenza n. 10422 del 15/04/2019).

2. Il Tribunale di Nola ha rigettato la domanda proposta da XXX nei confronti della *** S.r.l. intesa ad ottenere la risoluzione ex artt. 1453 e 1455 c.c. del contratto preliminare di compravendita stipulato con la convenuta società costruttrice, “stante il grave inadempimento del promissario acquirente”.

A fondamento della decisione, il Giudice, dopo avere escluso, nella fattispecie sottoposta al suo esame, sia la risoluzione di diritto del preliminare di vendita del 5 dicembre 2006 per l’inutile scadenza del termine di stipula dell’atto definitivo fissato per il 31 dicembre 2007 – siccome “non essenziale” – sia per mutuo consenso – per mancanza di un atto di risoluzione redatto in forma scritta – ha esaminato la domanda di risoluzione del compromesso per inadempimento del promittente venditore proposta dall’ attore, e giudicate infondate le ragioni addotte per giustificare il suo rifiuto di concludere il contratto definitivo – in considerazione della accertata correttezza della descrizione dell’immobile e del suo inquadramento urbanistico nel preliminare nonché della assenza di reali cause di incommerciabilità del bene promesso in vendita il cui regime urbanistico non era mutato rispetto a quello indicato in contratto e dunque- e, dunque, ingiustificato il rifiuto di stipulare l’atto definitivo da parte del promittente acquirente ( “alcuna inosservanza dei prescritti obblighi informativi può imputarsi alla società convenuta” , l’ “asserito vincolo reale gravante sul cespite promesso in vendita, in realtà discendeva dalla destinazione urbanistica dell’area oggetto del realizzato intervento edilizio, come chiaramente esplicitata nello stipulato contratto preliminare”, il rifiuto del XXX di addivenire alla stipula del definitivo, a fronte dell’adempimento da parte della società convenuta di tutti gli obblighi assunti nel preliminare (la documentazione in atti attesta la regolarità urbanistica del cespite de quo) si rileva del tutto ingiustificato” , cfr. pag. 9 della sentenza), ne ha respinto ogni pretesa.

3. Con il primo articolato motivo di appello, XXX contesta al Giudice di prime cure di essere incorso in un “grave errore” nella valutazione della rilevanza degli inadempimenti della società appellata (cfr. pag. 7 dell’atto di appello), sia con riferimento al mancato rispetto del termine fissato nel compromesso per la stipula dell’atto definitivo di compravendita, sia con riferimento alla portata del nuovo permesso a costruire.

All’opposto, egli assume l’essenzialità del termine ai fini della stipula del definitivo, e in ogni caso, la radicale diversità del secondo titolo abilitativo, quanto ai vincoli imposti all’area e alla assunzione di oneri straordinari da parte del costruttore: da qui la domanda di risoluzione del compromesso.

I rilievi esposti sono infondati per quanto appresso si dirà.

3.a. In merito al primo profilo di censura, si osserva che il Tribunale ha giudicato il termine previsto nel preliminare per la stipula del rogito notarile “non essenziale”, perchè “Più precisamente, nella vicenda in esame mancano altri dati che rivelino il venir meno dell’interesse del creditore a ricevere l’adempimento oltre il termine indicato (cfr.: Cassazione civile 27 febbraio 1996 n. 1537), dovendosi peraltro considerare che, ricevuta la sopra citata A/R del 15.10.2009, il XXX non dichiarava di venir meno dell’ interesse alla stipulazione del contratto definitivo ma, pur contestando il mancato rispetto del termine contrattualmente previsto, subordinava la conclusione dell’ affare all’ esame della documentazione attestante la regolarità urbanistica del cespite promesso in vendita” .

Così opinando, ha recepito l’interpretazione prevalente – condivisa anche da questa Corte – secondo cui il termine per l’adempimento del contratto può ritenersi essenziale solo quando risulti inequivocabile la volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto con il decorso del termine medesimo, e prescinde dallo specifico interesse individuale del creditore all’osservanza, da parte del debitore, del termine contrattuale previsto a favore di quest’ultimo.

In proposito, la Suprema Corte ha statuito che “l’accertamento dell’essenzialità del termine per l’adempimento, ex art. 1457 c.c., costituisce un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito – la cui valutazione è insindacabile in sede di legittimità, se sorretta da una motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici – da condurre, oltre che alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti (quale, ad esempio, “entro e non oltre”), tenendo soprattutto conto della natura e dell’oggetto del contratto (cfr. Cass. n. 10353/ 2020).

Tuttavia, ha precisato che l’ essenzialità del termine per l’adempimento, ex art. 1457 c.c., non può essere desunta solo dall’uso dell’espressione “entro e non oltre”, riferita al tempo di esecuzione della prestazione, ma “implica un accertamento da cui emerga inequivocabilmente, alla stregua dell’oggetto del negozio o di specifiche indicazioni delle parti, che queste abbiano inteso considerare perduta, decorso quel lasso di tempo, l’utilità prefissatasi; in ogni caso, la previsione di un termine essenziale per l’adempimento del contratto, essendo posta nell’interesse di uno o di entrambi i contraenti, non preclude alla parte interessata di rinunciare, seppur tacitamente, ad avvalersene, anche dopo la scadenza del termine, in particolare accettando un adempimento tardivo” (cfr. Cass. n. 32238/ 2019).

Ebbene, nel caso di specie, facendo applicazione di tali insegnamenti, correttamente il Giudice del primo grado ha ritenuto il comportamento tenuto dalle parti, dopo lo scadere del termine convenuto del 31 dicembre 2007, indicativo della volontà di concludere comunque il contratto.

A tale proposito esemplificativa la nota del 20/11/2009 a firma del XXX: “Nel formulare ogni più ampia riserva di diritto ed azione anche risarcitoria, resto in attesa di ricevere preventivamente la documentazione che il Notaio di Vs. fiducia vorrà cortesemente inoltrare al mio indirizzo in uno con la bozza dell’atto di compravendita attesa la concreta disponibilità ad addivenire alla stipula del rogito anche prima della data di scadenza da Voi indicata”.

È innegabile, infatti, che il l’attore, con tale nota, non abbia dichiarato “in maniera inequivoca” di non avere più interesse alla stipula del definitivo per decorso del termine, ma, al contrario, richiedendo l’integrazione documentale, abbia manifestato ancora interesse alla sua prosecuzione.

Pertanto, in mancanza di elementi (come detto) nemmeno offerti dall’appellante espressivi della “volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto con il decorso del termine medesimo”, la decisione sul punto esaminato appare corretta e va confermata.

3.b. Con riferimento al secondo profilo di censura, XXX deduce che il Tribunale abbia errato nell’interpretare “il contenuto, la rilevanza e la portata sia del nuovo permesso che degli oneri in capo al promissario acquirente per effetto della Convenzione del 30 luglio 2008 sottoscritta tra la YYY ed il Comune di Cercola in connessione con il nuovo permesso a costruire” (cfr. pag.8 dell’atto di appello).

All’opposto, sostiene di avere acquistato “un cespite in cui non avrebbe potuto esercitare attività amministrativa e commerciale” in quanto il costruttore “ha compromesso in vendita un bene allocato in un contesto immobiliare molto diverso da quello inizialmente prospettato” (cfr. pag. 9 dell’atto di appello), dal ché, considerati i due anni di attesa che hanno inciso sul valore del cespite “ il complesso fattuale portato dai nuovi patti integra una giusta causa di risoluzione del contratto di compravendita addebitabile al costruttore” (cfr. pag. 8 dell’atto di appello).

Anche tale doglianza non merita alcun apprezzamento.

Ed invero, nella premessa del preliminare stipulato tra le parti, dopo aver specificato che l’area in questione è classificata come zona 4/C4/NE, ai punti4, 5 e 6 si precisava che:“4) per tale zona di terreno è stata prodotta al Comune di Cercola, a nome di ***, istanza di “permesso di costruire” per la realizzazione di un complesso edilizio per attrezzature con servizi privati di interesse pubblico, da destinare a servizi finanziari ed attività terziarie integrate approvata dalla locale Commissione Edilizia in data 17 febbraio 2005, dalla Commissione Integrata per i BB.AA di Napoli, in data 17 marzo 2005 e dalla Sovrintendenza per i BB.AA di Napoli in data 8 giugno 2005 protocollo n. .

5) che in data 29 luglio 2005 è stato rilasciato Permesso a Costruire dal Comune di Cercola n. 20/04;

6) che in data 29 luglio 2005 è stato comunicato l’inizio dei lavori”.

Il XXX, pertanto, sin dalla sottoscrizione del preliminare del 5 dicembre 2006, era a conoscenza del fatto che l’area ricadesse in zona C4 del PRG e che la destinazione del bene oggetto del preliminare fosse “attrezzature con servizi privati di interesse pubblico, da destinare a servizi finanziari ed attività terziarie integrate”.

Né il permesso di costruire in variante n. 23 del 30 luglio 2008, nè la successiva “Convenzione per la realizzazione delle opere da destinare a servizi e attrezzature private di interesse pubblico (Comparto C4) del Comune di Cercola (Napoli)” del 30 luglio 2008 hanno mutato l’assetto urbanistico previsto dal piano regolatore del Comune di Cercola. Il bene promesso in vendita aveva ed ha caratteristiche tipologiche e di destinazione analoghe a quello realizzato, ciò in quanto l’autorizzazione n. 23 del 30 luglio 2008 rilasciata in variante rispetto al permesso di costruire 20/04 riguarda sostanzialmente la distribuzione interna degli immobili nel rispetto della destinazione di zona C/4 del PRG del Comune di Cercola e della convenzione urbanistica relativa, circostanza dimostrata dal perfezionarsi degli altri impegni di acquisto di terzi contenuti nello stesso preliminare: dal ché, alcun inadempimento né alcuna violazione degli accordi e impegni assunti con il XXX, sono imputabili alla YYY S.r.l..

4. Con il secondo motivo di gravame, l’appellante si duole della “errata interpretazione delle domande e delle eccezioni poste dalle parti: omessa pronuncia sull’intervenuta risoluzione del contratto preliminare per mancanza di interesse delle parti” (cfr. pag.9 dell’atto di appello).

In particolare argomenta che “sebbene le parti abbiano agito per ottenere l’una in danno dell’altra la risoluzione del preliminare il Tribunale ha omesso di pronunciarsi sulla domanda di risoluzione” (cfr. pag. 10 dell’atto di appello) né ha “debitamente considerato che, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2908 c.c. il promissario acquirente ha richiesto un accertamento costitutivo della intervenuta risoluzione del preliminare per carenza di interesse di entrambe le parti” ( cfr. pag. 11 dell’atto di appello). Conformemente reclama una riforma della sentenza.

Anche tali rilievi vanno respinti.

4.1. Giova rammentare che, per costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, la risoluzione consensuale di un contratto preliminare riguardante il trasferimento, la costituzione o l’estinzione di diritti reali immobiliari è soggetta al requisito della forma scritta ad substantiam non solo quando il contratto da risolvere sia definitivo e, quindi rientri nella espressa previsione dell’art. 1350 c.c., ma anche quando si tratti di contratto preliminare.

La ragione dell’assoggettamento del preliminare alla forma di cui all’art. 1351 c.c. va ravvisata nell’incidenza che il preliminare spiega su diritti reali immobiliari, sia pure in via mediata, in quanto con esso le parti assumono l’obbligo di concludere il definitivo (Cassazione civile sez. II, 22/02/2018, n. 4313; Cassazione civile sez. II, 14/04/2011, n. 8504). Il contratto preliminare, infatti, pur avendo efficacia obbligatoria, vincola le parti alla conclusione del contratto definitivo ed ha efficacia mediata in relazione al trasferimento di diritti reali immobiliari.

La risoluzione del contratto preliminare necessita, quindi, del rispetto dei requisiti della forma scritta di cui all’art. 1359 c.c., come espressamente richiesta dall’art.1351 c.c., perché impedisce il verificarsi degli effetti immobiliari derivanti dall’adempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto preliminare (Cass., Sez. 2, n. 13290 del 26 giugno 2015).

Se, infatti, in via generale, la risoluzione per mutuo consenso di un contratto può risultare anche da un comportamento tacito concludente, qualora si tratti di contratti per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam, analoga forma deve essere prevista per il negozio solutorio.

4.2. Venendo al merito della vicenda, non risponde al vero che il primo Giudice non si sia pronunciato sulla risoluzione “per mancanza di interesse delle parti” e/o “per mutuo dissenso”, ma piuttosto, l’ha sostanzialmente esclusa perché, in applicazione dei principi di diritto innanzi esposti, generalmente condivisi dalla giurisprudenza, ha ritenuto che la risoluzione del contratto preliminare stipulato in data 5 dicembre 2006 tra il XXX e la YYY S.r.l. per mutuo dissenso dei contraenti sarebbe dovuta risultare (per spiegare efficacia) da un atto scritto idoneo a rendere manifesta la volontà in tal senso delle parti. In proposito, ha precisato che la volontà negoziale estintiva di un contratto avente forma scritta ad substantiam deve risultare non per facta concludentia ma da un documento che non lasci dubbi sulla volontà di entrambe le parti di sciogliere il contratto sì da rivelare il completo disinteresse delle parti all’attuazione del contratto e il mutuo consenso alla cessazione dello stesso. A tale fine non può ritenersi sufficiente – contrariamente a quanto deduce l’ appellante- la comune tacita volontà dei contraenti – in realtà, nel caso concreto, nemmeno espressa – di non dare ulteriore corso al contratto liberandosi delle rispettive obbligazioni.

Da ultimo, va soggiunto che parte appellata nel costituirsi in giudizio in primo grado, non ha neanche chiesto la risoluzione del contratto preliminare in discussione, ma ha formulato le seguenti conclusioni:

“In via preliminare:

– rigettare la domanda proposta dall’attore, in quanto infondata in fatto e diritto, stante l’adempimento della parte promittente venditrice a tutti i suoi obblighi e la corrispondenza tra il bene promesso in vendita e il bene realizzato;

– in via subordinata, stante il maggior valore del pregiudizio subito dal promittente venditore, dichiarare che comunque nulla è dovuto alla parte attrice; in via ulteriormente gradata e nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda sottrarre alle somme eventualmente riconosciute quelle spese dalla YYY s.r.l. per le migliorie apportate all’immobile”.

Sicchè, mancando una esplicita domanda di risoluzione per inadempimento del promissario acquirente, da parte della società appellata, il Giudice comunque non avrebbe potuto dichiarare la risoluzione del compromesso per mutuo dissenso senza incorrere nel vizio di ultra petizione.

In definitiva, le argomentazioni esposte dal Tribunale per ritenere insussistente il dedotto inadempimento del promittente venditore risultano condivisibili e non inficiate dalle censure ad esse rivolte da parte appellante: l’appello va dunque rigettato e la decisione confermata.

5. L’infondatezza complessiva delle censure sul merito del giudizio rende privo di pregio il capo di impugnazione sulle spese: ed invero la liquidazione è stata correttamente operata in ossequio alla regola generale della soccombenza.

6. Anche le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, applicando lo scaglione di valore da € 26.000,01 a € 52.000,00 ( da ragguagliare al petitum) e tenuto conto della natura delle questioni trattate e dell’impegno difensivo svolto, possono, infine, riconoscersi i valori medi con esclusione della fase istruttoria.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.

P.Q.M.

La Corte di Appello di Napoli – Settima Sezione Civile – definitivamente pronunciando sull’appello proposto da XXX – con citazione notificata il 16 marzo 2011- avverso la sentenza del Tribunale di Nola, Seconda Sezione Civile n. 1074/2015 del 14 aprile 2015, così provvede:

A) rigetta l’appello e per l’effetto conferma la sentenza impugnata;

B) condanna XXX alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio in favore della YYY S.r.l. che liquida in € 6.615,00 per compensi professionali, oltre il rimborso per spese generali al 15% sul compenso, Iva e Cpa come per legge, con attribuzione all’avv.;

C) dà atto che XXX è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quelle versato per l’impugnazione.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del 31 maggio 2022.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

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