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Compenso professionale avvocato, deriva dal contratto di mandato

Il giudice ha confermato il decreto ingiuntivo, ribadendo il principio secondo cui il diritto al compenso professionale dell’avvocato deriva dal contratto di mandato e dall’effettivo svolgimento della prestazione, non essendo soggetto a vincoli di forma. Inoltre, ha ribadito che il mancato pagamento deve essere provato dal debitore e che l’onere della prova torna al creditore solo nel caso in cui il debitore abbia fornito prova di un pagamento avente efficacia estintiva.

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Pubblicato il 3 febbraio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Tribunale Ordinario di Pescara SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. NOME COGNOME, pronuncia ai sensi dell’art.281 sexies c.p.c., dandone lettura in udienza, la seguente

SENTENZA N._34_2025_- N._R.G._00000683_2024 DEL_15_01_2025 PUBBLICATA_IL_15_01_2025

nella causa civile di I Grado iscritta al n. 683/2024 r.g., discussa all’odierna udienza e vertente TRA (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. NOME COGNOME ) P.INDIRIZZO COGNOME ARTI 6 00196 ROMA;

PARTE ATTRICE (C.F. ), in giudizio personalmente ex art.86 cpc, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO 65127 PESCARA PARTE CONVENUTA

CONCLUSIONI

Come in atti.

CONCISA ESPOSIZIONE DEI

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’opposizione proposta da è infondata e, pertanto, la stessa deve essere disattesa nei termini che seguono con ogni conseguente statuizione.

Preliminarmente, occorre precisare che la presente controversia attiene ad una opposizione avverso il decreto ingiuntivo n.82/2024 emesso in favore di parte opposta Avv. per il recupero di quanto dovuto a titolo di compenso professionale – come parere del competente COA -, pari ad €. 22.662,04.

Nello specifico, veniva richiesto il compenso per i seguenti procedimenti:

procedimento presso il Tribunale di Pescara, Proc. R.G. n. 5055/2018 – ricorso ex art. 696-bis promosso dalla sig.ra NOME

l’attività svolta è consistita:

Costituzione in giudizio, con C.F. C.F. C.F. chiamata in causa della Compagnia di Assicurazione Professionale del cliente;

nomina Consulente Tecnico di parte;

partecipazione a tutte le udienze;

esame elaborato peritale;

procedimento presso il Tribunale di Pescara, (Proc. Merito) Proc. n. 3180/2019 – ricorso ex art. 702-bis promosso dalla sig.ra l’attività svolta è consistita:

Costituzione in giudizio, con chiamata in causa della Compagnia di Assicurazione Professionale del cliente;

mutamento del rito da sommario a cognizione piena;

Redazione memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c.;

partecipazione udienze;

Redazione memoria Conclusionale e repliche ex art. 190 c.p.c.;

Sentenza n. 1124/2023 del 28.08.2023 con la quale il Tribunale di Pescara ha integralmente rigettato l’avversaria domanda compensando le spese;

procedimento presso il Tribunale di Vasto, Proc. n. 855/2020 – ricorso ex art. 696-bis promosso dalla sig.ra l’attività svolta è consistita:

Costituzione in giudizio, con chiamata in causa della Compagnia di Assicurazione Professionale del cliente;

nomina Consulente Tecnico di parte;

partecipazione a tutte le udienze;

esame elaborato peritale;

procedimento presso il Tribunale di Vasto, (Proc. Merito) Proc. n. 1075/2021 – ricorso ex art. 702-bis promosso dalla sig.ra l’attività svolta è consistita:

Costituzione in giudizio, con chiamata in causa della Compagnia di Assicurazione Professionale del cliente;

mutamento del rito da sommario a cognizione piena;

Redazione memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c.;

partecipazione udienze.

A sostegno della proposta ingiunzione, veniva prodotta la documentazione relativa all’attività svolta dal professionista.

Inoltre, l’opponente contestava – genericamente – soltanto il quantum, riconoscendo di fatto il dovuto per quanto espletato dal professionista a seguito del mandato dallo stesso ricevuto.

In particolare, il ricorrente eccepiva la illegittimità e/o nullità del titolo esecutivo, asserendo che non vi era la prova da parte dell’avvocato del conferimento dell’incarico e l’adempimento dello stesso.

In realtà, copiosa è la documentazione versata in atti e le comunicazioni tra le parti interessate dalla quale si evince senza ombra di dubbio che l’istante avesse conferito mandato al professionista e che questi l’abbia espletato in nome e per suo conto (Cfr.:

Sentenza del Tribunale di Pescara favorevole a Inoltre, con riferimento alla mancanza di un preventivo scritto, deve sottolinearsi che da tempo la questione già era stata risolta dalla Suprema Corte di Cassazione che con sentenza 10.11.2022 n. 33193 esprimeva risposta negativa.

Gli hanno sottolineato che il diritto al compenso dell’avvocato “deriva” dal contratto di mandato professionale, che non è soggetto a vincoli di forma (Cass. 31.3.2021 n. 8863) e dall’effettivo svolgimento della prestazione professionale.

Per poter esigere il relativo pagamento del compenso, il professionista – provato il conferimento dell’incarico e l’adempimento dello stesso – non ha alcun obbligo di provare la pattuizione di un corrispettivo.

Se da un lato, la procura ad litem costituisce un negozio unilaterale soggetto a forma scritta, con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, dall’altro lato, il contratto di patrocinio costituisce un negozio bilaterale, non soggetto a vincoli di forma, con il quale il professionista viene incaricato, secondo lo schema del mandato e del contratto d’opera, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte.

Sul punto, occorre fare richiamo all’art. 13 comma 6, della l.n.247/012 che prevede l’applicazione dei parametri indicati, quando all’atto, o successivamente, il compenso non sia stato determinato in forma scritta oppure in caso di mancata determinazione consensuale:

il regolamento sui parametri trova applicazione in assenza dell’accordo delle parti sul compenso.

Da questo ne consegue che il diritto al compenso prescinde dalla pattuizione cliente/avvocato, in quanto la legge statuisce che in mancanza di accordo cliente/avvocato il compenso si quantifica sulla base dei parametri ministeriali.

E’ pur vero che l’art.1, comma 141, sub6, lettera d), della l. 4.8.2017 n.124, ha modificato l’art.13, comma 5, della l. n.247/2012 rendendo per l’avvocato obbligatorio il preventivo in forma scritta dei costi della prestazione.

Tuttavia, in caso di inadempimento dell’obbligo di redigere il preventivo da parte dell’avvocato, il compenso è comunque dovuto, ma è sempre determinato in base ai parametri ministeriali, in quanto detta violazione– che non incide sulla spettanza del compenso professionale né sull’ammontare – comporta a carico dell’avvocato soltanto una eventuale azione civilistica da parte del cliente, oltre che conseguenze di natura deontologica.

Di contro, parte opposta, nella propria costituzione, sottolineava come le proprie istanze fissero supportate dal parere favorevole del competente COA e ribadiva la congruità degli stessi importi richiesti sia in ordine alla lunga attività professionale espletata sia per la particolarità degli affari trattati che avevano determinato un impegno rilevante.

Fatte tali premesse, è d’uopo rimarcare che:

“Il creditore che agisce per il pagamento di un suo credito è tenuto unicamente a fornire la prova del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto e non anche a provare il mancato pagamento, poiché il pagamento integra un fatto estintivo, la cui prova incombe al debitore che l’eccepisca;

ne consegue che soltanto di fronte alla comprovata esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva (cioè puntualmente eseguito con riferimento a un determinato credito) l’onere della prova viene nuovamente a gravare sul creditore, il quale controdeduca che il pagamento deve imputarsi a un credito diverso o più antico” (Cfr. Corte Cass Ordinanza|26 settembre 2022| n. 28012) Nel caso di specie, come già sopra sottolineato, a riscontro della pretesa creditoria veniva fornita copiosa documentazione.

Pertanto, occorre verificare se l’attività in essa attestata sia riconducibile alle voci contenute nelle note spese e – soprattutto – agli importi richiesti.

Sulla generica eccezione circa la ripetizione per ogni procedimento della fase studio e/o introduttiva, essa risulta essere priva di fondamento, atteso che è proprio previsto dalle tariffe forensi vigenti il pagamento di tale voce per ogni diversa fase o grado giudiziario espletato.

Sulla domanda riconvenzionale, invece, essa risulta assolutamente generica nella formulazione e si presenta priva di qualsivoglia fondamento probatorio.

Alcun indizio a confutazione dell’assunto di controparte veniva sottoposto all’attenzione del giudicante in ordine a un paventato danno subito.

Infine, sulla domanda di cui all’art.96 cpc avanzata da parte opposta, si rileva che la stessa nulla allegava per attestare la sussistenza di danni ulteriori scaturiti per lite temeraria (Cfr.: Corte Cass., sentenza n.12422/95: fattispecie nella quale la Suprema Corte ha escluso il ricorso a criteri equitativi per la determinazione dell’entità dei danni ex art.96 cpc).

Invero, la Cassazione nella pronuncia del18 marzo 2002, n. 3941 precisa e ribadisce che “la liquidazione di tale danno, ancorché possa effettuarsi anche d’ufficio, postula pur sempre la prova sia dell’an sia del quantum o almeno la desumibilità di tali elementi dagli atti di causa”.

Ed, infatti, l’illecito processuale ex art. 96 c.p.c., in quanto ipotesi speciale del genus ex art. 2043 c.c. (Cass. civ., Sez. I, 23/03/2004, n. 5734) richiede la concreta ed effettiva esistenza di un danno che sia conseguenza del comportamento processuale della controparte (cfr. Cass. civ., Sez. I, 04/11/2005, n. 21393; Cass. civ. Sez. I, 12/12/2005, n. 27383).

Ne consegue che, ove dagli atti del processo non risultino elementi oggettivi dai quali desumere la concreta esistenza del danno, nulla può essere liquidato a tale titolo, neppure ricorrendo a criteri equitativi (così voce autorevole di dottrina e giurisprudenza, cfr. ex multis, Cass. civ., Sez. II, 01/12/1995, n. 12422) In guisa che, per le precedenti argomentazioni, l’opposizione deve essere necessariamente rigettata e il decreto ingiuntivo confermato nel suo ammontare.

Ogni ulteriore eccezione resta assorbita e superata dalle motivazioni che precedono.

Le spese seguono la soccombenza ex art.91 cpc e sono liquidate come da dispositivo.

Sentenza esecutiva, ope legis.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone:

“Rigetta l’opposizione proposta da nei confronti dell’Avv. e, per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo n.82/2024 emesso in suo favore per la somma in esso indicata e con essa la domanda riconvenzionale ivi spiegata.

” “Condanna alla refusione delle spese di lite in favore dell’avv. che si liquidano in complessivi Euro 3.000,00, per compenso professionale, oltre rimborso forfetario dovuto ex lege, CPA ed IVA.

” Pescara, 15 gennaio 2025 Il Giudice dott. NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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