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Codice Penale

Contratto di leasing, fattispecie negoziale autonoma

Definizione unitaria del contratto di leasing, fattispecie negoziale autonoma, valorizzazione della causa di finanziamento.

Pubblicato il 04 November 2020 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Milano
SESTA

Il Tribunale, nella persona del giudice unico Dott. ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 6791/2020 pubblicata il 29/10/2020

nella causa civile di I Grado iscritta al N. /2019 R.G. promossa da:

FALLIMENTO XXX SRL C.F. assistito e difeso dall’avv. e dall’avv.; elettivamente domiciliato in

ATTORE contro:

YYY S.P.A. C.F., assistito e difeso dall’avv. e dall’avv. elettivamente domiciliato in

CONVENUTA

e contro

oggetto:Leasing

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d’udienza del 7 luglio 2020 che qui si intendono richiamate.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione in riassunzione il Fallimento di XXX S.r.l. conveniva in giudizio innanzi il Tribunale di Milano YYY S.p.A. al fine di ottenere la condanna di quest’ultima alla restituzione ai sensi dell’art. 1526 c.c. di € 439.468,00, importo dalla stessa corrisposto in ragione del contratto di leasing n. inter partes risolto nel 2014 per l’inadempimento della società utilizzatrice.

Si costituiva in giudizio YYY S.p.A. eccependo in via preliminare l’improponibilità della domanda attorea ex art. 1526 in assenza dell’intervenuta vendita del compendio oggetto di leasing e chiedendone nel merito l’integrale rigetto.

Assegnati i termini ex art 183 sesto comma c.p.c., la causa veniva istruita mediante espletamento di consulenza tecnica d’ufficio.

All’esito del predetto incombente il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisone, fissava per la precisazione delle conclusione l’udienza del 19.5.2020 che, in ragione delle disposizioni emergenziali che consentivano lo svolgimento delle udienze civili che non richiedevano la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti, mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, veniva rinviata al 7.7.2020 e svolta a norma dell’art. 83 comma 7 lett. h) del D.L. 18/20 mediante trattazione scritta.

Alla predetta udienza il Giudice tratteneva la causa in decisione, assegnando alle parti i termini ex art 190 c.p.c. per conclusionali e repliche.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda attrice è infondata e va respinta.
Giova anzitutto ricostruire i fatti che hanno portato all’instaurazione del presente giudizio.

Parte attrice stipulava in data 21.9.2007 il contratto di leasing n. per complessivi € 985.934, 50 suddiviso in n. 180 corrispettivi mensili di cui il primo di € 36.250,00 e i restanti di € 5.305,50 oltre il prezzo di eventuale acquisto finale pari a € 72.500,00 (doc. 2 convenuta).

Il contratto veniva risolto per inadempimento dell’utilizzatrice in data 24.6.2014 e l’immobile oggetto del contratto veniva pertanto riconsegnato alla concedente.

Alla data della risoluzione l’attrice in bonis risultava aver corrisposto a YYY il maxicanone iniziale e 76 rate per complessivi € 439.468,00.

In data 20.1.2015 il Tribunale di Cagliari dichiarava il fallimento di XXX S.r.l.

Il Fallimento della società utilizzatrice instaurava quindi il presente giudizio invocando il proprio diritto, a fronte della riconsegna dell’immobile locato, di ottenere la ripetizione di quanto corrisposto in pendenza del contratto ai sensi dell’art. 1526 comma primo c.c.

La pretesa è infondata e va respinta per i motivi di seguito esposti.

Questo Tribunale ritiene ormai superato il tradizionale orientamento giurisprudenziale che distingueva tra leasing di godimento e leasing traslativo e prevedeva, in quest’ultimo caso, l’applicazione in via analogica dell’art 1526 c.c. assimilando il contratto di locazione finanziaria il cui bene è destinato a mantenere un certo valore alla scadenza, alla vendita con riserva di proprietà.

La legge n. 124/2017 ha infatti introdotto nel nostro ordinamento una definizione unitaria del contratto di leasing quale fattispecie negoziale autonoma, valorizzandone la causa di finanziamento e così distinguendola dalla vendita con riserva di proprietà, con la conseguenza che non può più trovare spazio l’applicazione analogica dell’art. 1526 c.c.

In questo senso si è espressa di recente anche la Suprema Corte (sentenza n. 8980/2019 e n. 18543/2019) specificando inoltre che l’art 1526 c.c. è da ritenersi certamente inapplicabile anche ai contratti di leasing stipulati in data antecedente all’entrata in vigore della legge in questione, argomentando non con riferimento al carattere retroattivo della nuova disciplina, bensì ‘alla concreta applicazione della cd. interpretazione storico-evolutiva secondo cui una fattispecie pregressa non ancora esaurita non può che essere valutata sulla base dell’ordinamento vigente, poiché l’attività ermeneutica non può dispiegarsi “ora per allora” ma all’attualità’.

Ciò premesso si rileva inoltre che la ratio alla base dell’applicazione dell’art. 1526 c.c. al leasing cd traslativo andava riconosciuta unicamente nell’esigenza di ricondurre ad equilibrio le posizioni negoziali delle parti, finalità che però ben può essere perseguita anche attraverso la regolamentazione pattizia da esaminarsi attraverso il filtro della disposizione di cui all’art. 1322 c.c.

Ove cioè le pattuizioni siano idonee a garantire l’equilibrio complessivo tra utilizzatore e concedente il rapporto deve essere regolato dalla libera volontà delle parti ex art 1322 c.c. risultando quindi del tutto ultronea l’applicazione dell’art 1526 c.c. peraltro riferito alla vendita con riserva di proprietà, fattispecie giuridicamente differente rispetto a quella del leasing.

Venendo all’esame delle disposizioni pattizie del contratto di leasing inter partes, va rilevato che la clausola penale prevista dall’art. 17 delle c.g.c. prevede, in ipotesi risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore da un lato l’acquisizione definitiva alla concedente dei canoni periodici comunque pagati, nonché la facoltà per la stessa di richiedere il risarcimento del danno determinato dalla mancata corresponsione dei canoni scaduti ed a scadere oltre l’importo convenuto a titolo di opzione. Stabilisce inoltre che il ricavato dell’eventuale vendita del bene restituito venga riconosciuto all’utilizzatore sino alla concorrenza delle somme da quest’ultimo dovute con restituzione di eventuale eccedenza.

Ben può ritenersi quindi che la struttura della clausola de qua sia astrattamente conforme al contemperamento degli opposti interessi senza realizzare uno squilibrio e così un ingiustificato arricchimento di una parte rispetto all’altra.

Ne consegue pertanto che la domanda attrice di restituzione dei canoni in forza dell’art 1526 comma primo c.c. è infondata e va respinta.

La suddetta statuizione assorbe ogni questione relativa alla sostenuta improponibilità della domanda stessa.

Parimenti infondata è la domanda attrice circa la riduzione della penale di cui all’art 17 del contratto ai sensi dell’art 1526 comma 2 c.c. e 1384 comma 2 c.c.

Premesso anzitutto che la clausola in questione è stata correttamente sottoscritta dall’utilizzatrice (doc. 2 convenuta) e che in generale le clausole risolutive espresse contenute nei contratti di leasing hanno pacificamente natura di clausole penali, con la conseguente possibilità del giudice di ridurle laddove l’ammontare appaia eccessivo ai sensi dell’art. 1384 c.c., deve ritenersi che non sussista prova della dedotta iniquità. Va inoltre considerato che la clausola penale in questione, come già osservato, non può in ogni caso essere considerata squilibrata a favore della concedente ad a svantaggio della utilizzatrice laddove dispone che la prima è comunque tenuta a riconoscere alla seconda, una volta venduto l’immobile, il prezzo derivante della vendita.

Ed invero si rileva che la concedente eccepisce , in via subordinata, la compensazione tra un eventuale credito del Fallimento con quanto spettante a YYY, solo a seguito della vendita del bene.

Con tale meccanismo risulta pertanto evidente che la concedente non conseguirebbe sostanzialmente nulla più di quanto avrebbe percepito se il contratto fosse stato regolarmente adempiuto. Se infatti il contratto di leasing fosse giunto a regolare scadenza YYY avrebbe conseguito il maxi canone iniziale di € 36.250,00 e le 179 rate di € 5.305,50 per complessivi € 985.934,50 oltre il prezzo di riscatto pari a € 72.500,00 per un valore complessivo del contratto pari a di € 1.058.434,50. Per contro parte attrice avrebbe conseguito la proprietà dell’immobile.

Nel caso di specie, a fronte della previsione di corrispondere al Fallimento il prezzo di vendita stimato dalla CTU, con riguardo all’attualità, in € 520.000,00 è evidente come nessun ingiustificato arricchimento si realizzi in capo alla concedente che sebbene consegua in questo caso la proprietà dell’immobile oggetto della locazione finanziaria è tuttavia tenuta a corrispondere il rispettivo valore economico alla utilizzatrice. In capo a quest’ultima quindi non può dirsi verificata alcuna perdita atteso che in luogo dell’immobile l’utilizzatrice si vede riconosciuto il rispondente valore economico.

Non sussistono pertanto i presupposti per ridurre la penale in applicazione dell’art. 1384 c.c..

La domanda attrice va pertanto respinta.

Le spese di ctu, richiesta da entrambe le parti, vanno poste definitivamente a carico solidale delle stesse.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni ulteriore domanda ed eccezione, così provvede:

– Rigetta le domande attrici;

– Pone definitivamente a carico solidale delle parti le spese di CTU come liquidate in corso di causa;

– Condanna Fallimento XXX S.r.l. in liquidazione a rifondere la convenuta YYY S.p.A. delle spese di lite liquidate in complessivi € 18.000,00 oltre accessori di legge, Iva e Cpa.

Milano, 29 Ottobre 2020

Il Giudice

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