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Codice Civile
Codice Penale

Sofferenza interiore, fondamento medico-legale

La sofferenza interiore non ha un fondamento medico-legale e, quindi, non è soggetta ad indagine scientifica obiettizzabile.

Pubblicato il 08 August 2019 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte di Appello di Reggio Calabria, Sezione Civile, riunita in camera di consiglio nelle persone dei Sigg. magistrati:

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA n. 666/2019 pubblicata il 06/08/2019

nella causa civile in grado di appello iscritta al n. /2009 R.G., avverso la sentenza n. /2009 emessa dal Tribunale Civile di Locri, depositata in data 3/7/2009, introitata in decisione all’udienza collegiale del giorno 11/03/2019 e vertente

TRA

XXX, C.F., rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall’Avv. ed elettivamente domiciliato in , presso lo studio professionale dell’Avv.

APPELLANTE – E

YYY Assicurazioni S.p.A, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dall’Avv., ed elettivamente domiciliata in, presso lo studio dell’Avv.,

-APPELLATA-APPELLANTE INCIDENTALE-

NONCHE’

ZZZ e KKK.

– APPELLATI CONTUMACI- OGGETTO: Lesione personale.

CONCLUSIONI
All’udienza collegiale dell’11/03/2019, i procuratori delle parti precisavano le rispettive conclusioni, riportandosi a tutte le domande, eccezioni e difese di cui ai verbali e agli atti di causa.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso regolarmente notificato, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza di discussione parte ricorrente chiedeva al Tribunale di condannare, in solido, la società di assicurazioni YYY SpA, ZZZ e KKK al risarcimento dei danni che quest’ultimo, alla guida dell’autocarro di proprietà di ZZZ, assicurato per la responsabilità civile con la YYY, aveva causato al deducente, in data 18.5.2006, nella contrada del Comune di.

Si costituiva in giudizio la Società assicuratrice, che eccepiva l’infondatezza della domanda.

La causa veniva istruita |a mezzo di prova testimoniale e di CTU medico-legale sulla persona del ricorrente.

Con sentenza n. 394/2009, il Tribunale civile di Locri così provvedeva:

“ – accoglie la domanda e, per l’effetto, condanna la YYY Assicurazioni spa, ZZZ e KKK, in solido, al pagamento, in favore di XXX, dell’importo come determinato in parte motiva;

-condanna i predetti, in solido, alla refusionc delle spese processuali in favore del difensore del ricorrente dichiaratosi anticipatario, liquidate in complessivi € 7.232,52, di cui € 332,52 per spese, €. 3.200,00 per onorario ed €. 3.700,00 per diritti, oltre rimborso forfettario, cap e iva, ponendo definitivamente a carico dei medesimi, in solido, le spese di CTU liquidate nel corso del giudizio”.

Con atto di citazione in appello del 7/10/2009, il Sig. XXX proponeva appello avverso la predetta sentenza, chiedendo alla Corte di Appello di Reggio Calabria di ritenere fondati i motivi in esso esposti e, per l’effetto, accogliere le conclusioni in esso riportate. Il tutto con vittoria di spese da distrarsi ex art. 93 c.p.c. a favore del procuratore richiedente.

Con Comparsa di Costituzione e Risposta e appello incidentale dell’11/01/2010, la società YYY Assicurazioni S.p.A si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello principale e l’accoglimento dell’appello incidentale, con vittoria di spese del doppio grado di giudizio.

Rimanevano contumaci gli appellati, ZZZ e KKK.

Precisate le rispettive conclusioni, in epigrafe indicate, all’udienza collegiale del’11/03/2019, su richiesta della parte appellante, la causa veniva posta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE
reliminarmente dev’essere dichiarata la contumacia ZZZ e KKK, non costituitisi in giudizio nonostante l’appello sia stato loro regolarmente notificato.

Col primo motivo di gravame, l’appellante denuncia l’omessa quantificazione, da parte del giudice di prime cure, del danno patrimoniale futuro secondo il criterio sancito dal 3° comma dell’art. 137 del Codice delle Assicurazioni, che riproduce il vecchio testo dell’art. 4 della legge n. 39/77.

Rileva l’appellante come il CTU abbia riconosciuto all’odierno appellante una invalidità permanente nella misura del 13%, incidente negativamente anche sulla capacità produttiva di reddito.

Osserva l’appellante come, per quantificare tale danno, secondo la richiamata norma, avrebbe dovuto moltiplicare i 13 punti di invalidità accertati per il coefficiente 18,878 in ragione dell’età di anni 23 che l’odierno appellante aveva all’epoca del sinistro ed il prodotto, ancora, per 15.000. 00 (triplo della pensione sociale) e decurtare, infine, il risultato del 20% per scarto tra vita fisica e lavorativa, ottenendo così per questa voce di danno l’importo richiesto di Euro 29.000, 00 circa. Il motivo è infondato.

In tema di risarcimento del danno patrimoniale futuro, inteso quale conseguenza provocata dall’invalidità permanente, l’accertamento di postumi permanenti, incidenti con una certa entità sulla capacità lavorativa specifica, non comporta l’automatico obbligo del danneggiante di risarcire il danno patrimoniale, conseguenza della riduzione della capacità di guadagno – derivante dalla ridotta capacità lavorativa specifica – e quindi di produzione di reddito, dovendo esso essere accertato in concreto attraverso la dimostrazione che il soggetto leso (cui incombe l’onere della prova) svolgesse o presumibilmente avrebbe svolto un’attività produttiva di reddito. Il danno patrimoniale futuro, nel caso di fatto illecito lesivo della persona, è da valutare su base prognostica ed il danneggiato, tra le prove, può avvalersi anche delle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c..

Dunque, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa è di una certa entità e non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità (cosiddette “micropermanenti”, le quali non producono danno patrimoniale ma costituiscono mere componenti del danno biologico), è possibile presumersi che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura – non necessariamente in modo proporzionale – qualora la vittima già svolga un’attività o presumibilmente la svolgerà.

In quanto prova presuntiva essa potrà essere superata dalla prova contraria che, nonostante la riduzione della capacità di lavoro specifico, non vi è stata alcuna riduzione della capacità di guadagno e che, quindi, non è venuto a configurarsi in concreto alcun danno patrimoniale.

Ebbene, nel caso di specie, può concludersi che non sia venuto a configurarsi in concreto alcun danno patrimoniale; il CTU, nella specie, ha accertato che ” …gli esiti permanenti incidono in modo lieve sulla capacità produttiva di reddito senza necessità di dover ridurre né, tanto meno, cessare l’attività lavorativa”.

I postumi accertati e dimostrati quindi rientrano nei postumi permanenti di piccola entità i quali non producono danno patrimoniale ma costituiscono mere componenti del danno biologico.

Alla luce di quanto sopra il giudice di prime cure ha correttamente ricompreso tale voce di danno in quella del danno biologico e, pertanto, il motivo va rigettato. Col secondo motivo di gravame, l’appellante denuncia l’omesso riconoscimento ad opera del giudice di prime cure circa il riconoscimento del danno morale.

Osserva l’appellante come il giudice di prime cure, affermando di volersi adeguare all’arresto della Cassazione a SS.UU n. 26972 del 2008 (che esclude la liquidazione separata del danno biologico e del danno morale, prevedendo all’uopo un’adeguata personalizzazione della liquidazione del danno non patrimoniale, attraverso la valutazione, nella loro effettiva consistenza, delle sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza), avrebbe dovuto liquidare il danno secondo i nuovi criteri.

Rileva l’appellante, come, a seguito di questo nuovo indirizzo, l’Osservatorio per la giustizia civile di Milano propone la liquidazione del danno non patrimoniale, liquidando congiuntamente quanto in passato veniva liquidato singolarmente a titolo di danno biologico e di danno morale.

Ciò posto, osserva l’appellante come il Giudice di prime cure avrebbe dovuto riconoscere al XXX un ulteriore risarcimento per danno non patrimoniale, comprensive delle sofferenze morali, di almeno Euro 9.000,00. Il motivo è fondato nei limiti delle considerazioni che seguono.

La natura unitaria ed onnicomprensiva del danno non patrimoniale, come predicata dalle Sezioni Unite della S.C., deve essere interpretata, rispettivamente, nel senso di unitarietà rispetto a qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto non suscettibile di valutazione economica e come obbligo, per il giudice di merito, di tener conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze derivanti dall’evento di danno, nessuna esclusa, con il concorrente limite di evitare duplicazioni risarcitorie, attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici, e di non oltrepassare una soglia minima di apprezzabilità, procedendo ad un accertamento concreto e non astratto, dando ingresso a tutti i mezzi di prova normativamente previsti, ivi compresi il fatto notorio, le massime di esperienza, le presunzioni (Cass. civile 17/01/2018 n. 901).

Pertanto, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alla lesione d’interessi costituzionalmente protetti si deve valutare, sul piano della prova, tanto l’aspetto interiore del danno (c.d. danno morale), quanto il suo impatto modificativo “in pejus” con la vita quotidiana (il danno c.d. esistenziale, o danno alla vita di relazione, da intendersi quale danno dinamico-relazionale), atteso che oggetto dell’accertamento e della quantificazione del danno risarcibile – alla luce dell’insegnamento della Corte costituzionale (sent. n. 235 del 2014) e del recente intervento del legislatore (artt. 138 e 139 C.d.A., come modificati dalla legge annuale per il Mercato e la Concorrenza del 4 agosto 2017, n. 124) – è la sofferenza umana conseguente alla lesione di un diritto costituzionalmente protetto, la quale, nella sua realtà naturalistica, si può connotare in concreto di entrambi tali aspetti essenziali, costituenti danni diversi e, perciò, autonomamente risarcibili, ma solo se provati caso per caso con tutti i mezzi di prova normativamente previsti.

Ciò conferma la legittimità dell’individuazione della duplice dimensione della sofferenza, quella di tipo relazionale inserita nella previsione legislativa, e quella di natura interiore, non codificata e non considerata, in modo tale da lasciare libero il giudice di quantificarla nell’ an e nel quantum con un’ulteriore, equa valutazione.

Infatti, per quanto attiene alla definizione del danno morale, la Corte di Cassazione con una recente decisione, la n. 31 gennaio 2019, n. 2788, ha avuto modo di precisare che la sofferenza interiore non ha un fondamento medico-legale e, quindi, non è soggetta ad indagine scientifica obiettizzabile e, pertanto, può formare oggetto di separata valutazione e liquidazione in quanto in presenza di un danno alla salute non costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno biologico e di un’ulteriore somma di pregiudizi che hanno fondamento medico-legale.

Ebbene, nel caso di specie, pur non essendo stata prova dei fatti specifici dai quali evincere un pregiudizio arrecato alla vita di relazione del soggetto, è possibile riconoscere all’odierno appellante una sofferenza morale derivante dall’evento danno che, sulla base delle massime di esperienza, che tale Corte ritiene di dover quantificare, ex art. 138 del Codice delle Assicurazioni, nella misura del 13% rispetto alla somma complessiva riconosciuta ai fini del risarcimento del danno biologico (riconosciuta in Euro 30.219,105 e valutata sulla misura dei 13 punti di validità accertati) e quindi da fissarsi in Euro 3.928,60 senza considerarla “duplicazione risarcitoria”.

Col terzo motivo di gravame, l’appellante denuncia l’erroneità della decisione del giudice di prime cure là dove ha statuito per un risarcimento inferiore ad Euro 45.000,00, spontaneamente corrisposto dalla Società YYY nel corso del giudizio, senza violare le norme di cui agli artt. 115 e 116 c.p.c..

Il motivo è infondato.

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, la comunicazione dell’offerta dell’impresa di assicurazione ai sensi dell’art. 148 del decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209, non accettata dal danneggiato, ed il pagamento della somma offerta non esonerano il danneggiato, che agisca in giudizio per il risarcimento dei danni, a cose e/o alla persona, causati dal medesimo sinistro dagli oneri di allegazione e di prova che incombono sull’attore.

Il pagamento della somma offerta, e non accettata, ai sensi dell’art. 148 codice delle assicurazioni funziona come un acconto, da imputare nella liquidazione definitiva del danno secondo i criteri contabili applicabili a quest’ultimo (come da Cass. n. 3747/2005, n. 6357/11, n. 8104/13, Cass. n. 24205 del 27 novembre 2015).

L’imputazione va fatta, all’esito della liquidazione giudiziale, sull’importo complessivamente riconosciuto come spettante al danneggiato, non distinguendo tra le singole voci di danno ed imputando tutta intera la somma corrisposta, senza tenere conto dei criteri seguiti dall’impresa di assicurazione per la sua determinazione.

Si passa all’esame dell’appello incidentale.

Col primo motivo di gravame, l’appellante denuncia l’infondatezza della domanda risarcitoria del danneggiato e l’erroneità della sentenza nella parte in cui riconosce la fondatezza della domanda risarcitoria avanzata dall’odierno appellante, sig. XXX, sulla base delle risultanze istruttorie emerse in corso di causa.

Osserva l’appellato- appellante incidentale come il giudice di prime cure, infatti, si sia sostanzialmente attenuto a quanto affermato dai testi escussi e alle dichiarazioni rese omettendo di valutare la documentazione fotografica in atti, nonché quanto rilevato anche dallo stesso CTU in ordine all’inverosimile dinamica del sinistro.

A tale proposito, osserva l’appellante incidentale che anche il CTU medico-legale, chiamato ad accertare l’esistenza del nesso causale tra l’evento lesivo e le lesioni riportate dal ricorrente, sebbene giunga a ritenere compatibili le lesioni patite dal sig. XXX con la riferita dinamica del sinistro, giudicando quest’ultima comunque “inusuale”, sottolinea l’esistenza di una discrasia nella ricostruzione dell’incidente, emersa dalla disamina della documentazione sanitaria allegata al fascicolo.

Il motivo è infondato.

Dagli elementi probatori raccolti ed esaminati nel corso del giudizio di primo grado è emersa la compatibilità delle menomazioni accertate con la versione ricostruita dalla parte appellante.

Il CTU, pur definendo “insolita” la versione offerta dall’appellante, ha comunque confermato la sua compatibilità con le menomazioni accertate; anche i testi interrogati sul punto hanno tutti fornito in maniera precisa e puntuale una ricostruzione attendibile rispetto a quella data dall’appellante.

Il secondo motivo di gravame col quale l’appellata-appellante incidentale, rileva la sussistenza di un diritto di credito della compagnia di assicurazione nei confronti dell’appellante e chiede la restituzione della somma pagata in eccedenza, rispetto a quanto riconosciuto nel corso del giudizio rimane i parte assorbito nei precedenti motivi, e trova accoglimento nei limiti di quanto sopra statuito, rilevando che alla somma riconosciuta e rivalutata pari a Euro 36.300,03, va aggiunta la somma di Euro 3.928,60,per un risarcimento complessivo, in favore dell’odierna appellante pari ad euro 40.228,63. Pertanto all’appellata-appellante incidentale dev’essere riconosciuta a titolo di restituzione della somma pagata in eccedenza, la somma pari ad Euro 7.599,40.

Si compensano le spese tra le parti, stante, per un verso, l’accoglimento parziale degli appelli e per altro verso la reciproca soccombenza.

P.Q.M
La Corte di Appello di Reggio Calabria, Sezione Civile, uditi i procuratori delle parti, definitivamente pronunciando sull’Appello proposto dal Sig. XXX, con atto di citazione del 7/10/2019, nei confronti della YYY Assicurazioni S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché nei confronti dei Sigg.ri ZZZ e KKK, e sull’appello principale proposto, con atto dell’11/01/2010, dalla YYY Assicurazioni S.p.A nei confronti di XXX nonché nei confronti di ZZZ e KKK, ogni contraria domanda, eccezione e difese, così decide:

1) Dichiara la contumacia dei Sigg.ri ZZZ e KKK;

2) Accoglie parzialmente l’appello principale e, per l’effetto, riconosce al Sig. XXX, l’ulteriore somma pari ad Euro 3.928,60 a titolo di risarcimento del danno morale, così come giustificata in parte motiva;

3) Accoglie parzialmente l’appello incidentale e per l’effetto:

– Condanna XXX a restituire alla YYY Assicurazioni SpA la somma di Euro 7.599,40, così come giustificata in parte motiva;

– Compensa le spese tra l’appellante principale e l’appellante incidentale;

– Nulla per le spese in favore dei Sigg.ri ZZZ e KKK, appellati contumaci.

Così deciso nella Camera di Consiglio del 18.06.2019

Il Giudice estensore

Il Presidente

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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