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Infortuni sul lavoro e malattie professionali

Infortuni sul lavoro e malattie professionali, rapporto causale tra evento e danno, principio dell’equivalenza delle condizioni.

Pubblicato il 15 November 2021 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO di VELLETRI 
sezione lavoro 1° grado 

Il Tribunale in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Raffaella Falcione quale Giudice del lavoro, all’esito dell’udienza “figurata a trattazione scritta” del 11/11/2021, ai sensi dell’art. 83 comma 7 lettera h) D.L. n. 18/2020 conv. con mod. dalla L. 24 aprile 2020 n. 27, da ultimo prorogato al 31.12.2021 dall’art. 7 del D.L. 105/2021, ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 1640/2021 pubblicata il 11/11/2021

AI SENSI DEGLI ARTT. 429 C.P.C. E 83 COMMA 7 LETTERA H) D.L. N. 18/2020 CON MOD. DALLA L. 27/2020 E SUCC. MODIFICAZIONI E INTEGRAZIONI.

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 6723/2019 R.G.A.L. e vertente tra

XXX Ricorrente

Rappresentato e difeso dall’Avv.to

E

INAIL, ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO in

persona del legale rappresentante pro tempore, Resistente Rappresentato e difeso dall’Avv.to

Oggetto: Accertamento Malattia Professionale.

P.Q.M.

Il Giudice, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa istanza, eccezione o deduzione

1. Accerta e dichiara che XXX è affetto da: “Ipoacusia bilaterale neurosensoriale (cod. rif. INAIL 312 = 1,48%); Acufeni (cod. rif. INAIL 313 = 1,5%); Esiti pregresso intervento per M. di Dupuytren mano sin (duplice) e piede sin; Artrosi lombare, discopatie protrusive multiple, ED L1-L2 ed L4/L5; Artropatia spalle”, di origine professionale comportante una menomazione permanete all’integrità psico-fisica in misura pari al 3%, con decorrenza dalla data di presentazione della domanda amministrativa.

2. Per l’effetto, condanna l’INAIL, in persona del l.r. pro-tempore, a costituire in favore del medesimo XXX un’unica rendita prevista dagli artt. art. 13 lett. a), seconda parte, D.lgs. n. 38/2000 e 80 D.P.R. 1124/1965, oltre interessi legali dal dì del dovuto al saldo, per la complessiva menomazione all’integrità psico-fisica pari alla misura del 20%, derivante dalla tecnopatia di cui sub 1) unificata ai postumi della malattia professionale già riconosciuta nella percentuale del 18%.

3. Compensa le spese processuali.

4. Pone le spese di CTU, liquidate con separato decreto, a carico dell’INAIL.

MOTIVI DELLA DECISIONE

XXX, con ricorso depositato in data 19.12.2019, ritualmente notificato, conviene in giudizio l’INAIL, in persona del legale rappresentante pro-tempore, chiedendo il riconoscimento della malattia professionale per cui aveva proposto domanda amministrativa in data 27.04.2017 (ipoacusa percettiva bilaterale con deep sui 4000 Hz e acufene). Riferisce che l’INAIL, con provvedimento del 4.08.2017, rigettava la domanda per la ritenuta assenza del nesso causale tra attività lavorativa svolta e patologia denunciata e che il ricorso amministrativo proposto avverso il predetto provvedimento di diniego in data 9.10.2017 -con il quale chiedeva di essere sottoposto a visita collegiale-, si concludeva negativamente in quanto l’Istituto, con missiva del 27.06.2018, confermava il giudizio espresso.

Premette: di avere iniziato a lavorare nel 1987 come artigiano addetto al movimento terra, con uso continuo della pala meccanica; che nel 1998 ha iniziato a lavorare in ambito agricolo come coltivatore diretto con utilizzo di mezzi pesanti e vibranti quali trattori, escavatori, trebbiatrici, de-cespugliuatrici, senza l’utilizzo alcun mezzo di protezione specifico; che, attualmente, lavora come palista/conduttore di mezzi d’opera, sempre in ambito agricolo, con uso frequente di trattori, decespugliatori e altri mezzi producenti rumore, occupandosi anche delle operazioni di carico e scarico dei mezzi di trasporto in ambiente rumoroso. Osservando l’orario di lavoro 8,30 – 18,30 dal lunedì al sabato. Riferisce, infine, che il Tribunale di Velletri, con Sentenza n. 1633/2016, gli riconosceva una IP nella percentuale del 18% da malattia professionale (lombartrosi con discopatie e Ernia discale), sciatalgia cronica sindrome curalgica cronica).

Sulla base di tale premessa, chiede, che l’INAIL sia condannato a erogare in suo favore la prestazione in capitale per inabilità permanente in misura pari al 10%, o per quella maggiore o minore che sarà accertata a seguito di CTU, oltre agli interessi legali, e che, ai sensi dell’art. 80 DPR n. 1124/1965, sia accertato il suo diritto alla unificazione dei postumi rispetto alla tecnopatia già accertata, da liquidarsi nella misura complessiva del 27%, o per quella maggiore o minore che sarà accertata. Allega documentazione L’INAIL si costituisce in giudizio sollevando le eccezioni di giudicato (per frazionamento della domanda) e di prescrizione del diritto. Riferisce, infatti, che nel 2018 il ricorrente ha proposto un ulteriore ricorso per il riconoscimento della tecnopatia del Morbo di Dupuytren bilaterale alle mani e ai piedi iscritto al n. 1600/2018 RG Tribunale di Velletri. Nel merito chiede il rigetto del ricorso in quanto infondato in fatto ed in diritto. Afferma, infatti, che, nelle cause di accertamento dell’esistenza di malattie di derivazione etiologica dal lavoro, trovano applicazione le regole ordinarie dell’onere della prova espresse dagli artt. 2697 c.c. e 115 del c.p.c.. La parte ricorrente, pertanto, deve provare, soprattutto quando si tratti di m.p. non tabellata derivante da adibizione a lavorazione non tabellata, come è quella in esame, i fatti che sono alla base della domanda, e cioè: la lavorazione svolta; il rischio lavorativo a cui è stata esposta; la lesione subita; il nesso causale, con la precisazione che, qualora si tratti di malattia non tabellata, deve sussistere la ragionevole certezza di una probabilità qualificata. Allega documentazione.

La causa veniva istruita attraverso la documentazione prodotta dalle parti, con la prova per testi nonché a mezzo di Ctu medico-legale. In data odierna, previo invito alle parti a depositare fino a 5 giorni prima dell’udienza note di trattazione scritta, nonché fino a 3 giorni prima dell’udienza eventuali repliche, il Giudice decideva la causa pronunciando sentenza completa di motivazione, ai sensi degli artt. 429 c.p.c. e dell’art. 83 comma 7 lettera h) D.L. n. 18/2020 conv. con mod. dalla L. 24 aprile 2020 n. 27, da ultimo prorogato al 31.12.2021 dall’art. 7 del D.L. 105/2021.

Giova premettere che la S.C. di Cassazione afferma, con giurisprudenza consolidata, che qualora sia lavorazione sia la malattia di cui è affetto l’assicurato siano incluse nelle apposite tabelle, e sempre che la malattia si sia manifestata entro il periodo (cd latenza) anch’esso indicato in tabella, si applica la presunzione (ancorché non assoluta) di eziologia professionale della patologia sofferta dal lavoratore, con il conseguente onere di prova contraria a carico dell’INAIL. Com’è noto, infatti, in materia di tutela assicurativa delle malattie professionali, la tabellazione rappresenta l’approdo e la cristallizzazione di giudizi scientifici specifici sull’esistenza del nesso di causalità. La tabella, prevista dalla legge, viene, quindi, redatta ed aggiornata, sempre su disposizione di legge, proprio allo scopo di agevolare il lavoratore esposto a determinati rischi nella dimostrazione del nesso eziologico sul terreno assicurativo INAIL.

Pertanto, in tali ipotesi, al lavoratore è sufficiente dimostrare di essere affetto dalla patologia tabellata e di essere stato addetto alla lavorazione nociva, anch’essa tabellata (cd esposizione al rischio).

L’Istituto, invece, dovrà dimostrare la dipendenza dell’infermità da una causa extra-lavorativa, oppure il fatto che, per la sua rapida evolutività, o per altra ragione, la malattia non sia ricollegabile all’esposizione al rischio, avuto riguardo ai tempi di esposizione allo stesso e di manifestazione della patologia.

In sintesi, per escludere la tutela assicurativa, è necessario accertare, rigorosamente e inequivocabilmente, che vi sia stato l’intervento di un diverso fattore patogeno, che da solo abbia cagionato la tecnopatia.

In materia trova, infatti, applicazione il disposto dell’art. 41 c.p. a norma del quale (co. 2) le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento.

Diversamente, in tema di malattia professionale derivante da lavorazione non tabellata, o a cd “eziologia multifattoriale”, la prova del nesso di causalità grava sul lavoratore, e deve essere valutato dal giudice in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell’origine professionale, questa può essere ravvisata solo se vi sia un rilevante grado di probabilità.

La S.C. (sent. n. 17438/2012) precisa, altresì, che: “A tal fine il giudice, oltre a consentire all’assicurato di esperire i mezzi di prova ammissibili e ritualmente dedotti, è tenuto a valutare le conclusioni probabilistiche del consulente tecnico in tema di nesso causale, facendo ricorso ad ogni iniziativa “ex officio”, diretta ad acquisire ulteriori elementi in relazione all’entità dell’esposizione del lavoratore ai fattori di rischio, potendosi desumere, con elevato grado di probabilità, la natura professionale della malattia dalla tipologia della lavorazione, dalle caratteristiche dei macchinari presenti nell’ambiente di lavoro, dalla durata della prestazione stessa, nonché dall’assenza di altri fattori causali extralavorativi alternativi o concorrenti”. Purtuttavia, va considerato che è comunque sufficiente il cd “rischio ambientale” (cfr. Cass. SU 13025/2006; 15865/2003, 6602/2005, 3227/2011), ossia che il lavoratore abbia contratto la malattia di cui si discute in virtù di una noxa comunque presente nell’ambiente di lavoro, ovvero in ragione delle lavorazioni eseguite al suo interno, anche se egli non fosse stato specificatamente addetto alle stesse.

Infine, va considerato che la consolidata giurisprudenza della S.C. di Cassazione in materia di patologie multifattoriali (da ultimo Cass. n. 6105/2015), afferma il principio di diritto secondo cui: “Nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali trova diretta applicazione la regola contenuta nell’art. 41 cod. pen., per cui il rapporto causale tra evento e danno è regolato dal principio dell’equivalenza delle condizioni, secondo il quale va riconosciuta efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, a determinare l’evento, sicché solo qualora possa ritenersi con certezza che l’intervento di un fattore estraneo all’attività lavorativa sia stato di per sé sufficiente a produrre la infermità deve escludersi l’esistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge”.

Ebbene all’esito della prova orale, disposta al fine di accertare, nello specifico, l’effettiva esistenza del rischio lavorativo dedotto in ricorso e l’esposizione allo stesso dell’assicurato, i testimoni esaminati nel corso dell’istruttoria hanno dichiarato:

*** non parente indifferente: “Ho lavorato con il ricorrente dal 1998 a tutto il 1999 come operaio mentre lui era il titolare della ditta ma vi lavorava. E’ vero che si occupava della movimentazione della terra dai campi. E’ vero che utilizzava trattori, pale meccaniche e escavatrici. E’ vero che non indossava mezzi di protezione individuale come nessuno di noi. So che ha continuato a svolgere l’attività di agricoltore in quanto mi è capitato occasionalmente di recarmi presso il suo appezzamento di terreno. Io lavoravo dalle 8,00 alle 16,00 ma lui si tratteneva anche oltre”.

*** non parente indifferente: “Ho lavorato con il ricorrente negli anni 1998.1989 e 2000 come operaio addetto ad insaccare il terriccio nei sacchetti mentre lui che era il titolare della ditta e vi lavorava si occupava della movimentazione della terra dai campi. E’ vero che utilizzava la pala meccanica, mezzi escavatori, trattori, e mezzi pesanti per il trasporto della terra trattata e pretrattata oltre che decespugliatori. E’ vero che non indossava mezzi di protezione individuali di protezione. Io avendo problemi di udito ad un certo punto ho smesso in quanto nel cannone dove io lavoravo in cui veniva insaccata la terra vi era un forte rumore proveniente dalla macchina che pressava il terriccio. Anche la dramoggena e il valio producevano rumore. Anche il ricorrente lavorava all’interno del capannone soprattutto in quanto si occupava della manutenzione degli strumenti. Io lavoravo dalle 7,30 alle 12,00 e dalle 14,00 alle 16,00 ma lui si tratteneva anche oltre essendo il titolare”.

Sulla base di tale premessa fattuale il CT dell’Ufficio, all’esito degli accertamenti medico legali esperiti, previo esame di tutta la documentazione sanitaria in atti, sottoposto il ricorrente a vista medico-legale, e tenuto conto per quanto d’interesse delle dichiarazioni rese dai testimoni esaminati nel corso dell’istruttoria, pone la diagnosi di: “Ipoacusia bilaterale neurosensoriale (cod. rif. INAIL 312 = 1,48%); Acufeni (cod. rif. INAIL 313 = 1,5%); Esiti pregresso intervento per M. di Dupuytren mano sin (duplice) e piede sin; Artrosi lombare, discopatie protrusive multiple, ED L1-L2 ed L4/L5; Artropatia spalle”.

Ciò posto, evidenzia che nel corso della visita medica ha rilevato ipoacusia bilaterale in soggetto in grado di percepire la voce di conversazione, con riferiti acufeni persistenti, che trovano riscontro documentale, oltre un impegno funzionale a carico del rachide lombosacrale ed esiti cicatriziali di pregresso duplice intervento mano sin ed intervento piede sin per morbo di Dupuytren.

Evidenzia, altresì, che dalla raccolta anamnestica, dalla documentazione sanitaria in atti (esame audiometrico del 12.04.2017, Visita Specialistica del 17.04.2017, Visita Specialistica ORL, effettuata in data 26.06.2017), e dalle dichiarazioni rese dai testimoni esaminati nel corso dell’istruttoria è verosimile ritenere che l’attività svolta dal ricorrente dall’età di 14 anni fino al 2017, possa aver determinato l’ipoacusia da rumore. Pertanto, applicando la Tabella del Marello per la valutazione delle ipoacusie intermedie, tenuto conto che gli acufeni sarebbero ricompresi nel danno ipoacusico tabellato, ma considerata la loro persistenza a distanza di anni, ritiene congrua una valutazione complessiva pari a 3 % D.B (codici di riferimento Tabelle INAIL 312 e 313). Attesa l’esistenza di un preesistente Danno Biologico pari al 18% ne deriva una valutazione complessiva pari al 20% D.B.

Infine, in risposta al quesito specifico posto da questo Giudicante, evidenzia che, considerato che il VALENZI è stato sottoposto a vari accertamenti specialistici finalizzati alla valutazione del danno acustico, egli nel marzo del 2018, data di presentazione del ricorso contro l’INAIL iscritto al n. 1500/2018 RG del Tribunale di Velletri, fosse in possesso di elementi oggettivi tali da portarlo a conoscenza sia dell’esistenza della malattia che del suo carattere di professionalità e indennizzabilità.

Alla luce di quanto sopra esposto, osserva questo giudicante che non sussistono motivi per disattendere, o comunque discostarsi, dalle suddette conclusioni del CTU, in quanto il perito dell’ufficio ha basato l’accertamento sulla base della documentazione sanitaria prodotta dal ricorrente e su quanto riscontrato all’esame obiettivo. Il ragionamento tecnico-scientifico risulta, altresì, logico esaustivo e sorretto da condivisibili argomentazioni medico-legali.

Per completezza si osserva che il procuratore dell’INAIL nelle note di trattazione scritta sostiene che il Ctu ha depositato la relazione definitiva senza considerare le osservazioni critiche del CT dell’Istituto trasmesse all’ausiliario in data 1.10.2021. L’eccezione è infondata posto che il Ctu ha allegato alle relazione definitiva le osservazioni del Ctp INAIL dr.ssa Ester Arena datate 23.09.2021, ed ha risposto così nei seguenti termini: “In merito alle osservazioni della Parte Resistete si evidenzia che l’Esame Audiometrico preso in considerazione è riportato nel fascicolo della stessa Parte Resistete e le Prove Testimoniali sono presenti nel fascicolo di causa”.

In considerazione delle conclusioni cui è pervenuto il Ctu deve ritenersi infondata l’eccezione di prescrizione sollevata dall’INAIL mentre invece è fondata l’eccezione di frazionamento della domanda.

Per tutti i motivi esposti il ricorso è fondato e merita di essere accolto nei limiti innanzi indicati.

L’abuso del processo per frazionamento della domanda giustifica la compensazione integrale delle spese di lite ex art. 92 c.p.c..

Le spese di CTU, liquidate con separato decreto, sono poste a carico dell’INAIL. Velletri, 11 novembre 2021

Il Giudice del Lavoro

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