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Ricorso inammissibile: quando la Cassazione non decide

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato contro una condanna per danneggiamento e porto di oggetti atti ad offendere. La decisione si fonda sul principio che il ricorrente non può chiedere alla Suprema Corte una nuova valutazione dei fatti o della credibilità dei testimoni, ma solo sollevare questioni sulla corretta applicazione della legge. L’appello, essendo basato su censure di merito, viene respinto con condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 17 luglio 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: I Limiti del Giudizio in Cassazione

Quando un imputato viene condannato, ha il diritto di impugnare la sentenza. Tuttavia, il ricorso alla Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Un’ordinanza recente chiarisce perfettamente perché un ricorso inammissibile viene respinto se mira a una nuova valutazione delle prove, ribadendo i confini precisi tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Analizziamo questo caso per capire meglio.

Il Contesto: Dalla Condanna in Appello al Ricorso in Cassazione

Il caso ha origine da una condanna emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte di Appello. L’imputato era stato ritenuto colpevole per i reati di danneggiamento aggravato (art. 635 c.p.) e porto di oggetti atti ad offendere (art. 4, L. 110/1975).

Non accettando la decisione, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, cercando di smontare l’impianto accusatorio su cui si basavano le sentenze dei gradi precedenti.

I Motivi del Ricorso e perché è un Ricorso Inammissibile

L’appello alla Suprema Corte si basava principalmente su due punti:

1. Sul reato di danneggiamento: La difesa sosteneva che non vi fosse prova certa della presenza dell’imputato sul luogo e al momento del fatto. Inoltre, veniva contestata l’attendibilità di un testimone chiave, le cui dichiarazioni erano state considerate decisive dai giudici di merito.
2. Sul reato di porto di oggetti atti ad offendere: Si lamentava che la sentenza non avesse descritto in modo adeguato gli elementi che provavano il concorso dell’imputato nel reato.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha immediatamente qualificato l’intero appello come manifestamente infondato, rendendolo un ricorso inammissibile. Il motivo è semplice: le censure sollevate non riguardavano violazioni di legge o difetti procedurali, ma erano un tentativo di rimettere in discussione l’analisi dei fatti e la valutazione delle prove, attività precluse al giudice di legittimità.

La Decisione della Corte: La Distinzione tra Merito e Legittimità

La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio cardine del nostro sistema processuale. Il suo ruolo non è quello di essere un “terzo giudice del fatto”. La Cassazione è un giudice di legittimità: il suo compito è verificare che i giudici dei gradi inferiori abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico, coerente e non contraddittorio.

Non può, quindi, sostituire la propria valutazione delle prove (ad esempio, decidere se un testimone è credibile o meno) a quella del giudice di merito. Un ricorso che chiede questo è, per sua natura, destinato all’inammissibilità.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte sono state nette e precise. La sentenza impugnata era stata considerata “congruamente motivata” e priva di vizi evidenti come l’illogicità manifesta o la contraddittorietà. Il ricorrente, secondo i giudici, stava tentando di sottoporre alla Corte una rilettura degli elementi di fatto e di proporre “nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione”, trasformando di fatto la Cassazione in un’ulteriore istanza di merito. Questo è in contrasto con la funzione della Corte, che è e resta “giudice della motivazione”. Pertanto, tutte le doglianze che attaccano la “persuasività”, l'”inadeguatezza” o la presunta mancanza di rigore nella valutazione delle prove sono state ritenute inammissibili.

Le Conclusioni

La conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità è stata duplice. In primo luogo, il ricorso è stato respinto, rendendo definitiva la condanna. In secondo luogo, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali. Ma non solo: a causa della manifesta infondatezza del ricorso, che denota una colpa nel promuovere un’impugnazione senza speranza di successo, l’imputato è stato anche condannato a versare una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione ha una funzione deterrente, per scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente dilatori o infondati, che intasano il sistema giudiziario. La lezione pratica è chiara: un ricorso in Cassazione deve essere un atto tecnico di alta precisione, focalizzato esclusivamente su errori di diritto e vizi logici della motivazione, non un ultimo, disperato tentativo di rimettere in discussione i fatti.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di contestare errori di diritto, tentava di ottenere dalla Corte di Cassazione una nuova valutazione dei fatti e delle prove (come la presenza dell’imputato sul luogo del reato e l’attendibilità di un testimone), compito che non spetta al giudice di legittimità.

Qual è il ruolo della Corte di Cassazione secondo questa ordinanza?
L’ordinanza ribadisce che la Corte di Cassazione è un “giudice della motivazione” e di legittimità. Il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti come un terzo grado di giudizio, ma di controllare che la decisione del giudice precedente sia sorretta da una motivazione logica, non contraddittoria e rispettosa della legge.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A causa dell’inammissibilità del ricorso e della sua colpa nel proporlo, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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