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Assegni postdatati e privi di copertura

In tema d’insolvenza fraudolenta, la prova del preordinato proposito di non adempiere alla prestazione dovuta sin dalla stipula del contratto, dissimulando lo stato di insolvenza, può essere desunta anche da argomenti induttivi seri e univoci, ricavabili dal contesto dell’azione e dal comportamento successivo all’assunzione dell’obbligazione, ma non esclusivamente dal mero inadempimento che, in sé, costituisce un indizio equivoco del dolo (sez. 2, n. 6847 del 21/01/2015, in fattispecie, del tutto analoga a quella rappresentata nella sentenza impugnata, in cui, la Corte ha ritenuto che l’acquisto della merce tramite assegni postdatati e privi di copertura fino al giorno precedente la scadenza dei titoli, fosse espressione del successivo inadempimento ma non della preordinata dissimulazione dello stato di insolvenza).

Pubblicato il 10 April 2023 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

In tema d’insolvenza fraudolenta, la prova del preordinato proposito di non adempiere alla prestazione dovuta sin dalla stipula del contratto, dissimulando lo stato di insolvenza, può essere desunta anche da argomenti induttivi seri e univoci, ricavabili dal contesto dell’azione e dal comportamento successivo all’assunzione dell’obbligazione, ma non esclusivamente dal mero inadempimento che, in sé, costituisce un indizio equivoco del dolo (sez. 2, n. 6847 del 21/01/2015, in fattispecie, del tutto analoga a quella rappresentata nella sentenza impugnata, in cui, la Corte ha ritenuto che l’acquisto della merce tramite assegni postdatati e privi di copertura fino al giorno precedente la scadenza dei titoli, fosse espressione del successivo inadempimento ma non della preordinata dissimulazione dello stato di insolvenza).

Nel caso esaminato, la Corte di Appello aveva tratto la prova del proposito da elementi non univoci, con riguardo alla preordinata dissimulazione dello stato di insolvenza, considerato anche che l’acquisto della merce è avvenuta con un assegno postdatato, sulla cui copertura non risulta siano state fornite assicurazioni, così come non emerge che il titolo in questione sia stato rifiutato dal creditore quale strumento di pagamento del prezzo della merce.

Per altro profilo, la motivazione non si confronta con le argomentazioni a base della pronuncia assolutoria di primo grado che aveva – in termini corretti sotto il profilo giuridico – riscostruito la condotta al momento in cui la parte, successivamente inadempiente, aveva contratto l’obbligazione, evidenziando che all’epoca il debitore era intestatario pro quota di vari immobile, liberi da ipoteche o da pignoramenti, sì da offrire garanzie sufficienti per l’adempimento dell’obbligazione; che aveva mantenuto la sede della propria ditta nello stesso luogo indicato nelle fatture (e non in altro, dove era stato inutilmente ricercato); che aveva tentato una risoluzione bonaria delle pendenze, con la finalità di far fronte agli obblighi contrattuali, comportamento ritenuto incompatibile con il proposito di dissimulare l’insolvenza.

Non risulta pertanto che il giudice di appello si sia attenuto a quel particolare onere motivazionale, valevole a superare le lacune dimostrative a suo avviso evidenziate dal primo giudice, essendo a tal fine necessario confrontarsi con le ragioni del provvedimento riformato e giustificare, con assoluta decisività, la diversa scelta operata.

Corte di Cassazione, Sezione Seconda Penale, Sentenza n. 12562 del 27 marzo 2023

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