Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1924 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1924 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4864/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOME , rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, giusta procura speciale in atti
–
ricorrente – contro
CURATELA RAGIONE_SOCIALE , in persona del Curatore, rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, giusta procura speciale in atti
-controricorrente-
avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALEa CORTE DI APPELLO DI FIRENZE n. 2456/2021 depositata il 22/12/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nell’anno 2014 NOME COGNOME conveniva in giudizio avanti il Tribunale di Siena l’RAGIONE_SOCIALE, chiedendo il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘avvenuto acquisto per usucapione di un compendio immobiliare e la dichiarazione di estinzione RAGIONE_SOCIALEe ipoteche iscritte sullo stesso. L’attrice sosteneva di avere avuto la piena disponibilità RAGIONE_SOCIALE‘immobile e RAGIONE_SOCIALEa pertinente autorimessa assieme al proprio coniuge NOME COGNOME (il quale decedeva nell’anno 1996) sin dall’anno 1984 e che la convenuta, che lo aveva costruito, lo aveva destinato alla coppia quale casa familiare. La ricorrente asseriva pertanto di avere posto in essere sul bene, già prima di trasferirsi in esso con il proprio marito, attività nel loro personale interesse, di avere provveduto alla manutenzione RAGIONE_SOCIALEo stesso e di avere, convenendo di procedere alla stipula del rogito non appena fossero state pronte tutte le pratiche burocratiche del caso. Nel dicembre 1995 la società convenuta, con delibera del consiglio di amministrazione, disponeva di procedere alla vendita del bene immobile in favore RAGIONE_SOCIALEa ricorrente, dopo che era stato versato il prezzo di acquisto. Tale vendita, tuttavia, non riusciva a formalizzarsi sia per problemi catastali, sia per il decesso nell’anno 1996 di NOME COGNOME, sia per l’insorgere di tre sopravvenute iscrizioni ipotecari e sul bene.
2. L’impresa RAGIONE_SOCIALE si costituiva in giudizio, negando la sussistenza degli elementi RAGIONE_SOCIALE‘acquisto a titolo originario per usucapione, poiché il godimento del bene da parte RAGIONE_SOCIALEa COGNOME rientrava negli atti di tolleranza, essendo il coniuge NOME COGNOME amministratore RAGIONE_SOCIALEa suddetta società e asserendo, inoltre, che il
bene era sempre stato inserito nella contabilità RAGIONE_SOCIALEa compagine sociale e che, nel corso degli anni, aveva sempre provveduto al pagamento RAGIONE_SOCIALEe imposte e ne aveva anche disposto a titolo di garanzia patrimoniale verso terzi. Contestava, infine, l’avvenuta maturazione del termine ventennale necessario ai fini RAGIONE_SOCIALE‘acquisto per usucapione, in quanto questo avrebbe dovuto essere conteggiato non dal 1984, bensì dal 1995, stante l’avvenuto versamento del saldo di pagamento da parte RAGIONE_SOCIALE‘attrice solo in questo stesso anno.
A seguito di interruzione del giudizio per l’intervenuto fallimento RAGIONE_SOCIALEa convenuta, dichiarato con sentenza del 3 luglio 2015, l’attrice provvedeva alla riassunzione nei confronti RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE (d’ora innanzi RAGIONE_SOCIALE) .
Con sentenza n. 559/2017, il Tribunale di Siena, nella resistenza RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, ravvisava tra le parti in causa la presenza non già di una vendita, bensì di una promessa di vendita, e rigettava la domanda RAGIONE_SOCIALE‘ attrice per non avere questa adeguatamente provato il possesso ultraventennale del bene.
NOME COGNOME interponeva appello avverso tale decisione. Resisteva la RAGIONE_SOCIALE.
Con sentenza n. 2456/2021 la Corte di Appello di Firenze respingeva l’appello, confermando integralmente la sentenza impugnata. Il giudice del merito escludeva la sussistenza del l’ animus possidendi RAGIONE_SOCIALEa ricorrente all’atto RAGIONE_SOCIALEa instaurata relazione materiale con il bene avvenuta nel 1984, ritenendo, tuttalpiù, che lo stesso potesse considerarsi manifestato esclusivamente dal 22 dicembre 1995 in poi, con la conseguente inopponibilità RAGIONE_SOCIALEa domanda di usucapione alla RAGIONE_SOCIALE, a norma RAGIONE_SOCIALE‘art. 45 LF , per non essere ancora decorso il ventennio al momento RAGIONE_SOCIALEa proposizione RAGIONE_SOCIALEa domanda giudiziale.
Avverso tale decisione NOME COGNOME ha presentato ricorso per cassazione, notificato in data 19.02.2022 alla RAGIONE_SOCIALE e articolato in due motivi.
La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, chiedendo la dichiarazione di improcedibilità e l’inammissibilità del ricorso.
In prossimità RAGIONE_SOCIALE‘adunanza, parte controricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo la ricorrente deduce , ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2697 c.c. per avere la sentenza impugnata posto l’onere di provare il possesso in capo alla ricorrente e non, viceversa, l’onere di provare la detenzione in capo alla controparte.
-Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 1141, comma 1 e 2 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., poiché la decisione gravata ha ritenuto erroneamente non applicabile al caso di specie il principio RAGIONE_SOCIALEa presunzione del possesso.
3.I motivi del ricorso possono essere scrutinati congiuntamente per la loro evidente connessione e anche per la loro trattazione congiunta compiuta dalla stessa ricorrente.
Gli stessi vanno disattesi.
3.1.La consolidata giurisprudenza di questa Corte ritiene che ” La violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere RAGIONE_SOCIALEa prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione RAGIONE_SOCIALEe fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove
oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto RAGIONE_SOCIALEe prove proposte dalle parti (sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti del “nuovo” art. 360 c.p.c., n. 5) (Cass. n. 13395/2018; Cass. n. 18092/2020).
La sentenza impugnata non compie alcun rovesciamento degli oneri probatori, né ha inosservato il disposto RAGIONE_SOCIALE‘art. 1141 c.c., posto che chi agisce in giudizio per essere dichiarato proprietario di un bene, affermando di averlo usucapito, ‘ deve dare la prova di tutti gli elementi costitutivi RAGIONE_SOCIALEa dedotta fattispecie acquisitiva e, quindi, non solo del “corpus”, ma anche RAGIONE_SOCIALE‘”animus”; quest’ultimo elemento, tuttavia, può eventualmente essere desunto in via presuntiva dal primo, se vi è stato svolgimento di attività corrispondenti all’esercizio del diritto di proprietà, sicché è allora il convenuto a dover dimostrare il contrario, provando che la disponibilità del bene è stata conseguita dall’attore mediante un titolo che gli conferiva un diritto di carattere soltanto personale. Pertanto, per stabilire se in conseguenza di una convenzione (anche se nulla per difetto dei requisiti di forma) con la quale un soggetto riceve da un altro il godimento di un immobile si abbia possesso idoneo all’usucapione, ovvero mera detenzione, occorre fare riferimento all’elemento psicologico del soggetto stesso ed a tal fine stabilire se la convenzione sia un contratto ad effetti reali o ad effetti obbligatori, in quanto solo nel primo caso il contratto è idoneo a determinare l'”animus possidendi” nell’indicato soggetto ‘ ( Cass. n. 14092/2010; conf. Cass. n. 22667/2017).
La Corte distrettuale , analizzando tutti ‘gli elementi di fatto (che) potevano sorreggere situazioni giuridiche diverse’ , quanto al titolo:
-ha ritenuto non provato l’acquisto a titolo derivativo, con ‘ immediata cessione RAGIONE_SOCIALEa proprietà del compendio ‘, considerando inidonee a dimostrare l’avvenuto effetto traslativo le tre fatture
prodotte in giudizio dall’appellante ( l’ultima d elle quali emessa peraltro nella stessa data in cui il RAGIONE_SOCIALE ebbe a deliberare la vendita del bene immobile in favore RAGIONE_SOCIALEa parte appellante);
-ha ritenuto ‘ incoerente con gli elementi acquisiti in causa ‘ la circostanza che il bene fosse di proprietà RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE in virtù di un possesso conseguito a seguito di un accordo verbale di vendita, escludendo la sussistenza tra le parti di una vendita, ancorché affetta da nullità;
– ha qualificato ‘ l’accordo di vendita ‘ (così denominato dalla ricorrente) intervenuto tra le parti quale promessa di vendita, che in quanto contratto ad effetti obbligatori -è capace di giustificare (benché nullo per difetto di forma, deve aggiungersi), in caso di messa a disposizione del bene a parte promissario acquirente, solo la detenzione e non già il possesso del bene, in conformità ai precedenti di questa Corte secondo i quali, ‘ per stabilire se, in conseguenza di una convenzione (anche se nulla per difetto di requisiti di forma) con la quale un soggetto riceve da un altro il godimento di un immobile, si abbia possesso idoneo all’usucapione, ovvero mera detenzione, occorre fare riferimento all’elemento psicologico del soggetto stesso ed a tal fine accertare se la convenzione sia un contratto ad effetti reali o ad effetti obbligatori, in quanto solo nel primo caso il contratto è idoneo a determinare l'”animus possidendi” nell’indicato soggetto ‘ (Cass. n. 14272/2017) .
Quanto alla relazione materiale con il bene, con un apprezzamento di fatto non censurabile in questa sede quando -come nella specie -correttamente argomentato, la Corte di appello:
-ha reputato provata la detenzione (seppure qualificata) RAGIONE_SOCIALEa COGNOME, di conseguenza escludendo la non corretta applicazione da
parte del Tribunale RAGIONE_SOCIALEa presunzione di possesso ex art. 1141 c.c., oggetto specifico del secondo motivo di ricorso per cassazione;
-ha considerato la situazione presentata in giudizio ‘ perfettamente compatibile ‘ con la detenzione , anche in forza dei rapporti societari intercorrenti tra le parti (essendo stato il marito RAGIONE_SOCIALEa COGNOME amministratore RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE e, come affermato dalla controricorrente, la COGNOME stessa socia di quest’ultima ), che giustificavano una tolleranza ex art. 1144 c.c. incapace di fondare l’acquisto del possesso rilevante ad usucapionem ;
-di fronte alla detenzione provata dalla RAGIONE_SOCIALE ha appurato che, per converso, non vi era prova sufficiente a configurare in capo alla RAGIONE_SOCIALE né un possesso uti dominus, non risultando significativi al riguardo gli atti compiuti nel corso degli undici anni decorrenti dal 1984 al 1995, come ‘ la cura del giardino, le occasioni conviviali con
amici, il lavaggio RAGIONE_SOCIALEe fosse biologiche ‘, non sorretti da un animus possidendi tale da far intendere la sua volontà di definirsi proprietaria del bene, né atti di opposizione nei confronti di chi esercitava il possesso uti dominus (la RAGIONE_SOCIALE), che non solo aveva iscritto l’immobile nel suo patrimonio a seguito del conferimento, ma aveva provveduto nel corso degli anni anche al pagamento degli oneri fiscali del bene (circostanza ben nota alla RAGIONE_SOCIALE) e -deve aggiungersi -anche a compiere atti di disposizione sul bene, concedendo tre ipoteche sullo stesso nei primi anni 2000;
ha dunque concluso che l’appellante abbia fruito del bene immobile non uti dominus , bensì come detentore qualificato, a norma RAGIONE_SOCIALE‘art. 1141 c.c. 2 comma, non risultando un animus possidendi RAGIONE_SOCIALEa medesima tale da far intendere la sua volontà di definirsi proprietaria del bene.
Le argomentazioni svolte sottraggono la sentenza ai vizi denunciati dalla ricorrente.
4.Quanto al vaglio RAGIONE_SOCIALEa questione relativa alla improcedibilità RAGIONE_SOCIALEa domanda di usucapione eccepita dalla RAGIONE_SOCIALE, la circostanza che solo in data 22 dicembre 1995 la RAGIONE_SOCIALE avesse manifestato l’intenzione di vendere il bene alla COGNOME, ha indotto il giudice a quo a ritenere che l’ animus possidendi RAGIONE_SOCIALEa ricorrente, ‘ tuttalpiù ‘ (pag. 6) o ‘ eventualmente ‘ (pag. 8), poteva considerarsi manifestato esclusivamente da quella data in avanti, con conseguente accoglimento RAGIONE_SOCIALEa proposta eccezione di inopponibilità alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa domanda di accertamento RAGIONE_SOCIALE‘intervenuta usucapione, in quanto ‘ gli elementi RAGIONE_SOCIALEa fattispecie di acquisto a titolo originario debbono essere giunti a perfezionamento prima RAGIONE_SOCIALE‘apertura RAGIONE_SOCIALEa procedura concorsuale ‘ .
La controricorrente avanza sul punto eccezione di improcedibilità del ricorso, per non avere NOME COGNOME impugnato questo capo
RAGIONE_SOCIALEa sentenza gravata (punto 5, pag. 8), con intervenuta acquiescenza sul capo menzionato.
L ‘accoglimento RAGIONE_SOCIALE‘eccezione di inopponibilità alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘avvenuto possesso a i fini di usucapione è conseguenza del rigetto RAGIONE_SOCIALEa domanda di intervenuto acquisto per usucapione RAGIONE_SOCIALE‘immobile di cui è causa, a fare data dall’anno 1984, proposta dalla attuale ricorrente: si tratta dunque – come espressamente dichiarato dalla Corte distrettuale -di un ‘ ragionamento logico e consequenziale ‘ e non di un capo autonomo RAGIONE_SOCIALEa decisione gravata . Ciò legittima la reiezione RAGIONE_SOCIALE‘eccezione di improcedibilità del ricorso avanzata dalla RAGIONE_SOCIALE.
Va tuttavia rilevato che sul punto la motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza è errata e deve essere corretta nel modo che segue.
La Corte di Appello di Firenze non ha tenuto conto dei precedenti di legittimità (Cass. n. 28880/2023; Cass. n. 15137/2021) secondo i quali l’interruzione del possesso dei terzi consegue solo all’azione del curatore tesa al recupero del bene mediante spossessamento del soggetto usucapiente e non già alla dichiarazione di fallimento, posto che il riferimento alla inopponibilità alla curatela ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 45 L.F. riguarda gli atti (trascritti anteriormente alla dichiarazione di fallimento) e non già i fatti, quale il possesso rilevante ai fini RAGIONE_SOCIALE‘acquisto del bene .
La decisione n. 15137/2021 ha altresì chiarito la portata RAGIONE_SOCIALEa decisione di questa Suprema Corte n. 10895/2013, che riporta il passo ritrascritto nella sentenza impugnata, chiarendo che ‘ detta citazione risulta essere un obiter dictum senza … il supporto di ricostruzione dogmatica RAGIONE_SOCIALEa questione ‘.
La ricostruzione giuridica che attribuisce alla mera sentenza dichiarativa di fallimento natura e carattere di atto interruttivo del termine ad usucapire è stata ritenuta da Cass. n. 15137/2021
‘ contraria a legge ‘ e comunque il profilo nodale nel caso di specie non poteva essere individuato nella maturazione o meno del ventennio al momento RAGIONE_SOCIALEa dichiarazione di fallimento (avvenuta in data 3.07.2015, in costanza di giudizio), bensì al momento RAGIONE_SOCIALEa presentazione RAGIONE_SOCIALEa domanda giudiziale (che ha originato il ricorso iscritto al RG n. 511/2014, secondo quanto si evince dagli atti RAGIONE_SOCIALEe parti), come si legge peraltro nelle ultime righe del punto 5 RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, ossia che ‘ facendo partire il ventennio dal 1995, è chiaro che il ventennio non era ancora maturato al momento RAGIONE_SOCIALEa proposizione RAGIONE_SOCIALEa domanda giudiziale ‘ .
5.In conclusione, con la correzione apportata alla sentenza impugnata, il ricorso va rigettato e la ricorrente deve essere condannata al rimborso RAGIONE_SOCIALEe spese di lite, liquidate come in dispositivo, in forza del principio RAGIONE_SOCIALEa soccombenza.
6.Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 comma 1 quater del d.P .R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 RAGIONE_SOCIALEa l. n. 228 del 2012, si deve dare atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALEa ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis RAGIONE_SOCIALEo stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore RAGIONE_SOCIALEa controricorrente, RAGIONE_SOCIALEe spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 RAGIONE_SOCIALEa l. n. 228 del 2012, dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALEa
ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis RAGIONE_SOCIALEo stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa Seconda