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Codice Civile
Codice Penale

Bene comune, comproprietario, utilità maggiore

In tema di comunione, ciascun comproprietario ha diritto di trarre dal bene comune una utilità maggiore e più intensa.

Pubblicato il 31 May 2022 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI LATINA
Sezione Seconda

 

nella persona del Giudice designato dott., ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 1057/2022 pubblicata il 20/05/2022

nella causa civile di primo grado iscritta al n 5197 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi per l’anno 2017, trattenuta in decisione all’udienza del 15.02.2022, vertente

TRA

XXX e YYY, rappresentate e difese dall’ avv.

ATTORE

E

ZZZ , rappresentata e difesa dall’ avv., giusta delega in atti;

CONVENUTA

OGGETTO: AZIONE EX ART 1102 C.C

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come da verbale di udienza del 15.02.2022 come da verbale in atti in pari data;

MOTIVI DELLA DECISIONE

Occorre premettere brevemente in fatto che con atto di citazione ritualmente notificato il 13.09.2017 l’Ing. XXX e la Sig.ra *** evocavano dinanzi a codesto Tribunale la Sig.ra ZZZ per ivi sentire accertare e dichiarare che i comportamenti posti in essere e le opere installate da quest’ultima all’interno della corte comune ed indivisa censita al Catasto Fabbricati del Comune di Latina al foglio particella sub 6 – come meglio descritti in parte narrativa del medesimo atto di citazione hanno alterato e continuano ad alterare il decoro e la destinazione dell’area medesima impedendo soprattutto agli altri partecipanti alla comunione di farne parimenti uso secondo il loro diritto e per tale via costituendo persistente violazione delle disposizioni di cui all’art 1102 c.c., ovvero in subordine anche dell’art. 1122 c.c. e, per l’effetto, sentire condannare la parte convenuta alla cessazione immediata di ogni molestia e turbativa realizzate e quindi all’immediata rimozione, a sue esclusive cura e spese, di ogni opera e manufatto abusivo di fatto creati, posizionati ovvero installati sull’area comune in questione, nonché al ripristino del manto d’asfalto preesistente ed alla restituzione della corte comune medesima al pieno possesso ed al libero e paritario godimento ed uso, anche carrabile, di tutti gli altri comunisti.

Costituitasi in giudizio, la Sig.ra ZZZ non solo ha chiesto il rigetto delle domande attrici ma ha avuto altresì l’ardire di spiegare ben due domande riconvenzionali con le quali ha richiesto, espressamente:

1) “accertare e dichiarare che all’interno della corte comune, alcun transito, sosta o parcheggio di soggetti terzi allo stesso possa avvenire”;

2) “accertare e dichiarare l’illegittimità dell’apposizione delle telecamere senza autorizzazione, disporre la rimozione del cancello posto all’entrata dell’immobile adiacente lo stabile di , rimozione dei cartelli di parcheggio ad esclusivo vantaggio dei clienti del Sig. XXX”.

La causa è stata istruita mediante CTU espletata dal Geom. *** sul quesito indicato dallo scrivente magistrato ed all’ udienza del 15.02.022 è stata trattenuta in decisione con assegnazione dei termini di cui all’ art 190 cpc.

Ciò premesso in fatto, va osservato che in tema di comunione, ciascun comproprietario ha diritto di trarre dal bene comune una utilità maggiore e più intensa di quella che ne viene tratta dagli altri comproprietari, purché non venga alterata la destinazione del bene o compromesso il diritto al pari uso da parte di quest’ultimi. In particolare, per stabilire se l’uso più intenso da parte del singolo sia da ritenere consentito ai sensi dell’art. 1102 cod. civ., non deve aversi riguardo all’uso concreto fatto della cosa dagli altri condomini in un determinato momento, ma a quello potenziale in relazione ai diritti di ciascuno; l’uso deve ritenersi in ogni caso consentito, se l’utilità aggiuntiva, tratta dal singolo comproprietario dall’uso del bene comune, non sia diversa da quella derivante dalla destinazione originaria del bene e sempre che detto uso, non dia luogo a servitù a carico del suddetto bene comune. ( Cass. Civ. n. 10453/2001).

In particolare, configura mutamento di destinazione, rilevante ex art. 1102 c.c., nel senso di rendere illegittimo l’uso particolare di un comunista o condomino, la direzione della funzione della cosa comune – pur lasciata immutata nella sua natura (il passaggio, la presa di aria o luce, ecc.) – a vantaggio di beni esclusivi di un comunista o un condomino, rispetto ai quali i comproprietari non avevano inteso “destinare” il bene comune. ( Cass. Civ.n. 13213/2019).

Nella fattispecie, incontestato che la corte comune insistente sulla part., sub, fg sia stata da sempre destinata al transito pedonale e carrabile dei condomini nonché alla sosta delle relative autovetture, il CTU nominato in sede ispezione e descrizione dello stato dei luoghi, ha confermato che parte dell’ area della suddette particella, meglio descritta nell’ elaborato allegato e nella relativa rappresentazione grafiva, è stata destinata da ZZZ ad uso proprio ed esclusivo o, comunque, ne è stato fatto un uso in violazione dei limiti sopra richiamati di cui all’ art 1102 c.c.. Invero, l’ ausiliare del giudice ha evidenziato che “ “sulla corte comune, in corrispondenza della propria entrata, ha realizzato un’area perimetrata da parapetti prefabbricati in cemento e fioriere ed al suo interno vi ha ho posto dei tavoli e sedie. Oltre tale zona pavimentata ha posto in essere un’area erbata latistante verso nord che nella sua profondità minima misura circa mt. 0,80 ed invece nel suo sviluppo frontale verso est, di profondità variabile, raggiunge circa mt. 3,90: tale area erbata è stata realizzata direttamente sul manto di asfalto, presumibilmente eliminando lo stato di asfalto per consentire la crescita dell’erba”.

Prosegue ancora il CTU rilevando che “l’area erbata, sia nel suo sviluppo più esiguo versonord che nel suo sviluppo più importante verso est, intralcia il normale transito veicolare e pedonale che si svolge sulla particella 101 asfaltata, costituente anche l’area di manovra dei veicoli che percorrono detta particella”.

Il CTU attesta inoltre che “da indagini conoscitive svolte e dalla documentazione sia in atti che reperita la particella 101 rappresenta la corte comune della palazzina ivi insistente, che può essere usata sia da zona di transito veicolare, pedonale che di sosta perautovetture. Tale corte comune, non avendo posti auto assegnati per titolo, può essere usata dai proprietari della palazzina e quindi tale area non può avere restrizioni, nelle sue dimensioni di lunghezza e larghezza, da come è stata creata in origine. Parimenti non può essere occupata in maniera stabile da attrezzature o arredi che ne riducono il suo godimento e destinazione a parcheggio o transito pedonale e carrabile”.

Conclude quindi il Perito dell’Ufficio affermando chiaramente che “per quanto riguarda l’area erbata, attrezzature esterne (tavoli, sedie e parapetto prefabbricato), pavimentazione aggettante verso la corte comune ad est, come già detto tutte le opere sopra cennate e descritte vanno rimosse in quanto giacenti su una zona comune ed il manto di asfalto deve essere ripristinato come in origine”.

Gli accertamenti del consulente hanno trovato inoltre conforto nella copiosa documentazione fotografica in atti dalla quale emerge un evidente mutamento di destinazione di parte dell’ area comune assoggettata al pieno ed esclusivo godimento della convenuta per finalità diverse (area verde) da quella alla quale originariamente era stata destinata (transito carrabile e sosta autovetture); comunque, la diversa conformazione ed destinazione dei luoghi è limitativa del godimento degli altri comunisti, atteso che le attrezzature e gli arredi costituiscono un impedimento al transito veicolare e/o alla sosta delle autovetture.

Ne consegue l’ accoglimento della domanda attorea con necessità del ripristino dello stato dei luoghi e destinazione della corte comune alla sua originaria funzione.

Con riferimento alle domande riconvenzionali di parte convenuta con riferimento a quella di cui al capo 1) delle conclusioni, va osservato come sia irrilevante la circostanza che le opere suddette non siano state realizzate dall’ ZZZ ma dalla sua dante causa, atteso che la convenuta, essendo subentrata nella comunione della corte per effetto dell’ acquisto di un immobile facente parte della Fabbricato in questione, ha comunque continuato ad utilizzare ed avvalersi in modo illecito della corte Comune, senza soluzione di continuità rispetto al precedente proprietario, subentrando quindi nei relativi obblighi verso gli altri condomini anche in relazione al ripristino dello stato dei luoghi.

Con riferimento alla domanda riconvenzionale di cui al punto 2) “ accertare e dichiarare che all’ interno della corte comune non possa avvenire alcun transito, sosta o parcheggio di soggetti terzi”, va evidenziato che l’ utilizzo del bene comune da parte di ospiti di un condomino, secondo le modalità e con l’ intensità concessa al condomino stesso, non integra gli estremi di un uso eccedente i limiti di cui all’ art 1102 c.c., purchè tale possibilità di utilizzo sia astrattamente concessa anche agli altri condomini; dunque, fatta questa premessa, va osservato come la domanda tenderebbe ad ottenere una regolamentazione dell’ uso della cosa comune ai sensi dell’ art 1105 c.c,. accertamento precluso in questa sede.

In tal senso, si rileva che in tema di regolamentazione dell’uso della cosa comune, la previsione, ad opera dell’art. 1105, comma 4, c.c. del ricorso, da parte di ciascun partecipante, all’autorità giudiziaria per adottare gli opportuni provvedimenti in sede di volontaria giurisdizione (inclusi gli atti di conservazione), preclude al singolo partecipante alla comunione di rivolgersi al giudice, in sede contenziosa, per ottenere provvedimenti di gestione della “res”, ai fini della sua amministrazione nei rapporti interni tra i comunisti; ne consegue che non è consentito il ricorso all’A.G. per ottenere determinazioni finalizzate al “migliore godimento” delle cose comuni, ovvero l’imposizione di un regolamento contenente norme circa l’uso delle stesse, spettando unicamente al gruppo l’espressione della volontà associativa di autorganizzazione contenente i futuri criteri di comportamento vincolanti per i partecipanti alla comunione. ( Cass. Civ. n. 18038/2020).

Analogamente, alle medesime conclusioni si deve pervenire in merito all’ eventuale rimozione di cartelli di parcheggio atteso che la loro apposizione non impedisce l’ suo della cosa comune secondo la sua destinazione, in ogni caso, la cartellonistica sarebbe riferibili a posti auto ubicati in un area non condominiale ma nella piena disponibilità dell’ attore in forza di comodato ( cfr CTU allegata).

Con riferimento alla domanda riconvenzionale tesa alla rimozione del cancello posto all’ entrata posto all’ entrata dell’ immobile adiacente lo stabile di strada *** n 53, si osserva come tale domanda implichi l’ accertamento negativo di una servitù di passaggio sulla corte comune, domanda inammissibile in questa sede in quanto necessitava del litisconsorzio necessario tra tutti i comunisti, essendo la servitù un diritto reale indivisibile, che comporta un accertamento (positivo o negativo) nei confronti di tutti i comproprietari del bene dedotto come servente ( Cass. Civ. n. 941/1995).

Ne consegue l’ inammissibilità della domanda.

Con riferimento all’ apposizione di telecamere lesive della privacy della convenuta la CTU ha acclarato che nessun impianto audio-visivo punta direttamente la proprietà della convenuta, ne consegue il rigetto della domanda.

Alla luce di quanto sopra, la domanda attorea merita accoglimento con conseguente condanna di ZZZ di provvedere a proprie esclusive spese all’immediata rimozione – come espressamente indicato dal CTU -di ogni opera e manufatto abusivo di fatto creati, posizionati ovvero installati sull’area comune oggetto di causa, nonché al ripristino del manto d’asfalto preesistente, così da restituire fla medesima corte comune al pieno possesso ed al libero e paritario godimento di tutti gli altri proprietari.

Le domande riconvenzionali proposte dalla convenuta, diversamente, meritano rigetto per le ragioni sopra espresse.

Le spese di causa seguiranno la soccombenza e sono poste a carico di parte convenuta, liquidate come da dispositivo.

Le spese di CTU, liquidate come da separato decreto, sono poste a carico di parte convenuta ed anticipate dall’ erario, stante l’ ammissione della stessa al beneficio del gratuito patrocino.

PQM

Il Tribunale definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da XXX e YYY, nei confronti di ZZZ ;

In accoglimento della domanda attorea condanna ZZZ a provvedere a proprie esclusive spese all’immediata rimozione – come espressamente indicato dal CTU nell’ elaborato, da intendersi parte integrante della sentenza– di ogni opera e manufatto abusivo di fatto creati, posizionati ovvero installati sull’area comune oggetto di causa, nonché al ripristino del manto d’asfalto preesistente;

Rigetta la domanda riconvenzionale proposta da ZZZ;

Condanna la convenuta al pagamento delle spese di causa, liquidate in complessivi € 3600,00 per competenze, € 540,00 per spese vive, oltre accessori di legge in favore di parte attrice;

Pone le spese della CTU, liquidate con separato decreto, a carico di parte convenuta ed anticipate dall’ Erario, stante l’ ammissione della stessa al beneficio del gratuito patrocino.

Così deciso in Latina, 19.05.2022

Il Giudice

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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