Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 33666 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 33666 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3796/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell ‘ avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
COMMISSIONE NAZIONALE PER LE SOCIETÀ E LA BORSA, in persona delle legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso di loro in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Milano n. 17/2019, depositata il 24 giugno 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con ricorso notificato alla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob) in data 26 giugno 2013, il dott. COGNOME impugnava avanti alla Corte di appello di Milano, chiedendone l ‘ annullamento, previa sospensione della provvisoria esecutività, la Delibera Consob n. 18580 del 12 giugno 2013 e l ‘ allegato “Atto di accertamento” nel Procedimento sanzionatorio n. 20111984/3, nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso.
Con lettera raccomandata in data 25 giugno 2013, la Consob trasmetteva al dott. COGNOME la delibera 18580 del 12 giugno 2013 – con allegato atto di accertamento – con la quale: ” RITENUTE accertate, sulla base dell ‘ esame delle risultanze istruttorie di cui al presente procedimento, le seguenti fattispecie:
inadeguatezza del processo decisionale di investimento della SGR relativamente alla gestione dei due fondi chiusi mobiliari riservati denominati «RAGIONE_SOCIALE» e «RAGIONE_SOCIALE», rispetto al perseguimento delle finalità proprie del servizio gestorio dalla stessa svolto, in violazione dei canoni di diligenza e correttezza di comportamento nella prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio, previsti dall ‘ art. 40, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 58/1998 e dall ‘ art. 65 della Delibera Consob n. 16190 del 2007,
mancata identificazione e gestione delle situazioni di conflitto di interessi nell ‘ ambito della prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio, necessarie in ragione dell ‘ esistenza di una pluralità di relazioni ed interessenze esistenti tra le società riconducibili al c.d. «mondo Cape» e l ‘ attività dei due fondi gestiti dalla SGR e della ricorrente coincidenza di ruoli tra managers delle società target, quotisti/coinvestitori e membri del comitato
Strategico della SGR, in violazione dell ‘ art. 40, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 58/1998 e degli artt. 37, comma 1, 38 e 39, commi sei, del Regolamento congiunto Banca d ‘ Italia – Consob del 29 ottobre 2007;
CONSIDERATO che assumono rilevanza i seguenti elementi:
con riferimento alla gravità obiettiva:
la natura comportamentale delle violazioni accertate, sostanziatesi in irregolarità di un certo rilievo, che hanno pregiudicato il corretto svolgimento della gestione collettiva del risparmio;
la carica ricoperta da ciascun esponente aziendale e la relativa durata, nonché l ‘ effettiva funzione svolta all ‘ interno della società;
la centralità del Sig. COGNOME nella vicenda ed il conseguente ruolo gregario svolto dal CdA;
gli incarichi rivestiti dal Sig. COGNOME e dal Sig. COGNOME nelle società del c.d «Gruppo Cape» e nelle società target;
con riferimento all’ elemento soggettivo: i comportamenti riletti sono connotati da negligenza professionale e, dunque, certamente imputabili a titolo di colpa, ad eccezione delle violazioni poste in essere dal Sig. COGNOME, addebitabili a titolo di dolo;
SULLA BASE dei fatti, delle valutazioni e delle motivazioni contenuti nell ‘ Atto di accertamento, che è unito alla presente delibera e ne forma parte integrante, nonché degli atti in esso richiamati DELIBERA
per effetto di quanto sopra, sono applicate le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie, delle quali è contestualmente ingiunto il pagamento a ciascuno dei soggetti di seguito individuati e per l ‘ importo per ognuno di essi indicato:
· Sig. NOME COGNOME membro del Consiglio di Amministrazione della SGR dal 1° gennaio 2008 al 19 aprile 2009, nonché Consigliere con deleghe della medesima Società dal 20 aprile 2009 al 10 dicembre 2010: € 20.000,00 per la violazione sub A); €
20.000,00 per la violazione sub B); (per un ammontare complessivo pari a € 40.000,00) .”
In via subordinata, nella denegata ipotesi di reiezione di tali richieste, il dott. COGNOME chiedeva che la Corte volesse ridurre al minimo edittale la sanzione applicata, attesa la sua ingiusta ed eccessiva gravosità.
Con decreto n. 535/2013, depositato in data 16 gennaio 2014, la Corte d’appello di Milano annullava la delibera Consob impugnata limitatamente alle sanzioni irrogate a NOME COGNOME stante la mancata contestazione degli addebiti nel termine di 180 giorni previsto dall ‘ art. 195 comma 1, T.U.F..
-Con ricorso notificato al dott. COGNOME in data 30 maggio 2014, la Consob chiedeva la cassazione del Decreto della Corte di appello di Milano, sulla base di tre motivi.
Il dott. COGNOME proponeva controricorso concludendo, in via principale, per l ‘ inammissibilità del ricorso, in quanto finalizzato unicamente a richiedere una non consentita revisione del giudizio di merito espresso dalla Corte d’appello di Milano e, in ogni caso, il rigetto dello stesso.
Con sentenza del 30 ottobre 2017, n. 25730 la Corte di cassazione ha cassato il decreto del 16 gennaio 2014, ritenendo fondati tutti e tre i motivi di impugnazione congiuntamente considerati (1 . Con il primo motivo di ricorso la Consob censura il provvedimento impugnato per falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 195, e L. n. 689 del 1981, art. 14, commi 1, 2 e 6, nella parte in cui avrebbe valutato ex post gli apporti informativi acquisiti dalla Consob dopo il 18 aprile 2011 e la colpevole inerzia nel periodo successivo, invece di compiere una valutazione ex ante di opportunità e rilevanza degli atti istruttori, ritenendo superflue le acquisizioni informative originariamente tali. 2. Con il secondo motivo la ricorrente si duole, sotto altro profilo, di falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 195, e L. n. 689 del 1981, art. 14,
commi 1, 2 e 6, nonchè del D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 5,6 e 10, paragrafi 6 e 7 del protocollo d ‘ intesa del 31 ottobre 2007 Banca d ‘ Italia-Consob ai sensi del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 6, comma 5 bis, artt. 97 e 101, della direttiva 2009/65/CE del 2009 e art. 49, della direttiva 2004/39/CE del 2004, in quanto l ‘ impugnato decreto avrebbe escluso la doverosità per la Consob di attendere il completamento delle indagini in corso della Banca d ‘ Italia e la trasmissione delle risultanze conclusive dell ‘ amministrazione straordinaria, dovendo invece l ‘ attività di vigilanza essere improntata a criteri di proporzionalità e contenimento di oneri a carico degli intermediari ed essendo quindi l ‘ attesa doverosa. 3. Con il terzo motivo, la ricorrente si duole, sotto ulteriore profilo, di falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 195, e L. n. 689 del 1981, art. 14, commi 1, 2 e 6, nonchè del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 56, D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 72, e L. n. 689 del 1981, art. 13, lamentando che il provvedimento della corte locale abbia escluso la necessità per la Consob di attendere il termine delle verifiche deputate ai commissari straordinari della Banca d ‘ Italia, aventi funzioni o anche accertative ).
-Con ricorso notificato in data 29 gennaio 2018, il dott. COGNOME riassumeva il giudizio avanti alla Corte di appello di Milano, richiamando integralmente il contenuto del ricorso in opposizione e della memoria autorizzata di replica depositati nel giudizio R.G. 535/2013 V.G., chiedendo che venisse accertato e dichiarato:
(i) che, anche alla luce dei principi espressi dalla Suprema Corte nella sentenza n. 25730/17, il procedimento sanzionatorio risulta essere stato avviato tardivamente da Consob;
(ii) che in ogni caso, le violazioni contestate si pongono in insanabile contrasto con il principio del ne bis in idem dato che riguardano, anche nella loro concreta enunciazione da parte dell ‘ Autorità, presunte condotte e violazioni già oggetto di
procedimento sanzionatorio nel 2011 da parte di Banca d ‘ Italia (motivo n. 3 del ricorso in riassunzione);
(iii) che le contestazioni avanzate da Consob, in quanto prive di alcuna concreta specificazione – in alcuni casi, peraltro, anche del tutto illegittimamente modificate nel corso del procedimento sanzionatorio in relazione alle circostanze di fatto in origine, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 9, commi 1 -bis e art. 6, comma 1, l. n. 53/1994, così come modificata dall ‘ art. 16quater , comma 1, lett. d, d.l. n. 179/2012 e s.m.i., nonché dell ‘ art. 3 bis l. 53/1994 contestate – hanno impedito al dott. COGNOME in sede di procedimento sanzionatorio – e impediscono allo stesso in questa sede – una compiuta difesa nel merito (motivo n. 4 del ricorso in riassunzione);
(iv) l ‘ insussistenza delle due contestazioni avanzate da Consob (motivo n. 5 del ricorso in riassunzione);
(v) che, in ogni caso, a prescindere dall ‘ insussistenza dei presupposti sanzionatori, l ‘ Autorità non aveva tenuto contro dei criteri fissati dalla legge per la determinazione delle sanzioni (motivo n.6 del ricorso in riassunzione).
Con sentenza n. 17/2019, pubblicata in data 24 giugno 2019, la Corte d’appello di Milano ha respinto il ricorso proposto dal dott. COGNOME condannando il ricorrente alle spese del giudizio.
-Il dott. COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
La Consob ha resistito con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell ‘ art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli art. 384, secondo comma, cod. proc. civ. (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.). Parte ricorrente deduce che la Corte di appello
di Milano, quale giudice di rinvio, era tenuta a pronunziarsi in conformità ai due principi di diritto enunciati da codesta Suprema Corte nella sentenza di cassazione con rinvio della prima decisione della Corte d’appello di Milano. Nella sentenza impugnata, la Corte di appello, invece, avrebbe del tutto ignorato tali principi, violando l ‘ obbligo inderogabile di conformarsi alla decisione della Corte, imposto dall ‘ art. 384, secondo comma, cod. proc. civ.
1.1. -Il motivo è infondato.
Secondo la pronuncia che ha dato luogo al giudizio di rinvio (Cass., Sez. II, 30 ottobre 2017, n. 25730) « i giudici di merito si sono, anzitutto, posti contro il principio per cui, ove siano disposte ulteriori verifiche rispetto a quelle che abbiano già permesso di acclarare gli elementi di fatto idonei alla contestazione poi effettuata, non è consentito in sede di sindacato giurisdizionale entrare nel merito dell ‘ opportunità degli atti di indagine medesimi, dovendo limitarsi il giudice a desumere l ‘ ingiustificato ritardo non già dall ‘ eventuale inutilità ex post, ma dalla “evidente superfluità” ex ante degli ulteriori accertamenti. Nel caso di specie, la valutazione risulta effettuata ex post, sulla base della mera verifica del non essere emersi ulteriori elementi dalle attività successive, così propugnandosi una visione – non corrispondente a quella di legge dell ‘ attività di indagine nell ‘ ambito della quale, non appena emersi i fatti costitutivi di una violazione, la violazione stessa dovrebbe essere contestata, anche se – in un ‘ ottica di valutazione, come detto, ex ante – non siano “manifestamente già accertati tempi, entità e altre modalità”, i quali potrebbero in astratto meglio chiarirsi in base a ulteriori attività (anche se poi, in concreto, tali evoluzioni manchino); o anche se “ragioni di economia possono indurre… a raccogliere ulteriori elementi atti a dimostrare la sussistenza, accanto a violazioni già risultanti dagli atti raccolti, di altre violazioni amministrative, al fine di emettere un unic(o)” provvedimento
sanzionatorio (così Cass. n. 16642 del 2005 cit.). Ciò dà conto della fondatezza, in particolare, del primo motivo di ricorso.
5.2. In secondo luogo, avendo la corte territoriale sottoposto a un giudizio di superfluità ex post anche le risultanze dell ‘ espletamento della funzione accertativa legalmente demandata agli organi straordinari, pubblici ufficiali a ciò deputati anche in funzione di rilevazione e rimozione di (anche ulteriori) irregolarità, essendosi limitata a notare la sentenza impugnata che i commissari straordinari non avessero “segnalato alcuna novità” ed avendo essa escluso che “l ‘ una (autorità) debba attendere la chiusura dei procedimenti dell ‘ altra”, sono risultati violati i principi di diritto che pongono, almeno ex ante, l ‘ amministrazione straordinaria in una logica di continuum accertativo rispetto alle verifiche che la precedono, con la predetta presunzione derivante dalla legge (a maggior ragione nel caso di specie, ove all ‘ amministrazione straordinaria seguiva la liquidazione coatta che, D.Lgs. n. 58 del 1998, ex art. 57, presuppone che le irregolarità amministrative, le violazioni di norme o le perdite previste siano di “eccezionale gravità”, e cioè di gravità acclarata come superiore a quella che ha legittimato la precedente procedura di rigore) di incompletezza delle verifiche precedentemente svolte, cui consegue – salvo manifesta evidenza del contrario – l ‘ utilità, anche alla luce della collaborazione e del coordinamento tra le due autorità vigilanti, della previa cognizione dei rapporti finali degli organi straordinari. Da ciò discende la fondatezza del secondo e del terzo motivo, strettamente connessi tra loro e con il primo dianzi esaminato ».
La Corte di appello, a seguito del giudizio di rinvio, aveva il compito di valutare il quadro probatorio esistente al fine di verificare la ragionevolezza del tempo impiegato per giungere alla completa conoscenza agli illeciti e se vi fosse stata un ‘ inerzia ingiustificata, senza tuttavia entrare nel merito dell ‘ opportunità degli atti di indagine.
Dalla lettura della sentenza emerge che legittimamente la Consob ha atteso gli esiti degli ulteriori accertamenti derivanti dall ‘ analisi dei commissari straordinari allo scopo di emettere un provvedimento sanzionatorio che tenesse conto anche di questi rilievi ulteriori (p. 12 della sentenza della Corte d ‘ appello). Rientra nel compito dei commissari straordinari di raccogliere ulteriori elementi utili all ‘ attività di vigilanza della Consob.
2. -Con il secondo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 195 T.U.F. (art. 360, n. 3 cod. proc. civ.). La Corte di appello di Milano, non provvedendo ad applicare alla fattispecie il primo principio di diritto di cui alla sentenza di rinvio, avrebbe posto in essere un ‘ evidente violazione o comunque falsa applicazione dell ‘ art. 195 T.U.F. Nel ritenere, infatti, che Consob sia stata tempestiva nel contestare in data 26 giugno 2012 al dott. COGNOME circostanze di cui era a conoscenza da 420 giorni (dal 18 aprile 2011), la Corte di appello di Milano ha posto in essere un ‘ evidente violazione o comunque falsa applicazione dell ‘ art. 195 T.U.F. che, invece, stabilisce che la contestazione debba essere effettuata entro centottanta giorni dall ‘ accertamento. Per pacifica e costante giurisprudenza della Suprema Corte, deve intendersi per accertamento il momento in cui l ‘ organo competente ad esperire il procedimento, raggiunga la piena conoscenza del fatto nella sua materialità e la piena consapevolezza sotto il profilo giuridico della illegittimità di tale fatto (cfr. ex multis Cass., Sez. II, 5 febbraio 2013, n. 2736). Al contempo, l ‘ esame degli accertamenti e la redazione della relativa relazione, così come l ‘ attività istruttoria e valutativa, debbono essere compiuti nel tempo strettamente indispensabile. Come si legge nella sentenza impugnata (“l ‘ opera di verifica dei commissari non condusse all ‘ accertamento di irregolarità ulteriori”, cfr. a pagina 11) dopo la ricezione – in data 18 aprile 2011 – della relazione ispettiva dell ‘ altra autorità (Banca d’Italia ) non è emersa alcuna ulteriore irregolarità. Ne deriva che per
tutti i rilievi contenuti nella lettera di contestazione il dies a quo per il calcolo del termine di centottanta giorni di cui all ‘ art. 195 T.U.F era il 18 aprile 2011, data della ricezione delle risultanze della verifica ispettiva svolta dalla Banca d ‘ Italia nei confronti di RAGIONE_SOCIALEp.A.
2.1. -Il motivo è inammissibile.
Qualora sia stata instaurata una procedura di amministrazione straordinaria a carico di una società di intermediazione finanziaria, si deve presumere, salvo prova del contrario, che, quanto alle irregolarità riscontrate nell ‘ ambito della stessa procedura sotto la direzione della Banca d ‘ Italia, la Consob possa apprezzare le stesse, ai fini della decorrenza del termine di decadenza stabilito dall ‘ art. 195 del d.lgs n. 58 del 1998, solo dal momento in cui sia stata trasmessa notizia dalla Banca d ‘ Italia del rilievo di irregolarità, che, di regola, si ha con l ‘ inoltro di uno dei rapporti trasmessi, ad intervalli periodici e al termine delle loro funzioni, dai commissari straordinari e dal comitato di sorveglianza, ovvero dei provvedimenti sanzionatori assunti ad altri fini dalla stessa Banca d ‘ Italia, che rilevino anche per l ‘ analoga attività della Consob (Cass., Sez. II, 30 ottobre 2017, n. 25730).
La Corte d ‘ appello, all ‘ esito esame delle risultanze istruttorie e dell ‘ attività indagine compiuta della Banca d ‘ Italia prima e della Consob poi, ha ritenuto che nel caso di specie il termine di 180 giorni sia stato pienamente rispettato, considerando le date del 26 gennaio 2012 in cui venne avanzata da Banca d ‘ Italia la proposta di liquidazione coatta amministrativa della società e del 21 giugno 2012, data di invio della lettera di contestazione della Consob, con il decorso di 147 giorni. Tale apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità.
-Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 195 T.U.F. in relazione alla modifica dei fatti oggetto di contestazione e conseguente violazione del termine
decadenziale per la contestazione degli addebiti (art. 360, n. 3 cod. proc. civ.). Il ricorrente deduce che il mancato riconoscimento nella sentenza impugnata (i) dell ‘ evidente modifica dei fatti oggetto di contestazione da parte di Consob successivamente alla notifica al dott. COGNOME della lettera di contestazione degli addebiti e (ii) della conseguente – ulteriore – violazione del temine decadenziale di cui all ‘ art. 195 T.U.F., costituisce una violazione o comunque falsa applicazione di tale disposizione. Come già rilevato dal dott. COGNOME nelle proprie controdeduzioni alla relazione istruttoria del 7 marzo 2013, in quest ‘ ultimo atto la Consob ha modificato le circostanze di fatto oggetto di contestazione relative alla RAGIONE_SOCIALE S.p.a. Infatti, dopo che nella lettera di contestazione era stata addebitata al dott. COGNOME l ‘ operazione di finanziamento Centrobanca, nella relazione istruttoria allo stesso veniva addebitata la responsabilità dell ‘ acquisizione di RAGIONE_SOCIALE. Anche in relazione alla contestazione avanzata da Consob in merito alla “pianificazione strategica della SGR”, l ‘ Autorità ha completamente modificato nel gennaio 2013 l ‘ addebito svolto nei confronti del dott. COGNOME Nella lettera di contestazione del giugno 2012 Consob, infatti, aveva eccepito che “la SGR non ha dimostrato di essersi dotata di un ‘ adeguata e organica pianificazione strategica volta ad indirizzare, in conformità alla normativa vigente, l ‘ operatività gestoria posta in essere per ciascun OICR” (pag. 2) nonché, (nuovamente, a pag. 3) l ‘ assenza di un ‘ adeguata pianificazione strategica degli investimenti posti in essere. A fronte di tale contestazione, il dott. COGNOME nelle proprie controdeduzioni del luglio 2012 aveva provveduto a difendersi, allegando altresì le “Relazioni sulla struttura organizzativa della SGR” (cfr. doc. 20 del fascicolo di merito del dott. COGNOME) regolarmente trasmesse nel corso degli anni a Banca d ‘ Italia e Consob e da quest ‘ ultime mai contestate. Nella Relazione istruttoria del 17 gennaio 2013, al fine di sostenere che le difese svolte non risultavano sufficienti a superare gli addebiti mossi
Consob assume che “gli addebiti mossi non hanno avuto riguardo alla mancata adozione di una idonea procedura aziendale atta a disciplinare le fasi di investimento e monitoraggio delle operazioni perché le contestazioni hanno, invece, avuto riguardo alla concreta declinazione del processo decisionale adottato dalla SGR ‘. Non può anche in questo caso non rilevarsi l ‘ evidente mutamento del fatto materiale posto a base della contestazione di Consob: non più, infatti, l ‘ adeguatezza della struttura decisionale ma la “concreta declinazione” del processo decisionale.
3.1. -Il motivo è infondato.
La Corte di appello ha rappresentato le ragioni per cui le contestazioni non sono state nella sostanza mutate, tanto con riferimento alla vicenda della RAGIONE_SOCIALE quanto alla SGR. Inammissibile è il riesame delle risultanze istruttorie così come apprezzate in sede di merito.
4. -Con il quarto motivo del ricorso si prospetta la violazione dell ‘ art. 112 cod. proc. civ. (art. 360 n. 4 cod. proc. civ.). La Corte di appello di Milano avrebbe del tutto omesso di pronunciarsi in merito al quinto motivo dei ricorso in riassunzione del dott. COGNOME con il quale il ricorrente aveva dimostrato l ‘ insussistenza delle due contestazioni avanzate da Consob; in particolare della contestazione A) Processo decisionale di investimento, in virtù dell ‘ inapplicabilità alla fattispecie, riconosciuta dalla stessa Consob nel corso del procedimento sanzionatorio, dell ‘ art. 67 della delibera Consob 16190
del 1997.
4.1. -Il motivo è infondato.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, a integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un ‘ espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla
parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (Cass., Sez. III, 29 gennaio 2021, n. 2151; Cass., Sez. I, 9 maggio 2007, n. 10636; Cass., Sez. V, 1 aprile 2003, n. 4972).
Nel caso di specie, la Corte di appello, nel ritenere sussistente la violazione di cui agli articoli 40 T.U.F. e 67 del regolamento intermediari, si è implicitamente pronunciata sull ‘ inapplicabilità dell ‘ articolo 67 del medesimo, violazione alternativa all ‘ altra fattispecie.
5. -Con il quinto motivo del ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 190 T.U.F., dell ‘ art. 40, comma 1, lett. a) e lett. b), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dell ‘ art. 65 della delibera Consob n. 16190 del 2007, nonché degli artt. 37, comma 1, 38 e 39, commi 1 e 2, del Regolamento congiunto Banca d ‘ Italia – Consob del 29 ottobre 2007 in virtù dell ‘ insussistenza degli addebiti contestati (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.). La Corte di appello avendo ritenuto sussistente la violazione da parte del dott. COGNOME delle disposizioni indicate da Consob nel provvedimento sanzionatorio sarebbe incorsa nella violazione o comunque falsa applicazione delle stesse, dato che le norme invocate dalla Consob non possono in ogni caso ritenersi violate dalle condotte contestate al dott. COGNOME Risulterebbe, pertanto, evidente la violazione dell ‘ art. 190 T.U.F., avendo la Corte confermato l ‘ irrogazione delle due sanzioni, nonostante l ‘ insussistenza di qualsiasi violazione di legge.
5.1. -Il motivo è infondato.
In tema di intermediazione finanziaria, la sanzione amministrativa conseguente alla violazione degli artt. 40, comma 1, lett. a) e 190 del d.lgs. n. 58 del 1998 non richiede, per la sua applicazione, l’effettivo verificarsi del danno che, al più, può costituire un parametro da considerare ai fini della quantificazione della sanzione medesima, versandosi in presenza di illeciti di cd.
“mera trasgressione”, relativamente ai quali occorre unicamente avere riguardo alla condotta in concreto tenuta ed alla sua potenziale idoneità a pregiudicare l’interesse dei partecipanti, sebbene, poi, il pregiudizio non si sia manifestato (Cass., Sez. II, 7 aprile 2017, n. 9126).
La Corte d ‘ appello ha esplicitato le ragioni in base alle quali la condotta del ricorrente è stata ritenuta integrare la violazione degli artt. 40, comma 1, lett. a) e 190 del d.lgs. n. 58 del 1998, che impongono alle società di gestione del risparmio di operare con diligenza, correttezza e trasparenza nell ‘ interesse dei partecipanti ai fondi e dell ‘ integrità del mercato. In particolare, hanno formato oggetto di esame le funzioni rivestite dal ricorrente, le deleghe a lui conferite, la sua permanenza in carica per il periodo di riferimento delle violazioni (membro del Consiglio di amministrazione della SGR dal 1° gennaio 2008 al 19 aprile 2009, nonché Consigliere con deleghe della medesima Società dal 20 aprile 2009 al 10 dicembre 2010). Gli addebiti contestati sono stati dunque ritenuti sussistenti alla luce delle risultanze istruttorie.
6. -Con il sesto motivo del ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 11 della l. 689/81 e degli artt. 190 e 195 T.U.F. in relazione alle sanzioni inflitte (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.). Il ricorrente evidenzia che la Corte di appello di Milano, confermando la legittimità dell ‘ operato di Consob che, nella determinazione della sanzione inflitta al dott. COGNOME non ha tenuto conto dei criteri fissati dalla legge per la determinazione delle sanzioni, avrebbe posto in essere un ‘ evidente violazione o comunque falsa applicazione dell ‘ art. 11 della l. 689/81 e degli artt. 190 e 195 T.U.F.
6.1. -Il motivo è inammissibile.
Nella giurisprudenza di questa S.C. è principio consolidato che in tema di sanzioni amministrative pecuniarie, ove la norma indichi un minimo e un massimo della sanzione, spetta al potere discrezionale del giudice determinarne l’entità entro tali limiti, allo
scopo di commisurarla alla gravità del fatto concreto, globalmente desunta dai suoi elementi oggettivi e soggettivi (Cass., Sez. I, 8 febbraio 2016, n. 2406; Cass., Sez. V, 17 aprile 2013, n. 9255; Cass., Sez. I, 24 marzo 2004, n. 5877).
Con riferimento al procedimento di opposizione avverso le sanzioni amministrative pecuniarie irrogate per violazione del TUIF, si ritiene che il giudice ha il potere discrezionale di quantificarne l ‘ entità, entro i limiti edittali previsti, allo scopo di commisurarla all ‘ effettiva gravità del fatto concreto, globalmente desunta dai suoi elementi oggettivi e soggettivi, senza che sia tenuto a specificare i criteri seguiti, dovendosi escludere che la sua statuizione sia censurabile in sede di legittimità ove quei limiti siano stati rispettati e dalla motivazione emerga come, nella determinazione, si sia tenuto conto dei parametri previsti dall ‘ art. 11 della l. n. 689 del 1981, quali la gravità della violazione, la personalità dell ‘ agente e le sue condizioni economiche (Cass., Sez. II, 7 aprile 2017, n. 9126).
Nella specie, la Corte d ‘ appello ha esplicitato le ragioni per le quali ha ritenuto congrua la sanzione, per cui non sussiste alcuna violazione censurabile in questa sede.
-Il ricorso va dunque respinto.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell ‘ art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell ‘ art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali dell ‘ obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della controricorrente, in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione