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Querele non fondate nei confronti del datore di lavoro

La Corte d’Appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza del Tribunale di Enna di rigetto dell’impugnativa di XXX del licenziamento irrogatogli da YYY il 5/1/2016 a seguito di procedimento disciplinare. La Corte distrettuale non ha ricollegato la fondatezza dell’addebito disciplinare alla forma degli atti e delle denunce, ma al loro contenuto, valutato, in fatto, come consapevolmente omissivo delle somme effettivamente dovute, anche in relazione a quelle già percepite, comunque in un contesto di contenzioso civile tra le parti già in corso sulle stesse questioni.

Pubblicato il 24 December 2023 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

La Corte d’Appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza del Tribunale di Enna di rigetto dell’impugnativa di XXX del licenziamento irrogatogli da YYY il 5/1/2016 a seguito di procedimento disciplinare.

La Corte distrettuale:

– ha ritenuto sussistenti gli addebiti mossi al reclamante in sede di disciplina;

– ha ricostruito dettagliatamente i fatti di causa, collegati ad un precedente licenziamento annullato in sede giudiziale e a un contenzioso sul TFR, ampliatosi con denunce del lavoratore in sede penale;

– ha osservato che, se la proposizione di querele anche non fondate o l’opposizione a richiesta di archiviazione costituiscono prerogative legittimamente azionabili da ogni cittadino, nondimeno l’uso di tali strumenti per finalità diverse da quelle loro proprie costituisce condotta non meritevole di tutela e idonea a integrare gli estremi di una condotta illecita o connotata da malafede;

– ha ritenuto che la denuncia da parte del lavoratore in sede penale della società datrice di lavoro e del suo legale rappresentante per appropriazione indebita del TFR rappresentasse in maniera certamente dolosa fatti pacificamente non veritieri, e pertanto fondata la contestazione di addebito (consistente in un comportamento volto non ad ottenere l’eventuale punizione penale del colpevole del reato, ma diretto al fine di ledere l’onore e la rispettabilità del legale rappresentante dell’azienda, con discredito anche nei confronti degli organi della P.A con i quali la società intratteneva rapporti giuridici);

– ha ritenuto, cioè, che il fatto contestato – avere denunciato un’indebita appropriazione del TFR con la piena consapevolezza della non veridicità della condotta denunciata – fosse obiettivamente incompatibile con l’elemento fiduciario caratterizzante ogni rapporto di lavoro e quindi integrante gli estremi della giusta causa di recesso, anche a prescindere dall’effettiva sussistenza di un danno (la denuncia del lavoratore era stata archiviata definitivamente, nonostante due sue opposizioni alla conforme richiesta del P.M.);

Per la cassazione della predetta sentenza ricorre XXX.

La Corte distrettuale non ha ricollegato la fondatezza dell’addebito disciplinare alla forma degli atti e delle denunce, ma al loro contenuto, valutato, in fatto, come consapevolmente omissivo delle somme effettivamente dovute, anche in relazione a quelle già percepite, comunque in un contesto di contenzioso civile tra le parti già in corso sulle stesse questioni.

Da ciò la valutazione dell’esposto in sede penale presentato, e coltivato con opposizione alla richiesta di archiviazione, come puramente strumentale, e non pertinente all’effettiva tutela del diritto di credito del lavoratore, perché basato su dati non veritieri e contabilmente scorretti.

Se, infatti, l’esercizio del potere di denuncia (e in generale del diritto di critica nei confronti del datore di lavoro) non può essere di per sé fonte di responsabilità, esso può divenire tale qualora il privato faccia ricorso ai pubblici poteri in maniera strumentale e distorta, ossia agendo nella piena consapevolezza dell’insussistenza dell’illecito o dell’estraneità allo stesso dell’incolpato.

In questo senso si articola l’addebito disciplinare concreto (esposto presentato non per rimuovere una situazione di illegalità o per tutelare i diritti del querelante. ma con la volontà di danneggiare il datore di lavoro), configurandosi la condotta di strumentalizzazione della denuncia non scriminata dall’esercizio del diritto, e atta a integrare un illecito disciplinare, alla luce del dovere di fedeltà di cui all’articolo 2105 c.c., letto in rapporto ai più generali canoni di correttezza e buona fede ex articoli 1175 e 1375 c.c., perché contraria ai doveri derivanti dall’inserimento del lavoratore nell’organizzazione imprenditoriale e comunque idonea a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario (cfr. Cass. n. 29526/2022, n. 1379/2019, n. 22375/2017).

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Ordinanza n. 30866 del 6 novembre 2023

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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