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punizione

In pedagogia, la punizione (castigo) è un metodo educativo di correzione, molto diffuso: è applicato dal genitore, dal docente o da un’altra figura autorevole nei confronti del bambino. Normalmente essa è una sanzione per un comportamento scorretto, analogamente alla pena inflitta all’adulto resosi responsabile di un illecito o di un reato. La valenza della punizione in quanto metodo educativo è stata oggetto di controversie, in particolare nel XX secolo: ricerche di carattere psicologico e psicoanalitico, svolte per esempio da Bruno Bettelheim, Donald Woods Winnicott e Alice Miller, hanno evidenziato (con varie motivazioni) la scarsa utilità e persino la nocività di un approccio educativo basato sulla punizione, in particolare fisica. Alice Miller sostiene che la punizione corporale produca, nel bambino, un dolore non passibile di rimozione e un trauma psicologico che potrebbero segnare (attraverso meccanismi di reazione come l’autoritarismo e il disturbo depressivo) il suo sviluppo nella fase adulta. Dal punto di vista storico, si può menzionare una considerazione (elementare e, probabilmente, derivata da semplici dati empirici) di San Giovanni Bosco (prelato, educatore e fondatore dell’ordine dei Salesiani) il quale, nella sua esposizione, si esprime contro ogni metodo di punizione corporale adducendo motivazioni poi riprese da altri studiosi. La “pedagogia nera”, al contrario, sostiene un modello educativo in cui la violenza e le punizioni sono legittime: afferma che il bambino è, tendenzialmente, portato ad assumere abitudini “viziose” (cattive, autolesioniste, antimorali, antisociali) laddove il genitore, o tutore, non intervenga correggendolo e reprimendo le sue naturali tendenze. In tal caso la punizione è, quindi, uno strumento educativo e di insegnamento: attraverso una punizione, anche fisica, si otterrebbe il risultato di trasmettere al bambino il messaggio che il rispetto delle regole è necessario e che la trasgressione comporta sanzioni e sofferenze. Secondo questa pedagogia la punizione è l’unico metodo efficace per trasmettere questo tipo di messaggio senza ingenerare confusioni dovute alla scarsa capacità di comprendere, propria del bambino.

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