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Inammissibilità della querela di falso per mancata riassunzione

La sentenza conferma il principio di diritto secondo cui il termine fissato dal giudice per la riassunzione della causa dinanzi al collegio competente per il giudizio sulla querela di falso è perentorio e non può essere prorogato o abbreviato. La parte che chiede la rimessione in termini deve dimostrare che la decadenza è stata determinata da una causa ad essa non imputabile, con i caratteri dell’assolutezza.

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Pubblicato il 5 maggio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Corte D’Appello di Lecce Prima Sezione Civile La Corte di Appello riunita in camera di consiglio nella seguente composizione dr.

NOME COGNOME presidente dr. NOME COGNOME consigliere dr. NOME COGNOME consigliere est. ha emesso la seguente

SENTENZA N._297_2025_- N._R.G._00000447_2022 DEL_09_04_2025 PUBBLICATA_IL_09_04_2025

nella causa civile in grado di appello iscritta al n° 447 del ruolo generale delle cause dell’anno 2022 TRA (c.f. ), rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME come da mandato in atti APPELLANTE APPELLATO CONTUMACE A seguito di trattazione scritta disposta con decreto del 21.12.2023 ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c., le parti hanno concluso come da note depositate telematicamente in cancelleria, cui si fa espresso rinvio.

FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO § 1

La vicenda che ha dato origine alla lite è stata così narrata nella sentenza C.RAGIONE_SOCIALE. ricorreva dinanzi al Giudice di Pace di Lecce, instaurando il giudizio n. 9329/17 R.G. nei confronti del per ottenere l’annullamento del verbale di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, in virtù del quale gli era stata comminata la sanzione pecuniaria di € 57,20.

Costituitosi in giudizio il resistente, all’udienza del 3.12.2018 il ricorrente proponeva querela di falso in via incidentale avente ad oggetto il summenzionato verbale.

Il Giudice di Pace, all’udienza dell’11.1.2021, sospendeva il giudizio e rimetteva le parti davanti al Tribunale per il procedimento relativo alla querela di falso, stabilendo il termine di giorni 45 dalla data d’udienza per la riassunzione del giudizio.

In data 26.2.2021, depositava ricorso per la riassunzione del giudizio per querela di falso dinanzi al Tribunale di Lecce.

Il Giudice istruttore fissava l’udienza per la trattazione della querela di falso in data 24.9.2021, onerando il ricorrente di notificare il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza alla controparte entro il 20.5.2021.

Il P.M., regolarmente avvisato, interveniva per iscritto in data 26.4.2021, nulla opponendo.

Il ricorso e il predetto decreto venivano notificati nei termini al che, tuttavia, restava contumace.

La causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni sulla questione pregiudiziale inerente all’ammissibilità del ricorso, e, in data 22.10.2021, la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione, senza assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c., stante la rinuncia del difensore di § 1.1 All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale di Lecce con sentenza n. 1734 del 30.11.2021 ha dichiarato inammissibile la querela di falso proposta in via incidentale da § 1.2 A fondamento della decisione, il Tribunale ha argomentato come segue: ha, innanzitutto, chiarito che non aveva rispettato il termine fissato dal Giudice di Pace per la riassunzione del giudizio dinanzi al tribunale in composizione collegiale;

ha ribadito la perentorietà di tale termine, il cui mancato rispetto comporta la declaratoria di inammissibilità della domanda;

ha, da ultimo, rigettato la richiesta di rimessione in termini motivata sulla base di un guasto del pc del difensore il quale “avrebbe potuto attivarsi utilizzando diverso computer, anche con l’ausilio di un collega o avrebbe potuto trasmettere l’atto in data anteriore” (cfr. pag 3 sentenza appellata).

§ 2

Avverso la sentenza n. 1734/2021 del tribunale di Lecce ha proposto appello chiesto che tale provvedimento fosse riformato/annullato in quanto errato in fatto e diritto e che conseguentemente fosse trattato nel merito il giudizio sulla querela di falso o che fossero rimessi gli atti al tribunale.

seppur regolarmente citato non si è costituito neppure nel giudizio di appello.

In data 26.9.22 il procuratore Generale della Repubblica ha espresso parere contrario all’accoglimento dell’istanza.

In data 10.1.2024, a seguito di trattazione scritta, la causa è stata trattenuta per la decisione con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito di note conclusionali e repliche.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un unico motivo di appello ha dedotto che avrebbe errato il tribunale a non ritenere il guasto al software occorso al computer del proprio difensore, come “impedimento di fatto derivante da causa non imputabile alla parte” in ossequio a quanto disposto dal co. 2 dell’art. 153 c.p.c., conseguentemente accogliere la richiesta di rimessione in termini per permettere il deposito dell’atto di riassunzione del giudizio.

Il motivo è infondato.

L’art. 152 c.p.c. stabilisce che “ I termini per il compimento degli atti del processo sono stabiliti dalla legge;

possono essere stabiliti dal giudice anche a pena di decadenza, soltanto se la legge lo permette espressamente.

I termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori”.

Con specifico riferimento alla querela di falso, l’art. 65 delle disp. att. del c.p.c. stabilisce che “Il conciliatore, quando rimette le parti davanti al tribunale per il processo di falso, stabilisce un termine perentorio entro il quale le parti stesse debbono riassumere la causa davanti al tribunale”.

Dunque, per espressa disposizione legislativa, il termine fissato dal giudice al fine della riassunzione dinanzi al collegio competente per il giudizio sulla querela di falso è un termine perentorio.

L’art. 153 c.p.c. al co. 1, chiarisce, inoltre, che “I termini perentori non possono essere abbreviati o prorogati, nemmeno sull’accordo delle parti”.

Per poi specificare, infine, che “La parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini.

Il giudice provvede a norma dell’articolo 294, secondo e terzo comma”.

Sulla possibilità per la parte di essere rimessa in termini, la suprema corte ha più volte ribadito l’orientamento secondo cui “l’istituto della rimessione in termini, previsto dall’art. 153, secondo comma c.p.c., come novellato dalla legge n. 69 del 2009, (..omissis..)

richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà che presenti i caratteri dell’assolutezza, e non già di un’impossibilità relativa, né tantomeno di una mera difficoltà” (cass.civ.sez.lav. ord. dell’1.3.2024 n. 5514).

Nella fattispecie oggetto di causa, l’asserito “malfunzionamento del software” necessario l’intervento di un tecnico, è stato senz’altro cagionato da un fattore estraneo alla volontà della parte, ma tuttavia non presenta quel carattere di assolutezza, tale da escluderne l’imputabilità alla medesima, poiché la stessa non ha dato prova dell’impossibilità di ricorso a rimedi alternativi o sostitutivi, che ben avrebbero potuto prevenire la decadenza dal termine.

Come correttamente osservato dal tribunale, infatti, la difesa di avrebbe potuto ovviare al problema tecnico relativo al software riscontrato sul proprio pc, utilizzando semplicemente un altro dispositivo.

Priva di qualunque fondamento è l’affermazione contenuta nell’atto di appello secondo cui “il deposito telematico degli atti può avvenire soltanto con computer configurato con la firma digitale”.

Invero, La firma digitale altro non è che un sistema crittografico che consente di associare univocamente un documento digitale all’identità del firmatario.

Essa si ottiene utilizzando un dispositivo come una smart card o una chiavetta USB, che contiene un certificato digitale attestante l’identità del proprietario.

Sarebbe, pertanto, bastato al difensore accedere all’applicativo utilizzato solitamente per la redazione degli atti giudiziari telematici mediante le proprie credenziali, procedere alla creazione della “busta” dell’atto da depositare ed effettuare il deposito, collegando al pc utilizzato il dispositivo per apporre la firma digitale (come detto lettore di smart card o chiavetta USB).

L’utilizzo di quest’ultimo dispositivo non è, infatti, in alcun modo vincolato all’utilizzo di uno specifico computer.

Sarebbe, pertanto, stato sufficiente attivarsi per tempo, cercando di reperire un altro dispositivo per poter procedere tempestivamente al deposito dell’atto.

È evidente, dunque, che il depositante nel caso in esame, non abbia utilizzato la dovuta diligenza, e non può pertanto essere accolta la sua richiesta di rimessione in termini.

La sentenza impugnata deve essere confermata.

§ 3 Stante la contumacia di parte appellata, nulla si dispone sulle spese del presente

La corte, rigetta l’appello;

Nulla sulle spese;

dichiara ai sensi dell’art 13 comma 1-quater del DPR 1152002, la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dell’appellante dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione e manda alla Cancelleria per gli adempimenti di conseguenza.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del 9.4.2025 Il consigliere estensore Il presidente dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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