Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15670 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15670 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6595 R.G. anno 2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME domiciliata presso l’avvocato NOME COGNOME ;
ricorrente
contro
Intesa Sanpaolo s.p.a. , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME domiciliata presso l’avvocato NOME COGNOME ;
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 536/2021 depositata l’11 maggio 2021 della Corte di appello di Torino.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 maggio 2025 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Verbania Veneto Banca s.p.a. lamentando l’applicazione di condizioni illegittime con riguardo a un rapporto di conto corrente con apertura di credito chiuso con saldo zero in data 22 giugno 2006; l’attrice ha denunciato l’addebito della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e l’applicazione di interessi debitori ultralegali, l’applicazione di commissioni, oneri e spese non dovuti.
Veneto Banca, che si è costituita in giudizio, è stata successivamente sottoposta a liquidazione coatta amministrativa. Il processo è dunque proseguito nei confronti di Intesa Sanpaolo s.p.a., indicata quale cessionaria del rapporto controverso.
In esito a giudizio di primo grado, il Tribunale ha respinto le domande attrici.
La pronuncia è stata impugnata avanti alla Corte di appello di Torino, la quale, con sentenza dell’11 maggio 2021, ha respinto il gravame.
Il Giudice distrettuale ha rilevato che in base al contratto di cessione non tutto il contenzioso pendente al momento della sottoposizione di Veneto Banca alla liquidazione coatta amministrativa era da considerare come « contenzioso pregresso » e ricompreso, come tale, nell’« insieme aggregato » oggetto di cessione: ha escluso, in particolare, vi fosse stata successione di Intesa Sanpaolo nel contenzioso relativo a rapporti negoziali cessati in epoca precedente all’apertura della procedura di liquidazione coatta amministrativa e al conseguente contratto di cessione del ramo di azienda.
3 . -Ricorre per cassazione, con due motivi, RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE Resiste con controricorso Intesa Sanpaolo. Sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Col primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1365, 1366 e 1367 c.c. con riferimento
alle previsioni contrattuali di cui agli artt. 1, 3 e 4 del contratto di cessione di azienda del 26 giugno 2017 tra Veneto Banca in liquidazione coatta amministrativa e Intesa Sanpaolo, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3 e 4 d.l. n. 99/1017, convertito in l. n. 121/2017.
Col secondo mezzo è lamentata la violazione o falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3, 4, comma 1, lett. c) del d.l. n. 99 del 2017, convertito in l. n. 121 del 2017, degli artt. 2558, comma 1, 2560, comma 2, 1362, 1363, 1364, 1365, 1366 e 1367 c.c. con riferimento alle previsioni contrattuali di cui agli artt. 1, 3 e 4 del contratto di cessione di azienda del 26 giugno 2017 tra Veneto Banca in liquidazione coatta amministrativa e Intesa Sanpaolo.
Con entrambi i motivi di impugnazione la ricorrente lamenta che la Corte di appello di Torino abbia «escluso che il rapporto sostanziale e processuale intercorrente tra la correntista e Veneto Banca s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa sia stato trasferito a Intesa Sanpaolo s.p.a. stabilito che faccia parte del passivo escluso dalla cessione di azienda»; assume, in conseguenza, che l’odierna controricorrente «non doveva essere chiamata a proseguire il giudizio e non doveva essere destinataria del ricorso in riassunzione di RAGIONE_SOCIALE.
-La questione affrontata dai Giudici di merito, riproposta avanti a questa Corte, è se le cessioni di azienda del 26 giugno 2017 poste in essere tra le liquidazioni coatte amministrative di Veneto Banca s.p.a. e Banca Popolare di Vicenza s.p.a., quali cedenti, e Intesa Sanpaolo s.p.a., quale cessionaria, abbiano interessato anche i debiti litigiosi delle dette Banche Venete oggetto di giudizi pendenti in essere a quella data.
-Come è noto, il d.l. n. 99 del 2017, convertito dalla l. n. 121 del 2017 ha disciplinato l’avvio e lo svolgimento della liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza s.p.a. e di Veneto Banca s.p.a., nonché le modalità e le condizioni delle misure a sostegno
di queste ultime in conformità con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato (art. 1, comma 1). In tale quadro è stato previsto che i commissari liquidatori provvedessero a « cedere ad un soggetto » individuato nell’ambito di una procedura di selezione aperta, concorrenziale e non discriminatoria, volta a individuare l’offerta di acquisto più conveniente, avendo anche riguardo agli impegni da assumersi ai fini del rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato (art. 3, comma 3), « l’azienda, suoi singoli rami, nonché beni, diritti e rapporti giuridici individuabili in blocco, ovvero attività e passività, anche parziali o per una quota di ciascuna di esse, di uno dei soggetti in liquidazione o di entrambi » (art. 3, comma 1). Da detta cessione dovevano essere esclusi le passività indicate all’articolo 52, comma 1, lettera a), punti i), ii), iii) e iv), del d.lgs. n. 180 del 2015, i debiti delle banche nei confronti dei propri azionisti e obbligazionisti subordinati -in particolare quelli derivanti dalle operazioni di commercializzazione di azioni o obbligazioni subordinate delle banche o dalle violazioni della normativa sulla prestazione dei servizi di investimento riferite alle medesime azioni o obbligazioni subordinate -e le controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della cessione, ma sorte successivamente ad essa e le relative passività (ancora art. 3, comma 1). Il comma 2 dell’art. 3 ha chiarito, poi, che « l cessionario risponde solo dei debiti ricompresi nel perimetro della cessione ai sensi del comma 1 ».
4. -Posto che il nominato decreto-legge contempla espressamente il trasferimento di debiti, la relativa disciplina si discosta, sul punto, da quella contenuta, per il fallimento, nell’art. 105, comma 3, l. fall., secondo cui in caso di vendita del complesso aziendale o di rami dello stesso, è esclusa la responsabilità dell’acquirente per i debiti relativi all’esercizio delle aziende cedute sorti prima del trasferimento, salvo diversa convenzione. Al contempo, in coerenza col disegno normativo complessivo, deputato a tratteggiare i contorni di quella che la Corte costituzionale ha definito una vera e propria
« manovra di ‘salvataggio pubblico’ » di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, sul presupposto della sussistenza del dissesto o rischio di dissesto, accertato dalla Banca centrale europea, ai sensi dell’art. 32, par. 1, lettera a), della direttiva 2014/59/UE (così Corte cost. sent. n. 225 del 2022), sono state rese inoperanti non solo le regole circa la cessione in blocco dell’azienda, di rami di azienda, di attività, passività e rapporti giuridici bancari che sono previste dall’art. 58 t.u.b. (salvo il comma 3, relativo alla conservazione, in capo al cessionario, delle garanzie prestate) , ma anche le prescrizioni dettate dall’art. 90, comma 2, t.u.b. con riguardo alla cedibilità delle stesse entità patrimoniali da parte dei commissari liquidatori in sede di liquidazione dell’attivo della procedura concorsuale (art. 3, comma 1, d.l. n. 99 del 2017).
5. -Nel definire l’interazione tra il decreto -legge e il contratto di cessione la Corte costituzionale ha evidenziato che quest’ultimo richiamava in premessa la manifestazione di un interesse di Banca Intesa, documentata da una precedente lettera del 21 giugno 2017, limitata all’acquisto « di certe attività, passività e rapporti giuridici facenti capo a BP Vicenza e Veneto Banca » e condizionata alla sussistenza e alla permanenza di « alcuni presupposti essenziali », in ragione dell’aspettativa della banca cessionaria di non caricarsi di passività non gradite, secondo la logica di convenienza economica che è propria del contratto. Ne ha desunto che le disposizioni dettate dal d.l. n. 99 del 2017, possano essere « qualificate come ‘norme -provvedimento’: esse si occupano di un singolo contratto, in quanto incidono sulla sola convenzione di cessione tra i commissari liquidatori delle due Banche Venete in LCA e il soggetto individuato ai sensi dell’art. 3, comma 3, disciplinano un numero limitato di fattispecie e rivelano un contenuto concreto, ispirato da particolari esigenze, ponendo per tale singolo evento regole specifiche innovative nel sistema legislativo vigente ».
6. -Emerge, così, la peculiarità del complesso congegno in
esame, tale da comportare, appunto, l’introduzione di « regole specifiche innovative nel sistema legislativo vigente », articolatosi, secondo l’ordine cronologico, ed in un ristrettissimo arco temporale, attraverso: i ) gli « accordi già intercorsi » e le « pregresse pattuizioni » tra le parti, di cui dà espressamente atto il contratto di cessione; ii ) il decreto legge, che di tali accordi e pattuizioni ha tenuto conto, devolvendo al contratto la delimitazione dell’ambito della cessione, nel rispetto dei paletti fissati dalla norma; iii ) il contratto che, sulla scia, ha disegnato, con efficacia verso i terzi, i confini della cessione.
-In tale quadro di sistema si colloca un dato, ai nostri fini essenziale: quello per cui il d.l. n. 99 del 2017 ha devoluto all’autonomia privata l’individuazione delle attività e passività da cedersi, pur vietando che l’operazione di cessione includesse specifiche poste.
Infatti, l’art. 3 del d.l. n. 99 del 2017 non regola direttamente la cessione: esso « rimetteva ai commissari liquidatori e al cessionario individuato di determinare l’oggetto della cessione, e cioè se si dovesse trasferire l’azienda, suoi singoli rami, ovvero beni, diritti e rapporti giuridici individuabili in blocco, oppure attività e passività, anche parziali o per quote, ponendo però ai contraenti un limite oggettivo e inderogabile, in forza del quale dovevano restare ‘in ogni caso esclusi’ dal trasferimento le passività e i debiti elencati nelle lettere a), b) e c) »; in tal senso, la riferibilità a Intesa Sanpaolo della titolarità sostanziale della posizione giuridica cui inerisce la pretesa che si faccia valere in giudizio « non discende dalla necessaria e immediata applicazione delle norme di legge su cui cadono i dubbi di legittimità costituzionale, quanto dall’ambito oggettivo del programma obbligatorio regolato dalle parti del contratto di cessione » (Corte cost. sent. n. 225 del 2022, cit.).
N ell’intrecciarsi del dato normativo con quello negoziale occorre così prendere atto che l’ambito della cessione, che pure è per taluni aspetti definito già in sede di decreto-legge, è per quanto rileva in questa sede fissato in via esclusiva dal contratto. E cioè, basta già il
decreto-legge ad affermare, ad esempio, che sono escluse dalla cessione « le riserve e il capitale rappresentato da azioni, anche non computate nel capitale regolamentare, nonché dagli altri strumenti finanziari computabili nel capitale primario di classe 1 » (art. 52, comma 1, lett. a , punto i , d.lgs. n. 180 del 2015, richiamato dall’art. 3 qui in esame); a stabilire, invece, quale sia la sorte dei rapporti estinti alla data della collocazione delle due banche in liquidazione coatta amministrativa non basta il decreto-legge, ma occorre il contratto; e ciò perché, alla luce del congegno come sopra delineato, che ha attribuito alle parti il potere di determinare l’ambito della cessione, entro limiti normativamente fissati, riconoscendo che « il cessionario risponde solo dei debiti ricompresi nel perimetro della cessione », è evidentemente da escludere che la previsione secondo cui sono escluse dalla cessione, ai sensi del cit. art. 3, « le controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della cessione, sorte successivamente ad essa, e le relative passività » possa essere intesa nel senso che, a contrario , sono viceversa incluse nella cessione le medesime controversie qualora sorte anteriormente ad essa: questo è un ragionamento che in modo piano avrebbe potuto svolgersi, ubi lex voluit dixit ubi noluit tacuit , se si fosse trattato di interpretare l’art. 3 sulla base delle regole di interpretazione normativa, ma il dispositivo che abbiamo dinanzi si riassume all’opposto in ciò, che il decreto-legge individua con efficacia cogente taluni rapporti, i quali « restano in ogni caso esclusi dalla cessione », ma rimette ai contraenti, la cui volontà va interpretata secondo le regole di ermeneutica contrattuale, l’individuazione di quanto ulteriormente escluso e per converso ricompreso nella cessione.
È corretto affermare, quindi, che, per individuare ciò che in concreto è stato ceduto e, pertanto, verificare la sussistenza, o meno, della legittimazione passiva di Intesa Sanpaolo s.p.a., occorre guardare al contratto di cessione.
8. -Ciò posto, è necessario tornare sulla sottolineata peculiarità dell’articolato congegno sottoposto all’esame di questa Corte , realizzato in sintesi, attraverso gli « accordi già intercorsi » e le « pregresse pattuizioni » di cui si è detto, con la successiva adozione del decretolegge, che, per un verso, ha delegato al contratto medesimo di determinare quanto rientrante nel perimetro della cessione e, per altro verso, ha reso esso contratto efficace nei confronti dei terzi attraverso la semplice pubblicazione dell’operazione sul sito della Banca d’Italia (art. 3, comma 2 del decreto-legge), ed infine attraverso la vera e propria stipulazione a cascata del detto contratto. Tale congegno, che ha dato vita alle richiamate « regole specifiche innovative nel sistema legislativo vigente », rende manifesto che il decreto-legge ha inteso impiegare il contratto quale strumento di attuazione del programmato intervento normativo, rendendolo così implicitamente ma ineluttabilmente suscettibile di diretta interpretazione da parte della Corte di cassazione.
Alteris verbis , quello stipulato il 26 giugno 2017 dai commissari liquidatori delle menzionate Banche Venete ed Intesa Sanpaolo s.p.a. è sì un contratto, e non una fonte normativa, ma è nondimeno un contratto sui generis , che si intreccia con il dato normativo, il quale riflette a propria volta i pregressi accordi e pattuizioni e conferisce al contratto efficacia rispetto ai terzi, affidando ai contraenti di stabilire cosa rientri, o non, nel perimetro della cessione: il contratto intercorso tra i commissari liquidatori ed Intesa Sanpaolo s.p.a. costituisce così espressione dell’autonomia negoziale degli stipulanti, e dunque rientra nella nozione di contratto accolta dall’art. 1321 c.c., suscettibile di interpretazione secondo i criteri dell’interpretazione contrattuale, ma incide altresì sulla regolamentazione di un’ampia pluralità di rapporti, tra l’altro numericamente elevata, quelli che in precedenza intrattenevano le Banche Venete , con conseguente esigenza – al pari, può dirsi a fini esplicativi, di quanto accade per i contratti collettivi cui si riferisce il
numero 3 dell’art . 360, comma 1, c.p.c. – dell’adozione di modalità interpretative tali da garantire uniformità applicativa, necessaria affinché il congegno adottato non fallisca il suo compito di fondare la compiuta regolazione di detti rapporti.
-La sentenza impugnata, come in precedenza ricordato, ha reputato che il contratto di cessione non si estendesse ai rapporti in precedenza estinti: ha conseguentemente escluso che Intesa Sanpaolo dovesse rispondere di una passività della cedente, relativa a contratto di conto corrente oramai chiuso, il cui saldo era stato oggetto di ricalcolo stante l’accertata applicazione di condizioni negoziali non pattuite o illegittime.
La Corte territoriale ha richiamato, al riguardo, l’art. 3. 1.2, lett. b), del contratto di cessione che identifica le passività incluse nei debiti, passività, obbligazioni e impegni derivanti da « rapporti inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa » (così la pronuncia, a pag. 15). Ha osservato la Corte territoriale che se si interpretasse la definizione « contenzioso pregresso » -oggetto di trasferimento, a norma dell’art. 3.1.2, lett. b) -ricomprendendovi ogni contenzioso pendente al momento della stipula della cessione, salvo quelli con azionisti della banca o con obbligazionisti, si allargherebbe l’ambito dell’« insieme aggregato » (e cioè l’insieme delle posizioni trasferite) senza tener conto della relazione necessaria tra cessione (da un lato) e inerenza e funzionalità (dall’altro) dei rapporti ceduti all’attività bancaria: relazione che, ad avviso della Corte di appello, permea invece la disciplina del contratto; si finirebbe così per considerare ceduti « rapporti già estinti, per definizione non funzionali all’attività, o rapporti qualificabili in linea generale in sofferenza in base ai diversi parametri specificamente indicati nel contratto di cessione che, se non contenziosi, sarebbero espressamente esclusi dal suo ambito di operatività ». Pertanto, secondo il Giudice distrettuale, i rapporti negoziali estinti in epoca precedente alla messa in liquidazione coatta amministrativa della banca
e al conseguente contratto di cessione del ramo di azienda non si sono trasferiti a Intesa Sanpaolo, facendo essi parte dell’« attivo-passivo escluso ».
10. -Ora, la locuzione « rapporti inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria » è di contenuto non del tutto univoco, e per questo ha condotto la giurisprudenza di merito ad opposte opzioni ermeneutiche. La detta relazione di inerenza e funzionalità è stata difatti intesa avendo ora riguardo alla categoria generale e astratta dei rapporti bancari, come relativa all’esercizio del credito e alla raccolta del risparmio, ora avendo riguardo al singolo rapporto contrattuale, valorizzandosi la funzionalità del rapporto stesso rispetto all’attività bancaria che il cessionario è chiamato a svolgere in ragione del trasferimento in blocco.
In realtà, solo la seconda opzione ermeneutica trova giustificazione sul piano logico ed è da considerarsi maggiormente rappresentativa dell’intenzione dei contraenti (art. 1362 c.c.).
Deve difatti considerarsi che la previsione contrattuale ha riguardo non all’« attività bancaria » e cioè a quella speciale attività tipologicamente integrata dalla raccolta di risparmio tra il pubblico e dall’esercizio del credito (art. 10 t.u.b.), ma all’impresa bancaria: e l’impresa in questione si identifica, sul piano oggettivo, con l’azienda (in quella parte dell’azienda) oggetto di cessione. Tutti i rapporti che fanno capo all’impresa, indipendentemente dal fatto che siano riferibili alla tipica attività bancaria, risultano « inerenti e funzionali » ad essa, nel senso che rientrano nell’azienda, intesa come universitas comprendente beni materiali e immateriali, diritti, obblighi e rapporti giuridici unificati dalla destinazione al fine comune dell’esercizio dell’impresa: da questo punto di vista è priva di fondamento l’idea per cui un rapporto di conto corrente sia compreso nella cessione dell’azienda bancaria e un rapporto di fornitura di beni strumentali allo svolgimento dell’attività bancaria invece no n lo sia; entrambi sono
rapporti aziendali e, come tali, risultano essere inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria intesa nella sua tipicità.
La soluzione interpretativa che fa leva sull’inerenza e funzionalità delle passività alla categoria dei rapporti bancari non può dunque seguirsi: essa trascura di valutare che le parti non hanno considerato l’attività bancaria, quanto piuttosto l’impresa b ancaria, e omette pure di tener presente che la dimensione oggettiva di questa, l’azienda, è per definizione (art. 2555 c.c.) comprensiva di tutti i rapporti che sono inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa stessa. In altri termini, la previsione, nella richiamata accezione di significato, risulterebbe inutile, in quanto iterativa della norma che definisce in termini generali l’azienda, vale a dire il plesso di cui è stato programmato il trasferimento.
Si deve allora credere che con la locuzione più volte ricordata le parti abbiano inteso far riferimento a quei rapporti che, oltre ad essere inclusi nei rapporti aziendali, rilevino finalisticamente per lo svolgimento della specifica attività di impresa della cessionaria: che cioè le passività oggetto di trasferimento debbano inscriversi in rapporti che, per non essersi esauriti alla data della cessione, debbano per tale ragione reputarsi funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria di Intesa Sanpaolo RAGIONE_SOCIALE
Tale conclusione è del resto coerente con l’interesse manifestato da Intesa Sanpaolo nei confronti dell’operazione di « salvataggio » delle Banche Venete: interesse consistente nel suo rafforzamento quale realtà operativa sul mercato creditizio, come si desume dalle premesse del contratto di cessione, ove è spiegato che l’obiettivo della cessionaria è quello di assicurare una maggiore sua presenza sul territorio e di « estrarre valore dall’acquisizione attraverso l’applicazione delle best practice del RAGIONE_SOCIALE in tutti gli ambiti di attività, anche recuperando la fiducia nella clientela nei confronti della ‘ nuova ‘ realtà bancaria operativa », contribuendo alla salvaguardia dei livelli
occupazionali.
11. -Ribadito, pertanto, che il contratto lasciava all’autonomia delle parti contraenti di accordarsi in relazione all’ambito della cessione (con il solo limite di cui all’art. 3, comma 1, del d.l. n. 99 del 2017, del cui significato si è detto in precedenza), è palese che il riferimento a debiti che « derivano da rapporti inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria », non può che essere interpretato nella prospettiva dell’istituto di credito cessionario, privilegiando, cioè, non già un concetto astratto di inerenza e funzionalità del rapporto all’attività bancaria, bensì, una funzionalità all’effettivo e concreto svolgimento dell’ esercizio dell’impresa bancaria del cessionario medesimo. Diversamente, del resto, nemmeno si spiegherebbe il motivo per cui dalla cessione sono stati esclusi i rapporti in sofferenza : sarebbe poco coerente, invero, che, nella specie, la cessionaria, non subentrata nei rapporti in atto in cui il debitore non era un buon pagatore, rapporti che è difficile dire non iner iscano all’esercizio dell’impresa bancaria (tutte le banche, infatti, hanno rapporti in sofferenza), lo sia, invece, nelle obbligazioni restitutorie dell’indebito e/o risarcitorie concernenti rapporti già estinti al momento della cessione medesima.
12. -Da ultimo, la definitiva conferma del fatto che qualsiasi contenzioso avente ad oggetto rapporti estintiti deve ritenersi escluso dalla cessione si trae anche dal comportamento delle parti successivo al contratto di cessione, la cui mancata, o comunque inesatta, considerazione integra una violazione dell’art. 1362, comma 2, c.c..
In quello che è denominato «s econdo accordo ricognitivo » -accordo concluso in data 17 gennaio 2018 -l’esclusione dalla cessione dei contenziosi relativi a rapporti estinti (sancita al punto 4 dell’Allegato 1.1) è stata ribadita dai commissari liquidatori delle due Banche Venete in liquidazione coatta amministrativa e da Intesa Sanpaolo s.p.a. con efficacia, appunto, meramente ricognitiva (e, proprio per tale ragione,
munita della medesima efficacia verso i terzi attribuita dall’art. 3 del d.l. n. 99 del 2017 al contratto di cessione) degli accordi già sanciti e desumibili dall’interpretazione del contratto di cessione qui considerata conforme a legge. Tale accordo, recependo i risultati a cui era pervenuto un collegio di esperti quanto ai « criteri di ripartizione del contenzioso e degli oneri di difesa » previsti nel contratto di cessione, ha chiarito che il contenzioso passivo pendente al 26 giugno 2017 relativo ai rapporti estinti rappresenta « contenzioso escluso » . Si tratta di un atto che, pur non avendo valenza negoziale, collocandosi sul piano della selezione dell’accezione semantica da riferire a precisi dati linguistici, è in grado di orientare l’interprete, in quanto rientrante nel comportamento complessivo delle parti anche posteriore alla conclusione del contratto, cui l’art. 1362, comma 2, c.c., assegna una specifica valenza sul piano ermeneutico. Al riguardo, è da sottolineare, in termini generali, che il giudice del merito non può reputare assorbente l’e lemento letterale a scapito del canone interpretativo di cui alla richiamata disposizione. Come è stato osservato, il comportamento complessivo delle parti non costituisce un canone sussidiario, ma un parametro necessario e indefettibile, essendo le disposizioni degli artt. 1362, comma 1, 1363 e 1362, comma 2, c.c., fondate sulla stessa logica che, esprimendo l’intrinseca insufficienza della singola parola (e del suo formale significato: come, in diverso campo ed in diversa misura, segnala l’art. 12, comma 1, delle preleggi), prescrive la più ampia dilatazione degli elementi di interpretazione (Cass. 12 dicembre 2023, n. 34687).
-Ritiene dunque questo Collegio che, correttamente applicando i principi di ermeneutica contrattuale, l’unica lettura possibile del contratto di cessione de quo è quella per cui la pendenza della lite non può ritenersi un criterio sufficiente, da solo, per reputare un
rapporto incluso nel perimetro della cessione ad Intesa Sanpaolo s.p.a., in quanto una passività, benché oggetto di un contenzioso pendente al 26 giugno 2017, ben potrebbe non integrare il requisito della inerenza e funzionalità all’impresa bancaria della odierna controricorrente. A tale conclusione nemmeno osta il rilievo – svolto in alcune decisioni di merito – che Intesa Sanpaolo abbia percepito somme dallo Stato in relazione alla cessione di cui si discute e tanto non si giustificherebbe ove quei rapporti estinti fossero davvero fuori della cessione. Trattasi, invero, di un argomento chiaramente suggestivo, destinato a cadere, tuttavia, di fronte alla constatazione che, come si è cercato di spiegare, l’ambito della cessione deve essere desunta dal contra tto, riguardo al quale quella considerazione non ha alcuno spazio, nel senso che non si colloca nell’ambito delle norme di cui agli artt. 1362 e ss. c.c..
14. -Merita aggiungere che non può darsi seguito alla pronuncia resa da Cass. 21 giugno 2023, n. 17834, le cui conclusioni sono state sostanzialmente confermate dalla più recente Cass. 4 febbraio 2025, n. 2785: ciò sia per la peculiarità delle concrete fattispecie che ne costituivano l’oggetto (la successione ex latere debitoris in titoli esecutivi formatisi contro Veneto Banca s.p.a. o Banca Popolare di Vicenza s.p.a.), sia, soprattutto, per l’essere mancato, in quelle sedi, l’esame della disciplina del contratto di cessione intercorso tra i commissari liquidatori di Veneto Banca s.p.a. e Banca Popolare di Vicenza s.p.a. con Intesa Sanpaolo s.p.a. sotto il particolare profilo della inerenza e funzionalità all’esercizio dell’impresa bancaria dei rapporti in relazione ai quali si erano formati quei titoli esecutivi.
15. -In conclusione, la sentenza impugnata, che ha considerato decisivo , sul piano interpretativo, il dato dell’anteriorità dell’estinzione del rapporto di conto corrente dedotto in lite rispetto alla cessione, si sottrae a censura.
I due motivi di ricorso vanno pertanto respinti, e così il ricorso. 16. -In presenza di un contrasto di giurisprudenza, all’interno
di questa Corte, oltre che nella giurisprudenza di merito, sulla quaestio iuris proposta con l’odierna impugnazione, le spese del giudizio di legittimità possono compensarsi per l’intero.
17. -Va enunciato il seguente principio di diritto:
« In tema di controversie intraprese da o contro Veneto Banca s.p.a. o Banca Popolare di Vicenza s.p.a., poi sottoposte a liquidazione coatta amministrativa durante i rispettivi giudizi, non si verifica il subentro di Intesa Sanpaolo s.p.a. nella posizione sostanziale e processuale delle banche suddette nelle liti pendenti alla data (26 giugno 2017) del contratto di cessione stipulato dai commissari liquidatori di quelle banche con Intesa Sanpaolo s.p.a., giusta il d.l. n. 99 del 2017 (convertito dalla l. n. 121 del 2017), ed aventi ad oggetto rapporti bancari già estinti alla data predetta, atteso che tali rapporti rientrano tra quelli di cui al cd. ‘contenzioso escluso’ previsto nel menzionato contratto ».
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso; compensa le spese di giudizio ; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione