Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8650 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8650 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
FUSCO NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE , rappresentate e difese da ll’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata il suo lo studio di quest’ultimo in Napoli, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE rappresentate e difese dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Napoli ed elettivamente domiciliate in Roma al INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente-
Oggetto:
Azione
revocatoria ordinaria
Nonché
COGNOME NOME e NOME COGNOME
-intimati-
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 1733/2021 pubblicata il 11.5.2021, notificata in pari data.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27.3.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-La Banca Nazionale del Lavoro S.p.A., premesso di avere incorporato la RAGIONE_SOCIALECassa per il Credito alle Imprese Artigiane S.p.A., conveniva in giudizio dinanzi il Tribunale di Napoli la RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME onde sentir accertare la simulazione assoluta o, in via alternativa, sentir pronunciare la revocatoria, ai sensi dell’art. 2901 c.c., dell’atto concluso il 27.11.2009 per Notar COGNOME di Genova con il quale le predette persone fisiche, suoi debitori in quanto fideiussori, fino alla concorrenza di € 80.000 oltre interessi convenzionali e spese, della sua debitrice principale, RAGIONE_SOCIALE, in virtù del contratto di finanziamento del 18.5.2007 ex l. n.3851993, avevano conferito nella società RAGIONE_SOCIALE, società inglese con sede presso l’INDIRIZZO Reading (Berkshire, Regno Unito) CODICE_FISCALE, iscritta presso la Companies House per l’Inghilterra e per il Galles al n. NUMERO_DOCUMENTO C.F. italiano P_IVA con socio unico ed amministratore unico nella persona della fideiubente COGNOME NOME, il loro patrimonio immobiliare. La banca deduceva che tale atto era pregiudizievole per il suo diritto di credito per la cui riscossione aveva anche ottenuto decreto ingiuntivo nei confronti dei
garanti dato che di tale pregiudizio tutte le parti erano consapevoli.
2 .─ Il Tribunale adito, in data 13 maggio -4 settembre 2014, pronunciava la sentenza n.11827/2014 con cui, in accoglimento della domanda revocatoria, dichiarava inefficace l’atto dispositivo impugnato e condannava tutti i convenuti in solido al pagamento delle spese di giudizio.
3 .─ COGNOME NOME e NOME proponevano gravame dinanzi alla Corte di Appello di Napoli. La Corte adita, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello.
Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha precisato che:
a) in tema di azione revocatoria promossa dalla banca nei confronti del fideiussore, al fine di verificare l’anteriorità del credito per gli effetti di cui all’art. 2901 c.c., occorre fare riferimento al momento dell’accreditamento a favore del garantito e no n a quello successivo dell’effettivo prelievo da parte dell’accreditato, atteso che l’azione revocatoria presuppone la sola esistenza del debito e non anche la concreta esigibilità, essendone consentito l’esperimento – in concorso con gli altri requisiti di leggeanche a garanzia di crediti condizionali, non scaduti o soltanto eventuali;
b) una volta prestata fideiussione a garanzia delle future obbligazioni del debitore principale nei confronti di un istituto bancario, gli atti dispositivi successivamente posti in essere dal fideiussore, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti a revoca in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore medesimo (e, in caso di atto a titolo oneroso, anche del terzo ex art. 2901, comma 1, nn. 1 e 2, prima parte, c.c.) di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore ( scientia damni );
c) in ordine alla denunciata insussistenza dell’ eventus damni va fatta applicazione di un principio pacificamente affermato dalla Suprema Corte secondo cui in tema di revocatoria ordinaria, non essendo richiesta, a fondamento dell’azione, la totale compromissione della consistenza del patrimonio del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito, l’onere di provare l’insussistenza di tale rischio, in ragione di ampie residualità patrimoniali, incombe sul convenuto che eccepisca, per questo motivo, la mancanza dell’ eventus damni ;
d)nel caso di specie si è in presenza di un atto che, a fronte dell’aumento di capitale della RAGIONE_SOCIALE per mezzo del conferimento di immobili per € 413.207, si risolve in una evidente modifica in peius della consistenza del patrimonio e, quindi, in una maggiore difficoltà di soddisfacimento del credito da parte dell’appellata, in mancanza di prova, che incombeva ai convenuti nell’azione revocatoria, che il loro patrimonio residuo fosse tale da soddisfare le ragioni della BNL;
il negozio di conferimento di beni in natura deve riguardarsi come atto di disposizione e, segnatamente, quale atto traslativo a titolo oneroso, dacché comporta il trasferimento dei beni che ne formano oggetto dal patrimonio del conferente a quello della società conferitaria. Pertanto, il denunciato pregiudizio si realizza anche quando l’atto dispositivo determina una variazione solo qualitativa del patrimonio, se essa rende più difficile la soddisfazione dei creditori;
ritenuta provata l’esistenza di una legittima ragione di credito e dell’ eventus damni data l’insufficienza dei beni del debitore ad offrire la necessaria garanzia patrimoniale al momento in cui è stato compiuto l’atto di disposizione dedotto in giudizio, deve ritenersi che il debitore ed il terzo siano stati consapevoli del fatto che attraverso l’atto, posteriore alla
nascita del credito, il debitore arrecava pregiudizio alle ragioni creditorie;
g) l’elemento soggettivo, data la sua natura, deve ritenersi accertato, ed anzi di norma non può che essere accertato, tramite presunzioni. Il vincolo parentale e la medesimezza di uno dei debitori con la compagine societaria della RAGIONE_SOCIALE rendono estremamente inverosimile che detta società, quale terzo, non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sui disponenti;
h) non può dubitarsi della consapevolezza delle appellanti in ordine al pregiudizio che il predetto atto dispositivo avrebbe arrecato alla ragione creditoria della parte appellata essendo a conoscenza delle vicende societarie della garantita avendo ricevuto in data 1.9.2009 la raccomandata con la quale la Banca metteva in mora le stesse laddove l’atto impugnato è stato stipulato in data 27.11.2009 per cui appare del tutto irrilevante la dedotta e, comunque, indimostrata fuoriuscita di COGNOME NOME dalla compagine societaria della garantita;
devono, infine, ritenersi inammissibili le istanze istruttorie articolate dagli appellanti nel primo grado del giudizio e reiterate nel presente grado di giudizio per essere state non ammesse dal giudice di prime cure con ordinanza del 3/6 febbraio 2012 per la genericità ed irrilevanza dei capitoli di prova e per essere, in parti, contraddetti dai documenti depositati in giudizio senza che ne venisse chiesta la revoca. Le appellanti all’udienza di precisazione delle conclusioni del primo grado del giudizio non richiesero la revoca dell’ordinanza istruttoria del 3/6 febbraio 2012 con cui era stata respinta l’istanza di ammissione della prova testimoniale e dell’interrogatorio formale; ciò posto, era necessario che la parte interessata, in sede di conclusioni definitive, dovesse chiedere la revoca di detta ordinanza, restando in caso contrario
preclusa al giudice la decisione in ordine all’ammissibilità della prova, con l’ulteriore conseguenza che la cennata questione non può neanche essere proposta in sede di impugnazione.
─ COGNOME NOME e NOME hanno presentato ricorso per cassazione con due motivi. Banca Nazionale del Lavoro ha presentato controricorso ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Le ricorrenti deducono:
5. ─ Con il primo motivo: violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 2697 c.c. nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. La Corte non ha considerato che la Banca ha soltanto provato l’esistenza della fideiussione, ma non ha provato l’erogazione del finanziamento né ha quantificato le somme inadempiute.
5.1 ─ Il motivo è inammissibile. La censura ripropone le doglianze del primo motivo d’appello insistendo sulla presunta mancata prova del credito, restando sul piano della confutazione del giudizio di fatto preclusa in sede di legittimità. Il giudice di merito evoca il consolidato orientamento di questa Corte che ha più volte statuito che l’azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, anche il credito meramente eventuale. Concessa fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale connesse all’apertura di credito regolata in conto corrente, gli atti dispositivi del fideiussore successivi alla detta apertura di credito ed alla prestazione della fideiussione, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti all’azione revocatoria, ai sensi dell’art. 2901, n. 1, prima parte, c.c., in base al mero requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore (e, in caso di atto a titolo oneroso, del terzo di arrecare pregiudizio alle ragioni del
creditore (“scientia damni”) ed al solo fattore oggettivo dell’avvenuto accreditamento, giacché l’insorgenza del credito deve essere apprezzata con riferimento al momento dell’accreditamento e non a quello, eventualmente successivo, dell’effettivo prelievo da parte del debitore principale della somma messa a sua disposizione. (Cass., n. 10522/2020; recentemente Cass., n. 3462/2024 ha ulteriormente precisato che l’ atto costitutivo di una garanzia personale -specie, una fideiussione- è impugnabile con azione revocatoria ordinaria, in quanto, derivandone l’assunzione di un’obbligazione, si risolve in un atto dispositivo nei termini di cui all’art. 2901 c.c., tenuto conto del fatto che l’azione in parola risponde alla funzione di tutelare l’interesse alla conservazione della garanzia patrimoniale generica contro qualunque atto che determini o semplicemente aggravi il pericolo della sua insufficienza).
6. -Con il secondo motivo: 1)violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 2901 c.c. nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. la fideiubente RAGIONE_SOCIALE era uscita dalla compagine sociale e era all’oscuro sulla esposizione debitoria della società garantita, né tantomeno hanno avuto notizia della ingiunzione di pagamento per cui la Corte ha presunto la scientia fraudis , il consilium fraudis e l’ eventus danni senza che la Banca avesse fornito alcuna allegazione. 2) Inoltre, sia le appellanti che gli altri convenuti in giudizio hanno reiterato la richiesta di revoca dell’ordinanza sulla mancata ammissione della prova testimoniale nell’udienza di precisazione delle conclusioni e negli scritti conclusionali.
6.1 -Anche questa doglianza ripropone il secondo motivo di appello. Sub1) Il percorso argomentativo della Corte parte dal presupposto, più volte ribadito da questa Corte di legittimità, che in tema di revocatoria ordinaria, non essendo richiesta, a
fondamento dell’azione, la totale compromissione della consistenza del patrimonio del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito ( ex multis di recente Cass., n. 20232/2023), l’onere di provare l’insussistenza di tale rischio, in ragione di ampie residualità patrimoniali, incombe sul convenuto che eccepisca, per questo motivo, la mancanza dell’e ventus damni (Cass., n. 11471/2003; Cass., n. 21492/2011; Cass., n. 1902/2015; Cass., n. 5994/2020).
Da tali premesse la Corte accerta che i convenuti nell’azione revocatoria non hanno mai fornita la necessaria allegazione che «il loro patrimonio residuo fosse tale da soddisfare le ragioni di BNL». La censura si traduce in una richiesta di rivalutazione degli esiti istruttori non consentita in sede di legittimità. Compito della Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere a una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito, dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile (Cass., n. 7523/2022).
Sub 2) La doglianza sulla avvenuta reiterazione della richiesta di revoca dell’ordinanza sulla mancata ammissione della prova testimoniale nell’udienza di precisazione delle conclusioni e negli scritti conclusionali è generica e non autosufficiente.
Ai fini di quanto richiesto dall’art. 366, n.6, c.p.c. sul piano contenutistico, il ricorso per cassazione deve esporre tutto quanto necessario a porre il giudice di legittimità in condizione
di avere completa cognizione della controversia e del suo oggetto, nonché di cogliere il significato e la portata delle censure contrapposte alle argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti edotti del processo, ivi compresa la sentenza stessa (Cass., n. 31082/2017; Cass., n. 1926/2015; Cass., n. 7825/2006; da ult. tra le tante Cass., n. 12191/2020; Cass., n. 10143/2020; Cass., n. 12481/2022); sicché il ricorrente per cassazione deve esplicitare quale sia, per la parte rilevante, il contenuto degli atti o dei documenti che pone a fondamento del ricorso, riassumendoli o trascrivendoli a seconda di quanto di volta in volta occorra.
In violazione dell’art. 366 n. 6 cpc non risulta specificato cosa sia stato dedotto all’udienza di precisazione delle conclusioni. Inoltre, ai fini della valutazione di decisività, non risulta indicato il contenuto dei mezzi istruttori in questione.
7. -Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna delle ricorrenti, in solido tra di loro, al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti, in solido tra di loro, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 5.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima