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Azione revocatoria ordinaria: il caso della Cassazione

La Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di azione revocatoria ordinaria intentata da un istituto di credito contro alcuni fideiussori. Questi ultimi avevano conferito il proprio patrimonio immobiliare in una società, rendendo più difficile il recupero del credito. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, dichiarando inammissibile il ricorso e ribadendo che, per l’azione revocatoria, è sufficiente un atto che renda più incerta la soddisfazione del credito. Inoltre, spetta al debitore dimostrare di possedere un patrimonio residuo sufficiente a coprire i debiti.

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Azione Revocatoria Ordinaria: Quando il Conferimento di Immobili in Società Danneggia i Creditori

L’azione revocatoria ordinaria è uno strumento fondamentale per la tutela del credito. Consente ai creditori di rendere inefficaci gli atti con cui un debitore si spoglia dei propri beni, rendendo più difficile il recupero del dovuto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito importanti aspetti applicativi di questo istituto, in particolare in relazione a fideiussioni e conferimenti di beni in società. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto affermati dai giudici.

I Fatti del Caso: La Garanzia Fideiussoria e il Trasferimento Patrimoniale

Una banca aveva concesso un finanziamento a una società, garantito da una fideiussione prestata da diverse persone fisiche. Successivamente alla prestazione della garanzia, i fideiussori decidevano di conferire il proprio patrimonio immobiliare in una società di diritto inglese, di cui una dei fideiussori era socia e amministratrice unica.

Ritenendo che tale operazione pregiudicasse la propria garanzia patrimoniale, la banca decideva di agire in giudizio con un’azione revocatoria ordinaria, chiedendo che l’atto di conferimento fosse dichiarato inefficace nei suoi confronti.

La Decisione dei Giudici di Merito e il Ricorso in Cassazione

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano la domanda della banca, ritenendo sussistenti i presupposti per l’azione revocatoria. Secondo i giudici, il conferimento degli immobili nella società aveva reso più difficile e incerta la possibilità per la banca di soddisfare il proprio credito, integrando così il requisito del cosiddetto eventus damni (pregiudizio).

I fideiussori e la società beneficiaria del conferimento proponevano quindi ricorso per Cassazione, lamentando, tra le altre cose, che la banca non avesse provato l’effettiva erogazione del finanziamento e l’ammontare del debito, e che mancasse la prova della loro consapevolezza di arrecare un danno (scientia damni).

L’Analisi della Corte di Cassazione sull’Azione Revocatoria Ordinaria

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire alcuni principi cardine in materia di azione revocatoria ordinaria.

Sull’Anteriorità del Credito e l’Eventus Damni

I giudici hanno chiarito che, ai fini della revocatoria, il credito non deve essere necessariamente esigibile o liquido. È sufficiente la sua esistenza, anche se solo potenziale o condizionale. Nel caso di una fideiussione a garanzia di obbligazioni future, il momento rilevante è quello in cui la garanzia viene prestata, non quello in cui il debito principale sorge effettivamente.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che l’eventus damni non richiede una totale compromissione del patrimonio del debitore. È sufficiente un atto che renda la soddisfazione del credito più incerta o difficile. Il conferimento di beni immobili in una società, trasformando un bene facilmente aggredibile in quote societarie di più difficile liquidazione, costituisce una variazione qualitativa del patrimonio che integra tale presupposto. Spetta poi al debitore, e non al creditore, l’onere di dimostrare di possedere un patrimonio residuo ampiamente sufficiente a soddisfare il debito.

Sulla Consapevolezza del Pregiudizio (Scientia Damni)

Per quanto riguarda l’elemento soggettivo, la Corte ha affermato che la scientia damni può essere provata anche tramite presunzioni. Nel caso di specie, il vincolo familiare tra i fideiussori e il fatto che uno di essi fosse l’amministratore unico della società conferitaria rendevano ‘estremamente inverosimile’ che la società stessa non fosse a conoscenza della situazione debitoria e del pregiudizio arrecato alla banca.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un orientamento consolidato. L’azione revocatoria serve a conservare la garanzia patrimoniale generica del creditore contro qualsiasi atto che ne diminuisca la consistenza o ne aggravi l’insufficienza. Non è necessario provare un intento fraudolento, ma solo la consapevolezza, da parte del debitore, del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni creditorie. La trasformazione di un bene immobile in quote sociali è di per sé un atto che può rendere più difficile il recupero coattivo del credito, e questo basta a giustificare l’azione. L’onere di provare il contrario, ovvero la sufficienza del patrimonio residuo, grava sul debitore che si oppone alla revocatoria. La stretta connessione tra i debitori e il terzo acquirente (in questo caso, la società creata ad hoc) costituisce una forte presunzione della conoscenza del pregiudizio anche da parte del terzo.

Le conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando l’inefficacia dell’atto di conferimento nei confronti della banca. Questa pronuncia ribadisce la forza dello strumento della revocatoria a tutela dei creditori, anche di fronte a operazioni societarie complesse. Per i debitori e i fideiussori, essa rappresenta un monito: gli atti dispositivi del proprio patrimonio, successivi all’assunzione di un’obbligazione, possono essere privati di effetto se rendono anche solo più difficoltoso il soddisfacimento dei creditori, specialmente quando la consapevolezza di tale pregiudizio può essere facilmente presunta dai rapporti tra le parti coinvolte.

Per esperire un’azione revocatoria contro un fideiussore, il credito deve essere già certo e liquido?
No. La Corte ha ribadito che l’azione revocatoria presuppone la sola esistenza del debito e non la sua concreta esigibilità. È sufficiente un credito anche condizionale, non scaduto o eventuale. Il momento a cui fare riferimento per valutare l’anteriorità del credito è quello dell’accreditamento a favore del garantito, non quello dell’effettivo prelievo.

Chi deve provare che, nonostante l’atto dispositivo, il patrimonio del debitore è ancora sufficiente a pagare i debiti?
L’onere di provare l’insussistenza del rischio per il creditore, in ragione di ampie residualità patrimoniali, incombe sul debitore convenuto in revocatoria. Non spetta al creditore dimostrare l’incapienza del patrimonio residuo.

La semplice trasformazione di un bene immobile in quote di una società è sufficiente a costituire un pregiudizio per il creditore?
Sì. Secondo la Corte, il pregiudizio si realizza anche quando l’atto dispositivo determina una variazione solo qualitativa del patrimonio, se essa rende più difficile la soddisfazione dei creditori. Il conferimento di un immobile in una società, sostituendolo con quote sociali, è considerato un atto che rende più incerta la riscossione del credito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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