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Amministratore non operativo e inadempimento dei delegati

Ne consegue che, in caso d’inadempimento (o d’incompleto o inesatto o intempestivo adempimento) a tale dovere, l’amministratore privo di delega che, pur a fronte di segnali di allarme, come la mancata trasmissione di qualsivoglia informazione dovuta nel periodo considerato (e cioè, quanto meno, nel termine minimo di sei mesi previsto dall’art.

L’amministratore non operativo di una società di capitali che abbia conosciuto (o avrebbe dovuto diligentemente conoscere) un fatto pregiudizievole che abbia compiuto o stia per compiere l’amministratore delegato nell’esercizio delle prerogative gestorie allo stesso attribuite (nel caso esaminato, gli “indebiti prelievi” operati da XXX dal conto corrente bancario intestato alla società poi fallita), ha il dovere giuridico di fare, secondo la diligenza professionale cui è tenuto, tutto quanto è possibile per impedirne il compimento o, se già compiuto, di evitarne o attenuarne, anche solo in parte, le conseguenze dannose.

La Suprema Corte ha ritenuto che, tanto nella società per azioni, quanto nella società a responsabilità limitata, “gli elementi costitutivi della fattispecie integrante la responsabilità solidale degli amministratori non esecutivi sono, sotto il profilo oggettivo, la condotta d’inerzia, il fatto pregiudizievole antidoveroso altrui ed il nesso causale tra i medesimi, e, sotto il profilo soggettivo, almeno la colpa“, la quale, a sua volta, “può consistere”, a seconda dei casi, “o nell’inadeguata conoscenza del fatto di altri” “il quale in concreto abbia cagionato il danno”, o, più radicalmente, “nella colposa ignoranza del fatto altrui, per non avere adeguatamente rilevato i segnali d’allarme dell’altrui illecita condotta, percepibili con la diligenza della carica”, ovvero “nell’inerzia colpevole, per non essersi utilmente attivato al fine di scongiurare l’evento evitabile con l’uso della diligenza predetta” (Cass. n. 2038 del 2018).

L’amministratore delegante, pertanto, tutte le volte in cui abbia rilevato (o avrebbe dovuto diligentemente rilevare) l’insufficienza, l’incompletezza o l’inaffidabilità delle relazioni informative che gli amministratori delegati hanno (come nel caso in esame) il dovere di trasmettergli e, più in generale, quando abbia percepito (o avrebbe dovuto diligentemente percepire) la sussistenza di una qualsivoglia circostanza idonea ad evidenziare la sussistenza di un fatto illecito già compiuto o in itinere (i cd. “segnali di allarme”), a partire dalla mancata trasmissione di qualsivoglia informazione ancorché richiesta o comunque imposta (dalla legge, dallo statuto o, come nella specie, da una delibera consiliare), ha il potere (e, quindi, il dovere) di attivarsi per chiedere agli amministratori delegati di fornire le informazioni dagli stessi dovute; e ciò senza poter, in mancanza, invocare a propria discolpa il fatto che le informazioni fornite dagli organi delegati siano state lacunose o insufficienti o, come nel caso in esame, siano state addirittura omesse del tutto, e di avere, per l’effetto, ignorato il fatto o i fatti pregiudizievoli che gli stessi avevano compiuto o stavano per compiere.

Il dovere di agire in modo informato e il corrispondente diritto individuale di chiedere informazioni escludono, in effetti, che i componenti del consiglio di amministrazione siano autorizzati ad assumere un atteggiamento, per così dire, “inerte” e possano, dunque, limitarsi semplicemente ad attendere la trasmissione delle informazioni gestorie da parte degli organi delegati e a verificare il relativo contenuto solo se e nella misura in cui tali informazioni siano state effettivamente fornite, avendo, piuttosto, proprio in virtù di quel dovere, l’obbligo (da esercitarsi, a seconda dei casi e delle reazioni, sia in forma individuale, sia in forma collegiale) di sindacare la tempestività delle informazioni eventualmente ricevute e di verificarne la completezza e l’attendibilità e, in difetto, di attivarsi, con la diligenza imposta dalla natura della carica (e cioè quanto meno la diligenza professionale richiesta dall’art. 1176, comma 2°, c.c.), per ottenere le informazioni mancanti e, se del caso, di adottare o proporre i rimedi giuridici più adeguati alla situazione, come la revoca della delega gestoria o dell’amministratore delegato, l’avocazione al consiglio del compimento delle operazioni rientranti nella delega, la proposizione nei confronti dello stesso e dei relativi atti delle necessarie iniziative giudiziali anche a carattere cautelare ed altre misure reattive idonee a costituire o ripristinare almeno un quadro informativo sufficientemente aggiornato alla effettiva gestione.

Ne consegue che, in caso d’inadempimento (o d’incompleto o inesatto o intempestivo adempimento) a tale dovere, l’amministratore privo di delega che, pur a fronte di segnali di allarme, come la mancata trasmissione di qualsivoglia informazione dovuta nel periodo considerato (e cioè, quanto meno, nel termine minimo di sei mesi previsto dall’art. 2381, comma 5°, c.c.), abbia per negligenza trascurato di chiedere ulteriori o più dettagliate informazioni ai delegati o che, prima ancora, abbia omesso di denunciare l’inadempimento degli amministratori delegati al dovere di fornire le relazioni informative periodicamente dovute, risponde, in solido con chi l’ha compiuto, dei danni arrecati alla società ed ai suoi creditori dall’atto illecito (dallo stesso, per l’effetto, colpevolmente ignorato) commesso dall’amministratore delegato nell’esercizio delle prerogative gestorie conferitegli (come la stipulazione del mutuo e la distrazione delle relative somme).

Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, Ordinanza n. 10739 del 22 aprile 2024

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