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Divisione giudiziale, conseguire in natura parte dei beni

Divisione giudiziale, ciascun condividente ha il diritto di conseguire in natura la parte dei beni a lui spettanti.

Pubblicato il 28 December 2022 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

TRIBUNALE DI COSENZA
Seconda Sezione Civile
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Cosenza, seconda sezione civile, in composizione monocratica, nella persona del giudice, dott.ssa, ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 2142/2022 pubblicata il 19/12/2022

nella causa civile iscritta al n. 3147 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell’anno 2020 e vertente

TRA

XXX

– ATTRICE –

E

YYY

– CONVENUTO –

OGGETTO: scioglimento di comunione.

CONCLUSIONI

All’udienza del 19 settembre 2022, svoltasi con contraddittorio cartolare, le parti chiedevano che la causa fosse decisa sulle seguenti conclusioni:

Per l’attrice (conclusioni rassegnate nelle note di trattazione scritta depositate in vista dell’udienza di cui all’art. 189 cpc): “Il sottoscritto avvocato, preliminarmente insiste in tutte le richieste istruttorie formulate nell’atto introduttivo e nelle memorie di cui all’art 183 cpc. e sulle quali codesto Giudice si è riservato di decidere all’esito della CTU , le quali sono utili e necessarie ai fini dell’accertamento e della prova in ordine alla domanda di risarcimento danni formulata da parte attrice relativamente al mancato utilizzo degli immobili ed alla mancata percezione dei frutti. Nel merito si riporta all’atto di citazione le cui conclusioni devono ivi intendersi riportate e trascritte”;

Per il convenuto (conclusioni rassegnate nelle note di trattazione scritta depositate in vista dell’udienza di cui all’art. 189 cpc): “IN VIA PRELIMINARE: ► disattendere e respingere le reiterate istanze istruttorie di “riconvocazione a chiarimenti” del Ctu Ing. *** ovvero di “rinnovazione della Ctu”, genericamente formulate dall’attrice Sig.ra XXX e strumentalmente sottese alle infondate sue contestazioni riguardo alla “non comoda divisibilità” dell’immobile in comunione accertata dal Ctu; ► disattendere e respingere la irrituale ed inammissibile “istanza istruttoria” di ulteriori accertamenti tecnici per la “…quantificazione dei frutti che avrebbe potuto percepire l’istante onde quantificare il danno subito derivato dal mancato utilizzo del bene…” che la Difesa dell’attrice Sig.ra XXX ha reiterato nelle sue “Note di trattazione scritta dell’udienza del 14/02/2022” e nel verbale dell’udienza del 04/04/2022; ► riconoscere e dichiarare tardive ed inammissibili le contestazioni e l’eccezione di prescrizione, per la prima volta sollevate dall’attrice Sig.ra XXX nella sua “Memoria ex art.183 co.6 n°2 Cpc” del 04/03/2021, nel contempo ritenendo – ex art.115 C.p.c. – come non contestate e dunque provate tutte quelle spese che il convenuto Sig. YYY ha sostenuto in via esclusiva per l’immobile medesimo successivamente alla separazione consensuale dei coniugi ed al conseguente “scioglimento della comunione legale” avvenuto in data 16/03/2000;

NEL MERITO: ► accogliere la comune domanda di scioglimento della comunione sull’immobile censito in catasto fabbricati del Comune di Luzzi (Cs) al “foglio di mappa n° – p.lle n° e ” in atti specificato; ► riconoscere e dichiarare la “non comoda divisibilità” dell’immobile in comunione tra le parti, censito in catasto fabbricati del Comune di Luzzi (Cs) al “foglio di mappa n° – p.lle n° e ”, per come accertata e riconosciuta dal Ctu Ing. con accertamenti e valutazioni tecniche certamente corrette ed esaustive, ineccepibili sotto tutti i profili; ► in conseguenza, disporre l’attribuzione per intero in proprietà esclusiva al Sig.YYY dell’immobile in comunione tra le parti, censito in catasto fabbricati del comune di Luzzi (Cs) al “foglio di mappa n° – p.lle n° e ” che lo abita e ne ha fatto espressa e tempestiva richiesta, previo pagamento in favore della comproprietaria Sig.ra XXX del conguaglio dovuto per la quota di sua spettanza, nel contempo ordinando al Dirigente/Responsabile pro-tempore dell’Ufficio del Catasto di Cosenza ed al Conservatore pro-tempore dei RR.II. di Cosenza di provvedere, in virtù dell’emananda Sentenza, a tutte le indispensabili annotazioni, trascrizioni, volture e formalità prescritte dalla legge, con esonero da ogni responsabilità al riguardo; ► riconoscere e dichiarare che successivamente alla separazione consensuale del 16/03/2000 ed alla conseguente cessazione degli obblighi e dei doveri di solidarietà morale e materiale tra i coniugi, il Sig.YYY ha provveduto in via esclusiva a pagamenti in favore dell’immobile in comunione per complessivi € 47.052,89 e che, pertanto, vanta una creditoria pro-quota pari ad € 23.526,44 (esborsi € 47.052,89 :2 = € 23.526,44) nei confronti della condividente Sig.ra XXX; ► riconoscere e disporre, in accoglimento della domanda di ripetizione avanzata dal Sig.YYY, che la predetta creditoria pro-quota di € 23.526,44 dev’essere compensata/detratta dalla quota di € 47.470,00 (50% del valore stimato dell’immobile) spettante alla condividente Sig.ra XXX, nel contempo quantificando il conguaglio effettivamente dovuto dal Sig.YYY all’attrice in complessivi € 23.943,56 (quota immibile 50% € 47.470,00 – creditoria 50% € 23.526,44 = € 23.943,56) oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla maturazione di ciascun credito, ovvero in quella maggiore/minore somma che si dovesse ritenere di giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria; ► disattendere e respingere la domanda risarcitoria proposta dall’attrice Sig.ra XXX per i danni che le sarebbero derivati dall’asserita “occupazione illegittima” dell’immobile comune da parte del convenuto Sig.YYY, siccome priva di fondamento fattuale e giuridico per tutti i motivi già esposti e documentati; ► in ogni caso condannare l’attrice Sig.ra XXX Rosa al pagamento delle spese e competenze tutte del giudizio”.

PREMESSO IN FATTO

Con atto di citazione ritualmente notificato alla controparte XXX, premessa l’intervenuta cessazione degli effetti civili del matrimonio con YYY, in forza di sentenza n. 1354/2015 di questo Tribunale, chiedeva accertarsi lo scioglimento della comunione esistente sull’immobile in comproprietà tra gli ex coniugi (in ***, catastalmente identificato al fg. , p.lla e ), con materiale divisione del bene e assegnazione a ciascuno dei condividenti di una porzione pari al 50% del valore. L’attrice chiedeva, altresì, condannarsi il convenuto al risarcimento del danno per l’occupazione illegittima del bene da parte del YYY e l’impedimento al comproprietario di godimento dei frutti, anche a scomputo di quanto dovuto a titolo di conguaglio nell’assegnazione dell’immobile.

Si costituiva in giudizio YYY, eccependo, in via preliminare, l’improcedibilità della domanda della XXX, per mancato esperimento di un valido tentativo di mediazione. Nel merito, il convenuto non contestava la sussistenza dei presupposti per lo scioglimento della comunione, chiedendo, tuttavia, l’assegnazione a sé del bene, con quantificazione di conguaglio in favore della comproprietaria, da cui detrarre, tuttavia, la somma di € 39.537,37, pari al 50% della complessiva creditoria di € 79.074,74 vantata dal YYY “per le spese e gli investimenti dell’immobile comune già impiegate ed ancora da impiegare”, meglio specificate nella comparsa di costituzione. Il YYY chiedeva, infine, rigettarsi la domanda risarcitoria della XXX, ritenendo la stessa infondata in fatto e in diritto.

Nel corso del giudizio aveva luogo CTU per la stima dell’immobile oggetto di contenzioso e per la valutazione della sua divisibilità in natura. All’esito, veniva redatto progetto di divisione sottoposto alla discussione delle parti. Non accettando l’attrice il predetto progetto di divisione, le parti erano invitate alla precisazione delle conclusioni e la causa era trattenuta in decisione il 19 settembre 2022, previa concessione dei termini di cui all’art. 190 cpc per il deposito di comparse conclusionali e repliche.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va disattesa, preliminarmente, l’eccezione di improcedibilità della domanda formulata dal convenuto sul presupposto del non corretto espletamento del tentativo di mediazione da parte dell’attrice, ai sensi dell’art. 5 d.lgs. 28/2010. L’attrice infatti ha documentato il regolare invito del YYY da parte dell’organismo di mediazione in relazione alla domanda oggetto del presente giudizio e l’esito negativo della mediazione medesima, per mancata comparizione del convenuto.

2. Nel merito, deve osservarsi che ai sensi dell’art. 789 cpc, se sorgono contestazioni sul progetto di divisione predisposto dall’istruttore il giudice provvede ai sensi degli artt. 187 e ss. c.p.c., provvedendo, quindi, a decidere con sentenza le contestazioni insorte. Nel caso di specie, non vi è contestazione tra le parti sulla sussistenza dei presupposti per lo scioglimento della comunione esistente sull’immobile in Luzzi catastalmente identificato al fg., p.lle e , già adibito a casa coniugale, né sulle quote di proprietà dei condividenti, pacificamente paritarie e pari al 50% per ciascuna parte.

L’immobile, infatti, rientrava nella comunione legale tra i coniugi, scioltasi per effetto della separazione personale tra i medesimi (a cui faceva seguito anche la cessazione degli effetti civili del matrimonio in forza di sentenza di questo Tribunale).

Contestata è, tuttavia, la divisibilità dell’immobile predetto, posto che la XXX ne ha chiesto la divisione in natura, sul presupposto della percorribilità di simile situazione, mentre il YYY ha chiesto l’assegnazione a sé dell’intero.

Orbene, il bene oggetto di giudizio, per come emerso dalla CTU svoltasi in corso di causa, si compone di due unità immobiliari distinte seppur adiacenti. Trattasi, in particolare, di un fabbricato a carattere residenziale – categoria catastale A/3 – censito al NCEU del Comune di Luzzi, foglio n. p.lla e di un capannone artigianale, censito al NCEU del Comune di Luzzi, foglio n. p.lla , composto a sua volta da due subalterni: il subalterno 4, che è un locale di categoria catastale C/3 (Laboratori per arti e mestieri) destinato ad attività artigianale con una superficie commerciale di circa 135 mq e il subalterno 5, che pur risultando accatastato come immobile residenziale, è in realtà un locale non abitabile in quanto privo di servizi igienici, composto unicamente da un vano e mezzo (cucina e soggiorno, con superficie commerciale di circa 31 mq) e caratterizzato da un’altezza di 2,45 mt – ossia inferiore all’altezza minima di 2,70 mt prevista per legge affinché un locale possa essere adibito ad uso abitativo. Il medesimo CTU ha riconosciuto l’assoluta indivisibilità dell’immobile principale (identificato dalla p.lla 442) e ha affermato la non percorribilità di una divisione caratterizzata dall’attribuzione ad una parte della p.lla 442 e all’altra parte della p.lla 443, stante il carattere totalmente abusivo della p.lla 442 e del sub 5 della p.lla 443, che impedirebbe la formazione di porzioni omogenee e concretamente utilizzabili tra le parti. Trattasi di valutazione che l’attrice ha contestato, ma che non può che essere recepita in questa sede, posto che in tema di divisione giudiziale, l’art. 718 c.c., in virtù del quale ciascun condividente ha il diritto di conseguire in natura la parte dei beni a lui spettanti con le modalità stabilite nei successivi artt. 726 e 727 c.c., trova deroga, ai sensi dell’art. 720 c.c., quale norma generale applicabile anche alle divisioni non ereditarie, non solo nel caso di mera “non divisibilità” in natura dei beni, ma anche in ogni ipotesi in cui gli stessi non siano “comodamente” divisibili e, cioè, allorché sia elevata la misura dei conguagli dovuti tra le quote da attribuire ovvero quando, pur risultando il frazionamento materialmente possibile sotto l’aspetto strutturale, non siano tuttavia realizzabili porzioni suscettibili di formare oggetto di autonomo e libero godimento, non compromesso da servitù, pesi o limitazioni eccessive, e non richiedenti opere complesse o di notevole costo, ovvero porzioni che, sotto l’aspetto economico-funzionale, risulterebbero sensibilmente deprezzate in proporzione al valore dell’intero (cfr. Cass. 21612/2021).

Riconosciuta la non comoda divisibilità dell’immobile oggetto di causa, nulla osta all’accoglimento della domanda del convenuto di assegnazione a sé dell’intero, posto che l’assegnazione va preferita alla vendita con riparto del ricavato in forza della regola generale di cui all’art. 720 c.c., applicabile, come detto, anche allo scioglimento di comunioni non ereditarie.

Va, pertanto, disposta l’assegnazione a YYY dell’intero immobile. Ciò impone di determinare il conguaglio in favore della comproprietaria.

Deve, quindi, osservarsi che il CTU ha stimato il valore di mercato dell’immobile, con valutazione che appare essere immune da qualsiasi censura di ordine tecnico o logico, in euro 94.940,00. A tale somma non può applicarsi la decurtazione del 15% per la mancanza di una garanzia per vizi, trattandosi di riduzione tipicamente prevista in caso di vendita forzata, quale ipotesi non ricorrente nel caso specifico (avendo, come detto, una delle parti chiesto l’assegnazione a sé dell’intero). Incidono, tuttavia, sul valore effettivo dell’immobile – dovendosi rivedere, sul punto, quanto osservato nell’ordinanza del 14.2.2022 – le ulteriori decurtazioni applicate dal CTU a fini di sanatoria e agibilità, quantificabili in complessivi euro 6.541,26 (oneri per rilascio permesso di costruire in sanatoria: € 2.941,26; Oneri per cambio di destinazione d’uso: € 1.200,00; Oneri per aggiornamento planimetria catastale: euro 400,00; oneri per certificato di agibilità: euro 2.000,00). Il valore effettivo dell’immobile va, quindi, stimato in euro 88.398,74 (euro 94.940,00 quale valore di mercato meno euro 6.541,26 per oneri si sanatoria e agibilità). Il conguaglio dovuto dal YYY è, pertanto, pari al 50% della predetta somma (per un totale di euro 44.199,37). Il YYY ha, tuttavia, chiesto scomputarsi dalla predetta somma l’importo di euro 39.537,37, pari al 50% della complessiva creditoria di € 79.074,74 che il convenuto ritiene di vantare per le spese e gli investimenti fatti sull’immobile, di cui la comproprietaria dovrebbe rispondere, appunto, in misura paritaria. Più precisamente, il convenuto ha quantificato il proprio credito allegando di aver provveduto, dopo la separazione e con provvista personale, al pagamento della complessiva somma di euro 41.1270,63 (€ 16.768,51 per i residui ratei mensili del “mutuo ipotecario” contratto congiuntamente alla Sig.ra XXX in data 20/10/1995 con la “Banca di credito cooperativo di Luzzi”, oggi “BCC Mediocrati”, a far data dal 16/03/2000 e sino al 31/12/2003; € 4.024,00 per parte degli “oneri concessori” previsti e dovuti per la procedura di “Condono Edilizio” presso il Comune di Luzzi tutt’ora pendente, indispensabili per ottenere il titolo edilizio autorizzativo ed il certificato di abitabilità dell’immobile; € 759,00 quale “ICI” corrisposta tra il 18/06/2007 e sino al 21/12/2010; € 19.719,12 per le spese sostenute a titolo di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché per il miglioramento, l’accrescimento ed il mantenimento dell’immobile a far data dal 03/09/2015 e sino al 31/03/2020) e ha dedotto la necessità di aggiungere alla predetta somma quella di euro 2741,26 (necessaria per ottenere il titolo edilizio autorizzativo ed il certificato di abitabilità dell’immobile), nonché quella di euro 35.062,85, quale somma ricavata dalla vendita di beni personali e investita per il pagamento, antecedentemente alla separazione, delle rate del mutuo ipotecario contratto dai coniugi in data 20.10.1995. Orbene, deve osservarsi che in tema di scioglimento della comunione legale tra coniugi, la norma dell’art. 192, terzo comma, cod. civ. attribuisce a ciascuno di essi il diritto alla restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune (ad es., quelle impiegate per la ristrutturazione di bene immobile appartenente alla comunione), e non già alla ripetizione -totale o parziale- del denaro personale e dei proventi dell’attività separata (che cadono nella comunione “de residuo” solamente per la parte non consumata al momento dello scioglimento) impiegati per l’acquisto di beni costituenti oggetto della comunione legale “ex” art. 177, primo comma lett. a), cod. civ., rispetto ai quali trova applicazione il principio inderogabile, posto dall’art. 194, primo comma, cod. civ., secondo cui, in sede di divisione, l’attivo e il passivo sono ripartiti in parti eguali indipendentemente dalla misura della partecipazione di ciascuno dei coniugi agli esborsi necessari per l’acquisto dei beni caduti in comunione (Cass. 0896/2005; Cass 19454/2012). Anche per quanto riguarda le rate di mutuo pagate dal convenuto dopo la separazione e, quindi, dopo lo scioglimento della comunione legale, deve osservarsi che in forza dell’accordo tra le parti omologato dal Tribunale (punto 8 del ricorso congiunto) la casa familiare restava assegnata al YYY, che si obbligava al pagamento “dei residui ratei di mutuo contratto per la sua edificazione”, sicché alcuna pretesa di rimborso il convenuto può avanzare in questa sede, non trattandosi di spese sostenute per la manutenzione o la conservazione della cosa comune e avendo le parti regolato liberamente i relativi oneri economici nell’ambito del loro rapporto negoziale.

Deve osservarsi, altresì, quanto alla domanda di rimborso pro-quota delle somme pagato a titolo di ICI, che quest’ultima è tassa sul possesso e il possesso del bene, successivamente alla separazione, è sempre stato in capo al convenuto, sulla base delle stesse deduzioni delle parti. Quanto, infine, alle spese per l’ottenimento del titolo abilitativo edilizio, deve osservarsi che di esse si è tenuto conto nella determinazione del valore effettivo dell’immobile, sicché alcuna posta ulteriore può riconoscersi in favore del convenuto a tale titolo (venendo la relativa pretesa assorbita nella determinazione del valore del bene e quindi dell’ammontare del conguaglio dovuto al comproprietario). Esaminabile nel merito, pertanto, astrattamente appare la sola domanda di ripetizione proquota delle somme sostenute dal convenuto per ristrutturazione e manutenzione ordinaria e straordinaria. Rispetto a tale domanda, tuttavia, a modifica di quanto osservato nell’ordinanza del 14.2.2022, deve osservarsi che lo stesso convenuto colloca temporalmente gli esborsi tra il 2015 e il 2020, in epoca, quindi, in cui la comunione legale dei coniugi era già sciolta (in presenza, infatti, di separazione personale, la comunione legale, ai sensi dell’art. 191 c.c., si scioglie nel momento in cui il Presidente del Tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, cosa nel caso di specie avvenuta all’udienza presidenziale del 16 marzo 2000). A seguito, quindi, di scioglimento della comunione, sono divenute applicabili le norme sulla comunione ordinaria, in forza delle quali (art. 1110 c.c.), escluso ogni rilievo dell’urgenza o meno dei lavori, il comunista che, in caso di trascuranza degli altri compartecipi o dell’amministratore, abbia sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso. Il condividente, quindi, a fini di rimborso, deve dimostrare di aver precedentemente interpellato o, quantomeno, preventivamente avvertito gli altri partecipanti alla comunione, sicché solo in caso di inattività di questi ultimi egli può procedere agli esborsi e pretenderne il rimborso, pur in mancanza della prestazione del consenso da parte degli interpellati, incombendo comunque su di lui l’onere della prova sia della suddetta inerzia che della necessità dei lavori; ciò a differenza di quanto previsto in tema di condominio di edifici, ove il rimborso delle spese sostenute per la conservazione della cosa comune è condizionato al più stringente presupposto dell’urgenza, tenuto conto che i beni predetti rappresentano utilità strumentali al godimento dei beni individuali, sicché la legge regolamenta con maggior rigore la possibilità che il singolo possa interferire nella loro amministrazione (Cass. 5465/2022). Non essendo stata, pertanto, offerta la prova del previo interpello della comproprietaria da parte del YYY (quale circostanza neppure allegata dal convenuto), va disattesa anche la domanda diretta al riconoscimento di tale posta creditoria.

Inaccoglibile appare, altresì, la domanda di risarcimento del danno formulata dalla XXX. Quest’ultima si fonda, infatti, sull’asserita illegittimità dell’occupazione del bene da parte del YYY – difettando nella sentenza di divorzio una pronuncia di assegnazione del bene all’odierno convenuto, a differenza di quanto avvenuto in sede di separazione – ma non può parlarsi, contrariamente a quanto sostenuto dall’attrice, di occupazione “sine titulo”, essendo il YYY, al pari della stessa XXX, proprietario del bene (al di là di un provvedimento di assegnazione del Tribunale, suscettibile di incidere sul godimento ma non sulla proprietà). Né risulta, ai fini di una ritenuta violazione dell’art. 1102 c.c., che la XXX abbia manifestato la volontà di fare a sua volta uso dell’immobile già adibito a casa coniugale incontrando un diniego o un rifiuto da parte dell’ex coniuge (anche con le istanze istruttorie contenute nella memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 cpc, infatti, la XXX ha mirato a dimostrare unicamente l’uso esclusivo del bene da parte del YYY successivamente alla sentenza di divorzio, quale circostanza che, tuttavia, in sé non è idonea a produrre un pregiudizio in danno degli altri comproprietari, qualora questi ultimi non abbiano manifestato l’intenzione di utilizzare il bene in maniera diretta e non sia stato loro concesso: Cass. 2423/2015). La XXX, invero, ha documentato di avere intrapreso, successivamente alla sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, giudizio per l’assegnazione a sé della casa coniugale, in ragione della convivenza con la figlia *** e del venir meno della convivenza dell’ex coniuge con l’altro figlio *** (domanda rigettata dal Tribunale, al pari di quella riconvenzionale proposta in quella sede dal YYY), ma trattasi di profili, ad avviso di questo giudice, distinti e non sovrapponibili.

L’assegnazione ad uno dei coniugi dell’immobile adibito a casa coniugale da parte del Tribunale risponde, infatti, in via esclusiva ad esigenze di tutela dei figli (minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti) e in alcun modo può attenere al rapporto tra i coniugi e alle modalità di esercizio del diritto di proprietà comune. Né risulta che il YYY abbia goduto di frutti del bene non corrisposti alla comproprietaria, avendone pacificamente goduto il convenuto per fini esclusivamente personali.

Il conguaglio in favore dell’attrice va, pertanto – e disattesa ogni altra domanda – fissato nella misura di euro 44.199,37, quale somma garantita da ipoteca legale ai sensi dell’art. 2834 c.c..

3. Le spese di lite, in ragione della particolare natura della controversia e del carattere potestativo del diritto di ciascun comproprietario alla divisione di immobili in comunione, vengono compensate tra le parti. Le spese di CTU, come liquidate con decreto del 14.2.2022, vengono definitivamente poste a carico delle parti in misura di metà ciascuna, dovendosi intendere a carico dell’erario la quota dovuta dalla XXX, ammessa al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

Il Tribunale di Cosenza, seconda sezione civile, definitivamente pronunciando nel giudizio in epigrafe, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattese, così provvede:

1. rigetta l’eccezione di improcedibilità della domanda formulata dal convenuto;

2. dichiara cessato il regime patrimoniale di comunione dei beni tra XXX e

YYY a far data dal 16 marzo 2000;

3. dichiara sciolta la comunione ordinaria tra XXX e YYY rispetto alla proprietà dell’immobile in Luzzi catastalmente identificato al fg. , p.lle e ;

4. dispone l’assegnazione a YYY dell’immobile predetto, riconosciutane la non comoda divisibilità, ponendo a carico del medesimo YYY l’obbligo di corrispondere a XXX, a titolo di conguaglio, la somma di euro 44.199,37, quale somma garantita da ipoteca legale ai sensi dell’art. 2834 c.c.;

5. rigetta le ulteriori domande delle parti, non assorbite nelle statuizioni di cui sopra; 6. dichiara integralmente compensate tra le parti le spese e competenze di lite;

7. pone le spese di CTU, come liquidate con decreto del 14.2.2022, definitivamente a carico delle parti in misura di metà ciascuna, dovendosi intendere posta a carico dell’erario la quota riguardante XXX, ammessa al patrocinio a spese dello Stato;

8. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza. Cosenza, 19/12/2022

Il giudice dott.ssa

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