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Conferimento dell’incarico, corrispondenza email e fax

Il conferimento dell’incarico può ritenersi dimostrato anche sulla base della sola corrispondenza email e fax poiché il rapporto si presume sempre a titolo oneroso

Pubblicato il 29 November 2019 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Salerno, seconda sezione civile, nella persona del giudice onorario, pronunzia la seguente

SENTENZA n. 3821/2019 pubblicata il 28/11/2019

nella causa iscritta al N. R.G. dell’anno 2009

TRA

XXX srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv., e presso la stessa elettivamente domiciliata in, come da procura in atti,

– ATTRICE

E

YYY, rappresentato e difeso dall’Avv., e presso lo stesso elettivamente domiciliato in,

-CONVENUTO

OGGETTO: Responsabilità da prestazione professionale.

Conclusioni come in atti come richiamate nello svolgimento del processo.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato, la società XXX srl proponeva il presente giudizio di responsabilità professionale nei confronti del convenuto esponendo che: essa attrice esercitava l’attività di commercializzazione di prodotti informatici; che nel periodo dal gennaio 1997 al gennaio 2006 il convenuto aveva svolto l’incarico di consulente del lavorio per essa azienda; che in data 05/6/2003 a seguito di una ispezione della Guardia di Finanza si accertava che il dipendente *** risultava irregolare; deduceva che il convenuto, benché incaricato espressamente, non aveva provveduto ad adempiere alla regolarizzazione di detta assunzione; che per tale motivo gli veniva comminata una sanzione pecuniaria di Euro 3.798,50; eccepiva, altresì, che il convenuto aveva trattenuto presso di sé libri sociali che, invece, dovevano essere depositati presso la sede della società; infine, che il Dott. YYY- con grave negligenza- aveva omesso di richiedere, per essa attrice, e per il periodo 1997-2006, l’applicazione della aliquota ridotta CUAF, arrecandole un danno quantificato in Euro 10.608,09, come maggiori somme versate.

Si è costituito tempestivamente in giudizio il dott. YYY, eccependo la nullità dell’atto di citazione per assoluta indeterminatezza dell’oggetto della domanda e per carenza nell’esposizione dei fatti addebitati. Si è tuttavia poi difeso nel merito, rappresentando di aver bene e con diligenza espletato la prestazione professionale.

La causa è stata istruita con la documentazione allegata e con la prova orale espletata. Indi, fatte precisare le conclusioni, è stata assegnata a sentenza con i termini di cui al’art. 190 c.p.c.

La domanda è parzialmente fondata, provata e come tale va accolta.

1. Va, in limine, rilevato come l’atto di citazione, contenente la domanda risarcitoria, appare rispondente ai criteri legali di cui all’art 163 c.p.c., contenendo la esposizione dei fatti (omesso espletamento delle attività professionali demandate) e degli elementi di diritto (responsabilità professionale -causa petendi-, e risarcimento del danno –petium-) sui quali si fonda la pretesa risarcitoria.

2. Con riferimento all’an della domanda, il rapporto di prestazione d’opera professionale richiede sempre il conferimento di un incarico. Tale incarico può essere conferito in qualsiasi forma purché si tratti di una forma comunque idonea a manifestare, in modo inequivoco, la volontà del cliente di avvalersi dell’attività e dell’opera del professionista, tant’è che, in assenza di mandato scritto, il conferimento dell’incarico può ritenersi dimostrato anche sulla base della sola corrispondenza email e fax, poiché il rapporto di prestazione d’opera professionale si presume sempre a titolo oneroso anche se non specificato dalle parti (Cass. Sez. 2 -, Sentenza n. 1792 del 24/01/2017).

Applicando i suesposti principi alla fattispecie in esame, deve ritenersi pacifico -perché documentato e non fatto oggetto di specifica contestazione tra le parti- che il Dott. YYY abbia ricevuto formale incarico dalla società attrice di consulente del lavoro.

Orbene, dal momento del conferimento dell’incarico si instaura tra il professionista ed il cliente un rapporto che attribuisce al creditore (cliente) la pretesa di esigere lo svolgimento della specifica attività oggetto del contratto. Da ciò deriva che, in termini più generali, il consulente ha nei confronti del proprio cliente una responsabilità di natura contrattuale che implica, in caso di inadempimento, l’obbligo da parte del consulente di risarcire i danni subìti dal cliente.

In base al combinato disposto dell’art. 2222 c.c. con l’art. 2230 c.c., si ricava la definizione di “prestazione professionale” che è il contratto che ha ad oggetto una prestazione di natura intellettuale con cui una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente.

Alla luce di ciò, quindi, ove il professionista, nello svolgimento della attività, non ponga la diligenza media, la sua responsabilità verso il cliente è disciplinata dai principi della responsabilità contrattuale. Perciò il professionista risponde, oltre che per il dolo, anche per colpa lieve.

L’art. 2236 c.c. precisa: “se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave”. Per quanto attiene al senso della citata disposizione, va evidenziato che essa deve essere letta in rapporto con l’art. 1176, secondo comma, c.c.. Nel senso che, ogni volta, il giudice dovrà innanzitutto verificare il rispetto della prudenza e diligenza (1176, comma 2 c.c.) e, poi – tenendo conto dei problemi tecnici affrontati dal professionista nella fattispecie concreta -, in caso di “speciale difficoltà” provata, appurare l’esistenza di dolo o colpa grave.

Da quanto sopra, quindi, si ricava che quei comportamenti improntati ad incuria o imprudenza sono, comunque, fonte di responsabilità per il professionista.

Per quanto riguarda l’ambito del danno risarcibile, se il professionista (inadempiente) ha agito con dolo, egli risponde tanto dei danni prevedibili quanto dei danni non prevedibili; se, invece, l’inadempimento è stato colposo, il professionista è tenuto a risarcire solo i danni che potevano prevedersi al momento nel quale è sorta l’obbligazione (art. 1225 c.c.).

Nel caso, della responsabilità professionale – che è fondata su una maggiore rilevanza dell’elemento soggettivo – la posizione del creditore (alias cliente) è più onerosa giacché questi, oltre a provare gli elementi ‘ordinari’ sopra descritti, deve dare la prova anche della negligenza del debitore (alias professionista). Il professionista, dal canto suo, potrà contestare la richiesta del cliente provando la sussistenza delle particolari difficoltà tecniche ex art. 2236 c.c. che non gli hanno consentito – malgrado la scrupolosa attenzione – di adempiere in modo perfetto la propria obbligazione.

2. Dall’applicazione dei principi sopra enunciati in tema di responsabilità professionale, al caso di specie, si deve dedurre la fondatezza della domanda entro i limiti di cui appresso.

Ed invero, parte attrice ha dato prova dell’incarico e di quale fosse la particolare prestazione richiesta, ma anche dell’inadempimento che è imputabile unicamente al convenuto. Quest’ultimo nulla ha provato circa l’impossibilità di portare a termine l’incarico o che lo stesso comportasse particolari ed insuperabili difficoltà tecniche.

In vero, dalla istruttoria espletata è emerso, inconfutabilmente, che il convenuto- quale consulente del lavoro della società attrice-, avrebbe dovuto provvedere alla regolarizzazione amministrativa delle nuove assunzioni di dipendenti.

In particolare, dalla prova orale si rileva che il convenuto a cui era stata consegnata tutta la documentazione necessaria per procedere alla regolarizzazione dell’assunzione del dipendente ***, non vi abbia provveduto (v. testi).

In vero, il teste *** ha dichiarato di aver personalmente consegnato al convenuto tutta la documentazione per procedere alla regolarizzazione amministrativa dell’assunzione. E la teste *** ha precisato di essere stata rassicurata, telefonicamente, dallo stesso dott.  YYY della consegna dei documenti per procedere all’assunzione.

Sicché, sussiste la responsabilità del professionista convenuto nel non aver adempiuto all’obbligazione richiesta e per cui si era impegnato.

Né sul punto il convenuto ha fornito idonea prova contraria. In vero, la prova per testi articolata dal convenuto non è sufficiente a dimostrare che l’incarico non fosse stato conferito al convenuto; invero, la dichiarazioni dei testi generiche ed imprecise non riescono a superare la concretezza della prova documentale ed orale fornita da parte attrice.

Per tale inadempienza la società attrice ha subito un danno quantificato in Euro 3.803,66 (v. mod. F24, all.7-8 produzione parte attrice).

3. Per la somma, pure richiesta, di Euro 3.262,81 e relativa alla sanzione irrogata per il mancato rinvenimento nell’azienda- da parte della Guardia di Finanza- dei registri “libro paga e libro matricola, nonché registro infortuni”, si deve precisare che: “Il rispetto dell’obbligo del datore di lavoro di cui all’art 21 del D.P.R. n. 1124 del 1965 – che prescrive che i libri paga e matricola siano tenuti nel luogo di lavoro e che dallo stesso non possano essere rimossi – è finalizzato ad assicurare la contestuale corrispondenza delle scritturazioni alla realtà aziendale, nonché la permanente disponibilità della documentazione al controllo ispettivo; ne consegue che la tenuta dei libri paga e matricola da parte del datore presso il consulente del lavoro, ai sensi dell’art. 5 della L. n.12/1979, non fa venir meno l’obbligo di tenere presso il luogo di lavoro una copia dei libri medesimi. (Cass. civ. Sez. Lavoro n. 14959/2009).

Ne discende, pertanto, che l’azienda attrice aveva l’obbligo di tenere copia dei detti registri da richiedere al consulente. Ma di tanto, e dell’eventuale negligenza, sul punto, del convenuto (richiesta delle copie ed omesso invio da parte del convenuto), non è stata fornita alcuna prova.

4. Del pari, va rigettata la domanda riguardante il presunto maggior versamento di somme- quali contributo per assegni familiari– per la mancata richiesta dell’aliquota CUAF.

Infatti, va ricordato come l’art. 1, comma 203, della legge n. 662 del 1996, nel parificare i soci di società a responsabilità limitata ai commercianti– ai fini di godere della riduzione in oggetto (CUAF)- fa salva, tuttavia, la necessità che “la maggioranza dei soci sia iscritta negli elenchi nominativi della gestione speciale dei commercianti, in qualità di titolare.”

Tale prova non è stata fornita dall’attrice, su di cui incombeva l’onere ex art. 2697 c.c., per cui sembra mancare proprio il requisito soggettivo richiesto dalla legge per poter usufruire della ridotta aliquota.

Ne consegue che la domanda attorea va accolta così come formulata nei limiti della somma Euro 3.803,66 (oltre interessi dalla data del versamento, 16/01/2009), ciò in quanto la mancata regolarizzazione del dipendente è stata conseguenza diretta di una negligenza del convenuto.

Nessun altra voce di danno può essere riconosciuta in assenza di specifica prova.

5. Le spese del giudizio vanno poste a carico del convenuto e vengono liquidate come in dispositivo a norma del D.M. n.37/2018, tenuto conto dell’attività difensiva espletata, ivi compreso il criterio ai fini della liquidazione della somma attribuita alla parte vincitrice anziché della somma domandata (Cass. Civ., Sez. III, 30 novembre 2011, n 25553), e con attribuzione.

P.Q.M.

Il Tribunale di Salerno – seconda sezione civile -definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da XXX srl, in persona del legale rappresentante p.t. nei confronti di YYY, ogni altra domanda o eccezione rigettata, così provvede:

– accoglie parzialmente la domanda e per l’effetto condanna YYY al pagamento in favore dell’attrice della somma di Euro 3.803,66, oltre interessi legali dal 16/01/2009 al saldo;

– condanna il convenuto YYY al pagamento delle spese di lite in favore della società attrice che liquida in complessive Euro 2.990,00, di cui Euro 190,00 per spese, oltre la maggiorazione del 15% per spese generali, IVA e CNPAI come per legge, con attribuzione all’Avv. , per dichiarato anticipo.

Così deciso in Salerno, lì 28/11/2019.

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