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Verifica del limite di fallibilità, conto economico

Il legislatore della riforma fallimentare, nella previsione del requisito di cui alla lett. Per ragioni di completezza, si deve rilevare che anche la voce sub n. 4), incrementi di immobilizzazioni per lavori interni, non può essere ricompresa nei ricavi, valutabili ex art.

Pubblicato il 19 February 2015 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile

Il legislatore della riforma fallimentare, nella previsione del requisito di cui alla lett. b) dell’art. 1 l.f., deve ritenersi abbia fatto riferimento allo schema obbligatorio del conto economico, di cui all’art. 2425, e, in particolare, al suo primo raggruppamento, sub lett. a). Detto raggruppamento, oltre alle voci che rappresentano veri e propri ricavi (voci sub nn. 1 e 5), prevede altre voci, tra cui, sub 2, variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti.

Ciò posto, partendo dal rilievo di base, che il legislatore, nel riferirsi ai ricavi, non può che avere considerato gli stessi in senso tecnico, non potendosi ragionevolmente presumersi il contrario, deve ritenersi di piena evidenza il riferimento ai ricavi delle vendite e delle prestazioni sub 1, ed altresì la ricomprensione della voce sub n. 5, altri ricavi e proventi, per l’assimilazione della seconda voce alla prima, trattandosi di componenti positive, quali ricavi accessori, dividendi, royalties, canoni attivi, sempre generati dall’attività d’impresa.

Non possono invece sommarsi le voci sub 2, variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti, e sub n. 3, variazioni dei lavori in corso su ordinazione, che non possono essere considerate ricavi, nemmeno concettualmente assimilabili alla più ampia nozione di proventi, ma, come rilevato da attenta dottrina, rappresentano invece costi comuni a più esercizi, che vengono sospesi in conformità al principio di competenza economica, ex art. 2423 bis c.c., per essere rinviati ai successivi esercizi, in cui conseguiranno i correlativi ricavi; e la variazione delle rimanenze determina la differenza dei costi sospesi alla fine dei due esercizi consecutivi.

E’ stato altresì chiarito da autorevole dottrina che la logica valutativa delle rimanenze e dei lavori in corso trova il suo fondamento nel rappresentare la corretta correlazione tra costi e ricavi, si da non penalizzare economicamente l’esercizio in cui sono stati sostenuti i costi di acquisizione e/o produzione, a fronte di quelli in cui vengono realizzati i correlativi ricavi.

Per ragioni di completezza, si deve rilevare che anche la voce sub n. 4), incrementi di immobilizzazioni per lavori interni, non può essere ricompresa nei ricavi, valutabili ex art. 1, lett. b) l.f., non partecipando della natura propria di questi; va infine rilevato che, dalla presente disamina, esula la valutazione della potenzialità economica di impresa avente ad oggetto attività finanziaria, ai fini della valutazione del requisito di non fallibilità.

Ciò posto, ai fini della verifica del limite di fallibilità di cui all’art. 1, lett.b, Legge Fallimentare, nei ricavi lordi vanno ricomprese le voci di cui all’art. 2425, lett. A), nn. 1 e 5, con esclusione delle voci da 2 a 4, e quindi, nello specifico, delle variazioni delle rimanenze.

Cassazione Civile, Sezione Prima, Sentenza 27 dicembre 2013, n. 28667

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