fbpx
Generic filters
Parola esatta ...
Cerca nei titolo
Search in excerpt
Filtra per categoria
Codice Civile
Codice Penale

La responsabilità dei sindaci nelle società di capitali

Sulla funzione di controllo Nelle società di capitali, in generale, l’obbligo di controllo accomuna una pluralità di soggetti ed organi, quali gli amministratori non esecutivi e gli amministratori indipendenti, i sindaci, i revisori, il comitato per il controllo interno, l’organismo di vigilanza di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2001 e il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari nelle società quotate di cui all’articolo 154-bis t. u. f. . articolo 146, l’onere di provare l’assenza di colpa grava sull’organo sociale, trattandosi di responsabilità per i danni cagionati anzitutto alla società, che la procedura fa in tal modo valere.

Pubblicato il 14 November 2021 in Diritto Societario, Giurisprudenza Civile

Sulla funzione di controllo

Nelle società di capitali, in generale, l’obbligo di controllo accomuna una pluralità di soggetti ed organi, quali gli amministratori non esecutivi e gli amministratori indipendenti, i sindaci, i revisori, il comitato per il controllo interno, l’organismo di vigilanza di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2001 e il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari nelle società quotate di cui all’articolo 154-bis t.u.f..

Si parla dunque di un sistema composito, il cui fine è di ottenere, grazie all’eterogeneità dei controlli, una garanzia rafforzata dell’osservanza delle regole di corretta amministrazione; scopo ultimo, la stessa diffusione della cultura di legalità imprenditoriale; e la particolare conformazione della struttura societaria induce a doveri tanto piu’ intensi, come quando la società sia parte di un gruppo o si tratti di società a ristretta base familiare, soggetta perciò ad influenze esterne anche pregiudizievoli (cfr., in tal senso, Cass. 29 dicembre 2017, n. 31204).

La responsabilità omissiva del soggetto tenuto, per funzione, ad esercitare un controllo sull’agire di altri è per fatto proprio colpevole: espunta invero ormai anche dal diritto civile la responsabilità oggettiva, la responsabilità per fatto altrui o quella da mera “posizione”, si dovrà sempre riscontrare la condotta almeno colposa e il nesso causale col danno, dunque con responsabilità per fatto e colpa propri.

La condotta

Sotto il profilo della condotta, il sistema configura dunque una duplice responsabilità in capo ai sindaci, potendo essi rispondere per fatto esclusivamente proprio, oppure per concorso omissivo con la condotta degli amministratori, atteggiandosi la loro responsabilità nei confronti della società o di altri soggetti secondo le relative disposizioni, pure per essi richiamate, degli articoli 23932395 c.c., alla stregua dell’articolo 2407 c.c..

Come in tutti i casi di concorso omissivo nel fatto illecito altrui, ai fini del giudizio di responsabilità occorre, anzitutto, l’accertamento degli elementi costitutivi oggettivi della fattispecie: ovvero, la condotta, consistente nell’inerzia; l’evento, quale fatto pregiudizievole ed antidoveroso altrui; il nesso causale, mediante il cd. giudizio controfattuale, allorché l’attivazione avrebbe potuto impedire l’evento, anche con riguardo alla sua protrazione, reiterazione o aggravamento.

I doveri di controllo imposti ai sindaci ex articoli 2403 c.c. e ss. sono configurati con particolare ampiezza, estendendosi a tutta l’attività sociale, in funzione della tutela non solo dell’interesse dei soci, ma anche di quello, concorrente, dei creditori sociali (Cass. 24 marzo 1999, n. 2772; 28 maggio 1998, n. 5287); né riguardano solo il mero e formale controllo sulla documentazione messa a disposizione dagli amministratori, essendo loro conferito il potere-dovere di chiedere notizie sull’andamento generale e su specifiche operazioni, quando queste possono suscitare perplessità, per le modalità delle loro scelte o della loro esecuzione.

Compito essenziale è di verificare il rispetto dei principi di corretta amministrazione, che la riforma ha esplicitato e che già in precedenza potevano ricondursi all’obbligo di vigilare sul rispetto della legge e dell’atto costitutivo, secondo la diligenza professionale ex articolo 1176 c.c.: dovere del collegio sindacale è di controllare in ogni tempo che gli amministratori compiano la scelta gestoria nel rispetto di tutte le regole che disciplinano il corretto procedimento decisionale, alla stregua delle circostanze del caso concreto.

Ad affermarne la responsabilità, la Suprema Corte (Cass. n. 18770/2019) ha reputato, pertanto, sufficiente l’inosservanza del dovere di vigilanza, allorché i sindaci non abbiano rilevato una macroscopica violazione o non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità (cfr. Cass. 13 giugno 2014, n. 13517; v. pure Cass. 13 giugno 2014, n. 13518; 14 ottobre 2013, n. 23233).

Il nesso causale

Il nesso causale va provato da chi agisce in responsabilità: l’inerzia è causa del danno, se, con ragionamento controfattuale ipotetico, l’attivazione lo avrebbe ragionevolmente evitato.

Come è tipico dei fatti illeciti omissivi, occorre, al fine del sorgere della responsabilità risarcitoria, che il sindaco potesse attivarsi utilmente, in quanto disponesse di poteri per contrastare l’illecito altrui.

Ma si è più volte sottolineato, anche nelle pronunce sopra richiamate, come il comportamento dei sindaci debba essere ispirato al dovere di diligenza proprio del mandatario (si faceva ivi riferimento all’articolo 2407 c.c., comma 1, nel testo previgente alla riforma del 2003) ed improntato ai principi di correttezza e buona fede: onde non si esaurisce nel mero burocratico espletamento delle attività specificamente indicate dalla legge, ma comporta l’obbligo di adottare – anzi, ricercando egli, di volta in volta, lo strumento più consono ed opportuno di reazione – ogni altro atto che sia utile e necessario perché la vigilanza sulla gestione sia effettiva e non puramente formale.

Di tali strumenti indubbiamente il sindaco dispone, secondo le norme positive.

Se è pur vero, pertanto, che il sindaco non risponde in modo automatico per ogni fatto dannoso aziendale in ragione della sua mera “posizione di garanzia”, si esige tuttavia, a fini dell’esonero dalla responsabilità, che abbia esercitato o tentato di esercitare l’intera gamma dei poteri istruttori ed impeditivi affidatigli dalla legge.

Da un lato, solo un più penetrante controllo, attuato mediante attività informative e valutative, in primis, la richiesta di informazioni o di ispezione ex articolo 2403-bis c.c. – può dare concreto contenuto all’obbligo di tutela degli essenziali interessi affidati al collegio sindacale, cui non è consentito di rimanere acriticamente legato e dipendente dalle scelte dell’amministratore, quando queste collidano con i doveri imposti dalla legge, al contrario avendo il primo il dovere di individuarle e di segnalarle ad amministratori e soci, non potendo assistere nell’inerzia alle altrui condotte dannose: senza neppure potersi limitare alla richiesta di chiarimenti all’organo gestorio, ma dovendosi spingere a pretendere dal medesimo le cd. azioni correttive necessarie.

Dall’altro lato, il sindaco dovrà fare ricorso agli altri strumenti previsti dall’ordinamento, come i reiterati inviti a desistere dall’attività dannosa, la convocazione dell’assemblea ai sensi dell’articolo 2406 c.c. (ove omessa dagli amministratori, o per la segnalazione all’assemblea delle irregolarità di gestione riscontrate, dunque anche ex articoli 2446 e 2447 c.c.), il ricorso al tribunale per la riduzione del capitale per perdite (ai sensi di tali disposizioni), i solleciti alla revoca delle deliberazioni assembleari o sindacali illegittime, l’impugnazione delle deliberazioni viziate, il ricorso al tribunale per la nomina dei liquidatori ex articolo 2487 c.c., la denunzia al tribunale ex articolo 2409 c.c. o all’autorità giudiziaria penale, ed altre simili iniziative.

Anche la semplice minaccia di ricorrere ad un’autorità esterna può costituire deterrente, sotto il profilo psicologico, al proseguimento di attività antidoverose da parte dei delegati (Cass. 29 dicembre 2017, n. 31204; Cass. 11 novembre 2010, n. 22911).

Senza trascurare, altresì, che la condotta impediente omessa va valutata nel contesto complessivo delle concrete circostanze, in quanto l’inerzia del singolo nell’unirsi all’identico atteggiamento omissivo degli altri acquista efficacia causale, dato che, all’opposto, una condotta attiva giova a “rompere il silenzio” sollecitando, con il richiamo agli obblighi imposti dalla legge ed ai principi di corretta amministrazione, un analogo atteggiamento degli altri (così, in sede penale, Cass. pen. 7 marzo 2014, n. 32352).

A fronte di iniziative anomale da parte dell’organo amministrativo di società per azioni, i sindaci hanno dunque l’obbligo di porre in essere, con tempestività, tutti gli atti necessari all’assolvimento dell’incarico con diligenza, correttezza e buona fede, attivando ogni loro potere (se non di intervento sulla gestione, che non compete se non in casi eccezionali, certamente) di sollecitazione e denuncia diretta, interna ed esterna – doveroso per un organo di controllo.

In mancanza, essi concorrono nell’illecito civile commesso dagli amministratori della società per omesso esercizio dei poteri-doveri di controllo loro attribuiti per legge.

L’elemento soggettivo

Nell’ambito dell’azione di responsabilità promossa ai sensi della L. Fall., articolo 146, l’onere di provare l’assenza di colpa grava sull’organo sociale, trattandosi di responsabilità per i danni cagionati anzitutto alla società, che la procedura fa in tal modo valere.

L’elemento della colpa rileva nelle due accezioni di colpa nella conoscenza e nell’omessa attivazione. Sono due, infatti, i momenti complementari: da un lato, la rappresentazione dell’evento nella sua portata illecita, conoscenza che prescinde dalla modalità e tipologia del canale conoscitivo; dall’altro lato, la consapevolezza nel mantenere la condotta inerte, senza porre in essere quelle azioni atte ad impedirne la prosecuzione, la reiterazione o l’aggravamento, in cui rileva la possibilità di attivarsi utilmente.

Sotto il primo profilo, la colpa può consistere in un difetto di conoscenza, per non avere il sindaco rilevato colposamente l’altrui illecita gestione: dove, però, non è affatto decisivo che nulla traspaia da formali relazioni degli amministratori, perché l’obbligo di vigilanza impone, ancor prima, la ricerca di adeguate informazioni, in particolare da parte dei componenti dell’organo sindacale, la cui stessa ragion d’essere è il provvedere al controllo sulla gestione.

Onde sussiste la colpa in capo al sindaco già per non avere rilevato i cd. segnali d’allarme, individuati dalla giurisprudenza anche nella stessa soggezione della società all’altrui gestione personalistica (cfr., con riguardo al controllo in capo agli amministratori non esecutivi, Cass. 29 dicembre 2017, n. 31204; Cass. pen. 7 marzo 2014, n. 32352).

Sotto il secondo profilo, il sindaco è tenuto a conoscere i doveri specifici posti dalla legge e ad attivarsi perché l’organo amministrativo compia al meglio il proprio dovere gestorio, vigilando per impedire il verificarsi ed il protrarsi della situazione illecita.

L’inerzia, a fronte dell’illecito altrui, è dunque in sé colpevole: e il disinteresse è già indice di colpa.

A tal fine, va precisato ancora che (Cass. n. 18770/2019):

a) l’essere stato designato alla carica solo dopo la commissione dell’illecito non è di per sé circostanza sufficiente ad esimere il sindaco da responsabilità, in quanto l’accettazione della carica comporta comunque l’assunzione dei doveri di vigilanza e di controllo; né la responsabilità per il ritardo nell’adozione delle misure necessarie viene meno per il fatto imputabile al precedente amministratore, una volta che, assunto l’incarico, fosse esigibile lo sforzo diligente di verificare la situazione e porvi rimedio (cfr. Cass. 29 dicembre 2017, n. 31204);

b) le dimissioni non costituiscono mai condotta di adempimento del dovere, né sufficiente ad esimere da responsabilità, quando a ciò non si fossero accompagnati anche concreti atti volti a contrastare, porre rimedio o impedire il protrarsi degli illeciti, per la pregnanza degli obblighi assunti dai sindaci proprio nell’ambito della vigilanza sull’operato altrui, e perché la diligenza impone piuttosto un comportamento alternativo: equivalendo allora le dimissioni ad una sostanziale inerzia ed, anzi, divenendo esemplari della condotta colposa e pilatesca tenuta dal sindaco, del tutto indifferente e inerte nel rilevare la situazione di illegalità reiterata.

Riparto dell’onere probatorio

Resta da precisare che l’onere di allegazione e di prova nelle azioni di responsabilità avverso l’organo sindacale si atteggia nel senso che spetta all’attore allegare l’inerzia del sindaco e provare il fatto illecito gestorio, accanto all’esistenza di segnali d’allarme che avrebbero dovuto porre i sindaci sull’avviso; assolto tale onere, l’inerzia del sindaco integra di per sé la responsabilità, restando a carico del medesimo l’onere di provare di non aver avuto nessuna possibilità di attivarsi utilmente, ponendo in essere tutta la gamma di atti, sollecitazioni, richieste, richiami, indagini, sino alle denunce alle autorità civile e penale.

Corte di Cassazione, Sezione Seconda, Ordinanza n. 28067 del 14 ottobre 2021

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvocato
Desideri approfondire l’argomento ed avere una consulenza legale?

Articoli correlati