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Interferenze illecite: registrare in casa è reato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 39550/2024, chiarisce i confini del reato di interferenze illecite nella vita privata. La Corte ha stabilito che registrare una conversazione tra terzi, a cui non si partecipa, costituisce reato anche se l’azione avviene all’interno della propria abitazione. Nel caso specifico, un uomo è stato assolto dall’accusa di maltrattamenti in famiglia, ma la sua assoluzione per aver registrato la moglie e il suocero è stata annullata con rinvio, poiché essere co-titolare del domicilio non autorizza a violare la privacy altrui.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interferenze illecite nella vita privata: quando registrare in casa è reato?

La Corte di Cassazione, con una recente e significativa sentenza, è intervenuta per chiarire un tema delicato: i limiti alla possibilità di effettuare registrazioni audio all’interno della propria abitazione. Il caso esaminato mette in luce come la sola presenza legittima in un domicilio non autorizzi a captare conversazioni private altrui. La pronuncia distingue nettamente tra il reato di maltrattamenti in famiglia e le interferenze illecite nella vita privata, fornendo principi fondamentali per la tutela della riservatezza.

I fatti del caso: tra accuse di maltrattamenti e registrazioni segrete

La vicenda processuale nasce dalle accuse mosse da una donna nei confronti del marito per maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.) e per aver illecitamente registrato una conversazione privata tra lei e suo padre, avvenuta all’interno dell’abitazione coniugale.

Nei primi due gradi di giudizio, l’uomo era stato sempre assolto dall’accusa di maltrattamenti. I giudici di merito avevano ritenuto che la conflittualità della coppia, caratterizzata da una forte reciprocità nelle offese, non integrasse la fattispecie di maltrattamenti, ma rientrasse piuttosto in una mera ‘litigiosità di coppia’.

Per quanto riguarda l’accusa di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.), la Corte d’Appello aveva assolto l’imputato con la motivazione che, trovandosi legittimamente in casa, egli era ‘parte di quella vita privata’ e quindi non poteva considerarsi autore di un’interferenza illecita. Il Procuratore Generale ha proposto ricorso in Cassazione contro entrambe le assoluzioni.

La questione giuridica sulle interferenze illecite nella vita privata

Il cuore della questione giuridica, per come affrontato dalla Cassazione, riguarda l’interpretazione dell’art. 615-bis c.p. La norma punisce chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata che si svolge nei luoghi di privata dimora.

La Corte d’Appello aveva interpretato la norma in senso restrittivo, escludendo il reato se l’autore della registrazione è presente nel domicilio. La Cassazione, invece, è stata chiamata a decidere se il concetto di ‘estraneità’ necessario per commettere il reato si riferisca alla presenza fisica nel luogo o alla partecipazione all’atto di vita privata (la conversazione) che viene registrato.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del Procuratore per quanto riguarda il reato di maltrattamenti. Ha confermato che la valutazione dei giudici di merito, che avevano escluso la sussistenza di un regime di vessazione sistematica tipico del reato, era ben motivata e priva di vizi logici. La reciprocità delle condotte e la breve durata della convivenza sono stati elementi correttamente valorizzati per escludere il delitto.

La vera svolta della sentenza riguarda invece le interferenze illecite nella vita privata. La Cassazione ha accolto il ricorso su questo punto, annullando la sentenza di assoluzione e rinviando il caso alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio.

I giudici hanno chiarito un principio di diritto fondamentale: il bene giuridico tutelato dall’art. 615-bis non è il domicilio come luogo fisico, ma la riservatezza della vita privata che si svolge al suo interno. Di conseguenza, l’essere titolare o contitolare del domicilio non conferisce un diritto illimitato di registrare tutto ciò che vi accade.

Il reato si configura quando l’agente non partecipa a quella specifica ‘porzione’ di vita privata che viene captata. Nel caso di specie, l’imputato non era partecipe della conversazione tra la moglie e il suocero; pertanto, registrandola senza il loro consenso, ha commesso un’interferenza ‘indebita’. L’estraneità, quindi, non va intesa rispetto al luogo, ma rispetto all’atto comunicativo o alla scena di vita privata registrata.

Conclusioni: cosa insegna questa sentenza?

La sentenza n. 39550/2024 della Corte di Cassazione stabilisce un confine chiaro e importante per la tutela della privacy domiciliare. L’insegnamento principale è che la condivisione di uno spazio abitativo non comporta la rinuncia alla propria sfera di riservatezza. Chiunque, anche il coniuge o il convivente, registri immagini o conversazioni di altri soggetti presenti in casa, senza parteciparvi e senza il loro consenso, commette il reato di interferenze illecite nella vita privata. La Corte ha precisato che l’unico modo per escludere il reato è la presenza di una causa di giustificazione, come l’esercizio di un diritto (ad esempio, per difendersi in giudizio), la cui sussistenza deve però essere attentamente valutata dal giudice di merito nel caso concreto.

È possibile registrare una conversazione a cui non partecipo, anche se avviene in casa mia?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il reato di interferenze illecite nella vita privata si configura quando l’autore della registrazione non è partecipe della conversazione o dell’atto di vita privata che viene captato, anche se si trova legittimamente nel proprio domicilio. L’estraneità si riferisce all’atto, non al luogo.

La reciproca aggressività tra coniugi esclude sempre il reato di maltrattamenti in famiglia?
Non sempre, ma può essere un elemento decisivo. Nel caso specifico, la Corte ha confermato l’assoluzione perché i giudici di merito hanno ritenuto, con motivazione adeguata, che la situazione fosse di mera ‘litigiosità di coppia’ su un piano paritetico e non di un sistematico regime di vessazione imposto da un coniuge sull’altro.

Per quale motivo la Cassazione ha annullato la sentenza solo per il reato di interferenze illecite?
La Corte ha annullato la sentenza solo per tale reato perché ha riscontrato un errore di diritto nell’interpretazione dell’art. 615-bis c.p. da parte della Corte d’Appello. Per il reato di maltrattamenti, invece, ha ritenuto che la valutazione dei fatti e delle prove fosse di competenza dei giudici di merito e che la loro decisione fosse logica e ben motivata, quindi non sindacabile in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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