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Valutazione merito creditizio: non invalida il mutuo

Una società ha richiesto la nullità di un finanziamento da 500.000 euro, sostenendo la nullità del contratto per mancata valutazione del merito creditizio, commissioni eccessive e usura. Il Tribunale di Milano ha rigettato tutte le domande, affermando che il debitore, avendo richiesto e ottenuto il prestito, non può lamentare un presunto danno derivante dalla sua concessione. La sentenza chiarisce che l’omessa valutazione non è causa di nullità del contratto, ma può al massimo configurare una responsabilità risarcitoria, non richiesta in questo caso.

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Finanziamento concesso: la mancata valutazione del merito creditizio non è causa di nullità

Una recente sentenza del Tribunale di Milano ha stabilito un principio fondamentale nei rapporti tra istituti di credito e imprese: la presunta omessa o inadeguata valutazione del merito creditizio non è sufficiente a determinare la nullità del contratto di finanziamento. Questa decisione chiarisce che un’azienda, dopo aver richiesto e ottenuto un prestito, non può successivamente impugnare il contratto sostenendo che il finanziatore avrebbe dovuto negarglielo. Analizziamo i dettagli di questo importante caso.

I fatti di causa

Una società, insieme ai suoi garanti, conveniva in giudizio due intermediari finanziari per ottenere la declaratoria di nullità di un contratto di finanziamento di 500.000 euro, ottenuto tramite una piattaforma di peer-to-peer lending. Le ragioni addotte dall’attrice erano molteplici:

1. Mancata valutazione del merito creditizio: Si sosteneva che i finanziatori non avessero condotto un’adeguata verifica sulla capacità della società di rimborsare il debito, concedendo credito in modo irresponsabile.
2. Commissione di istruttoria: Veniva contestata una commissione iniziale dell’8% sull’importo finanziato, ritenuta nulla perché non esplicitata e ingiustificata.
3. Usura: Si affermava che includendo tale commissione nel calcolo del Tasso Effettivo Globale (TEG), si sarebbe superata la soglia dell’usura.
4. Erroneità del TAEG e indeterminatezza: L’attrice lamentava un calcolo errato del TAEG e l’indeterminatezza delle condizioni economiche, in particolare riguardo al regime di interesse composto nel piano di ammortamento alla francese.
5. Liberazione dei garanti: Si chiedeva la liberazione dei fideiussori per violazione dell’art. 1956 c.c., a causa della presunta abusività nella concessione del credito.

Gli intermediari si sono difesi contestando tutte le accuse, precisando che il finanziamento era stato erogato tramite un’operazione di cartolarizzazione e non di peer-to-peer lending diretto.

La decisione del Tribunale e la corretta valutazione del merito creditizio

Il Tribunale ha respinto integralmente le domande della società attrice, fornendo chiarimenti su ciascuna delle eccezioni sollevate. Il punto centrale della sentenza riguarda la valutazione del merito creditizio. Il giudice ha affermato che l’eccezione di nullità per omessa valutazione è infondata. La logica è stringente: il finanziamento non è stato imposto, ma richiesto dalla società stessa. L’accoglimento della richiesta, pertanto, non può trasformarsi in un pregiudizio per il richiedente. Se la società non avesse voluto indebitarsi, avrebbe potuto semplicemente evitare di chiedere il prestito.

Il giudice ha sottolineato che un’eventuale responsabilità del finanziatore per una valutazione superficiale potrebbe sorgere nei confronti di terzi (come i garanti), ma non nei confronti del debitore principale, che ha beneficiato direttamente delle somme erogate.

Le altre questioni: commissioni, usura e ammortamento

Il Tribunale ha smontato anche le altre argomentazioni dell’attrice:

* Commissione di Istruttoria: È stata ritenuta legittima in quanto pattuita tra le parti, rientrando nella loro libera disponibilità contrattuale. Non esiste una norma che obblighi il finanziatore a dettagliare le singole voci di costo che la compongono.
* Usura: La contestazione è stata giudicata generica. L’attrice non ha fornito prove concrete per dimostrare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla convenuta, la commissione non fosse stata inclusa nel calcolo del TEG o che il TEG contrattuale fosse errato.
* Erroneità del TAEG/ISC: Il giudice ha chiarito che, per i finanziamenti alle imprese, si parla di Indicatore Sintetico di Costo (ISC) e non di TAEG (riservato ai consumatori). Un eventuale errore nell’ISC non comporta l’applicazione di tassi sostitutivi (come previsto dall’art. 117 TUB), ma può solo dar luogo a una richiesta di risarcimento del danno, che però non è stata avanzata nel giudizio.
* Ammortamento alla Francese: Richiamando la recente pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione (15130/2024), il Tribunale ha ribadito che il piano di ammortamento alla francese non implica di per sé un’applicazione illegittima di interessi anatocistici. Gli interessi di ogni rata vengono calcolati sul capitale residuo, non su interessi pregressi.

Le motivazioni

Le motivazioni del giudice si fondano sul principio di auto-responsabilità e coerenza. Non è ammissibile che un soggetto giuridico prima richieda attivamente un finanziamento per le proprie esigenze operative e poi, una volta ottenuto, ne contesti la validità accusando il creditore di averglielo concesso. Il presunto danno (l’aumento dell’indebitamento) è una conseguenza diretta e prevedibile della scelta volontaria del debitore.

Inoltre, la sentenza distingue nettamente tra vizi che possono causare la nullità del contratto (come l’indeterminatezza dell’oggetto o la causa illecita) e comportamenti che possono generare una responsabilità precontrattuale o contrattuale (come l’errata indicazione dell’ISC). Nel caso di specie, nessuna delle argomentazioni dell’attrice è stata ritenuta idonea a integrare una causa di nullità del finanziamento.

Le conclusioni

Il Tribunale ha respinto tutte le domande, condannando la società attrice e i garanti al pagamento delle spese legali. La decisione invia un messaggio chiaro al mercato: la normativa sulla trasparenza bancaria e sulla corretta concessione del credito è posta a tutela del cliente, ma non può essere utilizzata in modo strumentale per sottrarsi ai propri obblighi di pagamento. Un’impresa che richiede un finanziamento è tenuta a onorare il proprio debito, e la presunta negligenza del finanziatore nella valutazione preliminare non costituisce un’ancora di salvezza per invalidare il contratto.

Un’azienda può chiedere l’annullamento di un finanziamento sostenendo che il finanziatore non ha valutato correttamente la sua capacità di rimborso?
No. Secondo la sentenza, il finanziamento è stato richiesto dal debitore stesso, il quale non può quindi lamentare un danno derivante dalla sua concessione. L’omessa valutazione del merito creditizio non è una causa di nullità del contratto.La commissione di istruttoria di un prestito deve essere sempre giustificata nel dettaglio dal finanziatore?
No. Il Tribunale ha stabilito che rientra nella libera disponibilità delle parti pattuire il rimborso di spese e costi, senza che una normativa specifica imponga al finanziatore di esplicitare i contenuti e le singole voci di costo che compongono una commissione pienamente pattuita.

Il piano di ammortamento “alla francese” è illegittimo perché nasconde interessi composti (anatocismo)?
No. La sentenza, in linea con la giurisprudenza consolidata delle Sezioni Unite della Cassazione, ha ribadito che il sistema di ammortamento alla francese non produce di per sé un effetto anatocistico, in quanto gli interessi di ogni rata vengono calcolati unicamente sulla quota di capitale residuo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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