Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19373 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19373 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4968/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI TORINO n. 1954/2019, depositata il 05/12/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Novara NOME COGNOME esponendo di avere affidato al convenuto nel corso del 2010 l’esecuzione di diversi interventi manutentivi del capannone di sua proprietà, ubicato nel Comune di Pernate; lamen tava (tra l’altro) vizi esecutivi , e chiedeva la condanna del convenuto alla consegna della documentazione relativa allo smaltimento dei rifiuti speciali, a risarcire i danni per pari all’ importo a quello pagato a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria, oltre al maggior costo sostenuto per lo smaltimento dei materiali di amianto, nonché quello per sostenere i costi di eliminazione dei vizi esecutivi, ed altresì il lucro cessante provocato dal ritardo nel termine delle opere. Aggiungeva che era stata chiesta ed ottenuta dal medesimo Tribunale, in data 02.02.2012, l’assunzione di un accertamento tecnico preventivo.
Si costituiva NOME COGNOME che, oltre a contrastare le allegazioni e domande dell’attrice, spiegava domanda riconvenzionale obiettando la residua esposizione debitoria dell’attrice per €. 32.940,00.
Nelle more del giudizio di prime cure il Tribunale di Novara dichiarava il fallimento dell’impresa individuale convenuta, successivamente revocato dalla Corte d’Appello di Torino.
1.1. Il Tribunale di Novara, disposta CTU, reputava parzialmente fondata la richiesta attorea: poiché dovevano ritenersi opere affette da vizi solo la posa del conglomerato cementizio e la realizzazione del manto di copertura, riduceva la ragione creditori a dell’appaltatore a €. 11.435,35 (€ . 13.722,42 comprensiva di IVA, oltre interessi al saggio speciale ai sensi del d.lgs. n. 231/2002); condannava il convenuto alla consegna dei certificati concernenti il regolare smaltimento di rifiuti pericolosi; rigettava ogni altra pretesa delle parti.
Avverso la pronuncia di primo grado interponevano appello principale RAGIONE_SOCIALE e appello incidentale NOME COGNOME innanzi alla Corte d’Appello di Torino, che – in parziale accoglimento dell’appello principale e dell’appello incidentale – con sentenza n. 1954/2019 condannava NOME NOME a pagare in favore della RAGIONE_SOCIALE la somma di €. 501,87, oltre interessi al saggio legale con decorrenza dalla data domanda; rigettava la domanda avanzata dall’appellante principale, di condanna dell’appaltatore alla consegna della documentazione relativa allo smaltimento dei materiali pericolosi derivanti dalla sostituzione del manto di copertura dell’immobile di proprietà della committente.
A sostegno della sua decisione osservava la Corte, per quanto ancora qui di interesse:
-l’ausiliario ha stimato i costi necessari per conformare l’opera nel suo complesso alle regole dell’arte in €. 9.800,00, avuto riguardo al ripristino della pavimentazione esterna in calcestruzzo, ed in €. 880,00 con riferimento alla revisione della copertura esistente al fianco del capannone. Inoltre, il compenso di spettanza del Bruno è stato decrementato di €. 1.214,29 a causa dell’omessa predisposizione del piano di coordinamento e sicurezza cui era obbligato ex contractu ; di €. 560,00 dovuti in conseg uenza della minore superficie coperta realizzata;
-quanto al credito risarcitorio vantato dalla s.n.c. COGNOME, derivante dall’avere la stessa dovuto attendere a sue cure e spese alla rimozione e allo smaltimento del materiale con componente in amianto non rimosso dall’appaltatore: diversamente da quanto deciso dal giudice di prime cure, si ritiene documentato il costo del servizio di trasporto e smaltimento dei rifiuti nocivi a cura dell’appellante principale, ammontante a €. 1.770,00; si ritiene semplicistica la
considerazione svolta dal giudice di prime cure che aveva escluso la responsabilità dell’appaltatore poiché il CTU non aveva potuto vagliarne la riconducibilità al suo operato non trovandosi più in loco;
il risultato del computo algebrico come sopra descritto conduce, dunque, a riconoscere un’esposizione debitoria di NOME COGNOME nei confronti della committente pari a €. 501,87, oltre interessi al saggio legale, in luogo di €. 11.435,35 nella quale cifra si era sostanziata in primo grado la condanna della s.n.c. RAGIONE_SOCIALE a beneficio della curatela del fallimento dell’appaltatore.
La suddetta sentenza è stata impugnata per la cassazione da NOME COGNOME e il ricorso affidato a tre motivi.
Resiste RAGIONE_SOCIALEn.c. di RAGIONE_SOCIALE
In prossimità dell’adunanza entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 5 ) cod. proc. civ., ed in particolare omesso esame del conteggio della somma ancora dovuta al ricorrente, risultante dalla CTU, a titolo di corrispettivo dell’appalto stipulato tra le parti ex art. 1655 e ss. c.c.
Con il secondo motivo si deduce, in subordine, la nullità della sentenza, ex art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., per avere il giudice di seconde cure mal interpretato le conclusioni della CTU, in violazione degli artt. 115 e/o 116 cod. proc. civ.
In ulteriore subordine, con il terzo motivo si deduce la nullità della sentenza, ex art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., per aver motivato le conclusioni della CTU in maniera generica ed apodittica, in violazione dell’art. 132, n. 4 cod. proc. civ.
In sostanza, nei tre motivi di gravame il ricorrente contesta al giudice di seconde cure di avere eseguito in modo errato il conteggio di quanto dovuto, oggetto di discussione tra le parti e indicato dalla CTU, omettendo di considerare le risultanze della CTU, così interpretando erroneamente la perizia. Nella relazione del 28.04.2016, infatti, il CTU ha chiaramente escluso che le somme pari a € . 9.800,00 ed € . 880,00 – invece detratte dalla Corte d’Appello di Torino – riferite a patologie e presunti vizi al conglomerato cementizio e ai pluviali fossero costi addebitabili all’appaltatore, in quanto riferibili a modifiche della finitura del calcestruzzo o a pluviali mai commissionati e non oggetto del contratto di appalto .
4. I motivi possono essere trattati congiuntamente e sono infondati.
Nella sentenza impugnata si legge che il CTU «aveva sottolineato che, ad eccezione della sostituzione del manto di copertura, nessuna altra opera aveva negli accordi in atti una definizione adeguata o tale da permettere una precisa e contestuale identificazione prestazionale in termini del risultato da ottenere». Tanto aveva indotto il giudice di prime cure a concludere che solamente la posa del conglomerato cementizio e la realizzazione del manto di copertura a fianco del capannone dovevano reputarsi opere affette da vizi e nella loro revisione i costi maggiori incidenti sulla riduzione del prezzo (v. sentenza impugnata, p. IX, primi 6 righi).
Le osservazioni del CTU (peraltro di nuovo riportate dal giudice d’appello a p. XIII, 1° capoverso, della sentenza impugnata) venivano, poi, arricchite da ulteriori valutazioni: «L’ausiliario aveva sottolineato ‘ che ai fini della determinazione del corrispettivo eventualmente dovuto dall’appaltatore il giudice avrebbe dovuto considerare le ulteriori voci di costo, necessarie per la correzione di vizi e difetti ‘ il cui accertamento
esulava dai quesiti, comunque effettuato e sostanziato, così, nelle indicazioni di ulteriori euro 12.454,29 costituenti la sommatoria di spese da affrontare per l’adeguamento delle opere alle regole dell’arte e decremento del corrispettivo in relazione a prestazioni non effettuate in tutto o in parte’ (v. sentenza p. XIII, 2° capoverso).
Orbene: il giudice d ‘appello raccoglie l’invito del CTU all’accertamento dei costi dell’adeguamento delle opere alle regole dell’arte e delle prestazioni non effettuate in tutto o in parte. Quale peritus peritorum , la Corte territoriale sottolinea che la somma accertata dal perito in complessivi € . 13.722,42 costituiva la risultante della valorizzazione delle opere rappresentate nelle fatture (in parte) non onorate dalla committente sul presupposto che, invece, le precedenti fatture si riferissero a interventi effettivamente realizzati, scomputate le prestazioni già ricomprese in altri documenti fiscali, escluse quelle non suscettibili di valutazione oppure non riscontrate, oppure ancora costituenti ripristino di difetto esecutivo (v. sentenza p. XIII, 3° capoverso).
Sulla base di tali assunti, la Corte d’Appello ha, quindi, ritenuto di dover detrarre ulteriormente i costi (comunque già stimati dal CTU) per confo rmare l’opera nel suo complesso alle regole dell’arte (€. 9.800,00), per ripristinare la pavimentazione esterna in calcestruzzo (€. 880,00) : v. sentenza p. XIII, 5° capoverso.
Così come ha ritenuto di dover ulteriormente detrarre dal credito dell’appaltatore anche il non fatto, invece considerato come rientrante nelle obbligazioni ex contractu , ossia l’omessa predisposizione del piano di coordinamento e sicurezza, oltre alla minore superficie di opera realizzata (v. sentenza impugnata, p. XIII, 3° capoverso).
Infine, il giudice di seconde cure ha anche ritenuto di dover ulteriormente scomputare il costo dello smaltimento dei rifiuti nocivi,
pervenendo ad un opposto convincimento rispetto a quello prospettato dal giudice di prime cure (v. p. XIV della sentenza impugnata).
4.1. Si è, dunque, in presenza di un’attività di valutazione del giudice del merito, che non ha né «travisato» le risultanze della CTU -anzi, ne ha colto l’invito all’accertamento né le ha motivate in maniera generica ed apodittica (così in ricorso, p. 9, primi due capoversi).
Devono, dunque, escludersi le ipotesi sia di travisamento della prova, sia di motivazione apparente o contraddittoria, sia ancora di errore revocatorio (invocato nel controricorso p. 13, ultimo capoverso).
Del resto, la censura del ricorso, rivolta alla non corretta interpretazione delle conclusioni della CTU -fuori dalle ipotesi appunto del travisamento e della motivazione contraddittoria o motivazione apparente -si risolve in un’inammissibile richiesta a questa Corte di ulteriore attività di valutazione delle risultanze probatorie.
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Le spese sono liquidate in dispositivo secondo la regola della soccombenza.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in €.
3.4 00,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda