Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5573 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5573 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 808/2021 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME
-controricorrente-
nonchè contro RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 788/2020 depositata il 25/05/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.- Il sig. NOME COGNOME con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., conveniva avanti al Tribunale d Bari la Banca Popolare di Puglia e Basilicata s.p.a. ed Eurovita Assicurazioni s.p.a. chiedendo la declaratoria di nullità, l’annullamento e/o l’inefficacia della transazione conclusa con la compagnia assicuratrice il 6.4.2013 avente ad oggetto i diritti inerenti alla polizza assicurativa stipulata mediante la Banca quale intermediaria e l’inadempimento contrattuale dei convenuti, con condanna in solido degli stessi alla restituzione del capitale investito, pari ad euro 40.000,00; in via subordinata, di accertare la responsabilità precontrattuale e contrattuale delle convenute con condanna delle stesse in solido al risarcimento dei danni. RAGIONE_SOCIALE e la banca intermediaria si costituivano a mezzo degli stessi difensori e con un’unica comparsa eccependo, l’improcedibilità dell’azione stante la sottoscrizione dell’atto transattivo del 6.4.2013, e chiedendo in ogni caso il rigetto delle domande attoree poichè il contratto di assicurazione stipulato non contemplava alcuna obbligazione di garanzia circa la restituzione del capitale investito a scadenza dal momento che le assicurazioni Index linked sono caratterizzate dal fatto che l’entità delle somme dovute dall’impresa di assicurazioni dipende dalle oscillazioni del valore di uno o più parametri di riferimento, onde il contraente assume il rischio connesso all’andamento di tali parametri in funzione del particolare meccanismo di collegamento delle prestazioni ai parametri stessi; sicché il ricorrente non poteva vantare alcun diritto di restituzione
del premio pagato, né a risarcimento del danno, avendo prestato un consenso consapevole circa la natura e dei rischi connessi alla polizza sottoscritta ed avendo dichiarato di aver ricevuto il fascicolo informativo, di aver preso conoscenza delle condizioni di assicurazioni ivi riportate e di conoscerne il relativo contenuto, avendo ricevuto, quindi, piena informativa sul prodotto assicurativo acquistato.
Il Tribunale – ritenuta la legittimazione passiva della banca solo per la domanda risarcitoria nella sua qualità di intermediario nella distribuzione delle polizze e la legittimazione passiva della compagnia assicuratrice rispetto alla domanda contrattuale, respingeva l’eccezione di improcedibilità della domanda annullando la transazione intervenuta tra le parti, e, respinta la domanda proposta dal ricorrente nei confronti della Banca, condannava la società RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di 33.740,30 euro.
La Corte ha accolto l’appello principale proposto da RAGIONE_SOCIALE e respinto l’appello incidentale proposto da NOME COGNOME
In via preliminare ha escluso l’infondatezza dell’eccezione di improcedibilità dell’appello per conflitto di interessi dei difensori delle due parti processuali (ovvero di Eurovita e della Banca rimasta contumace) poiché le stesse avevano assunto la stessa linea difensiva anche riguardo alla questione della legittimazione passiva di ciascuna di esse in relazione alle domande proposte; inoltre l’appello principale proposta dalla sola RAGIONE_SOCIALE non investiva la statuizione di rigetto della domanda nei confronti della Banca Popolare di Puglia e Basilicata, sicché la notifica dell’atto di appello effettuata nei confronti di quest’ultima doveva ritenersi effettuata a mero titolo di litis denuntiatio (e non di chiamata in causa come affermato dall’appellato).
Ha, poi, accolto per quanto di ragione il primo motivo d’appello principale -con cui era stata censurata la statuizione di invalidità del contratto di transazione, che, invece, essendo valida e diretta a conciliare la lite oggetto del giudizio, doveva considerarsi impedimento sostanziale alla proposizione di qualsiasi altra domanda da parte del sig. COGNOME -ritenendo assorbita la valutazione degli altri motivi di appello principale ed incidentale.
Con riguardo a detto primo motivo ha ritenuto fondata la censura dell’appellante alla statuizione della sentenza di primo grado relativa alla ricorrenza dei presupposti per l’annullabilità del contratto di transazione intercorso tra le parti, in quanto:
(a) dalla documentazione in atti risultava che in data 19.3.2013, poco prima della scadenza della polizza denominata RAGIONE_SOCIALE ed avente come titolo sottostante l’obbligazione emessa e garantita da RAGIONE_SOCIALE la RAGIONE_SOCIALE aveva comunicato al sig. COGNOME che l’assoggettamento della predetta società emittente ad una procedura concorsuale internazionale non consentiva di procedere all’erogazione della prestazione alla scadenza prevista in contratto, essendo la stessa condizionata alla solvibilità della società emittente garantita esclusivamente da quest’ultima, sicché non era possibile effettuare una stima sulle tempistiche e sulle effettive possibilità di realizzo dell’investimento, rispetto al quale era ragionevole attendersi una drastica riduzione del valore di rimborso; pertanto, sia Eurovita che la Banca, nelle vesti di intermediari, pur non essendovi contrattualmente tenute, si proponevano di condividere con i clienti gli esiti di dette traversie finanziarie, offrendo ai sottoscrittori del prodotto in oggetto prospettive di contenimento del danno da default : la proposta prevedeva la possibilità di optare alla scadenza del contratto per un differimento dello stesso attraverso una polizza di tipo misto a capitale costante (denominata Eurovita Tender 8), che avrebbe garantito al contraente il rimborso del 70% del premio versato che
sommato a quello delle cedole già erogate, pari al 18,30%, avrebbe consentito di recuperare complessivamente l’88,30% del premio originariamente versato al netto delle spese di emissione; (ii) risultava, altresì, che il sig. COGNOME aveva sottoscritto in data 5.4.2013 – unitamente alla Eurovita e alla Banca – un atto di esercizio dell’opzione, dichiarando: di aver preso atto dell’opportunità valutata conveniente rappresentata con la lettera del 19.3.2013; di esercitare lo l’opzione di differimento della scadenza; di rinunciare ad ogni prestazione assicurativa collegata alla struttura finanziaria originariamente sottostante alla polizza RAGIONE_SOCIALE che rimaneva nella titolarità di RAGIONE_SOCIALE « di rinunciare in via transattiva ad ogni effetto di legge, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1965 c.c., a qualsivoglia diritto azione o pretesa anche giudiziale e risarcitoria sia nei confronti di RAGIONE_SOCIALE che della Banca Popolare Puglia e Basilicata per tutto quanto riferibile in via diretta o indiretta alle prestazioni precontrattuali e contrattuali previste dalla polizza sopra identificata »:
(b) con tutta evidenza si trattava di una transazione, configurandosi: (i) reciproche concessioni, atteso che, a fronte del diritto vantato dal sig. COGNOME e della conseguente pretesa di restituzione dell’intero capitale alla scadenza e alla prospettata drastica riduzione del valore di rimborso della polizza vita sottoscritta, l’Assicurazione aveva consentito la modifica contrattuale mediante l’esercizio dell’opzione di differimento originariamente non prevista in contratto, senza corresponsione di altro premio, con sottoscrizione di diversa polizza che avrebbe consentito alla scadenza un rimborso garantito dalla stessa compagnia nella misura del 70% del premio originario; (ii) la volontà dei contraenti di evitare il sorgere di una futura controversia proprio sull’oggetto del contratto assicurativo e sui
diritti che ne scaturivano, quindi di chiudere la vicenda e di prevenire liti future mediante le suddette reciproche concessioni;
(c) doveva escludersi che nella fattispecie fosse configurabile un errore di diritto su una situazione esterna allo stesso contratto transattivo -come dedotto con l’appello incidentale onde sostenere l’annullabilità del contratto ex art. 1969 c.c. – dovendo ritenersi che ogni questione relativa alle obbligazioni scaturente del contratto assicurativo fosse stata tenuta presente nella formazione del consenso, costituendo essa stessa un caput controversum, in conformità alla giurisprudenza di legittimità peer cui ai fini dell’annullamento della transazione per errore rileva il solo errore di diritto sulla situazione costituente il presupposto della res controversa, quindi su un antecedente logico della transazione (sulla quale non si è composta alcuna controversia), e non quello che cade su una questione che sia stata oggetto di controversia tra le parti o che avrebbe potuto formare oggetto di controversia e sulla quale le parti hanno transatto, componendo il loro disaccordo;
(d) parimenti doveva escludersi la sussistenza del presupposto di annullamento della transazione disciplinata dall’art. 1971 c.c. per avere la società ingenerato nel ricorrente la convinzione di non aver diritto al pagamento del capitale investito alla scadenza della polizza e di essere esposto al rischio di insolvenza della società emittente, agendo, così, in malafede allorché aveva prospettato di agire nell’interesse esclusivo dei suoi clienti e di non essere contrattualmente tenuta al pagamento di detto capitale, giacché -in tesi dell’appellante incidentale – qualora avesse avuto la certezza di nulla dovere ai contraenti delle polizze, non avrebbe avuto interesse alla transazione; invero l’annullamento della transazione su pretesa temeraria, ai sensi dell’articolo 1971 c.c., secondo la giurisprudenza di legittimità, presuppone: (i) che la pretesa fatta valere dalla parte nei cui confronti si chiede l’annullamento sia totalmente infondata (presupposto oggettivo); (ii) che la parte in
questione versi in malafede, ovvero che pur essendo consapevole della infondatezza della propria pretesa l’abbia dolosamente sostenuta (presupposto soggettivo); il che era da escludersi nella specie giacché il vasto contenzioso che ha investito nel corso di degli anni le polizze in oggetto e la loro qualificazione come polizze assicurative piuttosto che come contratto di investimento in uno strumento finanziario, e la presenza nel contratto in oggetto di causa di numerose clausole che già il giudice di primo grado ha ritenuto equivoche e contraddittorie (poiché, da una parte, individuano la finalità del prodotto assicurativo nella conservazione e restituzione a scadenza del capitale investito con erogazione di cedole, e, dall’altra, evidenziano l’esistenza di rischi finanziari per il contraente dovuti all’andamento dei titoli ovvero alla solvibilità dell’ente emittente) inducevano ad escludere il dolo inerente alla temerarietà della pretesa oggetto di transazione.
La Corte d’appello ha, perciò, concluso che l’esito del giudizio sulla validità della transazione rendesse superfluo l’esame degli ulteriori motivi di appello principale e incidentale ed ha respinto le domande proposte dal sig. COGNOME condannandolo alla restituzione in favore di RAGIONE_SOCIALE dell’importo di 38.044,06 euro da questa corrisposto in esecuzione dell’ordinanza di prime cure impugnata.
4.- Avverso detta sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso affidandolo a tre motivi di cassazione. Ha resistito, con controricorso RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo di ricorso denuncia violazione o falsa applicazione in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. degli artt. 82 e 83 c.p.c., 1394 c.c.,e 111 Cost. Deduce il ricorrente che la Corte d’appello avrebbe errato nel non rilevare il conflitto di interessi sussistente in capo ai procuratori di RAGIONE_SOCIALE e Banca Popolare di Puglia e Basilicata, che, sussistente sin
dall’origine, sarebbe divenuto innegabilmente attuale e concreto dal momento della chiamata in causa in appello da parte di Eurovita nei confronti della Banca rimasta contumace; invero agli effetti della verifica del conflitto d’interessi il giudice di secondo grado doveva verificare quale avrebbe dovuto essere la scelta difensiva più opportuna che, nel caso concreto, avrebbe dovuto essere -secondo il ricorrente -quella di proporre, nell’interesse della Banca -estranea al contratto assicurativo- azione di manleva nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e nell’interesse di quest’ultima stante il ruolo di intermediaria della banca in ipotesi responsabile di un’informazione non corretta in danno del cliente -azione di manleva in via subordinata nei confronti della Banca; detto conflitto era divenuto palese all’atto della notifica dell’atto di gravame poiché la Banca Popolare di Puglia era rimasta contumace pur potendo subire gli effetti della reformatio in peius della sentenza o la condanna al pagamento per responsabilità extracontrattuale e precontrattuale così come richiesta in via principale e in via subordinata dal sig. COGNOME con l’appello incidentale; la conseguenza del denunciato conflitto di interessi ovvero la nullità della procura, avrebbe dovuto dunque condurre alla declaratoria di inammissibilità dell’appello.
1.2- il motivo è infondato.
Premesso che, quanto al primo grado, il sig. COGNOME non aveva proposto appello incidentale sull’esistenza di un conflitto di interessi nel giudizio innanzi al Tribunale, sicché le considerazioni svolte in proposito sono del tutto irrilevanti, quanto al secondo grado correttamente la Corte d’appello ha ritenuto insussistente il conflitto di interessi e infondata la pretesa inammissibilità dell’appello, poiché la sussistenza di un conflitto di interessi, attuale o potenziale (che conduce alla nullità del mandato difensivo) presuppone la costituzione di più parti, sicché lo stesso non ricorre laddove in appello sia rimasta contumace l’altra parte costituita nel
giudizio di primo grado con il medesimo difensore (v. Cass. 24728/23 su analoga fattispecie).
2.- Il secondo motivo denuncia violazione o falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., in relazione agli articoli 1362, 1363, e 1367 c.c. nonché degli artt. 112, 132 c.p.c. in relazione alla transazione del 6 Aprile 2013, nonché vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c in relazione alla affermata natura transattiva dell’intera scrittura del 5 Aprile 2013.
Secondo il ricorrente la scrittura predetta comprendeva due pattuizioni la prima non novativa, disciplinata dalla lettera C) per mezzo della quale il sig. COGNOME preso atto e accettata la modifica di cui ai punti 16 delle condizioni di assicurazione e 6 della nota informativa -accettava di differire le scadenze dello strumento finanziario e di rinunciare allo strumento assicurativo che veniva trasferito ad Eurovita; la seconda disciplinata dalla lettera D) prettamente transattiva, per mezzo della quale le parti pattuivano di rinunciare a qualsivoglia diritto azione o pretesa anche giudiziale risarcitoria sia nei confronti di Eurovita che della Banca per tutto quanto riferibile in via diretta o indiretta alle prestazioni precontrattuali e contrattuali previste dalla polizza predetta. Trovando la seconda pattuizione una premessa logica nella prima, ne discenderebbe un doppio vizio della parte motiva della sentenza gravata, perché, da un lato, la Corte di merito avrebbe violato il disposto degli articoli 1362, 1363, 1367 c.c. nonché degli articoli 112 e 132 c.p.c. « rimanendo immotivata e imperscrutabile la ragione che ha portato la Corte adita a ritenere che l’intero negozio avesse complessivamente natura transattiva, senza nulla dire in ordine all’eventuale efficacia novativa della scrittura ed omettendo di procedere alla verifica della comune
intenzione delle parti »; dall’altro avrebbe omesso di valutare adeguatamente il testo pattizio come innanzi richiamato.
2.1- il motivo è inammissibile sotto diversi profili.
Da un lato, la ricorrente, laddove si sofferma a distinguere di asserite diverse parti dell’atto transattivo, introduce nel giudizio di legittimità argomenti che non risultano essere stati dibattuti nel giudizio di secondo grado, giacché la Corte -nella pur ampia motivazione resa sul relativo motivo d’appello – non fa alcun riferimento a siffatti argomenti difensivi, sicché va data continuità al principio per cui « qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio » (Cass, n. 17041/2013; Cass. n. 15430/2018; Cass. n. 20712/2018).
Dall’altro, il motivo attinge il risultato interpretativo del contratto inter partes , sicché va ribadito il consolidato principio per cui, traducendosi l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni
il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (v. Cass. n. 9461/2021; Cass. n.16987/2018; Cass. n. 28319/2017). Ne consegue che il vizio di violazione di legge nella specie è impropriamente invocato essendo altrettanto noto e consolidato il principio per cui in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (Cass. n. 24155/2017; Cass. n. 195/2016, confermate da innumerevoli sentenze successive, v. ex multis Cass. 13747/2018 ; Cass. n. 3340/2019; Cass. 31546/2019). E nella specie è evidente che il ricorrente pretende una difforme valutazione degli esiti istruttori, dunque non denuncia un’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge che assume violate (ossia un problema interpretativo, vizio riconducibile all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) bensì un viziomotivo, da valutare alla stregua del novellato art. 360, primo comma n. 5 c.p.c., che – nella versione ratione temporis applicabile – lo circoscrive all’omesso esame di un «fatto storico» decisivo (cfr. sul punto Cass. Sez. U. n. 19881/ 2014), riducendo al «minimo costituzionale» il sindacato di legittimità sulla motivazione (Cass. Sez. U. n. 8053/2014). Sicché anche sotto detto profilo il motivo risulta chiaramente inammissibile perché il ricorrente invoca
il vizio motivazionale con riguardo all’omessa adeguata valutazione del testo pattizio.
3.- Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. degli artt. 1969, 1971 c.c. e degli artt. 112 e 132 c.p.c. anche in relazione agli artt. 115 comma 2 e 116 c.p.c. in riferimento alla transazione del 6 Aprile 2013, in quanto la Corte di merito, non ritenendo di distinguere quali parti della predetta scrittura potessero avere natura propriamente transattiva e quali no, non avrebbe evidenziato che il disposto della lettera C) (che – in tesi – concerneva il mero differimento della scadenza dello strumento finanziario e la rinuncia allo strumento assicurativo, trasferito ad RAGIONE_SOCIALE), non aveva effetto novativo e non era oggetto dell’accordo transattivo, onde ad esso era certamente applicabile il disposto dell’art. 1969; inoltre la Corte erroneamente aveva ritenuto che non fosse applicabile al caso concreto il disposto dell’art. 1971 c.c. per carenza del requisito della temerarietà sulla scorta della nozione di fatto di comune esperienza di cui all’articolo 115 comma 2 c.p.c. costituito dalla vastità del contenzioso in materia di qualificazione del contratti index linked, senza tener conto dell’orientamento che la giurisprudenza prevalente aveva manifestato in proposito; ponendo così a base del proprio iter motivazionale un presupposto che non poteva dire nulla in ordine alla possibile sussistenza di uno stato soggettivo, che, semmai, alla luce del diritto vivente, dimostrava che l’unico fatto notorio che RAGIONE_SOCIALE poteva desumere era la elevatissima probabilità della propria soccombenza; donde la violazione del disposto degli artt. 115 e 116 c.p.c. per aver posto a fondamento della decisione una nozione di fatto di comune esperienza macroscopicamente insussistenze ed anzi contraria a quella realmente deducibile dalla comune esperienza
3.1- Il motivo -che in effetti si articola in due distinte censure è inammissibile con riguardo ad entrambe.
Quanto alla prima, a prescindere dal fatto che il motivo si fonda su argomenti che -come dettonon risultano oggetto del contraddittorio nel giudizio di secondo grado e che implicano una revisione inammissibile dell’accertamento in fatto che sorregge il ragionamento decisorio di merito circa l’interpretazione e qualificazione del contratto -si osserva che non si comprende la logica di una censura che è tesa all’applicazione di una norma prevista per la transazione ad un accordo che si afferma non compreso nella transazione stessa, e che – in violazione del requisito di specificità -neppure illustra quale sarebbe stato l’errore di diritto su cui si fonda la pretesa applicazione dell’art. 1969 c.c. ed in che termini invaliderebbe la transazione.
Quanto alla seconda, che si risolve nella affermazione della macroscopica insussistenza della nozione di comune esperienza, ovvero sulla non veridicità del fatto notorio cui il giudice ha fatto riferimento nella specie per ritenere non sussistente il dolo, necessario a sorreggere la pretesa temerarietà della proposta transattiva in questione (vale a dire il vasto contenzioso attinente all’interpretazione delle polizze assicurative index linked ), vale osservare che in tema di prova, il ricorso alle nozioni di comune esperienza attiene all’esercizio di un potere discrezionale riservato al giudice di merito, il cui giudizio circa la sussistenza di un fatto notorio può essere censurato in sede di legittimità solo se sia stata posta a base della decisione una « inesatta nozione del notorio » da intendere come fatto conosciuto da un uomo di media cultura, in un dato tempo e luogo (v. Cass. n. 4182/2024), ovvero come fatto acquisito alla conoscenza della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile e incontestabile, costituendo esso una deroga al principio dispositivo ex art. 112 c.p.c. e al principio di disponibilità delle prove ex art. 115 c.p.c. (v. Cass. n. 35258/2021; Cass. n. 18101/2020; Cass.4428/2020). In altre parole in sede di legittimità il ragionamento decisorio che si fondi
sul fatto notorio o sul fatto di comune esperienza è censurabile solo in ordine alla sussunzione della fattispecie concreta come delineata dal giudice di merito in quella astratta del «fatto notorio», ovvero negando che il fatto cui il giudice ha fatto riferimento non sia tale, il che non è nella specie, ove il ricorrente non lamenta l’esistenza del vasto contenzioso considerato dal giudice, bensì che il giudice non abbia considerato «la direzione» assunta prevalentemente da quel contenzioso, ovvero un aspetto irrilevante ed inconferente rispetto alla ratio decidendi . Allorché si assuma che il fatto considerato come notorio dal giudice non risponde al vero, l’inveridicità può formare esclusivamente oggetto di revocazione, ove ne ricorrano gli estremi, non già di ricorso per cassazione (Cass. n. 11643/2007; Cass.n.13715/2019; Cass. n. 4182/2024)
4.- Il ricorso in conclusione va respinto. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come nel dispositivo, ai sensi del D.M. 12 luglio 2012, n. 140. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese in favore di parte controricorrente, liquidate nell’importo di euro 3.700,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% sul compenso ed agli accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1° Sezione