Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2575 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2575 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3902/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO. COGNOME NOME (EMAIL), rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME NOME
(EMAIL), giusta procura speciale in calce al ricorso.
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avv. COGNOME NOME (EMAIL) rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME NOME (EMAIL), giusta procura speciale in calce al controricorso.
–
contro
ricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 3253/2020 depositata il 10/12/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/10/2023
dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione la sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 3253/2020 depositata il 10 dicembre 2020 e notificata l’11 dicembre 2020, che ha rigettato il suo appello avverso la sentenza del 6 novembre 2017, con cui il Tribunale di Treviso ha rigettato le sue domande di dichiarare invalido il leasing immobiliare stipulato con RAGIONE_SOCIALE stante la previsione di interessi superiori alla soglia di usura, di dichiarare per l’effetto gratuito il suddetto contratto, di rideterminare i rapporti di dare avere fra le parti e di condannare NOME a restituire le somme indebitamente percepite.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
La ricorrente e la resistente hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società ricorrente denuncia <>
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha rilevato
che <>
Il motivo viene articolato nelle seguenti due censure.
1.1 <>
Con tale censura parte ricorrente lamenta che la corte territoriale avrebbe omesso di accertare il superamento del tasso soglia usura da parte del tasso di mora; la corte territoriale avrebbe dovuto valutare l’interesse di mora prescindendo da un vero e proprio inadempimento; la Corte territoriale ha errato nel non ritenere l’intera gratuità del leasing immobiliare oggetto di causa a seguito dell’asserito superamento del tasso soglia usura da parte dei soli interessi moratori.
1.2 <>
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia <>
Lamenta che la corte territoriale ha errato nell’escludere che
gli interessi moratori se usurari determinano la gratuità del contratto e la non debenza di tutti gli interessi; che la corte territoriale doveva valutare che, nel caso in cui risulti usurario anche il solo tasso di mora, in applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2, cod. civ. il contratto di finanziamento sarebbe diventato interamente gratuito; che l’aumento della percentuale del 2,1% per la rilevazione del tasso soglia usura per gli interessi di mora non è legittima.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia <>
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui afferma che <>.
Il primo motivo, anche in riferimento alla censura n. 1.1., è infondato.
Come le Sezioni Unite di questa Corte hanno già avuto modo di affermare (Cass., Sez. Un., 18/09/2020, n. n. 19597):
«La disciplina antiusura si applica agli interessi moratori, intendendo essa sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, ma anche la promessa di qualsiasi somma usuraria sia dovuta in relazione al contratto concluso».
«La mancata indicazione dell’interesse di mora nell’ambito del T.e.g.m. non preclude l’applicazione dei decreti ministeriali, i
quali contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali, statisticamente rilevato in modo del pari oggettivo ed unitario, essendo questo idoneo a palesare che una clausola sugli interessi moratori sia usuraria, perché “fuori mercato”, donde la formula: “T.e.g.m., più la maggiorazione media degli interessi moratori, il tutto moltiplicato per il coefficiente in aumento, più i punti percentuali aggiuntivi, previsti quale ulteriore tolleranza dal predetto decreto”».
«Ove i decreti ministeriali non rechino neppure l’indicazione della maggiorazione media dei moratori, resta il termine di confronto del T.e.g.m. così come rilevato, con la maggiorazione ivi prevista».
«Si applica l’art. 1815, comma 2, cod. civ., onde non sono dovuti gli interessi moratori pattuiti, ma vige l’art. 1224, comma 1, cod. civ., con la conseguente debenza degli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente convenuti».
«Anche in corso di rapporto sussiste l’interesse ad agire del finanziato per la declaratoria di usurarietà degli interessi pattuiti, tenuto conto del tasso-soglia del momento dell’accordo; una volta verificatosi l’inadempimento ed il presupposto per l’applicazione degli interessi di mora, la valutazione di usurarietà attiene all’interesse in concreto applicato dopo l’inadempimento».
«Nei contratti conclusi con un consumatore, concorre la tutela prevista dagli artt. 33, comma 2, lett. f) e 36, comma 1, del codice del consumo, di cui al d.lgs. n. 206 del 2005, già artt. 1469-bis e 1469-quinquies cod. civ.».
«L’onere probatorio nelle controversie sulla debenza e sulla misura degli interessi moratori, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., si atteggia nel senso che, da un lato, il debitore, il quale intenda provare l’entità usuraria degli stessi, ha l’onere di dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale, il tasso moratorio in concreto applicato, l’eventuale qualità di consumatore, la misura del
T.e.g.m. nel periodo considerato, con gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento; dall’altro lato, è onere della controparte allegare e provare i fatti modificativi o estintivi dell’altrui diritto».
Questa Corte ha inoltre affermato che, in prospettiva del confronto con il tasso soglia antiusura, non è corretto sommare interessi corrispettivi ed interessi moratori, posto che i due tassi sono alternativi fra loro (Cass., 28/06/2019, n. 17747).
4.1. Orbene, dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata risulta che la corte di merito ha fatto buon governo dei suindicati principi, in quanto: a) ha ritenuto rilevante la prova della applicazione del tasso usurario e quindi dell’effettivo inadempimento all’obbligazione di pagamento (v. p. 5,6); b) ha escluso che il superamento del tasso soglia usurario implichi la gratuità dell’intero contratto di leasing.
4.2. Il motivo è ulteriormente infondato, in quanto la corte di merito non ha in alcun modo determinato il tasso soglia usura ma si è limitata a rilevare il mancato pagamento di interessi moratori e ad affermare che <>, ed ancora aggiungendo che il tasso di mora pattuito in contratto <> (v. pp. 5,6 e 7 nella sentenza impugnata).
4.3. La censura n. 1.2 è invece inammissibile, in quanto è di tenore oscuro e generico e neppure riporta il passo della motivazione della sentenza impugnata che ritiene viziato, con conseguente violazione dell’art. 366 n. 6 cod. proc. civ.
Il secondo motivo è infondato, per le medesime ragioni svolte in sede di scrutinio del primo motivo in ordine alla corretta
interpretazione data dalla giurisprudenza di questa Corte al disposto dell’art. 1815, comma 2, cod. civ.
Il terzo motivo è inammissibile ex art. 366, 1° comma n. 4, cod. proc. civ., in quanto è un <> (Cass., 24/09/2018 n. 22478).
Il ricorrente infatti non svolge delle specifiche censure di legittimità nei confronti delle statuizioni della corte territoriale, ma si limita a riprodurre le argomentazioni tutte già svolte nei precedenti gradi di giudizio (come si evince alla p. 29 del ricorso, in cui espressamente il ricorrente svolge plurime argomentazioni <>, dunque senza individuare nella sentenza impugnata vizi di legittimità, ma limitandosi a contrapporre alle statuizioni in essa contenute una propria diversa prospettazione dei fatti e delle questioni oggetto di causa).
7 . All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 4.200,00, di cui euro 4.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza