Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 10252 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 10252 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11487/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende,
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende, controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende, controricorrente-
avverso il decreto del Tribunale di Roma n. 916/2023 depositato il 07/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 Il Tribunale di Roma, con decreto del 7/4/2023, rigettava l’impugnazione proposta da COGNOME NOME al decreto del 23/5/2018 di dichiarazione di esecutività dello stato passivo del Fallimento di RAGIONE_SOCIALE, che aveva ammesso al passivo i seguenti crediti insinuati da Aareal Bank Ag: € 9.810,64, in prededuzione, in via privilegiata per l’importo; € 25.329.496,99, in collocazione privilegiata ipotecaria, per il mancato pagamento delle rate di tre finanziamenti erogati dalla banca alla società fallita ed € 3.246.005,35, in chirografo, per interessi.
1.1 Rilevava il Tribunale che non era in contestazione né l’ an né il quantum del credito ammesso al passivo: la ricorrente, infatti, aveva contestato la legittimazione della Aareal Bank ad essere ammessa al passivo del fallimento sostenendo che essa sarebbe stata un socio occulto della RAGIONE_SOCIALE
Evidenziava che lo svolgimento delle funzioni di gestione e controllo di una società non è elemento sufficiente ad attribuire la qualità di socio al soggetto che tali funzioni svolge e, pertanto, a configurare l’eventuale prestito di denaro alla stregua di un conferimento di capitale.
Tali funzioni apparivano piuttosto compatibili con quelle di un amministratore di fatto, con la conseguenza che l’eventuale credito da questo vantato nei confronti della società poteva sì essere escluso dall’esistenza di un controcredito derivante dal danno subito dalla società per l’eventuale mala gestio della società stessa, ma perché tale ipotesi si verificasse occorreva non solo provare lo svolgimento effettivo delle funzioni di amministratore di fatto, ma anche l’esistenza e l’entità del danno ed eccepire il relativo
controcredito in compensazione. Nulla di tutto ciò era stato allegato dal COGNOME in giudizio.
Non vi erano quindi elementi che portassero a ritenere che RAGIONE_SOCIALE avesse inteso versare quanto mutuato alla RAGIONE_SOCIALE a titolo di conferimento mentre era certo che essa, nell’esercizio della propria attività di impresa bancaria, aveva mutuato un considerevole importo di denaro costituendo, invero, non solo garanzie di carattere ipotecario ma anche di diversa natura a presidio del proprio investimento.
2 COGNOME NOME ha proposto ricorso per Cassazione affidato ad un unico motivo, Aareal Bank RAGIONE_SOCIALE e il Fallimento hanno svolto difese con autonomi controricorsi.
3 È stata formulata proposta di definizione accelerata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., essendo stati ravvisati profili di inammissibilità del motivo del ricorso. COGNOME NOME ha proposto istanza di decisione, con memoria depositata ai sensi del medesimo art. 380 bis c.p.c.
È stata, quindi, disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c. Entrambi i controricorrenti hanno depositato memorie ex art. 380 bis 1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Il mezzo di impugnazione denuncia « vizio di cui all’art. 360, comma 1 nn.° 3 e 5 cod. proc. civ. per violazione eo falsa applicazione dell’art. 2247 cod. div. in relazione agli artt. 113, 115, 116 e 132 cod. proc. civ. nonché omesso esame circa fatti controversi e decisivi per il giudizio in quanto idonei a costituire indici sintomatici della qualità della resistente di socio occulto della RAGIONE_SOCIALE COMO ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e, in particolare, circa l’assunzione dei mezzi istruttori ».
1.1 Il ricorrente sostiene che il Tribunale nel ritenere non provata la qualità di socio occulto della fallita RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE non avrebbe correttamente valorizzato una serie di circostanze fattuali, confermate da risultanze documentali acquisite nel corso del giudizio di prime cure (imposizione da parte della Banca della governace e di modifiche dello statuto, nomina in seno al Consiglio di Amministrazione della RAGIONE_SOCIALE di un consigliere di fiducia della Banca, esercizio da parte dell’ente creditizio, in quanto titolare di diritto di pegno sulle quote del diritto di voto, penetrante ed invasiva attività di controllo dell’esercizio di impresa della RAGIONE_SOCIALE con riferimento alle ristrutturazioni ed alle vendite) che avrebbero consentito di ritenere esistenti gli elementi strutturali del contratto di società, ivi compreso l’elemento soggettivo dell’ affectio societatis.
Il motivo è inammissibile.
2 Si riportano di seguito le motivazioni della proposta di definizione « va, innanzitutto, rilevata la possibile inammissibilità dell’unica censura proposta per sovrapposizione di motivi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, numeri 3 e 5, c.p.c.: ciò in quanto il motivo, come formulato, non permette di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, di fatto scindibili, onde consentirne l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (cfr. Cass. n. 39169/2021). In secondo luogo, è manifesta l’inammissibilità del nucleo contestativo sostanziale del motivo che, dietro l’apparente censura della violazione dell’art. 2247 c.c. e dell’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, mira di fatto ad ottenere una rivisitazione, ad opera di questa Corte, delle valutazioni compiute del Tribunale, dimenticando che il giudizio di legittimità, come è noto, non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito,
ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr., ex multis, Cass. n. 15237/2022). Giova ribadire, a tal proposito, che nell’impugnazione dei crediti ammessi di cui all’art. 98 l.f. -nel testo riformato dal d.lgs. n. 5 del 2006 -trova piena applicazione il principio dell’onere della prova, onde non è il creditore ammesso a dover dimostrare nuovamente il suo credito, già assistito dalla favorevole valutazione espressa dal giudice delegato in sede di verifica, ma è l’impugnante a dover provare la fondatezza della sua contestazione (cfr. Cass. n. 10091/2020). Nel caso di specie, il ricorrente lamenta che il Tribunale ha rigettato l’impugnazione proposta ‘ritenendo, del tutto apoditticamente, che la parte ricorrente non abbia fornito prova idonea a dimostrare la qualità di socio occulto della fallita RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e che, nell’accertare l’esistenza di una società di fatto, il Tribunale ha ‘soffermato la propria attenzione sugli elementi costituiti dal fondo comune e dall’alea comune nei guadagni e nelle perdite, erroneamente escludendone la presenza, e non ha valorizzato affatto l’elemento costituito dall’affectio societatis’. Tale doglianza risulta priva di pregio, essendosi il Tribunale senz’altro attenuto, con apprezzamento incensurabile in sede di legittimità, al principio consolidato secondo cui la prova della sussistenza di una società, anche di fatto, deve essere fornita attraverso la dimostrazione dei presupposti costituiti dall’esercizio in comune dell’attività economica, dall’esistenza di un fondo comune e dall’effettiva partecipazione ai profitti e alle perdite e, dunque, da un agire nell’interesse, ancorché diversificato (ma non contro l’interesse), dei soci (cfr. Cass. n. 10507/2016, n. 7903/2020, n. 4784/2023) ».
2.1 Il Collegio condivide e fa proprie le suesposte argomentazioni che non vengono minimamente scalfite dal ricorrente, che si limita genericamente a contrastare la proposta medesima.
2.2 In aggiunta ai profili di inammissibilità evidenziati dalla proposta di definizione va rilevato che il ricorso non rispetta i canoni della specificità ed autosufficienza; la censura fa riferimento ad atti, scritti difensivi, comunicazioni e verbali di assemblea, senza indicare la sede processuale ove sarebbe stata svolta l’allegazione di riferimento, né tantomeno riprodurre e/o anche solo localizzare la produzione dei documenti.
Conclusivamente il ricorso è inammissibile.
3 Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo, tenendo conto del valore della causa costituito dall’importo del credito ammesso.
4 Sussistono, inoltre, i presupposti, essendo la decisione conforme ai rilievi contenuti menzionata proposta, per la condanna delle ricorrenti, nella presente sede, sia ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., che ai sensi del comma 4 della medesima disposizione, come espressamente previsto dall’art. 380 bis, ultimo comma, c.p.c. (disposizione immediatamente applicabile anche ai giudizi in corso alla data del 1° gennaio 2023 per i quali a tale data non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, come nella specie: cfr. Cass., Sez. U, Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023; Sez. U, Ordinanza n. 27433 del 27/09/2023).
La Corte stima equo fissare in € 25.000 la sanzione ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. ( pari ai compensi liquidati in dispositivo), ed in € 2.500 quella ai sensi del comma 4 della medesima disposizione.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater, del D.P.R.30 maggio 2002 n. 115.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente a pagare le spese presente giudizio che liquida in € 25.000, in favore di ciascuno dei controricorrenti, per compensi, oltre € 200 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.
Condanna la ricorrente a pagare l’importo di € 25.000 per ciascuno dei controricorrenti, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c..
Condanna la ricorrente a pagare l’importo di € 2.500 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c..
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 13 marzo 2025.