Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 22908 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 22908 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15616/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrenti- contro
COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE , rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrenti-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 2267/2019, depositata il 27/09/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2/07/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
1. Nel gennaio del 2011 NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in proprio e quali soci della società immobiliare RAGIONE_SOCIALE, hanno citato in giudizio davanti al Tribunale di Livorno NOME COGNOME e NOME COGNOME. Gli attori hanno dedotto la simulazione relativa dell’atto, posto in essere con contratto del 19 marzo 2007, con il quale è stata ceduta in loro favore per l’importo di euro 657.000 la totalità delle quote della società RAGIONE_SOCIALE, atto con il quale era stato trasferito l’immobile costituente il patrimonio sociale, sottolineando che l’effettiva volontà delle parti era stata quella di comprare e vendere il bene immobile servendosi dello schermo societario per beneficiare delle relative agevolazioni fiscali, come si ricaverebbe dalla precedente proposta d’acquisto del 5 febbraio 2007, avente valore di controdichiarazione. Gli attori, precisato poi che era emerso dopo l’acquisto il mancato pagamento di oneri condominiali relativi agli anni 2004-2007 per euro 42.283,31, somma da loro corrisposta, hanno chiesto di accertare la simulazione relativa dell’atto di cessione delle quote perché celante una compravendita immobiliare e di condannare i convenuti COGNOME e COGNOME al rimborso di ‘tutti gli oneri condominiali e di tutte le spese connesse, nella misura di euro 42.283,31 o di quella che il giudice vorrà stabilire’.
Con la sentenza n. 1178/2014 il Tribunale di Livorno ha ritenuto fondata la domanda di simulazione relativa, in quanto ‘la controscrittura contenente il reale intento delle parti è idealmente rappresentata dalla proposta di acquisto prodotta in causa, nella quale possono specificatamente riscontrarsi tutti gli elementi costitutivi del contratto di compravendita immobiliare’; le parti – ha
proseguito il Tribunale hanno ‘voluto assumere le obbligazioni tipiche del contratto di compravendita immobiliare, pur nascondendo lo stesso dietro il diverso contratto di cessione delle partecipazioni sociali’. Il Tribunale ha poi ritenuto fondata anche l’ulteriore domanda proposta dagli attori e ha affermato che deve essere riconosciuto alla parte acquirente il diritto di rivalersi, nei confronti della parte alienante, di quanto pagato al condominio per le spese deliberate prima della compravendita: il contratto realmente voluto dalle parti conteneva tra le altre la garanzia circa la libertà dell’immobile compravenduto da vincoli di ogni genere e d’altro canto in caso di vendita di una unità immobiliare in condominio, qualora venditore e compratore non si siano diversamente accordati in ordine alla ripartizione di spese relative a lavori deliberati, è tenuto a supportare i costi chi era proprietario dell’immobile al momento della delibera assembleare e l’acquirente ha diritto di rivalersi nei confronti del venditore di quanto pagato al condominio per tali spese in forza del principio di solidarietà passiva di cui all’art. 63 disp. att. c.c.
La sentenza è stata impugnata da COGNOME e COGNOME con atto articolato in tre motivi, il primo dei quali contestava la decisione di primo grado in relazione alla ritenuta sussistenza della simulazione relativa del contratto posto in essere dalle parti.
Con la sentenza n. 2267/2019 la Corte d’appello di Firenze, in accoglimento del primo motivo di gravame e in totale riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato le domande proposte in primo grado. Ad avviso del giudice d’appello, l’interpretazione seguita dal Tribunale non tiene conto del complessivo contenuto della ‘proposta di acquisto’, avendone isolato alcuni passaggi, e non considera la sua natura di atto preliminare, come tale superato dall’atto definitivo.
Avverso la sentenza ricorrono per cassazione NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME in proprio e quali soci della società immobiliare RAGIONE_SOCIALE
Resistono con controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME. Memoria è stata depositata dai ricorrenti.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in quattro motivi.
Il primo motivo denuncia ‘nullità della sentenza ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c.p.c. in ragione della erronea interpretazione della domanda introduttiva, con violazione degli artt. 1362 e ss. c.c. e in particolare dell’art. 1367, nonché degli artt. 112 e 346 c.p.c.’: il giudice d’appello ha erroneamente ritenuto che il rigetto della domanda di simulazione sia assorbente di ogni altro motivo e questione, in quanto solo su di essa il Tribunale aveva fondato la propria pronuncia e i ricorrenti non hanno riproposto in comparsa di costituzione e risposta in appello gli altri aspetti della originaria domanda di primo grado; in realtà i ricorrenti avevano proposto un’unica domanda con la quale avevano chiesto, una volta accertata la simulazione dell’atto di cessione di quote, di dichiarare che COGNOME e COGNOME erano tenuti e obbligati al pagamento di tutti gli oneri condominiali e di tutte le spese connesse a qualunque titolo per quanto attiene l’immobile; tale domanda è stata riproposta nelle conclusioni d’appello, avendo domandato, ‘disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione e previe le opportune declaratorie… respingere in quanto infondati tutti i motivi d’appello proposti dalle parti appellanti, confermando la sentenza’ resa dal Tribunale di Livorno.
Il primo motivo non può essere accolto. La Corte d’appello ha rilevato come il Tribunale abbia fondato la decisione di accoglimento delle domande proposte dagli attori sulla qualificazione della cessione dell’immobile non quale conseguenza indiretta dell’acquisizione delle partecipazioni sociali, ma quale
contratto di compravendita del quale le parti avevano voluto assumere le obbligazioni tipiche, simulando un atto di cessione di quote. Tale interpretazione -ad avviso del giudice d’appello non tiene conto del complessivo tenore della ‘proposta d’acquisto’ del 5 febbraio 2007, isolandone solo alcuni passaggi favorevoli alla tesi attorea, e della sua natura di contratto preliminare, ossia di pattuizione le cui clausole possono essere rettificate, sostituite o cancellate nel contratto definitivo, così che è assolutamente improprio volere considerare come controdichiarazione -che deve avere data pari o successiva -un atto prodromico a un altro futuro il cui contenuto può essere diverso per scelta delle parti. Il rigetto della domanda di simulazione -ha proseguito il giudice d’appello assorbe ‘ogni altro motivo e questione’, poiché solo su di essa il Tribunale ha fondato la condanna degli appellanti all’importo richiesto dalle controparti e non vi è stata riproposizione ex art. 346 c.p.c. degli altri aspetti ritualmente proposti in primo grado, avendo gli appellati nella loro comparsa di costituzione unicamente fatto cenno a una allegazione di titolo di ristoro effettuata tardivamente in comparsa conclusionale, ossia non per titolo contrattuale o precontrattuale relativamente alla vendita dissimulata dell’immobile, ma a titolo di soci illimitatamente responsabili della società, dovendo COGNOME e COGNOME in tale qualità rispondere dei debiti accumulati prima della loro uscita dalla compagine sociale.
Al riguardo i ricorrenti non contestano il tenore della pronuncia del Tribunale, ma sostengono di avere riproposto in appello, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., l’unica domanda proposta in primo grado, così che essa doveva essere riesaminata in tutti i suoi profili dal giudice d’appello. Il ragionamento dei ricorrenti non può essere seguito. In primo grado -cfr. le conclusioni trascritte in ricorso alle pagg. 8 e 9 -i ricorrenti hanno chiesto, accertata la simulazione dell’atto di cessione di quote sociali, di dichiarare che COGNOME e COGNOME ‘sono
tenuti e obbligati, nonché effettivi legittimati passivi quanto al pagamento di tutti gli oneri condominiali e di tutte le spese connesse e rivenienti a qualunque titolo per quanto attiene all’immobile’ e ‘per l’effetto condannare COGNOME e COGNOME al rimborso di tutti gli oneri condominiali e di tutte le spese connesse nella misura della somma di euro 42.283,31′. I giudici di merito hanno ritenuto che siano state proposte due domande, una prima di accertamento della simulazione e la seconda di condanna al rimborso degli oneri condominiali. Seguendo l’impostazione dei ricorrenti e considerando la domanda unica, è evidente che la condanna al rimborso degli oneri condominiali ha come necessario presupposto l’accertamento della simulazione, così che esclusa quest’ultima non può che aversi il rigetto dell’unica, secondo i ricorrenti, domanda proposta. Forse i ricorrenti intendono, parlando di unica domanda, sostenere che il rimborso degli oneri condominiali è stato domandato a qualunque titolo e al proposito rinviano a un passo del proprio atto di citazione in cui richiamano, oltre all’art. 63 disp. att. c.c., gli artt. 1440 , 1175, 1337 e 2267 c.c. (v. pag. 22 del ricorso). Il semplice richiamo a delle disposizioni di legge, però, non significa allegare un fatto costitutivo della propria domanda e, comunque, resta il fatto che, come risulta dall’estratto della comparsa d’appello riportata in ricorso (cfr. le pagine 23 e 24 dell’atto, ove si legge ‘voglia la Corte d’appello di Firenze, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione e previe le opportune declaratorie, .. respingere in quanto infondati tutti i motivi d’appello proposti dalle parti appellanti, confermando la sentenza’ di primo grado), i ricorrenti costituendosi in appello si sono limitati a chiedere il rigetto dei motivi di gravame e la conferma della sentenza del Tribunale. Si sottolinea come -secondo la giurisprudenza di questa Corte -‘la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, non ha l’onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per
richiamare in discussione le eccezioni o le questioni superate o assorbite, difettando di interesse al riguardo, ma è soltanto tenuta a riproporle espressamente, in modo tale da manifestare la volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo ai sensi dell’art. 346 c.p.c.’ (così Cass. n. 25840/2021; cfr. pure, negli stessi termini, Cass. n. 1161/2003).
2. Il secondo motivo denuncia ‘nullità della sentenza ai sensi del n. 3 dell’art. 360 c.p.c. in ragione della omessa indagine circa l’effettiva volontà perseguita dalle parti, circa il contegno extraprocessuale mantenuto dalle parti dapprima in sede di stipulazione del contratto preliminare di compravendita e in seguito in sede di sottoscrizione del rogito definitivo, nonché successivamente in sede di tentativo di definizione stragiudiziale della controversia, in ragione della obliterazione di determinanti emergenze istruttorie sia documentali che testimoniali’: la Corte d’appello avrebbe dovuto considerare ‘svariati elementi istruttori, connotanti la inequivoca volontà delle parti di considerare il contratto preliminare quale fonte dei reciproci obblighi’, ossia una lettera inviata alle parti del processo dall’avvocato del condominio il 13 ottobre 2008, le dichiarazioni rese in primo grado da tre testimoni e il verbale dell’assemblea del condominio del 12 luglio 2005.
Il motivo non può essere accolto. La sua premessa è infatti costituita da una pronuncia di merito secondo la quale il contratto definitivo non prevarrebbe sul contratto preliminare, ma spetterebbe al giudice -alla luce di un’indagine sulla effettiva volontà delle parti -stabilire quale dei due contratti sarebbe la fonte dei loro obblighi. Tale premessa, lo riconoscono gli stessi ricorrenti (pag. 30 del ricorso), si pone in contrasto con il principio, pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale, una volta stipulato il contratto definitivo di compravendita di un
immobile, quest’ultimo costituisce l’unica fonte delle obbligazioni delle parti, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che le parti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva (così Cass. n. 15585/2007, menzionata dai ricorrenti). La disciplina prevista dal contratto definitivo, con riguardo alle modalità e condizioni, anche se diversa da quella pattuita con il preliminare, configura un nuovo accordo intervenuto tra le parti e si presume sia l’unica regolamentazione del rapporto da esse voluta; tale presunzione di conformità del nuovo accordo alla volontà delle parti può, nel silenzio del contratto definitivo, essere vinta soltanto dalla prova che deve risultare da atto scritto ove il contratto abbia ad oggetto beni immobili e ricordiamo che nella prospettiva dei ricorrenti il contratto voluto dalle parti è un contratto di compravendita di un immobile -‘di un accordo posto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del definitivo dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni, contenuti nel preliminare, sopravvivono al contratto definitivo’ (Cass. n. 12090/2024).
3. Il terzo motivo contesta ‘nullità della sentenza impugnata ai sensi del n. 3 dell’art. 360 c.p.c. in ragione della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1417 c.c., per avere del tutto omesso di considerare e valutare l’effetto della ingiustificata diserzione all’interrogatorio formale deferito a NOME COGNOME: nella sentenza impugnata non vi è ‘traccia alcuna del fatto che NOME COGNOME parte della relazione negoziale al pari di NOME COGNOME, abbia ingiustificatamente disertato l’interrogatorio deferitole all’udienza del 16 febbraio 2012 avanti al Tribunale di Livorno’.
Il motivo è inammissibile. L’omessa considerazione nella motivazione della decisione del giudice di merito della mancata risposta all’interrogatorio formale non è infatti suscettibile di
censure in sede di legittimità, atteso che l’art. 232 c.p.c. riconnette a tale comportamento della parte soltanto una presunzione semplice che consente di desumere elementi indiziari a favore della avversa tesi processuale (prevedendo che il giudice possa ritenere come ammessi i fatti dedotti nell’interrogatorio “valutato ogni altro elemento di prova”), così che l’esercizio di tale facoltà rientra nell’ambito del potere discrezionale del giudice stesso (così da ultimo Cass. n. 32846/2024).
4. Il quarto motivo denuncia ‘nullità della sentenza impugnata ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. in ragione dell’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti e di carattere decisivo per la controversia’, ossia la mancata presa di posizione di controparte rispetto alla allegazione dei ricorrenti, nell’atto di citazione introduttivo del processo, di un incontro svoltosi tra le parti il 16 settembre 2008 con il quale si erano gettate le basi per un accordo per il pagamento degli oneri condominiali, accordo ‘rimangiato’ dalle controparti che avevano così costretto i ricorrenti a pagare integralmente tali oneri; inoltre nella comparsa di risposta controparte ha omesso di eccepire quanto posto a fondamento della sentenza d’appello, ossia il principio della prevalenza del definitivo sul preliminare in assenza di controdichiarazione coeva al definitivo; tale ‘omesso malgoverno delle emergenze istruttorie’ comporterebbe la nullità della sentenza impugnata appunto sotto il profilo dell’omesso esame di fatti decisivi, anche ‘nell’ottica della declaratoria di simulazione’.
Il motivo non può essere accolto. Il fatto il cui esame sarebbe stato omesso dalla Corte d’appello è lo svolgimento, prima dell’instaurazione del processo, di un incontro tra le parti volto al raggiungimento di un accordo tra loro: si tratta di un fatto privo di decisività, non avendo rilevanza ai fini della decisione della causa la circostanza che le parti abbiano tentato prima del processo una soluzione stragiudiziale della lite tra loro insorta. I ricorrenti fanno
poi riferimento alla mancata eccezione da parte di COGNOME e COGNOME del principio della prevalenza del contratto definitivo rispetto al contratto preliminare: non si tratta di un fatto storico, ma appunto di un principio giurisprudenziale che spettava al giudice di merito applicare.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio in favore dei controricorrenti, che liquida in euro 6.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione