Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13220 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 13220 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/05/2025
SENTENZA
sul ricorso n. 19096/2019 R.G. proposto da:
NOMECOGNOME c.f. CNTNTN72L30C514U, in proprio e in qualità di erede di NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME ricorrente
contro
NOME COGNOME c.f. GDNMHL74A21D643B, NOMECOGNOME c.f. GDNGNN77P23D643M, NOME COGNOME c.f. GDNCRL82P12D643O, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME
contro
ricorrenti
nonché contro
COGNOME NOME COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME controricorrenti nonché contro
OGGETTO:
simulazione di compravendita
RG. 19096/2019
P.U. 8-5-2025
RAGIONE_SOCIALE, c.f. NUMERO_DOCUMENTO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME controricorrente
nonché contro
NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME
intimati avverso la sentenza n. 681/2019 della Corte d’Appello di Bari, depositata il 18-3-2019, udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 8-5-2025 dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha chiesto il rigetto del ricorso, udito l’avv. NOME COGNOME per ISMEA
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME, NOME, NOME, NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME tutti quali eredi di NOME COGNOME e NOME COGNOME anche in proprio, hanno convenuto avanti il Tribunale di Foggia in due cause poi riunite NOME COGNOME i suoi quattro figli NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME e la moglie NOME COGNOME citando ai fini del l’integrità del litisconsorzio anche ISMEA e NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME; hanno esposto che NOME e NOME Conte erano creditori di NOME COGNOME per ingenti somme a titolo di differenze retributive in forza di sentenze che avevano tentato invano di mettere in esecuzione, in quanto era risultato che NOME COGNOME si era spogliato di tutti i suoi beni a favore della moglie e dei figli e appariva nullatenente; con contratto preliminare del 4-6-2004 e successiva scrittura integrativa del 30-72004 lo stesso NOME COGNOME aveva promesso di acquistare dai
COGNOME e COGNOME un’azienda agricola di 68 ettari a Cerignola per il prezzo di Euro 1.600.000,00, di cui Euro 1.425.000,00 da corrispondere tramite mutuo con ISMEA; con due contratti del 30-62005 i COGNOME e COGNOME avevano venduto il fondo distinto in due lotti a ISMEA che, a sua volta, con successivi e coevi atti, li aveva alienati, con patto di riservato dominio, ai figli di NOME COGNOME; con altro atto del 30-6-2005 i COGNOME e COGNOME avevano venduto a NOME COGNOME un appezzamento di terreno e i fabbricati facenti parte della medesima azienda agricola , con intervento all’atto di NOME COGNOME al solo fine di escludere l’acquisto in comunione legale; la COGNOME con successivo atto del 24-5-2007 aveva alienato al figlio NOME COGNOME i suddetti beni per sottrarli alla garanzia patrimoniale dei creditori del marito. Gli attori hanno sostenuto che l’intestazione dei beni alla moglie e ai figli del debitore era meramente fittizia, in quanto l’effettivo acquirente era sta to NOME COGNOME e quindi hanno chiesto dichiararsi la simulazione degli atti di compravendita del 30-6-2005 per interposizione fittizia degli acquirenti, essendo reale acquirente NOME COGNOME e hanno chiesto di conseguenza dichiararsi l ‘ inefficacia del successivo contratto di vendita del 24-5-2007; hanno altresì chiesto dichiararsi che NOME COGNOME era l’unico vero acquirente degli attrezzi e dei macchinari di cui all’elenco allegato al contratto del 30 -7-2004; in via subordinata hanno chiesto di accertare la nullità e inefficacia degli stessi atti per parziale interposizione fittizia e in via ulteriormente subordinata hanno chiesto di accertare che gli immobili oggetto della vendita a favore della moglie del debitore erano caduti in comunione legale tra i coniugi, hanno altresì chiesto il risarcimento dei danni dai convenuti COGNOME e COGNOME dando atto di non proporre alcuna domanda nei confronti di ISMEA e dei convenuti COGNOME e COGNOME.
Con sentenza n. 1794/2014 depositata il 29-7-2014 il Tribunale di Foggia ha rigettato le domande, condannando gli attori alla rifusione delle spese di lite nei confronti di tutti i convenuti.
Avverso la sentenza NOME COGNOME in proprio e in qualità di erede di NOME COGNOME ha proposto appello, che la Corte d’appello di Bari ha integralmente rigettato con sentenza n. 681/2019 pubblicata il 18-32019.
2.Avverso la sentenza NOME COGNOME in proprio e in qualità di erede di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a sette motivi.
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con unico controricorso.
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno a loro volta resistito con unico controricorso.
NOME ha resistito con proprio controricorso.
Sono rimasti intimati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ai quali le notificazioni sono state eseguite a mezzo pec ai difensori con consegna dei messaggi il 10-62019.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione per la pubblica udienza del 27-2-2025 e, a seguito di rinvio di ufficio, per la pubblica udienza del giorno 8-5-2025; il Pubblico Ministero ha depositato memoria con le sue conclusioni e hanno depositato memoria illustrativa il ricorrente e i controricorrenti COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente si rileva l’inammissibilità dell’eccezione sollevata dai controricorrenti COGNOME nel controricorso in ordine alla carenza di interesse ad agire del ricorrente per il fatto che i beni sono stati acquistati con patto di riservato dominio da ISMEA, che ne rimane proprietaria fino al pagamento dell’ultima rata del prezzo. La questione
comporta l’apprezzamento di elementi di fatto , che non risulta essere stato eseguito ma neppure prospettato né in primo né in secondo grado, per cui rimane insuperabile il dato che il giudice di merito non abbia ravvisato alcun ostacolo all’esame della domanda nel merito (Cass. Sez. 2 13-12-2006 n. 26632 Rv. 594591-01).
2.Con il primo motivo il ricorrente NOME COGNOME deduce ‘ violazione o falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., nella parte in cui la Corte barese ha ‘escluso il dedotto vizio di omessa pronuncia anche con riguardo alla domanda di accertamento dell’appartenenza a NOME COGNOME degli attrezzi e dei macchinari risultanti dall’elenco di cui al contratto del 30 luglio 2004 (v. sub V conclusioni atto di citazione), trattandosi di domanda pur sempre fondata sulla prospettata simulazione per interposizione fittizia di persona, che il tribunale ha escluso, rigettando la domanda di accertamento della simulazione’. Il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sia incorsa nella violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., perché la domanda relativa agli attrezzi e ai macchinari era stata proposta in via principale e autonoma, in quanto tali oggetti erano sempre rimasti nella disponibilità di NOME COGNOME a differenza degli immobili; evidenzia che tale asserzione attorea era indiscussa ex art. 115 cod. proc. civ., perché nessuno dei convenuti COGNOME e COGNOME aveva dedotto alcunché a riguardo, mentre era a loro carico l’onere di provare la diversa destinazione finale di tali cose, non assoggettate al riservato dominio di RAGIONE_SOCIALE come gli immobili.
2.1.Il motivo è inammissibile.
La sentenza impugnata, esaminando il motivo di appello con il quale l’appellante lamentava che la sentenza di primo grado non avesse pronunciato sulla domanda di accertamento della proprietà in capo a NOME COGNOME degli attrezzi e dei macchinari di cui all’elenco allegato al contratto 30 -7-2004, ha escluso che vi fosse stata
l’omissione di pronuncia, in quanto la domanda era fondata sulla simulazione per interposizione fittizia di persona che la sentenza di primo grado aveva escluso; ha dichiarato che l’appellante aveva fondato tale domanda sul presupposto che anche tali beni fossero stati oggetto di atti di vendita inefficaci per interposizione fittizia di persona, per cui la pronuncia di rigetto aveva riguardato anche tale domanda. Ha aggiunto che, se così non fosse stato, ovvero se l’appellante avesse ritenuto che tali cose, pur promesse in vendita con il preliminare del 30-7-2004, fossero rimaste escluse dalle successive vendite simulate, non sarebbe stato specificato a quale titolo i beni appartenessero a NOME COGNOME mero promissario acquirente; in tale caso, la domanda sarebbe stata carente dei presupposti minimi indispensabili per la sua individuazione, non risultando allegato a quale titolo NOME COGNOME fosse proprietario dei beni; quindi, doveva ritenersi che l’appellante aveva prospettato la domanda nei term ini di cui alla prima alternativa, con la conseguenza che non vi era omissione di pronuncia.
Il ricorrente non coglie il senso della statuizione perché, dichiarando di avere proposto la domanda relativa all’accertamento della proprietà degli attrezzi e dei macchinari in via autonoma, non censura la pronuncia laddove ha evidenziato che il contratto preliminare non potesse costituire il titolo di acquisto della proprietà di quelle cose in capo a NOME COGNOME A fronte di questo dato, neppure la circostanza che le controparti non avessero contestato che i beni erano rimasti nella disponibilità di NOME COGNOME ha un qualche significato: per proporre deduzione ammissibile il ricorrente avrebbe dovuto allegare quale titolo avesse posto a fondamento della sua domanda, diverso da quello individuato dalla sentenza impugnata relativo alla simulazione per interposizione fittizia di persona, in forza del quale la sentenza ha ritenuto che già il giudice di primo grado aveva
rigettato la domanda relative ad attrezzi e macchinari. Però, evidentemente quel titolo non può essere costituito dal contratto preliminare del 30-72004 contenente l’elencazione di attrezzi e macchinari in quanto la sentenza impugnata ha dichiarato, con pronuncia che non è stata censurata in modo ammissibile in sede di legittimità, che in forza di quel contratto NOME COGNOME era mero promissario acquirente anche degli attrezzi.
3. Con il secondo motivo il ricorrente deduce ‘ violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per aver la Corte d’appello di Bari ritenuto che competesse agli attori provare la destinazione delle macchine e delle attrezzature’. Lamenta che la sentenza impugnata, nell’esaminare congiuntamente il terzo, quarto e quinto motivo di appello, li abbia ritenuti infondati, dichiarando non condivisibile la tesi dell’appellante secondo la quale non vi era stata contestazione sul fatto che tutto l’ingente quantitativo di macchine e attrezzi agricoli era entra to e rimasto nella disponibilità di NOME COGNOME e dichiarando che tale circostanza era stata contestata dagli appellati, i quali avevano espressamente negato che i beni appartenessero a NOME COGNOME in quanto funzionali all’azienda agricola da loro acquistata. Il ricorrente lamenta che la sentenza non abbia specificato a quali appellati facesse riferimento e abbia aggiunto che sarebbe spettato agli attori dimostrare la circostanza contestata, in quanto sostiene fosse a carico dei convenuti dimostrare la destinazione dei beni.
3.1.Il motivo è inammissibile, perché rivolto avverso a deduzioni esposte nella sentenza prive di concreto contenuto decisorio.
Infatti, a fronte del dato che la sentenza ha escluso che NOME COGNOME avesse un titolo di proprietà su attrezzi e macchinari e del dato che la pronuncia resiste alle critiche del ricorrente in ragione dell’inammissibilità del primo motivo di ricorso, nonché a fronte del
dato che non risulta proposta in causa alcuna domanda che trovasse titolo nel fatto della disponibilità materiale di tali attrezzi e macchinari da parte di NOME COGNOME risulta in sé insignificante ogni questione relativa all’individuazione del soggetto che avesse la disponibilità materiale delle macchine e degli attrezzi.
4. Con il terzo motivo il ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 1361, 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per aver la Corte d’appello di Bari ritenuto che non fosse ‘dimostrato che l’appezzamento di terreno agricolo della superficie di ha. 063.88 e i fabbricati rurali oggetto di acquisto (in catasto fabbricati al foglio 82, particelle 57, sub 1,2,3,4 e in catasto terreni al foglio 82, particella 57, ex 25/b) dapprima dalla COGNOME e successivamente dal figlio NOME siano stati promessi in vendita a NOME COGNOME, giacché non risultano formare oggetto del preliminare del 4 giugno 2004 né della successiva scrittura integrativa del 30 luglio 2004”. Il ricorrente sostiene che tali affermazioni siano erronee e frutto di un esame superficiale dell’incartamento, in quanto il preliminare del 4-6-2004 aveva avuto a oggetto un fondo della superficie complessiva di ettari 68 are 22 centiare 51 e un gruppo di edifici e di tale complesso 27 ettari, 84 are e 50 centiare furono rilevati da ISMEA e ceduti a NOME COGNOME con atti del 30-6-2005 e 39 ettari, 74 e 13 centiare furono rilevati da ISMEA e ceduti congiuntamente a NOME NOME e NOME COGNOME; aggiunge che residuavano 63 are e 88 centiare, comprensivi di fabbricati esclusi dall’intervento finanziario di ISMEA, che con il quinto atto consecutivo del 30-6-2005 furono ceduti a NOME COGNOME e, due anni dopo, dalla stessa al figlio NOME COGNOME.
4.1.Il motivo è evidentemente inammissibile perché, a prescindere dall’indicazione nell’intestazione di una serie di disposizioni delle quali si lamenta la violazione, dal contenuto del motivo non si
riesce in alcun modo a ricavare in quali termini si sostenga la lamentata violazione o falsa applicazione delle disposizioni indicate; le argomentazioni svolte si limitano a fare riferimento alle dimensioni dei terreni oggetto degli atti di disposizione, al fine di sostenere l’esistenza della prova che la sentenza ha escluso, in ordine al fatto che il terreno di ha 0.63.88 acquistato dalla COGNOME e poi da lei trasferito al figlio NOME fosse compreso nella promessa di vendita a favore di NOME COGNOME. La questione è all’evidenza esclusivamente di fatto, per cui l’accertamento svolto dalla Corte d’appello avrebbe potuto essere censurato in termini ammissibili in sede di legittimità soltanto attraverso la proposizione di motivo ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., nel ricorrere dei relativi presupposti.
5. Con il quarto motivo il ricorrente deduce ‘ violazione o falsa applicazione degli artt. 1415, 1417, 2697, 2700, 2727 e 2729 c.c., 115 e 116 c.p.c., per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.; non ave ndo la Corte d’appello di Bari considerato che il terreno di 63 are e 88 centiare e tutti i fabbricati assertivamente ‘acquistati’ dalla moglie NOME COGNOME per l’irrisorio corrispettivo di 20mila euro -che nel 5° consecutivo rogito per notar COGNOME del 30-6-2005 era riconosciuto come essere stato già versato in precedenza agli eredi COGNOME– era esattamente corrispondente allo stesso importo (20 mila euro) che NOME COGNOME aveva versato, con denaro proprio, ai promittenti venditori con il primo preliminare del 4-62004′. Il ricorrente lamenta che la Corte d’appello non abbia considerato che per il terreno di 63 are e 88 centiare acquistato dalla moglie del debitore NOME COGNOME NOME COGNOME sia stato dichiarato il pagamento del prezzo irrisorio di Euro 20.000,00, che era esattamente lo stesso prezzo versato dal marito ai venditori al momento del preliminare del 4-6-2004; quindi rileva che la dichiarazione di NOME
NOME al momento del rogito, in ordine al fatto che il prezzo era pagato dalla moglie ricavandolo dal trasferimento di propri beni personali non era vera e comunque non dimostrata, con la conseguenza che l’acquisto era caduto nella comunione legale tra i coniugi.
5.1.Il motivo è inammissibile.
I l motivo proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. è inammissibile ai sensi dell’art. 348 -ter co.5 cod. proc. civ. ratione temporis vigente, in ragione dell’introduzione del giudizio d’appello successivamente all’11 -9-2012 (la sentenza di primo grado è stata depositata il 29-72014) e all’introduzione del giudizio di cassazione prima del 28-2-2023, vertendosi in ipotesi di “doppia conforme”, in quanto la sentenza della Corte d’appello ha integralmente rigettato l’appello confermando la sent enza del Tribunale. In tale caso il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n.5 dell’art. 360 cod. proc. civ. è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. 3 28-2-2023 n. 5947 Rv. 667202 -01, Cass. Sez. 1 22-12-2016 n. 26774 Rv. 643244-03, per tutte). Al contrario il ricorrente, limitandosi a lamentare che la Corte d’appello non ab bia esaminato le sue deduzioni, presuppone l’inesistenza di una diversità delle ragioni di fatto poste a fondamento delle decisioni di primo e di secondo grado. Per di più il motivo pare proposto sulla base del presupposto che il terreno oggetto dell’acquist o da parte di NOME COGNOME fosse già compreso nei terreni oggetto del contratto preliminare concluso nel 2004 dal marito, ma la circostanza è stata esclusa in fatto dalla Corte d’appello, con pronuncia che resiste alle critiche del ricorrente, in ragione della dichiarazione di inammissibilità del terzo motivo di ricorso.
Per il resto, nel motivo non si individua alcuna deduzione volta a fare emergere in modo ammissibile la violazione e falsa applicazione delle disposizioni richiamate nell’intitolazione, che in sostanza sono prospettate soltanto al fine di ottenere la diversa ricostruzione dei fatti sostenuta nel corpo del motivo medesimo e in ragione di tale diversa ricostruzione.
6. Con il quinto motivo il ricorrente deduce ‘ violazione o falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., 115 e 116 c.p.c. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.; non avendo la Corte d’appe llo di Bari tenuto conto che la preesistenza rispetto agli atti in questione della società ‘RAGIONE_SOCIALE in capo a NOME COGNOME e ai figli NOME e NOME deponesse per l’accoglimento delle tre principali domande in tema di simulazione parziale, volte a far dichiarare il medesimo NOME COGNOME comproprietario dei beni immobili e mobili’. Evidenzia che, già prima della conclusione dei contratti con gli eredi COGNOME, NOME COGNOME aveva costituito la società cooperativa con i due figli, sostiene che ciò fosse elemento che dimostrava che era stato sempre NOME COGNOME a tenere le redini degli affari di famiglia e lamenta che la sentenza non ne abbia tenuto conto.
6 .1.Il motivo proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. è inammissibile per le ragioni già esposte in relazione al quarto motivo, vertendosi in ipotesi di ‘doppia conforme’ e non deducendo il ricorrente in quali termini la sentenza di secondo grado si differenzi da quella di primo grado.
E’ inammissibile anche la dedotta violazione dell’art. 2697 cod. civ., che è configurabile solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova a una parte diversa da quella che ne era onerata e non invece nel caso in cui oggetto di censura sia la valutazione che il
giudice abbia dato delle prove offerte dalle parti (Cass. Sez. 3 29-52018 n. 13395 Rv. 649038-01, Cass. Sez. Sez. 3 17-6-2013 n. 15107 Rv- 626907-01).
Sono inammissibili le prospettate violazioni degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. perché per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. occorre denunciare che il giudice, in contraddizione con la disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggiore forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre prove, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U 30 -9-2020 n.20867 Rv. 659037-01). A sua volta, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammissibile solo se si alleghi che il giudice, nel valutare una risultanza probatoria, non abbia operato -in assenza di diversa indicazione normativa- secondo il suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore, oppure il valore che il legislatore attribuisce a una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, il valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta a una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento (Cass. Sez. U 30-9-2020 n. 20867 Rv. 659037-02).
E’ inammissibile infine la dedotta violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ, perché la denuncia in cassazione di violazione o falsa applicazione dell’art. 2729 cod. civ. può prospettarsi solo quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti, ovvero fondi la presunzione su fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza
ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito (Cass. Sez. 2 21-3-2022 n. 9054 Rv. 664316-01); infatti, la valutazione della ricorrenza della precisione, gravità e concordanza e dell’idoneità degli elementi presuntivi aventi tale carattere a dimostrare i fatti ignoti da provare costituisce attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito (Cass. Sez. 1 25 -9-2023 n. 27266 Rv. 669130-01).
7. Con il sesto motivo il ricorrente deduce ‘ violazione o falsa applicazione degli artt. 1415 e 2901 c.c., ai sensi dell’art. 360 1° comma n. 3 c.p.c., quanto alla simulazione e alla revocatoria dedotte’; lamenta che la sentenza impugnata abbia escluso il vizio di omessa pronuncia da lui dedotta in ordine alla domanda dichiarativa dell’inefficacia dell’atto di vendita del 24 -5-2007 tra la madre NOME COGNOME e il figlio NOME COGNOME, dichiarando che, una volta escluso che il compendio immobiliare fosse di proprietà di NOME COGNOME, la domanda revocatoria era priva di utilità, perché inidonea a reintegrare il patrimonio del debitore. Il ricorrente evidenzia che l’azione di simulazione e quella revocatoria possono essere proposte nello stesso giudizio anche in forma alternativa, rileva che nella fattispecie l’azione revocatoria era stata proposta in via principale e non consequenziale e non esisteva nesso di subordinazione tra le due domande; rileva di avere sostenuto che gli immobili acquistati dalla moglie del debitore ricadevano nella comunione legale e quindi con riguardo alla vendita eseguita dalla moglie del debitore l’azione revocatoria era proposta in via principale.
7.1.Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio della pronuncia impugnata.
Con l’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 cod. civ. il creditore chiede che siano dichiarati inefficaci atti di disposizione del patrimonio con il quale il suo debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni. Nella fattispecie il ricorrente ha agito sostenendo di essere creditore di NOME COGNOME e può avere proposto azione revocatoria in via principale con esclusivo riguardo all’atto di disposizione eseguito da lla moglie del debitore a favore del figlio NOME; infatti, gli altri atti impugnati sono atti di trasferimento della proprietà da parte di terzi ISMEA ed eredi COGNOME– a favore di congiunti di NOME COGNOME che il ricorrente sosteneva simulati per interposizione fittizia. Però, con riguardo a ll’ atto della moglie del debitore a favore del figlio NOME, al fine di sostenere che avesse a oggetto bene in comproprietà del debitore, era necessario dimostrare che la proprietà era stata acquistata dai coniugi in comunione legale; ciò, pur a fronte del fatto, di cui dà atto lo stesso ricorrente, che NOME COGNOME aveva partecipato all’atto di acquisto per escluder e l’acquisto in comunione legale. In mancanza dell’accertamento da parte della sentenza impugnata in ordine al fatto che quell’immobile fosse stato acquistato in comunione tra i coniugi e in mancanza di censura ammissibile in sede di legittimità su questo punto della decisione -a fronte della dichiarazione di inammissibilità del quarto motivo di ricorso-, non sussistono i presupposti per ritenere che l’atto di disposizione da pa rte della moglie del debitore a favore del figlio avesse a oggetto bene in comunione legale con il marito e perciò potesse essere oggetto di azione revocatoria. Quindi, sono evidentemente ininfluenti le deduzioni del ricorrente relative a l fatto che l’azione di simulazione e l’azione revocatoria possono essere proposte anche in via alternativa; ciò presuppone che le azioni siano proposte nei confronti dello stesso debitore e non, come nella fattispecie secondo l’accertamento svolto nel giudizio di merito e che resiste in questa sede, la prima al fine di
accertare la titolarità in capo al debitore del bene oggetto di atto di disposizione pregiudizievole.
8.Con il settimo motivo il ricorrente deduce ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 102, 100 e 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto che, pur non essendo stata proposta alcuna domanda nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE e degli eredi COGNOME, tuttavia ha condannato il ricorrente alle spese nei loro confronti’. Lamenta che la sentenza impugnata non abbia considerato che in primo grado gli attori non avevano proposto alcuna domanda nei confronti di NOME e degli eredi COGNOME, specificando ne ll’atto introduttivo di citarli in giudizio solo al fine di rispettare il litisconsorzio necessario, per il fatto che all’epoca la giurisprudenza di legittimità era in tal senso e solo Cass. Sez. U 11523/2013 aveva poi escluso che il terzo venditore fosse litisconsorte necessario.
8.1.Il motivo è inammissibile per le modalità con le quali è stato proposto.
La sentenza impugnata ha dichiarato che la condanna degli attori alla rifusione delle spese di lite era stata correttamente eseguita dal Tribunale in applicazione del principio di soccombenza, per il fatto che erano state rigettate tutte le domande attoree ed era stata rilevata la carenza di interesse a resistere di RAGIONE_SOCIALE; ha escluso che, per il fatto che non fosse stata proposta dagli attori domanda nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, non se ne sarebbe potuto dichiarare il difetto di legittimazione passiva; ha aggiunt o che il richiamo dell’appellante a Cass. Sez. U 11523/2013 non giustificava l’esclusione dell’applicazione del principio di soccombenza, in quanto non si era trattato di overruling, ma di contrasto interpretativo tra le sezioni semplici deciso dalle Sezioni Unite nel senso al quale aveva aderito il giudice di primo grado.
Con questo contenuto, la sentenza ha già considerato tutti i dati ai quali fa riferimento il motivo di ricorso, che si limita a riproporre le
tesi già esaminate dalla Corte d’appello , senza neppure tentare di svolgere una qualche deduzione critica finalizzata a dimostrare l’erroneità dell e statuizioni. Per questo, si deve fare applicazione del principio secondo il quale nel ricorso per cassazione, il vizio ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate, ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa tra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla Suprema Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunciata violazione (Cass. Sez. 3 26-7-2024 n. 20870 Rv. 671836-01, Cass. Sez. 6-3 26-6-2013 n. 16038 Rv. 626926-01).
Del resto, come esattamente rilevato dal Pubblico Ministero, la pronuncia della Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principio enunciato da Cass. Sez. 2 24-2-2004 n. 3642 (Rv. 57045201), secondo il quale qualora l’attore convenga in giudizio, oltre al soggetto nei cui confronti è indirizzata la domanda, anche un terzo nei cui confronti ritiene che debba essere adottata o comunque avere effetto la pronuncia, in caso di rigetto della domanda legittimamente il giudice pone a suo carico le spese giudiziali sopportate anche da tale terzo, pur se nei suoi confronti non risultino proposte specifiche domande, in applicazione del principio generale della soccombenza; ciò in quanto la partecipazione del terzo al giudizio, in primo grado, è necessitata dalla citazione notificatagli dall’attore , il quale è responsabile di avere dato luogo, con una pretesa infondata, al giudizio nel quale l’altro è rimasto coinvolto e ha dovuto svolgere le proprie ragioni e difese.
9.In conclusione il ricorso è interamente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente è condannato alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità a favore di tutte le parti controricorrenti , liquidate in dispositivo tenendo conto dell’attività concretamente svolta.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per compensi in Euro 5.000,00 a favore dei controricorrenti COGNOME, in Euro 5.000,00 a favore della controricorrente ISMEA e in Euro 3.000,00 a favore dei controricorrenti COGNOME e COGNOME, oltre Euro 200,00 per esborsi, 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege a favore di ciascuna parte controricorrente , con distrazione a favore dell’avv. NOME COGNOME difensore dei controricorrenti COGNOME e COGNOME dichiaratosi antistatario.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione