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Simulazione assoluta: prova testimoniale e termini

La Corte di Cassazione chiarisce i limiti e i termini per contestare l’ammissibilità della prova testimoniale in un caso di simulazione assoluta tra coniugi. La sentenza analizza una compravendita immobiliare fittizia, confermando che l’eccezione sull’uso dei testimoni deve essere sollevata tempestivamente in primo grado e non può essere proposta per la prima volta in appello, poiché la norma non tutela interessi di ordine pubblico ma privati. Il ricorso della parte che ha sollevato tardivamente l’eccezione è stato quindi respinto.

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Simulazione Assoluta: Quando e Come Contestare la Prova Testimoniale

Nel contesto delle controversie civili, la simulazione assoluta rappresenta una situazione complessa in cui le parti, pur formalizzando un contratto, sono d’accordo nel non volerne alcun effetto. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui limiti probatori, in particolare sull’uso della prova testimoniale per dimostrare tale accordo simulatorio tra le parti. La decisione sottolinea un principio processuale cruciale: le obiezioni all’ammissibilità delle prove devono essere sollevate tempestivamente, altrimenti si perde il diritto di farle valere.

I Fatti del Caso: Una Compravendita Immobiliare tra Coniugi

La vicenda giudiziaria ha origine dall’azione legale promossa da un uomo nei confronti della moglie. Egli chiedeva al Tribunale di accertare la nullità di un atto di compravendita immobiliare, sostenendo che si trattasse di una simulazione assoluta. L’immobile, infatti, era stato solo fittiziamente trasferito alla consorte. Successivamente, la donna aveva venduto l’immobile a un terzo, incassando il prezzo.
Il Tribunale di primo grado, ammettendo e valutando la prova testimoniale richiesta dall’attore, accoglieva la domanda. Dichiarava la natura simulata della prima vendita e condannava la convenuta a restituire al marito la somma di 30.000 euro, corrispondente al prezzo incassato dalla seconda vendita.

L’Appello e la Questione della Prova Testimoniale

La moglie proponeva appello, lamentando principalmente la violazione delle norme che limitano l’uso della prova per testimoni per dimostrare la simulazione tra le parti (artt. 1417 e 2724 c.c.). A suo dire, il Tribunale aveva erroneamente ammesso tale prova.
La Corte d’Appello, tuttavia, rigettava il gravame. I giudici di secondo grado osservavano che l’appellante, nel corso del giudizio di primo grado, non aveva mai sollevato una specifica eccezione contro l’ordinanza che ammetteva la prova testimoniale. Tale obiezione era stata formulata per la prima volta solo con l’atto di appello, risultando quindi tardiva. La Corte confermava così integralmente la sentenza di primo grado, basata anche su altri elementi documentali che provavano la natura fittizia della vendita.

Le Motivazioni della Cassazione sulla simulazione assoluta

La questione è giunta infine dinanzi alla Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso della donna, confermando la decisione d’appello e fornendo un’analisi dettagliata dei principi processuali applicabili.
Il punto centrale della decisione è che i limiti alla prova testimoniale previsti dall’art. 1417 c.c. per la simulazione assoluta non sono posti a tutela di un interesse pubblico, ma di interessi privati delle parti contraenti. Di conseguenza, la loro violazione non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma deve essere eccepita dalla parte interessata.
La Suprema Corte ha stabilito che tale eccezione di inammissibilità deve essere proposta nella prima istanza o difesa successiva all’ammissione della prova. In altre parole, la parte che ritiene la prova testimoniale inammissibile deve contestarla subito nel giudizio di primo grado, e non può attendere l’eventuale esito sfavorevole per sollevare la questione in appello.
Nel caso di specie, la ricorrente aveva contestato genericamente la rilevanza delle prove, ma non aveva mai formulato una specifica eccezione di nullità per violazione del divieto di cui all’art. 1417 c.c. né prima, né dopo l’assunzione dei testimoni. L’eccezione sollevata per la prima volta con i motivi d’appello è stata quindi correttamente giudicata tardiva.

Conclusioni

La pronuncia in esame ribadisce un principio fondamentale di strategia processuale: la tempestività delle eccezioni. Le parti non possono rimanere inerti di fronte a un’istruttoria che ritengono illegittima, per poi lamentarsene solo in sede di impugnazione. La nullità derivante dalla violazione dei limiti alla prova testimoniale in materia di simulazione è una nullità “relativa”, che deve essere fatta valere nei tempi e modi previsti dal codice di procedura civile. Questa decisione serve da monito sull’importanza di una difesa attenta e puntuale sin dalle prime fasi del giudizio per non precludersi la possibilità di far valere le proprie ragioni.

Quando si può contestare l’ammissione di una prova testimoniale per dimostrare la simulazione tra le parti?
L’eccezione di inammissibilità della prova testimoniale deve essere sollevata nella prima istanza o difesa successiva alla sua ammissione nel giudizio di primo grado. Non può essere proposta per la prima volta in appello.

La limitazione alla prova testimoniale nella simulazione assoluta è una questione di ordine pubblico?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che le limitazioni all’ammissibilità della prova testimoniale in materia di simulazione non riguardano l’ordine pubblico, ma sono dettate a tutela di interessi di natura privatistica. Pertanto, la loro violazione non può essere rilevata d’ufficio dal giudice.

Cosa succede se un’eccezione di inammissibilità della prova viene sollevata solo in appello?
Se l’eccezione viene sollevata per la prima volta con i motivi di appello, viene considerata tardiva e, di conseguenza, inammissibile. La prova testimoniale, anche se potenzialmente illegittima, rimane validamente acquisita nel processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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