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Codice Penale

Separazione personale dei coniugi, domanda di mantenimento

Domanda di mantenimento, il parametro dell’adeguatezza dei redditi del coniuge richiedente, mancanza di redditi sufficienti ad assicurargli il tenore di vita goduto.

Pubblicato il 08 April 2022 in Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale Ordinario di Frosinone Sezione Civile

Il Collegio così composto:

riunito in camera di consiglio ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 341/2022 pubblicata il 31/03/2022

nella causa iscritta al ruolo generale degli affari civili contenziosi n. 1293/2015 ed instaurata da

XXX, rappresentata e difesa dall’Avv., per procura a margine del ricorso;

RICORRENTE contro

YYY, rappresentato e difeso dall’Avv., per procura congiunta alla memoria di costituzione in fase presidenziale;

RESISTENTE nonché

con l’intervento del P.M..

OGGETTO: separazione giudiziale – addebito della separazione – assegno di mantenimento – regime inerente la prole minorenne.

CONCLUSIONI: come in atti.

MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO

1. Con ricorso depositato in data 21.04.2015 e ritualmente notificato, XXX ha chiesto a questo Tribunale di pronunciare la separazione personale dal coniuge YYY, con addebito a carico del marito per violazione dell’obbligo di assistenza materiale e morale, di collaborazione nell’interesse della famiglia, di coabitazione e di fedeltà, di disporre l’affidamento condiviso del figlio minorenne ***, solo subordinatamente chiedendo di prevederlo esclusivo in favore della madre, comunque con collocamento del minore presso la stessa madre; di assegnare, pertanto, ad essa e al figlio la casa coniugale, sita in; di prevedere che il padre possa sentire ed incontrare il figlio *** a fine settimana alternati e, segnatamente, dal sabato dalle ore 11:00 fino alla domenica alle ore 18:00, e durante la settimana nei giorni degli allenamenti di ciclismo e delle gare a cui lo conduce il padre; di disporre, altresì, che il YYY sia tenuto a corrispondere alla XXX euro 900,00 mensili, a titolo di mantenimento del figlio minorenne, oltre a contribuire nella misura del 100% alle spese straordinarie, ed euro 700,00 mensili, a titolo di mantenimento della moglie stessa.

A tal fine la ricorrente ha esposto che: nella data del 2.09.2004 i coniugi contraevano matrimonio in Romania (trascritto nei registri anagrafici del Comune di Anagni); dal rapporto coniugale nasceva un figlio, ***, in data 22.04.2005; la convivenza diveniva intollerabile a causa degli atteggiamenti irriguardosi, offensivi e irresponsabili costantemente tenuti del YYY verso la famiglia e, in particolare, nei confronti della moglie; le mancava di rispetto, la ingiuriava e la offendeva ripetutamente, anche di fronte al bambino, talvolta arrivando a minacciarla di farla ricoverare e toglierle il figlio; agli iniziali litigi seguiva il venir meno di ogni rapporto tra i coniugi; da molti mesi prima del ricorso il marito rifiutava di intrattenere rapporti affettivi con la moglie e aveva instaurato una relazione extraconiugale; la escludeva, inoltre, dalla vita del figlio, allontanandosi da casa, con il minore, per intere giornate e per tutto il fine settimana, senza lasciare alla moglie neppure i soldi per la spesa; è quanto era avvenuto il 7.01.2015, rientrando dopo due giorni, e in occasione della Pasqua 2014; l’intento del YYY era quello di estromettere la figura materna attraverso una costante denigrazione e, al contempo, un atteggiamento compiacente verso il figlio, ciò che avrebbe comportato ripercussioni sul benessere psicofisico del minore; il YYY era titolare di un’impresa di pellet denominata YYY energie (già *** s.r.l.), con sede in Anagni, traendone redditi mensili pari a circa euro 2.500,00; mentre la moglie, priva di redditi propri, si era dedicata alla cura della casa e della prole; durante la convivenza coniugale avevano un buon tenore di vita, potendosi concedere cene fuori, vacanze in Romania, vestiti firmati, parrucchiere, regali, sport per il bambino; la casa coniugale era di proprietà esclusiva del marito, il quale l’aveva ricevuta in eredità dalla propria madre.

Ha resistito in giudizio fin dalla fase presidenziale YYY, aderendo alla separazione ex adverso richiesta e all’istanza di affidamento congiunto del figlio minorenne promossa dalla moglie, ma chiedendo il collocamento del figlio presso di sé; l’assegnazione in proprio favore della casa coniugale, con quanto in essa contenuto; la reiezione sia della domanda di addebito elevata dalla moglie nei propri confronti sia di tutte le richieste economiche formulate dalla stessa, in quanto sperequate e ingiuste; in via riconvenzionale, la pronuncia di addebito nei confronti della moglie, per avere la stessa reiteratamente violato i doveri che discendono dal matrimonio.

Il resistente ha respinto la ricostruzione dei fatti resa dalla moglie e individuato le cause della crisi matrimoniale nell’aggravarsi delle problematiche di natura personale, caratteriale e psicologica della ricorrente, che ha dedotto essere affetta da una grave patologia psichiatrica a causa della mancata integrazione nel contesto sociale in cui si era trasferita dopo il matrimonio, nonché nelle difficoltà economiche attraversate dal nucleo familiare e correlate alla crisi che aveva investito la società commerciale gestita dal marito; quanto alla situazione personale dei coniugi, ha dato conto che essi avevano optato per una suddivisione dei compiti familiari per cui la XXX si dedicava alla cura della casa e dei figli e il marito si impiegava lavorativamente; dopo la nascita del figlio, lasciavano la casa in campagna e si trasferivano nel centro di Anagni, presso l’appartamento della madre del YYY, così assecondando la volontà della moglie; egli, successivamente, ereditava pro quota con le sorelle il detto immobile, provvedeva a ristrutturarlo e ad arredarlo anche con mobili di pregio; nonostante la vita “alquanto agiata” che riuscivano ad avere, la moglie non faceva nulla per integrarsi nel contesto familiare e sociale, lamentando di non conoscere bene la lingua e accusando gli altri di non essere sinceri; si doleva di non riuscire a gestire il figlio, troppo vivace, preferendo che fosse il padre ad accompagnarlo a scuola e alle attività sportive; il YYY perdeva l’impiego presso la *** s.p.a e intraprendeva, con un socio e le rispettive moglie, un’attività autonoma; tuttavia la XXX si rifiutava di collaborare nell’impresa e ostacolava l’impegno lavorativo del marito, non occupandosi lei del figlio e della casa; la crisi economica che coinvolgeva l’attività, acuiva le incomprensioni tra i coniugi, poiché la XXX non accettava di dover rinunciare al precedente tenore economico; la moglie iniziava ad accusare infondatamente il marito di intrattenere una relazione extraconiugale, divenendo quasi maniacale fino ad avere una crisi isterica nel luglio 2013, cui seguiva un ricovero ospedaliero nel reparto di neuropsichiatria dell’ospedale di Sora; i coniugi ricorsero poi alle cure del CSM e all’aiuto della madre della ricorrente, ma, ciò nonostante, la situazione restava difficile, anche perché la XXX rifiutava di proseguire l’assunzione delle terapie farmacologiche prescrittele; il 7.01.2015 il YYY era costretto ad allontanarsi dalla casa, portando con sé il figlio, a causa di una grave crisi isterica avuta dalla moglie, che arrivava a minacciare il marito con un coltello davanti al figlio; in altre occasioni li aveva minacciati di mettere gocce di tranquillanti nel cibo e di portare via dall’Italia il bambino; pronunciava frasi offensive nei confronti del marito e del figlio; temendo per l’incolumità propria e del figlio, il YYY passava la maggior parte del tempo fuori casa, portando con sé il figlio; questi era scioccato ed impaurito, perciò non voleva più restare da solo con la madre; la XXX, pur sollecitata dal marito a cercare un’occupazione onde contribuire alle esigenze economiche familiari, non si era mai attivata a tal fine; comunque il YYY non aveva mai fatto mancare il necessario per vivere alla moglie e al figlio; quanto alla situazione economica del resistente, ha dedotto che egli era socio della *** s.r.l. ormai praticamente inattiva, da cui ricavava poche migliaia di euro; era titolare della casa coniugale per la quota di 1/3 e di diversi terreni acquistati negli anni in Romania; utilizzava un vecchio autoveicolo.

Fallito il tentativo di conciliazione nell’udienza presidenziale del 19.06.2015, i provvedimenti provvisorio emessi il 22.06.2015 hanno autorizzato i coniugi a vivere separatamente, con obbligo di mutuo rispetto, stabilito l’affidamento condiviso del figlio minorenne e il collocamento dello stesso presso la madre, regolamentato gli incontri padre-figlio (con previsione che si tengano ogni mercoledì pomeriggio dalle ore 16:00 alle ore 20:00, a fine settimana alternati, dalle ore 16:00 del sabato alle ore 20:00 della domenica, per venti giorni durante il periodo estivo, luglio o agosto ad anni alterni, per dieci giorni durante le festività natalizie, ad anni alterni, comprendendo una volta il giorno di Natale e la successiva il giorno di Capodanno, per quattro giorni durante le vacanze pasquali ad anni alterni, comprendendo una volta il giorno di Pasqua e la successiva il lunedì dell’Angelo), l’assegnazione della casa familiare alla madre, il mantenimento della moglie nella misura di euro 200,00 mensili e la contribuzione paterna per il figlio pari ad euro 400,00 al mese, oltre al rimborso del 50% delle spese straordinarie.

Nella memoria integrativa la ricorrente, sulla premessa della non corrispondenza a verità dell’eziologia della crisi familiare offerta dal marito (sia quanto alla patologia psichiatrica della moglie, all’interruzione del trattamento farmacologico e alle aggressioni nei confronti del marito e del figlio, sia quanto alle difficoltà economiche della famiglia), ha chiesto il rigetto dell’avversa domanda di addebito della separazione; ha ribadito il contenuto del primo scritto difensivo e aggiunto che il marito restava inadempiente al provvedimento presidenziale quanto al versamento del mantenimento (tranne che per piccole somme); ha, infine, insistito, in via principale, per l’accoglimento delle richieste già promosse in ricorso, e domandato, in subordine, la conferma dei provvedimenti resi in via provvisoria.

In sede di costituzione innanzi al GI il resistente, reiterato quanto esposto nella memoria della fase presidenziale, ha aggiunto che il figlio, collocato presso la madre, presentava difficoltà scolastiche, ha smentito l’esistenza di una società YYY Energie; ha infine concluso con la formulazione delle medesime domande già elevate.

La causa è stata istruita mediante produzioni documentali e assunzione di prova orale, nonché con incarichi a Servizi Sociali, Consultori familiari e SMREE, infine disponendo CTU.

Con ordinanza del 24.09.2018 è stata accolta l’istanza del resistente di modifica dei provvedimenti presidenziali, disponendo l’allocazione del minore, ***, presso il padre, l’assegnazione al padre della casa familiare, la più ampia frequentazione del figlio con la madre come da calendarizzazione rimessa al Consultorio familiare di Anagni, la contribuzione materna al mantenimento del figlio nella misura di euro 100,00 mensili; prevedendo, altresì, un assegno di mantenimento per la moglie di euro 500,00 mensili da porsi a carico del marito.

Nell’udienza del 17.05.2021 le parti hanno precisato le conclusioni, chiedendo, la ricorrente, di disporre l’affidamento condiviso del figlio minore, la collocazione dello stesso presso la madre o presso il padre ove conforme all’interesse del minore, con frequentazione dell’altro genitore; in caso di collocamento presso la madre, prevedendo una contribuzione paterna di euro 500,00 mensili o dell’ammontare ritenuto di giustizia, con spese straordinarie al 50%; l’assegnazione alla madre e al figlio della casa familiare; un assegno per il mantenimento della moglie dell’importo di euro 400,00 mensili da porsi a carico del marito; l’addebito al marito della responsabilità della crisi coniugale. Il resistente ha, invece, chiesto di confermare l’affidamento condiviso e la collocazione del figlio presso il padre, con regime di visite materne e assegnazione al padre della casa familiare, di revocare l’assegno di mantenimento per la moglie, di addebitare alla moglie la separazione coniugale, con rigetto di ogni altra domanda avanzata dalla controparte. Ne è seguita la rimessione della causa al Collegio, con la concessione di termini ex art. 190 c.p.c..

Del medesimo tenore di quelle articolate in udienza le richieste della ricorrente negli scritti conclusionali.

Nelle proprie memorie anche il resistente ha reiterato le domande formulate in udienza, tranne aumentare ad euro 200,00 la richiesta di contribuzione materna al mantenimento del figlio.

2. Tanto premesso, la domanda di separazione personale dei coniugi va accolta.

L’adesione di parte resistente alla avversa domanda di separazione, l’esito negativo del tentativo di conciliazione (cfr. processo verbale dell’udienza presidenziale tenutasi in data 19.06.2015), il tenore degli atti di causa e, in particolare, la gravità degli addebiti reciprocamente mossisi dai coniugi, la conflittualità tra di essi rimasta fervida nel lungo corso del processo, convincono il Tribunale della intollerabilità della prosecuzione della convivenza coniugale.

3. Si presentano infondate e vanno, pertanto, respinte entrambe le domande di addebito della separazione elevate reciprocamente tra i coniugi.

Deve premettersi, in punto di diritto, che in base all’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità, non basta il riscontro di una condotta contraria ai doveri del matrimonio, occorrendo l’accertamento che tale condotta abbia avuto efficienza causale nel determinarsi della crisi del rapporto coniugale e non sia stata, invece, una conseguenza di tale crisi (ex multis, Cass. civ. 18074/2014; Cass. 14042/2008; Cass. 2740/2008; Cass. 5283/2005), nel senso che abbia contribuito a rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o recato grave pregiudizio all’educazione della prole (Cass. 13592/2006; Cass. 4367/2003; Cass. 4837/1998). Mentre restano irrilevanti i comportamenti successivi al determinarsi di tale situazione (Cass. 13431/2008 con riguardo al dovere di fedeltà). La parte che promuove una tale domanda è onerata della prova tanto della condotta violativa dei doveri coniugali quanto del nesso eziologico.

L’istruttoria raccolta restituisce di una situazione di crisi insorta tra i coniugi anni prima rispetto all’introduzione del processo, probabilmente, intorno all’anno 2011, in concomitanza con l’emersione di problemi di carattere economici nel nucleo familiare, ovvero, in tale momento, acuitasi.

I comportamenti di distacco affettivo e sessuale assunti tra i coniugi, i litigi con reciproche invettive, lo stato depressivo della moglie, con assenze del marito dalla casa coniugale, conducendo con sé il figlio, descrivono un quadro di progressiva disgregazione del legame coniugale, senza che emerga un fattore preponderante, eziologicamente in grado di fornire una spiegazione della fine del matrimonio.

La XXX in sede di interpello, sostenendo che l’epoca della crisi coniugale era antecedente al 2011, ha confermato che deflagrava in coincidenza con i problemi economici avuti dal marito (cfr. verbale dell’udienza del 28.10.2016). Il YYY, nel corso dell’interrogatorio formale, ha ammesso i litigi e dato conto che avvenivano anche alla presenza del figlio (vedi medesimo verbale dell’udienza del 28.10.2016).

La collocazione temporale della crisi coniugale (quantomeno del 2011) è stata confermata dai testi escussi. La testimone Sara YYY ha dichiarato che aveva appreso dal fratello YYY che egli non dormiva più con la moglie dal 2011 e che i rapporti tra i coniugi, già incrinatisi dall’anno precedente, peggioravano in concomitanza con l’insorgere di problemi nella vita lavorativa del YYY (vedi verbale dell’udienza del 22.11.2016); anche l’altra sorella del resistente, Maria Antonietta YYY, ha dato conto di aver sentito i coniugi discutere del fatto che non dormivano più insieme e chiarito che ciò avveniva nel 2011, epoca in cui tra i coniugi c’erano difficoltà economiche causate dalla perdita del lavoro da parte di YYY (vedi verbale dell’udienza del 24.01.2017).

Quanto alla sussistenza e causalità delle singole condotte ascrittesi reciprocamente tra i coniugi deve osservarsi quanto segue.

Ha riferito la teste *** che la XXX era sola a casa nella Pasqua 2014, con cibo a disposizione, nulla ha aggiunto che possa connotare la vicenda di caratteri di illiceità.

I testi escussi hanno narrato dei litigi tra le parti nell’ultimo periodo della relazione matrimoniale (****, risiedente nello stesso immobile abitato dai coniugi, sentiva “una volta”, nell’ultimo periodo del matrimonio, le offese proferite dal YYY nei confronti della moglie, davanti al figlio, nel cortile del palazzo, vedi verbale dell’udienza del 22.11.2016; “negli ultimi tempi” della convivenza coniugale, la vicina di casa, ***, udiva i coniugi litigare e la XXX dire di andare dall’avvocato, mentre il YYY rispondeva che le avrebbe fatto il biglietto per tornare in Romania, esternazione questa che, presa isolatamente, come risulta dalla deposizione della teste, è priva di una qualche rilevanza ai fini in disamina, insufficiente cioè a ritenere che il marito rivolgesse alla moglie offese a sfondo razziale, vedi verbale dell’udienza del 24.01.2017).

L’infedeltà del marito, già a monte genericamente prospettata, non ha trovato alcun riscontro istruttorio (d’altronde in sede peritale la XXX ha rappresentato di aver sospettato che il marito intrattenesse una relazione extraconiugale, ma di non averne mai avuto le prove).

La XXX non ha negato di aver sofferto di depressione (d’altronde, è quanto è emerso nella relazione del Dipartimento di salute mentale della Asl di Frosinone datata 25.09.2017, da cui risulta un precedente ricovero della XXX presso l’ospedale di Sora nell’estate 2013 e vari controlli successivi fino al febbraio 2004, in cui si accertava una condizione di buon compenso, vedi relazione cit.), pur sostenendo di aver superato tale condizione e di non aver interrotto alcuna terapia farmacologica che era tenuta a continuare (insufficiente a dimostrare una colpevole interruzione delle cure farmacologiche la mera affermazione della teste Maria Antonietta YYY secondo cui la XXX aveva dichiarato che “non avrebbe più preso le terapie farmacologiche prescrittele dal CIM”, in quanto aspecifica sotto il profilo temporale, non in grado dunque di consentire di capire l’epoca della prescrizione e quella della sottrazione alle cure; decontestualizzata, tanto da non potersi cogliere se si trattava di fase in cui la XXX abbisognava di assumere farmaci antidepressivi e se tale intenzione era poi concretamente attuata, sottraendosi ad una prescrizione attuale nel momento in cui era disattesa).

La XXX ha contestato di aver costretto il nucleo ad una vita isolata, priva di momenti di socializzazione e, d’altronde, le sorelle del YYY, escusse come testi, hanno riferito di frequentare la famiglia del fratello regolarmente (quasi ogni fine settimana, quanto a ***, e due o tre volte al mese, quanto a ***) e che la cognata aveva rapporti con tutti i familiari del marito (vedi dichiarazioni delle testimoni Sara YYY all’udienza del 22.11.2016 e Maria Antonietta YYY all’udienza del 24.01.2017, quest’ultima ha specificato che la XXX, pur incontrando i familiari del marito “si isolava”, ma la considerazione è a talmente poco circostanziata da non consentire di ricostruire alcuna condotta della moglie di violazione di doveri coniugali di sorta).

L’episodio del gennaio 2015, pur nella tragicità e riprovazione degli accadimenti (confermati dalle sorelle del YYY, escusse come testi nelle udienze del 22.11.2016 e del 24.01.2017: Sara YYY ha riferito di aver appreso dal fratello che aveva lasciato la casa coniugale nel gennaio 2015, perché minacciato dalla moglie con un coltello, minacce, quella stessa sera, esternate anche per telefono ed ascoltate, tramite il vivavoce, dalla stessa cognata; Maria Antonietta YYY ha dichiarato di essere al corrente che la XXX aveva minacciato il fratello con un coltello, nonché che l’aveva sentita dire di avere l’intenzione di mettere tranquillanti nel cibo del marito e del figlio e di portare il figlio fuori dall’Italia anche senza il consenso del marito, tuttavia nulla si è detto sull’epoca e la serietà di tali ulteriori minacce e, quanto all’uscita del minore dall’Italia, sulle finalità di sottrarlo definitivamente al padre ovvero di condurlo a trovare la famiglia di origine della madre – come sostenuto dalla XXX – sebbene contro la volontà del padre; non incompatibili le dichiarazioni della teste *** che ha solo riferito che il YYY non riportava il bambino a casa dopo la scuola, la XXX si preoccupava e piangeva, il marito non le rispondeva al telefono, vedi verbale del 22.11.2016), non si presenta come causa della rottura del legame tra i coniugi, tenuto conto dell’insorgenza della crisi a partire da diversi anni prima di tale evento (come emerso dalla prova orale sopra sintetizzata e come sostenuto dallo stesso YYY che colloca il conclamarsi dell’intollerabilità della convivenza, negli atti di causa e in sede di interpello, nell’anno 2011, in cui incominciava ad avere problemi economici per aver perso il rapporto commerciale con una grossa società di cui promuoveva contratti di fornitura di gpl e gas, con riflessi negativi sul ménage familiare, vedi dichiarazioni in udienza presidenziale del 19.06.2015 e in interrogatorio formale del 28.10.2016; ha inoltre dichiarato in interrogatorio formale di non dormire più con la moglie da 7 mesi prima dell’introduzione del processo, avvenuta con deposito del ricorso ad aprile 2015, quindi da epoca precedente all’episodio del gennaio 2015).

Il rifiuto della XXX a contribuire al ménage familiare, impiegandosi lavorativamente nel momento di difficoltà economica del marito, è stato confermato dai testi (Sara YYY e Maria Antonietta YYY rispettivamente alle udienze del 22.11.2016 e del 24.01.2017), ma motivato in relazione ad esigenze di gestione del figlio in tenera età (vedi dichiarazioni della teste Sara YYY).

4. In ordine ai profili patrimoniali discendenti dalla separazione personale dei coniugi, va detto che la domanda di mantenimento della moglie si presenta pregevole e merita accoglimento.

Afferma la giurisprudenza di legittimità che il parametro dell’adeguatezza dei redditi del coniuge richiedente, presupposto del diritto al mantenimento ex art. 156 c.c., è la mancanza di redditi sufficienti ad assicurargli il tenore di vita goduto o che avrebbe dovuto godere in regime di convivenza (Cass. 18175/2012; Cass. 21097/2007; Cass. 4720/1995; Cass. 11523/1990).

Sicché il Giudice è chiamato a verificare il tenore di vita assicurato alla famiglia dalle possibilità economiche dei coniugi; ad accertare, poi, se i mezzi economici del coniuge richiedente gli consentano di conservarlo; quindi, in caso di esito negativo, ad effettuare una valutazione comparativa dei mezzi di ciascun coniuge (in termini Cass. 12196/2017; Cass. 5792/1997).

Il giudice di merito, nel compiere il secondo passaggio del giudizio sull’an come sopra descritto, valutando l’inadeguatezza dei redditi del coniuge richiedente, non deve limitarsi a considerare il mero dato dello svolgimento da parte dello stesso di un’attività lavorativa, ma deve riscontrare se i suoi mezzi economici gli consentono di tenere il tenore di vita precedente (Cass. 8862/2012); nonché tenere conto delle concrete attitudini lavorative del coniuge istante in relazione ad ogni fattore individuale ed ambientale e non in base a considerazioni astratte ed ipotetiche (Cass. 3502/2013; Cass. 18547/2006; Cass. 3975/2002).

Infine, nel giudizio comparativo sulle situazioni patrimoniali dei coniugi, quanto al coniuge obbligato, non incidono solo i suoi redditi, ma anche tutte le sue sostanze, compresi i cespiti patrimoniali improduttivi di reddito (cass. 6774/1990; Cass. 169/1982; Cass. 6396/1981).

Non è, comunque, necessario accertare i redditi dei coniugi nel loro esatto ammontare, ma sufficiente una attendibile ricostruzione delle loro situazioni patrimoniali complessive (Cass. 14081/2009; Cass. 29779/2008; Cass. 2937/2003; 3974/2002).

Nel caso sub iudice è possibile osservare che durante la vita coniugale le parti avevano impostato un sistema familiare in cui il solo marito svolgeva attività lavorativa, mentre la moglie si dedicava alla cura della casa e del figlio. Il YYY impiegato come commerciale per una società operante nel campo della vendita del gas (è in atti la dichiarazione fiscale dell’anno 2012 relativa ai redditi del 2011 da cui risultano somme lorde annue di poco superiori ad euro 17.000,00), perdeva il lavoro e intraprendeva una attività autonoma, unitamente ad un altro socio, costituendo la *** s.r.l. (come da dichiarazioni del YYY, rimaste incontrastate). Non è provato, invece, che sia esistita una società o impresa individuale denominata YYY Energie (circostanza smentita dal resistente e non dimostrata dalla ricorrente; insufficiente a supportarlo la locandina pubblicitaria prodotta in giudizio in allegato alla memoria istruttoria recante la dicitura “YYY *** s.r.l.”). E’ pacifico tra le parti che il nucleo poteva permettersi un’esistenza più che dignitosa in costanza della convivenza coniugale. Il YYY ha tuttavia rappresentato un declino delle proprie economie a partire dal 2011 per la perdita di una importante commessa, con successivi introiti di modesta entità; la moglie ha contestato l’assunto. Risulta in atti il bilancio dell’esercizio 2014 con perdite all’incirca pari ad euro 4.000,00 e conti correnti della società nell’arco temporale 2015 – 2018 con saldo negativo oscillante da poche centinaia di euro a non oltre 5.000,00 euro (vedi bilancio, con relativa nota integrativa, e conti correnti versati in atti), rappresentandosi che non venivano depositati i bilanci successivi. Dagli estratti del conto bancario personale del YYY, relativi agli anni 2014 – 2016, emergono movimentazioni d’importi compresi tra poche centinaia di euro a poco più di un migliaio di euro, compatibili con la ricostruzione resa dal YYY in ordine alle proprie finanze (cfr. relativa produzione documentale). Nella fase finale del processo egli ha dichiarato di percepire reddito di cittadinanza per l’ammontare di euro 800,00 mensili. Nessun rilievo è stato svolto dalla controparte in replica alla rappresentazione della sopravvenuta condizione del YYY. Questi è infine proprietario pro quota della casa familiare (ereditata unitamente alle due sorelle, vedi per la contitolarità visura ipocatastale in atti).

La XXX non aveva mai prestato attività lavorativa. E risulta ancora formalmente inoccupata e priva di redditi propri (vedi certificazione del centro per l’impiego e ISEE allegati alla memoria istruttoria di parte ricorrente), ma è possibile ritenere che si sia dedicata a lavori saltuari (come sembra abbia dichiarato ai Servizi Sociali di Alatri, vedi relazione del 29.05.2017, e come presumibile tenuto conto che ha denunciato, fin dall’inizio del processo, l’inadempienza del marito al versamento del mantenimento in proprio favore).

Ricostruiti come sopra i redditi delle parti, deve presumersi un tenore di vita in costanza di matrimonio che nessuno dei coniugi è in grado di conservare, ma comunque un divario tra le loro attuali situazioni economiche a svantaggio della XXX.

Posto quanto predetto, nonché tenuto conto della durata del matrimonio (celebrato nel 2004), si conclude per un assegno di mantenimento della coniuge di ammontare pari ad euro 200,00 mensili, da corrispondersi alla ricorrente entro il 5 di ogni mese e da rivalutarsi annualmente a cominciare dall’anno 2023.

5. Quanto al regime inerente la prole, si osserva quanto segue.

5.1. Il figlio ancora minorenne delle parti, ***, deve essere affidato congiuntamente ai genitori.

In punto di diritto, ai sensi degli artt. 337 ter, c. 2, e 337 quater c.c., l’affidamento congiunto è posto come regola generale, potendo il giudice disporre, con provvedimento motivato, l’affidamento esclusivo ad uno dei genitori solo in quanto ravvisi, nell’affidamento anche all’altro, un pregiudizio per il minore.

Entrambe le parti hanno domandato che sia disposto il coaffidamento del figlio ai due genitori e, tenuto conto dell’età del ragazzo, prossimo al compimento dei 17 anni, non vi è ragione di mutare il regime in essere.

Mette conto tuttavia rilevare che, all’esito dell’accertamento peritale, è emerso che il minore “manifesta un atteggiamento completamente adultizzato. Si dimostra da solo in grado di contenere un’emotività che per la sua età cronologica dovrebbe esprimersi in maniera totalmente spontanea.

Appare inoltre coartato, freddo, e dimostra di saper esprimere i fatti accaduti con una modalità di cronaca come se raccontasse la storia da spettatore e non da protagonista. Diversamente nel colloquio con la madre (…) traspare (…) una difficoltà nel gestire i contenuti emotivi evocati dalle vicende raccontate. La confusione e il disagio di *** sono palesi (…)”. “Certamente *** ha assistito e assiste tutt’ora alla conflittualità dei suoi genitori e se ne fa carico mostrando i segni della sofferenza che ne deriva, così come è inevitabile che abbia aderito al pensiero del padre in termini di distanza emotiva dalla madre. Ma non si ritiene che siano emersi elementi a supporto di una ipotesi di condizionamento attivo perpetuato dal padre contro il legame madre-figlio a discapito della madre stessa” (la descritta situazione del minore trova riscontro anche nella relazione del Servizio di salute Mentale e riabilitazione dell’età evolutiva della Asl di Frosinone, datata 28.03.2018).

*** va, pertanto, avviato ad un percorso di terapia individuale ad indirizzo dinamico per elaborare i propri vissuti di angoscia associati alla figura materna e la relazione con la stessa, infine per ricostruire un legame con la madre (come da relazione di CTU).

Non sono emerse psicopatologie in atto in nessuno dei genitori. Si è evidenziato, però, che entrambi presentano un funzionamento psicologico e relazionale come genitore da supportare e monitorare. In particolare, relativamente al legame padre – figlio, “Umberto nei confronti del figlio *** ha mostrato durante l’iter peritale un comportamento attento e affettivo. I sentimenti che nutre appaiono autentici e orientati al bene del figlio, riconosce le sofferenze del figlio ed è dispiaciuto; sta cercando di creare le condizioni perché *** possa realizzare i suoi sogni professionali”. Il YYY ha “sviluppato nel tempo discrete competenze genitoriali nei confronti del figlio. E’ in grado di promuovere, accompagnare e sostenere i processi di sviluppo e di socializzazione e di adattamento all’ambiente esterno (coping) in ***, è sufficientemente capace di offrire al figlio supporto allo sviluppo cognitivo e alle abilità di apprendimento sociale e scolastico. Per quanto riguarda la gestione delle responsabilità riguardanti la cura e la guida del figlio si evidenzia una discreta attitudine ad occuparsi dei bisogni del figlio, ma come la madre tende a coinvolgere il figlio come alleato/come spettatore nei conflitti relazionali intra-familiari. Calore ed empatia (care) sono presenti in modalità più spontanea, Umberto ha imparato a riconoscere i bisogni emotivi/affettivi del figlio e di fornire i supporti necessari. E’ però in grado di incoraggiare *** di fronte alle difficoltà e alle frustrazioni, reagisce in maniera positiva/incoraggiante se il figlio ha un insuccesso/una delusione in ambito scolastico o sociale” (vedi relazione di CTU). Il legame madre-figlio è stato descritto, invece, dall’Ausiliare come stile di attaccamento insicuro evitante. “Osservando l’attuale relazione tra *** e la madre si nota che il minore resiste a ogni tentativo di essere influenzato dalla vicinanza o dalla lontananza dalla madre, quindi evita il contatto con lei e la ignora quando vengono riuniti dopo una separazione. *** fa resistenze quando la madre tenta di fargli carezze o prova a consolarlo (…) Da quanto osservato si ritiene che XXX abbia sviluppato nel tempo ridotte competenze genitoriali nei confronti del figlio. Le situazioni emotive che ha vissuto e la crisi di coppia hanno offuscato il rapporto con il figlio e creato una distanza profonda tra loro che oggi appare molto difficile da ridurre, vista inoltre la resistenza che *** pone in essere (…) la madre è sufficientemente in grado di promuovere, accompagnare e sostenere i processi di sviluppo e di socializzazione e di adattamento all’ambiente esterno (coping) di ***, ma non sarebbe in grado di dare supporto allo sviluppo cognitivo e alle abilità di apprendimento sociale e scolastico. Potrebbe mostrarsi rigida nella gestione delle responsabilità riguardanti la cura e la guida del figlio, così come potrebbe coinvolgere il figlio come alleato/come spettatore nei conflitti relazionali familiari. Calore ed empatia (care) sono poco presenti, ridotta è la capacità di riconoscere i bisogni emotivi/affettivi del figlio e di fornire i supporti necessari. E’ però in grado di incoraggiare *** di fronte alle difficoltà o alle frustrazioni, reagisce in maniere positiva/incoraggiante se il figlio ha un insuccesso/una delusione in ambito scolastico o sociale. Poco attento è l’ascolto del figlio quando esprime difficoltà di relazione intrafamiliare, dal momento che fatica ad accogliere e contenere le richieste del minore e di rispondere in maniera equilibrata/adeguata alle richieste di ***” (vedi relazione di CTU; inoltre, sulle insufficienti risorse genitoriali della XXX, vedi anche relazione dello *** del 28.03.2018).

Dunque, le “modalità conflittuali e rigide” mostrate dalle parti al CTU e tenute per tutto il processo, unitamente all’emersa esigenza di supportare la capacità genitoriale di entrambi, impongono di sollecitare le parti ad intraprendere percorsi di psicoterapia individuale onde essere in grado di supportare il figlio nella crescita e cooperare adeguatamente nell’esercizio della responsabilità genitoriale.

5.2. Va confermato il collocamento del figlio minore presso il padre.

Già dinanzi ai Servizi Sociali di Anagni il figlio minore delle parti aveva manifestato la volontà di vivere con il padre, dichiarando di avere con lui un ottimo rapporto, mentre si sentiva oppresso e minacciato dalla madre (vedi relazione del 29.05.2017)

Ha evidenziato, altresì, il CTU che “*** nutre nei confronti del padre un legame importante in cui si sente più tutelato e sicuro. Il pensiero del padre ha inevitabilmente guidato le scelte di *** ma non fino a condizionarne il totale rifiuto che ad oggi il figlio esprime [n.d.r. ad una relazione con la madre] (…). Oggi il minore *** sembra vivere un apparente benessere presso la casa del padre”. “(…) la coabitazione con il padre è percepita da *** come rassicurante e tranquillizzante”.

Inoltre gli esiti dell’indagine psicologica rimessa al CTU innanzi illustrati fanno ritenere che il YYY sia il genitore maggiormente in grado di assistere e supportare il figlio nella crescita. Il corso del processo ha dato, infine, evidenze che consentono di poter ritenere che il YYY si prodigava nel condurre il figlio a trovare la madre.

5.3. Va garantito il diritto del minore alla bigenitorialità.

Si condivide la conclusione della CTU per cui va tutelato il legame madre-figlio, nonostante le resistenze del figlio. In considerazione dell’età di *** e dei rapporti difficili con la madre si rimettono alla volontà del ragazzo le modalità di frequentazione con la stessa, non potendo esentarsi dal prevedere, ciò nondimeno, che la incontri almeno una volta a settimana e permanga presso di lei almeno un week end al mese; che trascorra con la madre, ad anni alterni con il padre, il 24 o il 25 dicembre, il 31 dicembre e 1° gennaio, il giorno di Pasqua o il Lunedì dell’Angelo, rimettendo il monitoraggio della relazione madre-figlio al professionista incaricato della terapia sul minore.

5.4. Va accolta la domanda di assegnazione della casa familiare in favore del YYY.

Il presupposto di tale statuizione, secondo il disposto dell’art. 337 sexies c.c., è costituito esclusivamente dall’interesse dei figli minori o maggiorenni aventi diritto al mantenimento.

E’, dunque, il collocamento del figlio presso il padre e l’interesse dello stesso a conservare l’habitat familiare a giustificare il provvedimento di attribuzione dell’immobile al padre, con cui il figlio coabita.

5.5. Il dovere dei genitori di contribuire al mantenimento dei figli, trova addentellato costituzionale nell’art. 30 Cost. ed esplicazione nella legislazione ordinaria agli artt. 147 e 148 c.c. con riferimento ai doveri nascenti dal matrimonio, agli artt. 315 bis e 316 bis c.c. disciplinando i diritti dei figli, nonché nella previsione di cui all’art. 337 ter c.c. tra le norme sulla regolamentazione della responsabilità genitoriale.

Quanto al profilo della quantificazione dell’assegno perequativo per il mantenimento della prole, va detto che essa si radica sul principio di proporzionalità alle sostanze del genitore obbligato e alla sua capacità lavorativa ai sensi del primo comma dell’art. 316 bis c.c. e va declinata secondo i criteri previsti all’art. 337 ter, comma 4, c.c.;

Deve ritenersi congrua la misura di euro 50,00 del mantenimento materno per il figlio, disponendo altresì che la madre sia tenuta a partecipare alle spese straordinarie inerenti il minore per la percentuale del 30%.

Conforta le dette conclusioni, anzitutto, la ricostruzione delle situazioni economiche dei coniugi come sopra ricostruita (dunque, all’attualità, il padre percettore di reddito di cittadinanza, per somme mensili all’incirca pari ad euro 800,00, e la madre con impieghi di fatto e saltuari).

Rileva, altresì, ai fini in disamina, l’assegnazione in favore del padre della casa familiare e l’età del figlio, nonché, nella opposta direzione, la valenza economica dei compiti di assistenza assolti in via del tutto prevalente del padre, stante la stabile convivenza di quest’ultimo con il minore e la irregolare frequentazione madre-figlio.

6. Il governo delle spese di lite va affidato al criterio della compensazione ex art. 92, comma 2, c.p.c., stante la parziale soccombenza reciproca.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa, così provvede:

– pronuncia la separazione personale tra i coniugi XXX e YYY;

– ordina che la presente sentenza sia trasmessa, a cura della cancelleria, all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Anagni per l’annotazione ai sensi dell’art. 96 d.p.r. 396/2000 e per l’annotazione dello scioglimento della comunione legale (matrimonio trascritto nel registro degli atti di matrimonio del predetto Comune dell’anno 2004, atto n. 16, parte 2, S.

C);

– rigetta le reciproche domande di addebito della separazione;

– dispone che YYY versi, in favore della moglie, XXX, entro il giorno

5 di ogni mese, l’assegno di mantenimento dell’importo mensile di euro 200,00, con aggiornamento Istat dal 2023;

– dispone l’affidamento condiviso del figlio minore, ***;

– dispone il collocamento dello stesso presso il padre; regolamenta le visite materne come in parte motiva;

– dispone che XXX corrisponda, in favore di YYY, entro il giorno 5 di ogni mese, la somma mensile di euro 50,00 a titolo di mantenimento del figlio minore, ***, da aggiornarsi agli indici Istat a partire dal 2023, oltre al 30% delle spese straordinarie;

– compensa le spese di lite. Frosinone, 29.03.2022

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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