Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27214 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27214 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19735/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) giusta procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) giusta procura speciale in calce al controricorso
– controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 258/2019 depositata il 5/2/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/9/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Pisa, con sentenza in data 10 aprile 2012, accoglieva la domanda di revoca presentata dal fallimento di RAGIONE_SOCIALE nei confronti della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. e dichiarava inefficaci le rimesse solutorie effettuate dall a fallita per €
103.238,57 e la cessione di un credito di € 25.100, condannando la banca alla restituzione di complessivi € 128.338,57 oltre accessori e spese.
La Corte distrettuale di Firenze, a seguito dell’appello presentato da Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. e con intervento nel giudizio di impugnazione di RAGIONE_SOCIALE, in veste di assuntore del concordato fallimentare omologato dal Tribunale di Pisa, osservava che il primo giudice aveva individuato la causa del dissesto nel consistente calo dei ricavi risultante dal bilancio al 31 dicembre 2006, senza analizzare il comportamento tenuto dalla banca, alla luce delle competenze tecniche di cui disponeva, nel diagnosticare la crisi d’impresa.
Riteneva, in particolare, che il fatto che la banca, dopo aver esaminato il bilancio, avesse mantenuto o concesso credito significasse che l’insolvenza non era percepibile o che la valutazione compiuta era stata errata e non professionale, escludendo, di conseguenza, la conoscenza effettiva del dissesto in capo all’appellante.
Sosteneva che ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria fallimentare il concetto di insolvenza non poteva essere confuso con la mera difficoltà economica, rilevando poi che gli elementi di prova offerti dalla curatela a comprova del requisito sogge ttivo dell’azione risultavano del tutto insufficienti, dato che il bilancio relativo all’esercizio 1996 denotava una situazione di difficoltà, ma non di irreversibile dissesto.
Osservava, inoltre, che l’operazione di finanziamento compiuta dai soci per ripianare le perdite palesava la loro fiducia nella possibilità di risollevare le sorti della compagine.
Giudicava, pertanto, che la banca non avesse avuto percezione dell’insolvenza nel periodo rilevante ai fini di causa o che, comunque, mancassero seri elementi indiziari in tal senso e, di conseguenza, in
totale riforma della decisione impugnata, rigettava l’azione revocatoria introdotta.
RAGIONE_SOCIALE, terzo assuntore del concordato fallimentare omologato nelle more del giudizio di appello, ha proposto ricorso avverso questa decisione, pubblicata in data 5 febbraio 2019, prospettando tre motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., la quale, a sua volta, ha proposto ricorso incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729, comma 1, cod. civ. e 67, comma 2, l. fall. nonché, ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e discusso fra le parti, in ragione: i) dell’errata valutazione delle risultanze del bilancio 1996, da cui emergeva una situazione non di difficoltà ma di irreversibile dissesto, dato che l’intero attivo cir colante era largamente inferiore alle passività esigibili entro l’anno; ii) del contrasto della sentenza impugnata con le conclusioni del C.T.U. e del giudice di primo grado, derivato dal paragone con società non meglio specificate che continuavano a operare sul mercato; iii) dell’omessa considerazione della qualità di operatore economico qualificato della banca convenuta.
La Corte distrettuale -aggiunge la ricorrente -nel prendere in esame i singoli indizi, ha attribuito agli stessi un significato irrazionale e palesemente contrario al senso comune e, comunque, ha omesso di procedere a un apprezzamento complessivo degli elementi acquisiti agli atti.
La decisione impugnata, inoltre, si è preoccupata di verificare la sussistenza di uno stato di insolvenza in palese contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui una simile condizione del debitore nel periodo sospetto è oggetto di una
presunzione iuris et de iure derivante dalla stessa apertura della procedura concorsuale.
4.2 Il secondo mezzo prospetta, a mente dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729, comma 1, cod. civ. e 67, comma 2, l. fall., perché la Corte distrettuale, nell’escludere la scientia decoctionis in ragione dell’avvenuta ricapitalizzazione della società da parte dei suoi soci, non ha tenuto conto delle particolari capacità della banca, quale operatore economico qualificato, a valutare l’effettivo impatto dell’operazione di rifinanziamento della compagine poi fallita, privilegiando, inoltre, l’atteggiamento psicologico dei soci della compagine debitrice piuttosto che avere riguardo a quello del creditore.
4.3 Il terzo motivo assume, ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729, comma 1, cod. civ. e 67, comma 2, l. fall., perché la decisione impugnata non ha tenuto conto della consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui la concessione di un ulteriore credito al debitore non costituisce una circostanza di per sé inconciliabile con la conoscenza dello stato di insolvenza del medesimo.
I motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati.
5.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. U., 1785/2018) la denuncia di violazione o di falsa applicazione della norma di diritto di cui all’art. 2729 cod. civ. si può prospettare sostenendo che il giudice di merito ha fondato la presunzione su un fatto storico privo di gravità o di precisione o di concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota, così sussumendo sotto la norma dell’art. 2729 cod. civ. fatti privi di quelle caratteristiche e, quindi, incorrendo in una sua falsa applicazione, giacché dichiara di applicarla assumendola esattamente nel suo contenuto astratto, ma lo fa con riguardo ad una fattispecie concreta
che non si presta ad essere ricondotta sotto tale contenuto, cioè sotto la specie della gravità, precisione e concordanza.
Con riferimento a questo profilo, la gravità allude a un concetto logico, generale o speciale (cioè, rispondente a principi di logica in genere oppure a principi di una qualche logica particolare, per esempio di natura scientifica o propria di una qualche lex artis ), che esprime nient’altro che la presunzione si deve fondare su un ragionamento probabilistico (per cui dato un fatto A noto è probabile che si sia verificato il fatto B).
La precisione esprime l’idea che l’inferenza probabilistica conduca alla conoscenza del fatto ignoto con un grado di probabilità che si indirizzi solo verso il fatto B e non lasci spazio, sempre al livello della probabilità, ad un indirizzarsi in senso diverso, cioè anche verso un altro o altri fatti.
Ora, quando il giudice di merito sussume erroneamente sotto i caratteri individuatori della presunzione fatti concreti accertati che non sono invece rispondenti a quei caratteri, si deve senz’altro ritenere che il suo ragionamento sia censurabile alla stregua dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. e compete, dunque, alla Corte di cassazione controllare se la norma dell’art. 2729 cod. civ., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta dal giudice di merito, lo sia stata anche a livello di applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta.
Questa Corte, pertanto, può essere investita, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, dell’errore in cui il giudice di merito sia incorso nel considerare grave una presunzione, cioè un’inferenza che non lo sia, o sotto un profilo logico generale ovvero sotto il particolare profilo logico (interno ad una certa disciplina) entro il quale essa si collochi; la stessa conclusione vale anche per il controllo di requisiti della precisione e della concordanza.
Occorre però, come precisato più di recente da Cass. 10240/2025, che vi sia stata da parte del giudice del merito una macroscopica erronea individuazione della regola inferenziale intesa quest’ultima, secondo la migliore teoria epistemologica, come produzione di una proposizione come conseguenza deduttiva probabilistica da una determinata premessa fattuale conosciuta – per poter rintracciare margini di intervento da parte del giudice di legittimità, nei termini sopra evidenziati, dell’integrazione del viz io di falsa applicazione di legge, come tale ricorribile ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.
5.2 La Corte d’appello ha ritenuto che il comportamento tenuto dalla banca nella gestione del rapporto con la cliente, concedendo nuovo credito anziché revocando gli affidamenti, costituisse un elemento indiziario ‘dirimente’ per escludere la scientia decoctionis .
Una simile valutazione contrasta con quanto già affermato, da tempo, dalla giurisprudenza di questa Corte (v. per tutte, Cass. 17049/2007), secondo cui la concessione di un ulteriore credito al debitore non è circostanza di per sé inconciliabile con la conoscenza dello stato d’insolvenza del debitore medesimo, potendo trovare fondamento sia nella speranza che quest’ultimo, per effetto del finanziamento, superi la crisi economica (cfr. Cass. 18/1987, Cass. 5645/1979, Cass. 3291/1977), sia nell’offerta di garanzie che escludano l’assunzione di rischi e possano essere utilizzate anche come mezzi di pagamento per la riduzione della precedente esposizione del debitore (Cass 12556/2004, Cass 4759/2002).
La scelta del creditore di dare continuità al rapporto commerciale è dunque, e all’evidenza, elemento privo del carattere della precisione, perché può collegarsi anche a valutazioni differenti, quali l’aspettativa di rientro dall’esposizione debitoria ovvero il superamento della stessa crisi economica.
5.3 La Corte territoriale ha ritenuto di valorizzare anche l’operazione di rifinanziamento compiuta dai soci per ripianare le perdite nella primavera del 1997.
Un simile elemento di fatto è però, in maniera altrettanto evidente, privo del carattere di gravità.
Invero, posto che l’art. 67, comma 2, l. fall. condiziona l’accoglimento dell’azione revocatoria fallimentare alla conoscenza dello stato di insolvenza del debitore da parte dell’ accipiens e non di altri soggetti, la scientia decoctionis non può essere esclusa solo perché, nel corso del rapporto, si sia tenuto conto delle aspettative degli organi sociali e/o dei soci della compagine successivamente dichiarata fallita, giacché la banca ha disponibilità di mezzi ed informazioni tali da consentirle di verificare, in modo autonomo e tecnicamente qualificato, il carattere realistico di tali aspettative, di per sé inidonee ad essere oggetto di valutazione nella ricerca degli indizi dello stato d’insolvenza (Cass. 26061/2017).
Il quadro degli elementi indiziari da valutare ai fini di accertare la conoscenza effettiva dello stato di insolvenza del debitore non può prescindere dalle qualità e delle specifiche conoscenze tecniche del creditore, cosicché, ove questi sia una banca, va considerato il fatto che gli istituti di credito, disponendo di operatori professionali qualificati e di peculiari strumenti conoscitivi, sono in grado di acquisire informazioni sulla situazione patrimoniale ed economica dei propri debitori in modo certamente più puntuale e tempestivo rispetto agli altri creditori (Cass. 19894/2005).
5.4 La Corte distrettuale ha poi erroneamente rilevato che gli elementi di prova offerti dalla curatela a comprova del requisito soggettivo dell’azione risultavano del tutto insufficienti, perché denotavano una situazione di mera difficoltà economica ma non d’irreversibile dissesto.
Infatti, nel caso in cui sia proposta un’azione revocatoria fallimentare ex art. 67, comma 2, l. fall., lo stato di insolvenza del debitore nel
cd. periodo sospetto anteriore alla dichiarazione di fallimento è oggetto di una presunzione iuris et de iure derivante dalla stessa apertura della procedura concorsuale, con la conseguenza che, da un lato, la procedura attrice non è tenuta a fornire alcuna dimostrazione positiva del ricorrere di detto stato al momento dell’esecuzione dell’atto revocando, mentre il convenuto, dall’altro, non è ammesso a provare che il debitore versava in una mera situazione di temporanea difficoltà ad adempiere, né siffatto accertamento può essere compiuto d’ufficio dal giudice del merito (cfr. Cass. 11357/2023, Cass. 6575/2018, Cass. 803/2016, Cass. 4559/2011).
L’accoglimento del ricorso principale è quindi inevitabile, e l’accoglimento assorbe il motivo di ricorso incidentale proposto dalla controricorrente. La quale difatti semplicemente si duole, ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., dell’omessa pronuncia ad opera della Corte distrettuale sulla domanda di restituzione svolta dalla banca rispetto a quanto pagato alla controparte a seguito della sentenza di primo grado.
La sentenza impugnata, in conclusione, deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 23 settembre 2025.
Il Presidente