Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18857 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18857 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/07/2025
S
NOME COGNOME
Presidente
COGNOME
Consigliere- Rel.
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 28232/2021 proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e difesa d all’avv.to NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrente-
contro-
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE giusto atto di fusione per incorporazione del 03.04.2023, nn. 15082/8167), in persona del legale rappres. p.t., rappresentata dalla RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. pt.; -intimata-
inammissibilità.
Ud. 10/06/2025 CC Cron. R.G.N. 28232/2021
avverso la sentenza della Corte d’Ap pello di Milano, n. 2371/2021, pubblicata in data 22.07.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/06/2025 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE innanzi al Tribunale di Milano chiedendo di accertare e dichiarare la nullità, per violazione del divieto di patto commissorio, dell’operazione di sale and lease back perfezionata in data 31 maggio 2010, mediante la vendita alla stessa RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE) del compendio immobiliare completamente edificato sito in Palermo tra INDIRIZZO INDIRIZZO e INDIRIZZO, composto da cinque piani e costituito da diciotto unità immobiliari, e mediante la stipula, nella stessa data, del contratto di l easing inter partes, avente ad oggetto il medesimo compendio immobiliare.
L’attrice lamentava la mancanza di causa del contratto di leasing e chiedeva che fosse accertata la sua proprietà degli immobili, con condanna della società convenuta alla restituzione dei beni e dei canoni alla stessa versati nonché al risarcimento dei danni, quantificati nell’importo di Euro 9.435.000,00.
RAGIONE_SOCIALE costituitasi in giudizio, contestava le domande e ne chiedeva il rigetto; in via riconvenzionale, formulava domanda di condanna dell’attrice al pagamento dei canoni di leasing rimasti insoluti, pari ad euro 357.006,70, oltre interessi di mora convenzionali entro il tasso soglia; svolgeva altresì, varie domande subordinate, per il caso di accoglimento della domanda principale formulata dall’attrice, dirette anche alla restituzione del corrispettivo pagato da RAGIONE_SOCIALE per la compravendita stipulata.
Con sentenza n. 9553/2018, pubblicata in data 1 ottobre 2018, il Tribunale respingeva le domande proposte da RAGIONE_SOCIALE e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, condannava quest’ultima al pagamento a favore di Mediocredito ItalianoRAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE, dell’importo di euro 357.006,70, oltre interessi convenzionali dalle scadenze al saldo.
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE proponeva tempestivo appello, con atto di citazione notificato in data 1 aprile 2019,
Con comparsa depositata in data 30 2019 interveniva in giudizio ai sensi dell’art. 111, terzo comma cpc Intesa Sanpaolo Provis spa, quale successore a titolo particolare di Mediocredito Italiano spa, essendo subentrata nella titolarità del contratto di locazione finanziaria avente ad oggetto il compendio immobiliare sopra indicato, per effetto di scissione parziale del 22.09.2015.
La Corte territoriale rigettava l’appello di RAGIONE_SOCIALE, osservando che: premessa la natura del contratto di lease back , il Tribunale di Milano aveva proceduto ad una corretta verifica dell’operazione contrattuale, in base alle indicazioni espresse dal consolidato orientamento giurisprudenziale, giungendo alla condivisibile conclusione dell’insussistenza dell’affermata illiceità per violazione del disposto dell’art. 2744 cc; al riguardo, non erano emersi undici rivelatori di tale violazione (quali la compresenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice, le difficoltà economiche di quest’ultima, la sproporzione tra il valore del bene trasferito e il corrispettivo versato dall’acquirente ); invero, non era stato accertato nessun pregresso rapporto debitorio della RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, mentre quest’ultima era soggetto diverso da RAGIONE_SOCIALE con distinto ambito di operatività (sebbene la ban ca fosse socio unico dell’a ltra);
era stata esclusa una sproporzione tra il valo re dell’immobile al momento della stipula del contratto e il prezzo di vendita pari a euro 3.570.000,00 (il divario rispetto alla somma di 4.166.776,00 oltre iva stimata dal ctu era giustificato dal fatto che la RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato il compendio i n blocco, assumendosi il rischio dell’eventuale ricollocamento sul mercato di tutti gli immobili); neppure era stato dimostrato che al momento della stipula la RAGIONE_SOCIALE versasse in una situazione di oggettiva difficoltà economica- di cui la società di leasing avrebbe inteso profittare realizzando la vendita in funzione di garanzia- evidenziando piuttosto la necessità di acquisire liquidità per estinguere debiti verso altri soggetti, e tenuto conto della costante chiusura positiva dell’esercizio e del suo notevole patrimonio d’immobilizzazioni materiali, no nché delle verifiche presso la CentraleRischi; non era stato fornito nessun elemento di prova circa il dolo contrattuale.
La RAGIONE_SOCIALE ricorre in cassazione, avverso la suddetta sentenza d’appello, con due motivi, illustrati da memoria. Intesa San Paolo RAGIONE_SOCIALE (subentrata nelle more a Intesa Sanpaolo RAGIONE_SOCIALE per intervenuta fusione) rappresentata da RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, illustrato da memoria.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 2744 e 1418, cc, omesso esame di fatti decisivi e contraddittoria valutazione delle risultanze istruttorie.
Al riguardo, la ricorrente assume che: nell’esaminare i presupposti e le motivazioni addotte dal giudice di primo grado, e nell’illustrare i motivi del rigetto, la Corte di Appello ha commesso una serie di travisamenti, interpretando erroneamente evidenti risultanze processuali sulla sproporzione tra il valore del compendio immobiliare e il prezzo
convenuto, e sulla difficolta’ economica dell’impresa, in quanto l’operazione di sale and lease back era stata perfezionata in una situazione di evidente tensione finanziaria dell’azienda e di consapevolezza di tale situazione da parte della banca, come anche evincibile dalla documentazione della Centrale Rischi storica; entrambi i giudici del merito hanno condotto una indagine superficiale e non attenta circa le risultanze istruttorie tecnico-contabili e documentali inerenti allo stato di crisi economica in cui versava la RAGIONE_SOCIALE prima dell’operazione ed in quello cui è precipitata subito dopo; la Corte di Appello avrebbe dovuto domandarsi il perché, nonostante gli indicatori negativi, la Mediocredito Italiano (poi Intesa Sanpaolo Provis spa , nelle more fusasi per incorporazione nell’ Intesa Sanpaolo spa), avesse messo in opera una operazione finanziaria rischiosa ed a forte rischio insolvenza; dalla ctu contabile della d.ssa COGNOME si desumeva che co n l’operazione di lease back la Banca Intesa Sanpaolo aveva ottenuto immediatamente il rimborso dei finanziamenti erogati, con la sostituzione di tre finanziamenti garantiti da ipoteche, con un immobile in piena proprietà di valore superiore e concesso in leasing con i corrispondenti ricavi o con possibilità di rivendita in caso di risoluzione del contratto; pertanto, senza alcun dubbio l’istrutto ria tecnica compiuta dai due ctu aveva confermato la sussistenza di indici rivelatori del carattere fraudolento e quindi della nullità dell’operazione di sale and lease back del 31.5.2010, la quale era da ritenersi, in realtà, un contratto di finanziamento assistito da una vendita con patto di riscatto in funzione di garanzia, posta in essere con lo scopo di aggirare il divieto di patto commissorio previsto dall ‘articolo 2744 cc .
Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt 1377, 1429, 1431 e 1439, c.c, in relazione all’art.360 n. 3 , nonché de ll’art. 360 n. 5 cpc, per omesso esame di fatti decisivi ai fini della
decisione della controversia, ed omessa e contraddittoria valutazione delle risultanze istruttorie su punti decisivi della controversia, con conseguente errata applicazione degli artt. 116 cpc e 2697 c.c, in relazione all’art. 360, n. 3 e 5 cpc.
La ricorrente lamenta al riguardo che: con il contratto di leasing la convenuta si era arricchita di un nuovo rapporto creditorio (con il contratto di leasing ) e si era impossessata dell’intero compendio immobiliare utile dell’attrice (con il contratto di vendita), già ipotecato dal suo socio unico, Intesa Sanpaolo spa che, con il ricavato della vendita, aveva visto integralmente soddisfatti i propri crediti ipotecari e chirografari per sorte capitale, interessi, accessori, spese e penali, pretendendo altresì la chiusura di due conti correnti ipotecari che la RAGIONE_SOCIALE non avrebbe mai avuto necessità di chiudere ; era stato omesso l’obbligo di inform azione, per essere stata la stessa società tratta in inganno dalle false informazioni a essa trasmesse, nonché dalle informazioni intenzionalmente taciute dalla RAGIONE_SOCIALE con la conseguenza che tanto il contratto di vendita quanto il contratto di leasing del 31.5.2010 erano annullabili giacché viziati da dolo ai sensi dell’articolo 1439 cc .
Il primo motivo è inammissibile, poiché tende al riesame dei fatti circa il carattere fraudolento del contratto di sale and lease back , siccome in violazione del divieto del patto commissorio, attraverso una critica della valutazione del valore del compendio immobiliare e dei dati patrimoniali-contabili della società di leasing .
Invero, in tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di
legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme (Cass., n. 10927/2024; n. 32505/2023).
Nel caso concreto, tali critiche concretizzano una sollecitazione di un diverso apprezzamento dei fatti, avendo la Corte territoriale argomentato sull’insussistenza di elementi rivelatori della dedotta fraudolenza.
Il secondo motivo è parimenti inammissibile, circa i presupposti del dolo, fondato su omessa o ingannevole informazione della controparte, afferendo a questioni nuove, non emergenti dagli atti.
Inoltre, l’esame della parte della doglianza relativa al vizio motivazionale è preclusa, ricorrendo l’ipotesi di «doppia conforme», ai sensi dell’art. 348 ter , commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.,.
Tale ipotesi si ritiene sussistere non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logicoargomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Cass., n. 7724/2022; n. 32019/2024).
Nella specie, le sentenze di merito sono fondate, infatti, sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del
giudizio, che liquida nella somma di euro 25.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 10 giugno 2025.