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Sale and lease back: quando è nullo per violazione?

La Corte di Cassazione conferma la nullità di un contratto di sale and lease back utilizzato per eludere il divieto di patto commissorio. La sentenza chiarisce che la presenza di difficoltà economiche del venditore, la sproporzione tra il valore del bene e il prezzo, e l’uso del prezzo per estinguere debiti preesistenti verso una parte correlata al compratore sono indici di illiceità. La Corte ha inoltre ribadito che le domande di credito verso un fallimento devono essere proposte nella procedura concorsuale e non tramite domanda riconvenzionale in un giudizio ordinario.

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Sale and Lease Back: Quando è Nullo? La Cassazione Chiarisce

Il contratto di sale and lease back, o leasing di ritorno, è uno strumento finanziario ampiamente utilizzato dalle imprese per ottenere liquidità immediata vendendo un proprio bene strumentale (solitamente un immobile) per poi continuare a utilizzarlo pagando un canone di leasing. Sebbene sia un’operazione di per sé lecita, può nascondere insidie e sconfinare nell’illegalità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti su quando questo tipo di contratto viola il divieto di patto commissorio e deve, pertanto, essere dichiarato nullo.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dall’azione legale intrapresa dalla curatela fallimentare di un imprenditore individuale. La curatela sosteneva la nullità di una complessa operazione immobiliare di sale and lease back conclusa anni prima tra l’imprenditore e una società di leasing. Secondo il fallimento, l’operazione non era un genuino contratto di leasing, ma un meccanismo per garantire un finanziamento, in violazione del divieto di patto commissorio (art. 2744 c.c.).

Inizialmente, il Tribunale aveva respinto la domanda, ma la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione. I giudici di secondo grado hanno accertato e dichiarato la nullità del contratto per illiceità della causa, condannando la società finanziaria (succeduta alla società di leasing) a restituire l’immobile al fallimento. Contro questa sentenza, la società ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte e l’analisi del sale and lease back

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società finanziaria, confermando la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno colto l’occasione per ribadire i principi fondamentali che distinguono un sale and lease back lecito da uno illecito.

Di norma, questo contratto è considerato uno schema negoziale socialmente tipico e lecito. Tuttavia, può essere utilizzato in modo fraudolento per eludere il divieto di patto commissorio. La Cassazione ha ricordato che esistono specifici “indici sintomatici” che, se presenti, rivelano la vera natura dell’operazione, ovvero quella di una garanzia reale atipica e illecita. Questi indici sono:

1. Esistenza di una situazione di debito/credito preesistente o contestuale alla vendita tra l’impresa venditrice e la società finanziaria.
2. Difficoltà economiche dell’impresa venditrice, che fanno sospettare un approfittamento della sua condizione di debolezza.
3. Sproporzione tra il valore del bene venduto e il prezzo pagato, a conferma del sospetto.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente individuato la presenza di tali indici. In particolare, era emerso che parte del prezzo di vendita era stato utilizzato per estinguere debiti pregressi del venditore verso una banca che deteneva quasi la totalità delle azioni della società di leasing acquirente. Inoltre, la restante parte del prezzo era stata corrisposta come maxi-canone iniziale, lasciando al venditore una liquidità residua minima. Questi elementi, secondo i giudici, dimostravano che la causa concreta del contratto non era quella di un normale leasing, ma quella di una garanzia illecita.

La Questione del Patto Marciano e della Domanda Riconvenzionale

La società ricorrente ha tentato di difendere la validità del contratto sostenendo la presenza di un “patto marciano”, una clausola che permette al creditore di acquisire il bene in caso di inadempimento, previa stima e restituzione al debitore dell’eccedenza di valore. Tale patto, se correttamente strutturato, rende lecita l’operazione.

Tuttavia, la Cassazione ha sottolineato che l’accertamento dell’esistenza e della validità di un patto marciano è una questione di fatto riservata al giudice di merito. In questo caso, la Corte d’Appello aveva già stabilito che la clausola presente nel contratto non garantiva un reale equilibrio tra le parti e non tutelava adeguatamente il debitore, risultando quindi inefficace a “salvare” il contratto dalla nullità.

Infine, la Corte ha dichiarato inammissibile anche il motivo relativo alla domanda di compensazione proposta dalla società finanziaria. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: qualsiasi pretesa di credito verso un soggetto fallito deve essere fatta valere attraverso l’apposita procedura di insinuazione al passivo fallimentare e non può essere proposta come domanda riconvenzionale in un giudizio ordinario intentato dalla curatela.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di guardare alla “causa in concreto” del negozio giuridico, al di là dello schema formale adottato dalle parti. Se l’operazione, nel suo complesso, è finalizzata a costituire una garanzia per il creditore che gli permetta di appropriarsi del bene del debitore in caso di inadempimento, eludendo le norme sulla par condicio creditorum e sul divieto di patto commissorio, allora essa è nulla per illiceità della causa. La presenza degli indici sintomatici (difficoltà economica, preesistenza di debiti, sproporzione del prezzo) non fa che confermare questa finalità illecita. La Corte ha chiarito che il sale and lease back non ha una finalità solutoria di debiti pregressi, a differenza di altre forme di finanziamento, ma deve rispondere a reali esigenze di liquidità dell’impresa mantenendo l’uso del bene strumentale.

Le conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela del debitore in difficoltà e del ceto creditorio nel suo complesso. Stabilisce con chiarezza che la validità di un contratto di sale and lease back dipende dalla sua reale funzione economica. Quando l’operazione maschera una garanzia atipica che viola il divieto di patto commissorio, il contratto è nullo. Gli operatori finanziari e le imprese devono quindi prestare massima attenzione a strutturare tali operazioni in modo trasparente e conforme alla legge, assicurando che eventuali clausole di garanzia, come il patto marciano, siano effettive e tutelino l’equilibrio contrattuale.

Quando un contratto di sale and lease back è considerato nullo?
Un contratto di sale and lease back è considerato nullo per illiceità della causa quando viene utilizzato per eludere il divieto di patto commissorio. La nullità viene accertata in presenza di indici sintomatici quali: una situazione di debito preesistente tra le parti, le difficoltà economiche del venditore-utilizzatore e una sproporzione tra il valore del bene e il prezzo di vendita.

Quali condizioni deve rispettare un patto marciano per essere valido?
Per essere valido e salvare il contratto dalla nullità, il patto marciano deve prevedere che, al momento dell’inadempimento, il bene sia stimato da un soggetto terzo e imparziale. Inoltre, deve garantire che l’eventuale valore eccedente rispetto al credito garantito sia effettivamente restituito al debitore, ristabilendo l’equilibrio tra le prestazioni.

È possibile presentare una domanda di credito verso un fallimento in un giudizio ordinario?
No. La sentenza ribadisce che qualsiasi pretesa di credito nei confronti di un’impresa fallita, come una domanda di ripetizione di indebito o di compensazione, deve essere proposta esclusivamente attraverso la procedura speciale di accertamento del passivo fallimentare (art. 93 e ss. Legge Fallimentare) e non può essere avanzata come domanda riconvenzionale in un giudizio ordinario promosso dalla curatela.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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