Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3181 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3   Num. 3181  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/02/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 31278/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE,  elettivamente  domiciliato  in  INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)  che  lo  rappresenta  e  difende  unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) -ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che ex lege lo rappresenta e lo difende.
–
contro
ricorrente –
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’Appello di Catanzaro n. 615/2021 depositata il 05/05/2021.
Udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 07/11/2023 dal Consigliere Dr.ssa NOME COGNOME.
Udito  il  P.M.  in  persona  del  Sostituto  Procuratore  Generale  Dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. Udito  l’AVV_NOTAIO  NOME  AVV_NOTAIO  DI  RUFFIA  per  delega dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
 Con  ricorso  per  decreto  ingiuntivo,  RAGIONE_SOCIALE  chiedeva  la condanna del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento di somme in suo favore a titolo di capitale ed interessi moratori ai sensi degli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 231/2002 in relazione all’attività da essa prestata in favore di numerosi uffici di Procure RAGIONE_SOCIALE Repubblica presso i tribunali ordinari per i servizi di noleggio di attrezzature per radio intercettazioni e monitoraggio ambientale.
Il  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  proponeva  opposizione  avanti  al Tribunale di Catanzaro.
Si costituiva resistendo la RAGIONE_SOCIALE, dando atto che successivamente  al  deposito  del  ricorso  monitorio  il  RAGIONE_SOCIALE aveva  provveduto  al  pagamento  di  gran  parte  delle  somme capitali dovute; residuava pertanto la verifica RAGIONE_SOCIALE debenza degli interessi sul corrispettivo reclamato dalla società opposta ai sensi del d.lgs. n. 231/2002.
1.2 Con  sentenza  del  22  febbraio  2017  il  Tribunale  di Catanzaro accoglieva l’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo opposto  e  riconosceva  in  misura  minore  il  credito  RAGIONE_SOCIALE  società
istante,  in  particolare  rilevando  che  la  prestazione  funzionale all’esecuzione delle intercettazioni ed il monitoraggio ambientale non  rientra  nelle  transazioni  commerciali,  per  cui  le  relative prestazioni erano remunerate mediante i criteri di cui al d.p.r. n. 115/2002, con esclusione pertanto dell’applicazione del d.lgs. n. 231/2002 quanto alla misura degli interessi, da calcolarsi invece al tasso legale, dalla scadenza pattuita sino al saldo.
 Avverso  tale  sentenza  la  RAGIONE_SOCIALE  proponeva  appello avanti alla Corte d’Appello di Catanzaro.
Si costituiva resistendo il RAGIONE_SOCIALE.
2.1  Con  sentenza  n.  615/2021  del  5  maggio  2021  la  Corte d’Appello di Catanzaro rigettava l’appello e condannava la RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del gravame.
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Resiste con controricorso il RAGIONE_SOCIALE.
La causa, fissata in un primo tempo in adunanza camerale ai  sensi dell’art.  380 -bis .1,  cod.  proc.  civ.,  è  stata  poi  rimessa alla pubblica udienza.
Il Pubblico ministero ha depositato le proprie conclusioni Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con il primo motivo la società ricorrente denuncia ‘Violazione RAGIONE_SOCIALE normativa Ue in materia di lotta contro i ritardi di pagamenti nelle transazioni commerciali e RAGIONE_SOCIALE carta dei diritti fondamentali dell’Ue. Richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia Ue ex art. 267 del Trattato di funzionamento Ue’.
Lamenta che, peraltro sulla base di consolidato orientamento di questa Corte, l’essere la corte territoriale pervenuta a qualificare  i  compensi  dovuti  per  le  attività  di  intercettazione  in termini di spese straordinarie di giustizia comporta, di
conseguenza, l’esclusione del riconoscimento su tali somme RAGIONE_SOCIALE spettanza degli interessi di cui al d.lgs. 231/2002, e ciò in patente violazione delle disposizioni del menzionato d.lgs., le quali, nell’attuare la Direttiva 2011/7/UE, qualificano e riconducono alla categoria delle ‘transazioni commerciali’ i contratti, ‘comunque denominati’, che comportano la prestazione di servizi a fronte del pagamento di un prezzo, categoria nella quale sono pertanto pienamente riconducibili, per le loro caratteristiche, anche i servizi di noleggio di attrezzature per radio intercettazioni e monitoraggio ambientale.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ‘L’inidoneità dei decreti di liquidazione a costituire l’unico valido titolo utilizzabile  dai  noleggiatori  per  far valere  le  proprie  ragioni creditorie  sia  in  linea  capitale  che  con  riguardo  agli  interessi moratori per violazione delle direttive unitarie, del d.lgs. 231/2002 e RAGIONE_SOCIALE carta dei diritti fondamentali RAGIONE_SOCIALE Ue’.
Pur dando atto che consolidato orientamento di questa Corte afferma che ex art. 168, n. 2, del d.p.r. 115/2002 il decreto di liquidazione è un titolo provvisoriamente esecutivo, il quale, in mancanza di opposizione ai sensi dell’art. 100 d.p.r. acquisisce natura definitivamente esecutiva, e che, ai sensi del successivo art. 171 del d.p.r., costituisce titolo di pagamento per la spesa, lamenta che le citate disposizioni normative assicurano al prestatore dei servizi di noleggio una tutela assai limitata e che il fatto che il nostro ordinamento preveda soltanto il limitato strumento dell’efficacia esecutiva del decreto di pagamento è in contrasto con il principio di effettività RAGIONE_SOCIALE tutela riconosciuto all’art. 24 cost., all’art. 10 RAGIONE_SOCIALE direttiva 2011/7 e dall’art. 1 protocollo 1 RAGIONE_SOCIALE Convenzione europea sui diritti umani, nonché all’art. 13 Cedu, che in forza di recente interpretazione data dalla sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte Edu in causa Azzolina e altri c. Italia del 26 ottobre 2017, pone un obbligo generale a carico degli Stati
contraenti  di  predisporre  rimedi  effettivi  e  adeguati  al  fine  di offrire  una  soluzione  concreta  alle  doglianze  del  soggetto  che lamenti  un  pregiudizio  sui  propri  beni  con  una  ragionevole prospettiva di successo, da valutare anche alla luce RAGIONE_SOCIALE fattispecie del contesto giuridico e politico nonché RAGIONE_SOCIALE situazione personale del ricorrente.
Infatti il decreto di liquidazione, una volta emesso, non entra nella  disponibilità  del  noleggiatore,  non  è  notificato  in  copia autentica e men che meno in copia provvisoriamente esecutiva, dato che ai sensi del n. 2 e 3 dell’art. 168 d.p.r. 115/2002, la sua emissione è solo comunicata al beneficiario.
2.1. Aggiunge inoltre la ricorrente che non vi sono altre possibilità per il noleggiatore di tutelare i suoi diritti, posto che egli non è parte del procedimento penale, perché al medesimo non è riconosciuto espressamente dalla legge il diritto al rilascio di copie, e perché, in ogni caso, quand’anche il noleggiatore, per far valere le sue pretese in relazione ai ritardati pagamenti subiti, dovesse conseguire le copie esecutive dei decreti ex art 168 cit., dovrebbe sopportare in via anticipata costi rilevanti, al quali non è tenuto per far valere un diritto che la normativa nazionale, comunitaria e la carta europea dei diritti umani gli riconoscono.
2.2. Evidenzia inoltre la ricorrente che, non essendo previsto un  termine  per  la  emissione  del  decreto,  a  mezzo  del  quale  il credito diviene certo, liquido ed esigibile, la decisione sul momento di pagamento verrebbe sottoposta alla assoluta discrezionalità RAGIONE_SOCIALE pubblica amministrazione.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ‘Inottemperanza alla normativa nazionale vigente del principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte e di quanto disposto dall’art. 1, comma 26, RAGIONE_SOCIALE legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Finanziaria 2005)’.
Evidenzia  che  a  seguito  dell’entrata  in  vigore  dell’art.  1, comma  26,  RAGIONE_SOCIALE  legge  30  dicembre  2004,  n.  311  (Finanziaria
2005), è stato introdotto, dopo l’art. 5 del Testo Unico delle Spese di RAGIONE_SOCIALE, un art. 5 bis, con cui sono state incluse tra le spese ripetibili anche <>, categoria alla quale è possibile ricondurre le spese per il noleggio delle attrezzature funzionali alle intercettazioni, in modo tale da qualificarle spese ordinarie e non straordinarie.
Lamenta  che  tuttavia,  con  la  sentenza  n.  2074/2019  e  con l’ordinanza  25850/2019,  questa  Corte  ha  ritenuto  irrilevante  la novella legislativa.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia ‘Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 267 e 268 cod. proc. pen. e dell’art. 168 d.p.r. 115/2002 (TUSG), anche nel loro combinato disposto in  relazione  alla  questione  RAGIONE_SOCIALE  capacità  del  PM  procedente  di impegnare negozialmente la PA con riferimento alle operazioni di noleggio  di  apparecchiature  dal  medesimo  disposte  (n.  3  art. 360, comma 1, cod. proc. civ.)’.
Lamenta che erroneamente la corte di merito ha trascurato di considerare la circostanza, rilevante ai fini RAGIONE_SOCIALE riconduzione RAGIONE_SOCIALE fattispecie oggetto di causa ad uno schema negoziale contrattuale, per cui nell’autorizzare l’uso delle apparecchiature per le intercettazioni il Pubblico RAGIONE_SOCIALE perviene a formulare una vera e propria accettazione RAGIONE_SOCIALE proposta proveniente dalla fornitrice delle apparecchiature, in tal modo impegnando contrattualmente il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
 Tutti  e  quattro  i  motivi,  per  la  loro  stretta  connessione, possono essere scrutinati congiuntamente.
5.1. Va anzitutto svolta una premessa.
Si  discute  qui,  come  in  vicende  analoghe,  RAGIONE_SOCIALE  fonte  del rapporto tra la società privata che concede l’uso delle apparecchiature ed il RAGIONE_SOCIALE che ne usufruisce. In particolare,
poi, il ricorso proposto riguarda solo quella parte RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE  Corte  d’Appello  di  Catanzaro  con  cui  è  stato  statuito  che, pur  in  presenza  di  ritardo  nel  pagamento  delle  somme  dovute, non possano essere applicati gli interessi ex artt. 4 e 5 del d.lgs. 231/2002  perché  il  rapporto  perfezionato  fra  le  parti  non  è qualificabile come transazione commerciale.
Ebbene,  l’orientamento  sinora  assunto  da  questa  Suprema Corte  ha  considerato  la  questione  nei  termini  qui  di  seguito indicati.
Anzitutto,  ed  in  linea  generale  (cfr.  Cass.,  03/09/2019,  n. 21973  che  richiama  Cass.  n.  2704/2019,  p.  5)  sono  “spese  di giustizia,  gravanti  in  via  preventiva  sull’erario  e  destinate  al successivo recupero, le spese derivanti dall’espletamento dell’intera  gamma  di  attività  strumentali  allo  svolgimento  del processo penale, nel senso più ampio del suo integrale dipanarsi dalla fase di indagine a quella di esecuzione”.
Tali spese, oltre a distinguersi in ripetibili ed irripetibili, si differenziano a seconda che siano espressamente previste come spese correlate allo svolgimento del processo penale ovvero che non lo siano, ma che, in quest’ultimo caso, vengano ritenute indispensabili dal magistrato che procede, il quale applicherà, “in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 61, 62 e 63 e dell’articolo 277 e per l’importo utilizzerà prezzari analoghi. Il decreto di pagamento è disciplinato dagli articoli 168, 169, 170 e 171” (art. 70 del d.p.r. n. 115/2002).
In materia di spese di giustizia, la liquidazione del compenso per il noleggio ad una Procura RAGIONE_SOCIALE Repubblica di apparecchiature destinate ad intercettazioni telefoniche e ambientali e, se del caso, del personale addetto al loro funzionamento, va effettuata con decreto emesso  ai sensi dell’art.  168  del  d.p.r.  30  maggio  2002, n. 115, opponibile solo con le modalità a tale scopo espressamente predisposte dall’art.
170 del medesimo provvedimento, il quale rinvia all’art. 15 del d.lgs. 1/09/2011, n. 150 (Cass., 05/09/2019, n. 22159). Si è precisato che le prestazioni di noleggio di apparecchiature private da utilizzarsi per intercettazioni telefoniche non sono, in astratto, sottratte alla libera contrattazione, ma l’autorizzazione all’utilizzo rilasciata dal P.M. non costituisce accettazione di una proposta contrattuale del noleggiatore poiché essa proviene da un organo che non ha capacità di impegnare contrattualmente il RAGIONE_SOCIALE e la sua funzione è piuttosto di rendere utilizzabili nel processo le intercettazioni effettuate con strumenti privati. Peraltro, in difetto di una utilizzazione pattuita, l’uso di tali apparecchiature è rimborsabile nei termini indicati dall’art. 168 del d.P.R. n. 115 del 2002, che costituisce disposizione di chiusura che consente il rimborso di tutte le spese, non espressamente previste, effettuate nel corso del processo per situazioni straordinarie (Cass., 08/07/2020, n. 14242).
Si è precisato poi (Cass., 19/12/2019, n. 33765; Cass., 03/09/2019, n. 21973) che, mentre fino al 2004 era rimasta pacifica l’espressa esclusione, dal d.p.r. n. 115/2002, di dette spese tra quelle di giustizia, dall’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE legge 30/12/2004, n. 311 (modificativa dell’art. 1 del d.p.r. n. 112/2002), il quadro normativo sia divenuto più complesso, avendo detta legge espressamente incluso, tra le spese ripetibili dall’Erario che le ha anticipate, quelle relative alle prestazioni di cui all’art. 96 del Codice delle comunicazioni elettroniche (d.lgs. 10/08/ 2003, n. 259) e, ai fini che qui interessano, quelle “funzionali all’utilizzo delle prestazioni medesime” (art. 5, comma 1, lett. i-bis, come modificato dall’art. 1, comma 326, RAGIONE_SOCIALE legge 30/12/2004, n. 311). Le prime, relative alla remunerazione degli operatori telefonici e all’attività di tracciamento, riguardanti le prestazioni cui sono tenuti ex lege gli operatori di telefonia, ove richiesti, a fini di giustizia, dalle competenti autorità giudiziarie,
liquidate sulla scorta di appositi listini; le seconde, quelle strumentali  all’utilizzazione  delle  medesime,  comprensive  anche di  quelle  per  il  noleggio  delle  apparecchiature  necessarie  alla captazione e alla registrazione.
Su entrambe tali tipologie di spese è intervenuto l’art. 168bis d.p.r. 115/2002, introdotto dal d.lgs. 2/10/2018, n. 120, in vigore dal 10/11/2018, il quale ha previsto espressamente che le spese relative alle prestazioni obbligatorie a fini di giustizia, effettuate a fronte dì richieste di intercettazioni e di informazioni da parte delle competenti autorità giudiziarie, e quelle funzionali all’utilizzo delle prestazioni medesime, vengano liquidate con decreto giudiziale ai sensi dell’art. 168 d.p.r. n. 115/2002, individuando esclusivamente nel Pubblico RAGIONE_SOCIALE, che ha eseguito o richiesto l’autorizzazione a disporre le operazioni captative, il soggetto competente ad emettere tale decreto.
La  scelta  normativa  fatta  con  l’introduzione  dell’art.  168-bis d.p.r.  115/2002  comprova  la  volontà  del  legislatore,  per  un verso, di attrarre le spese per intercettazioni nel novero di quelle di giustizia, anche relativamente alle modalità di liquidazione, e, per altro verso, di disciplinare con le stesse modalità sia i costi per le prestazioni obbligatorie cui sono tenuti gli operatori delle comunicazioni telefoniche, sia quelli per la locazione dei macchinari da soggetti privati.
Tale assimilazione è stata, non a caso, valorizzata anche da Cass. n. 2074/2019, la quale ne ha tratto il convincimento che non vi sia ragione di introdurre, a livello interpretativo, una distinzione che non si rinviene nella normativa, che invece tende ad unificare le varie tipologie di spesa per le intercettazioni in un’unica categoria. Che si trattasse di spese straordinarie di giustizia normalmente liquidate con il decreto di cui all’art. 168 d.p.r. 115/2002 trova indiretta conferma anche in Cass., 11/02/2014, n. 3004, la quale, a fronte di un provvedimento con
il quale era stato autorizzato ex art. 70 d.p.r. 115/2002 e quindi liquidato il costo del noleggio di apparecchiature e dell’assistenza tecnica  per  attività di intercettazione,  aveva  stabilito  che  il decreto  con  il  quale  era  stata  liquidata  la  spesa  poteva  essere impugnato, ai sensi dell’art. 170 del d.p.r. 115/2002, per asseriti vizi  riguardanti  l’ammontare  delle  somme  liquidate,  ma  non anche per questioni attinenti ai provvedimenti discrezionali antecedenti.
5.2. La pronuncia consolida la conclusione che le spese per il noleggio degli apparecchi di intercettazioni siano state ritenute spese straordinarie di giustizia, liquidate con decreto del magistrato disponente, opponibili esclusivamente con gli strumenti predisposti a tale scopo; il richiamo normativo è agli artt. 165 e seguenti del testo unico, che affidano a provvedimenti la liquidazione delle spese ivi disciplinate, mentre l’art. 170 regola il procedimento di opposizione al decreto di pagamento, che è l’unica sede in cui il quantum RAGIONE_SOCIALE operata liquidazione, mediante l’apposito provvedimento, può essere posto in discussione.
L’orientamento sinora consolidato di questa Suprema Corte è dunque  nel  senso  che  le  attività  strettamente  funzionali  ed inerenti al processo penale, e le relative spese, si connotano per il  loro  rilievo  pubblicistico  e  si  collocano  al  di  fuori  RAGIONE_SOCIALE  libera contrattazione, sicché la liquidazione  di  queste  ultime  deve inalvearsi nell’apposito procedimento previsto dal Testo Unico.
Senonché, come condivisibilmente evidenziato dalla società odierna  ricorrente  sia  in  ricorso  sia  in  memoria  illustrativa,  il sinora consolidato orientamento non considera l’azione intrapresa dall’Unione  Europea  per  la  lotta  ai  ritardi  nei  pagamenti  nelle transazioni commerciali.
6.1. La direttiva 2000/35/CE del 29 giugno 2000 ha evidenziato che i ritardi di pagamento rappresentano un intralcio
sempre più grave per il successo del mercato unico (quinto considerando), che periodi di pagamento eccessivi e i ritardi di pagamento impongono pesanti oneri amministrativi e finanziari alle imprese, ed in particolare a quelle di piccole e medie dimensioni. Inoltre tali problemi costituiscono una tra le principali cause d’insolvenza e determinano la perdita di numerosi posti di lavoro (settimo considerando) e che le differenze tra le norme in tema di pagamento e le prassi seguite negli Stati membri costituiscono un ostacolo al buon funzionamento del mercato interno (nono considerando).
La  direttiva  è  stata  recepita  nel  nostro  ordinamento  interno con  il  d.  lgs.  n.  231/2002,  sulla  base  RAGIONE_SOCIALE  delega  contenuta nell’articolo  26  RAGIONE_SOCIALE  legge  comunitaria  2001  (legge  1°  marzo 2002, n. 39).
Successivamente, con l’adozione RAGIONE_SOCIALE nuova direttiva europea sui ritardi di pagamento (Direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011 relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali), l’Unione Europea ha sottolineato la necessità di intensificare la lotta contro un fenomeno che mette a rischio la sopravvivenza di numerose imprese in Europa e rappresenta un grave ostacolo alla concorrenza e alla libera circolazione di merci e servizi nel mercato unico. I punti cardine del provvedimento adottato dalle istituzioni europee, infatti, sono l’indicazione di un termine massimo -fissato in 30 giorni – per il pagamento delle prestazioni e l’inasprimento delle sanzioni applicate in caso di ritardo. Le nuove regole europee sono state recepite in Italia con il d.lgs. n. 192/2012 e trovano applicazione per i contratti stipulati a partire dal 1° gennaio 2013.
La direttiva 2011/7/UE ha inteso apportare svariate modificazioni sostanziali alla direttiva 2000/35/CE, sottolineando espressamente  nel  terzo  considerando:  che  nelle  transazioni
commerciali tra operatori economici e amministrazioni pubbliche molti pagamenti sono effettuati più tardi rispetto a quanto concordato nel contratto o stabilito nelle condizioni generali che regolano gli scambi; che sebbene le merci siano fornite e i servizi prestati, molte delle relative fatture sono pagate ben oltre il termine stabilito; che tali ritardi di pagamento influiscono negativamente sulla liquidità e complicano la gestione finanziaria delle imprese; che essi compromettono anche la loro competitività e redditività quando il creditore deve ricorrere ad un finanziamento esterno a causa di ritardi nei pagamenti; che il rischio di tali effetti negativi aumenta considerevolmente nei periodi di recessione economica, quando l’accesso al finanziamento diventa più difficile.
Significativo è infine il quarto considerando RAGIONE_SOCIALE direttiva, secondo cui ‘Il ricorso alla giustizia nei casi di ritardi di pagamento è già agevolato dal regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, dal regolamento (CE) n. 805/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati, dal regolamento (CE) n. 1896/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento, e dal regolamento (CE) n. 861/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, che istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità’, ma nonostante ciò ‘Per disincentivare i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali è tuttavia necessario stabilire disposizioni aggiuntive’.
6.2. Le finalità perseguite dalle suindicate direttive sono state recepite nel d.lgs. 231/2002,  come  novellato  dal d.lgs. n. 192/2012.
L’art.  1,  rubricato  ‘Ambito  di  applicazione’,  dispone:  ‘1.  Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale.
Le disposizioni del presente decreto non trovano applicazione per:
debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore,  comprese  le  procedure  finalizzate  alla  ristrutturazione del debito;
 pagamenti  effettuati  a  titolo  di  risarcimento  del  danno, compresi i pagamenti effettuati a tale titolo da un assicuratore’.
L’art. 2, rubricato ‘Definizioni, dispone: ‘1. Ai fini del presente decreto si intende per:
“transazioni commerciali”: i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna  di  merci  o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo;
“pubblica amministrazione”:  le amministrazioni di cui all’articolo 3, comma 25, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163,  e  ogni  altro  soggetto,  allorquando  svolga  attività  per  la quale  è  tenuto  al  rispetto  RAGIONE_SOCIALE  disciplina  di  cui  al  decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;
“imprenditore”: ogni soggetto esercente un’attività economica organizzata o una libera professione;
“interessi moratori”: interessi legali di mora  ovvero interessi ad un tasso concordato tra imprese;
 “interessi  legali  di  mora”:  interessi  semplici  di  mora  su base  giornaliera  ad  un  tasso  che  è  pari  al  tasso  di  riferimento maggiorato di otto punti percentuali;
 “tasso  di  riferimento”:  il  tasso  di  interesse  applicato  dalla Banca centrale europea alle sue più recenti operazioni di
rifinanziamento principali;
 “importo  dovuto”:  la  somma  che  avrebbe  dovuto  essere pagata  entro  il  termine  contrattuale  o  legale  di  pagamento, comprese le imposte, i dazi, le tasse o gli oneri applicabili indicati nella fattura o nella richiesta equivalente di pagamento.
L’art.  3,  rubricato  ‘Responsabilità  del  debitore’,  prevede:’1. Il creditore ha diritto alla corresponsione degli interessi moratori sull’importo  dovuto,  ai  sensi  degli  articoli  4  e  5,  salvo  che  il debitore dimostri che il ritardo nel pagamento del prezzo è stato determinato dall’impossibilità RAGIONE_SOCIALE prestazione derivante da causa a lui non imputabile’.
L’art.  4,  rubricato  ‘Termini  di  pagamento’,  prevede:  ‘1.  Gli interessi moratori decorrono, senza che sia necessaria la costituzione  in  mora,  dal  giorno  successivo  alla  scadenza  del termine per il pagamento. 2. Salvo quanto previsto dai commi 3, 4  e  5,  il  periodo  di  pagamento  non  può  superare  i  seguenti termini:
trenta giorni dalla data di ricevimento da parte del debitore RAGIONE_SOCIALE  fattura  o  di  una  richiesta  di  pagamento  di  contenuto equivalente.  Non  hanno  effetto  sulla  decorrenza  del  termine  le richieste di integrazione o modifica formali RAGIONE_SOCIALE fattura o di altra richiesta equivalente di pagamento;
trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla data  di  prestazione  dei  servizi,  quando  non  è  certa  la  data  di ricevimento RAGIONE_SOCIALE fattura o RAGIONE_SOCIALE richiesta equivalente di pagamento;
 trenta  giorni  dalla  data  di  ricevimento  delle  merci  o  dalla prestazione dei servizi, quando la data in cui il debitore riceve la fattura  o  la  richiesta  equivalente  di  pagamento  è  anteriore  a quella del ricevimento delle merci o RAGIONE_SOCIALE prestazione dei servizi;
 trenta  giorni  dalla  data  dell’accettazione  o  RAGIONE_SOCIALE  verifica eventualmente previste dalla legge o dal contratto ai fini
dell’accertamento RAGIONE_SOCIALE conformità RAGIONE_SOCIALE merce o dei servizi alle previsioni  contrattuali,  qualora  il  debitore  riceva  la  fattura  o  la richiesta equivalente di pagamento in epoca non successiva a tale data.
Nelle transazioni commerciali tra imprese le parti possono pattuire un termine per il pagamento superiore rispetto a quello previsto dal comma 2. Termini superiori a sessanta giorni, purché non siano gravemente iniqui per il creditore ai sensi dell’articolo 7, devono essere pattuiti espressamente. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto.
 Nelle  transazioni  commerciali  in  cui  il  debitore  è  una pubblica  amministrazione  le  parti  possono  pattuire,  purché  in modo espresso, un termine per il pagamento superiore a quello previsto dal comma 2, quando ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche.  In  ogni  caso  i  termini  di  cui  al  comma  2  non possono essere superiori a sessanta giorni. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto.
I termini di cui al comma 2 sono raddoppiati:
 per  le  imprese  pubbliche  che  sono  tenute  al  rispetto  dei requisiti di trasparenza di cui al decreto legislativo 11 novembre 2003, n. 333;
 per  gli  enti  pubblici  che  forniscono  assistenza  sanitaria  e che siano stati debitamente riconosciuti a tale fine.
 Quando  è  prevista  una  procedura  diretta  ad  accertare  la conformità  RAGIONE_SOCIALE  merce  o  dei  servizi  al  contratto  essa  non  può avere  una  durata  superiore  a  trenta  giorni  dalla  data  RAGIONE_SOCIALE consegna RAGIONE_SOCIALE merce o RAGIONE_SOCIALE prestazione del servizio, salvo che sia  diversamente  ed  espressamente  concordato  dalle  parti  e previsto  nella  documentazione  di  gara  e  purché  ciò  non  sia gravemente  iniquo per il creditore ai sensi dell’articolo 7. L’accordo deve essere provato per iscritto.
Resta ferma la facoltà delle parti di concordare termini di pagamento  a  rate.  In  tali  casi,  qualora  una  delle  rate  non  sia pagata alla data concordata, gli interessi e il risarcimento previsti dal  presente  decreto  sono  calcolati  esclusivamente  sulla  base degli importi scaduti’.
6.3. Tanto premesso, e tornando al caso di specie, l’orientamento di questa Corte che riconduce alla nozione di ‘spese di giustizia’ la prestazione, con i relativi costi, di noleggio di attrezzature per i servizi di intercettazione rischia di limitare la effettiva tutela giurisdizionale del noleggiatore, anzitutto perché nega, nonostante l’ampia dicitura di cui all’art. 1 del d.lgs. 231/2022, che tale prestazione in favore degli uffici di Procura possa essere considerata una transazione commerciale con la pubblica amministrazione e per l’effetto esclude la applicabilità RAGIONE_SOCIALE disciplina che regola, a seguito RAGIONE_SOCIALE novella del 2012, i ritardi nei pagamenti (che devono pur sempre essere contenuti nei termini indicati all’art. 4 del citato d.lgs.) ed altresì prevede, in caso di ritardato pagamento, il diritto agli interessi moratori di cui all’art. 3 del citato d.lgs.
6.4. La tutela del noleggiatore delle attrezzature per i servizi di intercettazione finisce, infatti, per essere ristretta ad un unico rimedio e cioè il decreto di liquidazione di cui al citato art. 168 T.U. 115/2002, e questo nonostante: a) non sia previsto alcun termine perché il Giudice competente abbia ad emettere il decreto di liquidazione; b) una volta emesso, comunque il decreto di liquidazione non entra nella disponibilità del noleggiatore creditore, né in forma provvisoria né definitiva, perché viene solo comunicato e non trasmesso in forma integrale; c) una volta emesso comunque il decreto di liquidazione non contiene alcuna pronuncia in relazione agli interessi dovuti, siano essi quelli legali o moratori.
6.5 .  Aggiungasi  che  l’esclusivo  riferimento  al  Testo  Unico
delle  Spese  di  RAGIONE_SOCIALE,  elimina  la  possibilità,  per  una  azienda che noleggi le proprie attrezzature ad una Procura RAGIONE_SOCIALE Repubblica,  di  far  valere  le  proprie  pretese  creditorie  tramite  il ricorso per decreto ingiuntivo.
Ne consegue che un noleggiatore-creditore non solo è tenuto a subire ritardi, spesso considerevoli, nel veder riconosciute le sue ragioni creditorie, ma non è mai in grado di disporre di un titolo, tantomeno in forma esecutiva, per dare impulso alle azioni a tutela del proprio credito quand’anche questo sia stato riconosciuto (tramite decreto di liquidazione) e comunque non è mai munito di un titolo che gli riconosca gli interessi, in ipotesi quelli di cui al d.lgs. 231/2002, a fronte del ritardato pagamento.
Orbene, le conseguenze, come sopra indicate, determinate dall’orientamento  di  questa  Corte  fanno  sorgere  dubbi  sulla compatibilità di quest’ultimo con il diritto dell’Unione.
7.1. Sono -invero- ravvisabili la possibilità di contrasto con la normativa comunitaria, recepita da quella nazionale, in tema di lotta al ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali, nonché la specifica violazione dell’art. 10, par. 1, RAGIONE_SOCIALE direttiva 2011/7/UE, che recita: ‘Gli Stati membri assicurano che un titolo esecutivo possa essere ottenuto, anche mediante una procedura accelerata e indipendentemente dall’importo del debito, di norma entro novanta giorni di calendario dalla data in cui il creditore ha presentato un ricorso o ha proposto una domanda dinanzi all’autorità giurisdizionale o un’altra autorità competente, ove non siano contestati il debito o gli aspetti procedurali. Gli Stati membri assolvono detto obbligo conformemente alle rispettive disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali’.
7.2. Più in generale, si prospetta un contrasto con il fondamentale  diritto  di  cui  all’art.  47 -‘  Diritto  a  un  ricorso effettivo e a un giudice imparziale’ RAGIONE_SOCIALE Carta dei Diritti
Fondamentali RAGIONE_SOCIALE UE, che prevede: ‘Ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia’.
In particolare, per quanto rileva in questa sede, il citato art. 47, par. 1, dispone che ogni persona, i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati, ha diritto ad un ricorso effettivo dinanzi ad un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo (su cui v. di recente Corte di RAGIONE_SOCIALE (Grande Sezione), sentenza 06 ottobre 2020, C-245/19 e C-246/19; Corte di giustizia (Grande Sezione), sentenza 5 novembre 2019, causa C-192/18, Commissione europea c. Polonia; Corte di giustizia (Grande sezione), sentenza 19 novembre 2019, cause riunite C-585/18, C-624/18 e C625/18).
8. La ravvisata concreta possibilità di contrasto tra l’orientamento di questa Corte ed il diritto dell’Unione induce a chiedere, in via pregiudiziale, l’intervento interpretativo RAGIONE_SOCIALE Corte di RAGIONE_SOCIALE dell’Unione Europea (in materia di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE, v. Corte giust., 24 maggio 1977, causa Hoffmann-Laroche, C107/76, secondo cui la norma ha lo scopo particolare di evitare che si producano divergenze giurisprudenziali all’interno dell’Unione su questioni di diritto europeo).
Ancora  di  recente  le  Sezioni  Unite  di  questa  Corte  (Cass.,
Sez. Un., 18/09/2020, n. 19598) hanno ribadito che nelle controversie disciplinate dal diritto dell’Unione lo Stato ha rinunciato all’esercizio RAGIONE_SOCIALE sovranità, la quale è esercitata dall’Unione tramite i giudici nazionali, il cui potere giurisdizionale esiste esclusivamente in funzione dell’applicazione del diritto dell’Unione. Il giudice nazionale che, in assenza delle condizioni tassativamente indicate dalla Corte di giustizia (a partire dalla sentenza 6 ottobre 1982, Cilfit, C-238/81, p. 14) che esonerano il giudice nazionale dall’obbligo di rinvio pregiudiziale, ometta senza motivare di effettuare tale rinvio anche ‘nuovamente’ quando sia necessario per la decisione RAGIONE_SOCIALE causa principale (v. Corte di giustizia, 5 marzo 1986, C-69/85, p.14) – e decida la causa interpretando direttamente le norme non chiare del diritto dell’Unione, invade le attribuzioni esclusive RAGIONE_SOCIALE Corte di giustizia cui spetta l’ultima parola in ordine all’interpretazione di tale diritto, poiché esercita un potere giurisdizionale di cui è privo, esponendosi, nell’ordinamento italiano, al ricorso per cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione.
L’art. 267 TFUE «istituisce una procedura di cooperazione diretta tra la Corte di giustizia e i giudici degli Stati membri fondata su una netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte» (Corte di giustizia, Grande Sezione, 25 ottobre 2017, C-106/16, Polbud, p. 27; 16 giugno 2015, COGNOME NOME a., C62/14, p. 15) di cui non sono tollerate indebite commistioni. «l procedimento di rinvio pregiudiziale (…) costituisce la chiave di volta del sistema giurisdizionale nell’Unione Europea il quale (…) mira ad assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione, permettendo così di garantire la coerenza, la piena efficacia e l’autonomia di tale diritto nonché, in ultima istanza, il carattere peculiare dell’ordinamento istituito dai Trattati (v. parere 2/13, del 18 dicembre 2014, punto 176 e giurisprudenza ivi citata)» (Corte di
giustizia, 5 luglio 2016, C-614/14, COGNOMEv, p. 15).
L’art. 267 TFUE vieta agli Stati membri di limitare, mediante norme legislative o prassi interpretative nazionali, la facoltà delle giurisdizioni, anche non di ultima istanza, di operare il rinvio alla Corte, in quanto il giudice nazionale ha il dovere di garantire la piena efficacia delle norme dell’Unione (Corte di giustizia, 22 giugno 2010, C-188 e 189/10, NOME, p. 40-45: 15 gennaio 2013, C-416/10, COGNOME, e a., p. 6573). «L’articolo 267 TFUE conferisce ai giudici nazionali la più ampia facoltà di adire la Corte qualora ritengano che, nell’ambito di una controversia dinanzi ad essi pendente, siano sorte questioni che implichino un’interpretazione o un accertamento RAGIONE_SOCIALE validità delle disposizioni del diritto dell’Unione necessarie per definire la controversia di cui sono investiti. I giudici nazionali sono d’altronde liberi di esercitare tale facoltà in qualsiasi momento da essi ritenuto opportuno (v. sentenze del 5 ottobre 2010, COGNOME, C-173/09, punto 26 e giurisprudenza ivi citata, nonché dell’11 settembre 2014, A, C -112/13, punto 39 e giurisprudenza ivi citata)» (Corte di giustizia, 5 luglio 2016, C-614/14, COGNOMEv, p. 17).
Per altro verso, come risulta dalla giurisprudenza consolidata RAGIONE_SOCIALE Corte di giustizia, i Trattati comunitari hanno instaurato un ordinamento giuridico di nuovo genere, a favore del quale gli Stati hanno rinunziato, in settori sempre più ampi, ai loro poteri sovrani e che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini (v., in particolare, sentenza 5 febbraio 1963, COGNOME & Loos, C-26/62). Le caratteristiche fondamentali dell’ordinamento giuridico comunitario così istituito sono, in particolare, la sua preminenza sui diritti degli Stati membri e l’efficacia diretta di tutta una serie di norme che si applicano ai cittadini di tali Stati nonché agli Stati stessi (Corte di giustizia, 14 dicembre 1991, Parere n. 1/91, p. 21; 3 aprile 1968,
C-28-67, RAGIONE_SOCIALE; 15 luglio 1964, C-6/64, COGNOME; secondo  quest’ultima  «il  trasferimento,  effettuato  dagli  Stati  a favore  dell’ordinamento  giuridico  comunitario,  dei  diritti  e  degli obblighi corrispondenti alle disposizioni del Trattato implica quindi una  limitazione  definitiva  dei  loro  diritti  sovrani,  di  fronte  alla quale  un  atto  unilaterale  ulteriore,  incompatibile  con  sistema RAGIONE_SOCIALE Comunità, sarebbe del tutto privo di efficacia»).
8 .1. Ne deriva pertanto l’obbligo degli Stati di dare leale attuazione al principio secondo cui il giudice nazionale «è vincolato, ai fini RAGIONE_SOCIALE soluzione RAGIONE_SOCIALE controversia principale, dall’interpretazione (…) fornita dalla Corte e deve eventualmente discostarsi dalle valutazioni dell’organo giudiziario di grado superiore qualora esso ritenga (…) che queste ultime non siano conformi al diritto dell’Unione» (Corte di giustizia, Grande Sezione, 5 ottobre 2010, C-173/09, COGNOME; Grande Sezione, 5 luglio 2016, C-614/14, NOME COGNOME, Grande Sezione, 5 aprile 2016, RAGIONE_SOCIALE, C-689/13, la quale ultima ha precisato che «l’effetto utile dell’art. 267 TFUE sarebbe attenuato se al giudice nazionale fosse impedito di applicare, immediatamente, il diritto dell’Unione in modo conforme ad una pronuncia o alla giurisprudenza RAGIONE_SOCIALE Corte (v., in tal senso, sentenza Simmenthal, 106/77, EU:C:1978:49, punto 20)’).
Nel caso di specie, inoltre, la società odierna ricorrente sottolinea nella propria memoria che ‘La Commissione Europea, nel mese di aprile 2023, ha infatti emesso parere motivato ex art. 258 TFUE nei confronti dell’Italia ravvisando la non corretta attuazione delle norme RAGIONE_SOCIALE direttiva sui ritardi di pagamento (direttiva 2011/7/UE) in danno delle aziende che noleggiavano le proprie attrezzature per le intercettazioni alle Procure RAGIONE_SOCIALE Repubblica. Il parere motivato è stato adottato nella procedura di infrazione –P_IVA -avviata nei confronti dell’Italia a seguito RAGIONE_SOCIALE denuncia depositata da questa difesa nell’interesse
di numerose imprese del settore, circostanza questa che, a modesto parere dello scrivente, dovrebbe essere idonea ad indurre Codesta Ecc.ma Corte, nella propria funzione nomofilattica, a modificare l’orientamento che sino ad oggi l’ha contraddistinta’, ed anche l’Avvocatura dello Stato, odierna resistente, ha prodotto l’ordinanza interlocutoria n. 29595/2023 emessa dalla I Sezione Civile di questa Corte, che, in vicenda del tutto analoga, ha osservato: ‘Assume particolare rilevanza la circostanza dell’apertura nei confronti RAGIONE_SOCIALE Repubblica italiana di una procedura di infrazione -INFR(2021)4037 -riferita alla non corretta attuazione delle norme RAGIONE_SOCIALE Direttiva UE sui ritardi di pagamento (Direttiva 2011/7/UE) in danno delle aziende che noleggiavano le proprie attrezzature per le intercettazioni alle Procure RAGIONE_SOCIALE Repubblica. Procedura nel corso RAGIONE_SOCIALE quale la Commissione Europea, nel mese di aprile 2023, ha emesso parere motivato ex art. 258 TFUE, ravvisando, appunto, la non corretta attuazione delle norme RAGIONE_SOCIALE direttiva sui ritardi di pagamento. Detta circostanza – che ha indotto la ricorrente a dedurre il contrasto dell’orientamento assunto in materia da questa Corte con i principi eurounitari ed a sollecitare, conseguentemente, questa Corte ad operare un rinvio pregiudiziale alla Corte di RAGIONE_SOCIALE UE – evidenzia la rilevanza delle questioni sollevate e palesa, pertanto, l’opportunità di disporre la trattazione del ricorso in pubblica udienza’.
Le considerazioni tutte di cui ai punti precedenti inducono quindi  il Collegio,  in  ottemperanza  all’art.  267  del  TFUE,  a sottoporre  alla  Corte  di  RAGIONE_SOCIALE  UE  le  seguenti  due  questioni pregiudiziali:
 ‘Se  il  principio  di  leale  collaborazione  di  cui  all’art.  4.3 TUE,  il  diritto  fondamentale  del  ricorso  effettivo  ad  un  giudice sancito  dall’artt.  47  RAGIONE_SOCIALE  Carta  dei  Diritti  Fondamentali  dell’UE, nonché la Direttiva 2011/7/UE e, in particolare, i suoi artt. 2 n. 1
e 2 n. 2, debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa o ad una prassi nazionale che: (i) esclude la qualifica di ‘transazioni commerciali’ ai sensi RAGIONE_SOCIALE Direttiva per le prestazioni di servizi effettuati dietro corrispettivo dai noleggiatori su  richiesta  delle  Procure;  (ii)  esclude  di  conseguenza  dalla disciplina degli interessi prevista dalla Direttiva il credito vantato dai noleggiatori per le prestazioni svolte in favore delle Procure;
2) ‘Se il principio di leale collaborazione di cui all’art. 4.3. TUE, il diritto fondamentale del ricorso effettivo a un giudice sancito dall’art. 47 RAGIONE_SOCIALE Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE, nonché la Direttiva 2011/7/UE e, in particolare, il suo art. 10 paragrafo 1, debbano essere interpretati nel senso che ostino ad una normativa o a una prassi nazionale che non preveda un termine determinato per la liquidazione dei corrispettivi dovuti ad un prestatore di servizi e/o che preveda altresì che tali diritti possano essere fatti valere solo con i rimedi previsti dal T.U. Spese di RAGIONE_SOCIALE d.p.r. 115/2002 ed in particolare soltanto con il rimedio dell’opposizione avverso il decreto di liquidazione’.
11 . In base all’articolo 105 del regolamento di procedura RAGIONE_SOCIALE Corte  di  giustizia  del  25  settembre  2012,  si  richiede  che  il presente rinvio pregiudiziale sia deciso con procedimento accelerato.
Sussistono ragioni serie e specifiche che impongono  di rimuovere in tempi brevi gravi incertezze su questioni fondamentali di rilievo costituzionale nazionale, quali sono quelle implicate  nelle  questioni  pregiudiziali,  inerenti  al  significato  da attribuire  al  diritto  dell’Unione  Europea.  Va  inoltre  dato  atto dell’ampiezza del contenzioso pendente dinanzi a questa Corte e dell’apertura RAGIONE_SOCIALE procedura di infrazione.
P.Q.M.
La Corte, visto l’articolo 267 del Trattato sul funzionamento
dell’Unione  europea,  chiede  alla  Corte  di G iustizia  dell’Unione europea  di  pronunciarsi,  in  via  pregiudiziale,  sulle  questioni  di interpretazione del diritto dell’Unione europea indicate nel paragrafo 10 RAGIONE_SOCIALE motivazione;
chiede che le questioni pregiudiziali siano decise con procedimento accelerato;
sospende  il giudizio sino alla definizione delle suddette questioni pregiudiziali;
ordina  la  trasmissione  di  copia  RAGIONE_SOCIALE  presente  ordinanza, unitamente  agli  atti  dei  giudizi,  alla  cancelleria  RAGIONE_SOCIALE  Corte  di giustizia dell’Unione europea.
Così  deciso  in  Roma  nella  camera  di  consiglio  RAGIONE_SOCIALE  Terza