Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3181 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 3181 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/02/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 31278/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) -ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che ex lege lo rappresenta e lo difende.
–
contro
ricorrente –
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’Appello di Catanzaro n. 615/2021 depositata il 05/05/2021.
Udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 07/11/2023 dal Consigliere Dr.ssa NOME COGNOME.
Udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. Udito l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO DI RUFFIA per delega dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso per decreto ingiuntivo, RAGIONE_SOCIALE chiedeva la condanna del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento di somme in suo favore a titolo di capitale ed interessi moratori ai sensi degli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 231/2002 in relazione all’attività da essa prestata in favore di numerosi uffici di Procure RAGIONE_SOCIALE Repubblica presso i tribunali ordinari per i servizi di noleggio di attrezzature per radio intercettazioni e monitoraggio ambientale.
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avanti al Tribunale di Catanzaro.
Si costituiva resistendo la RAGIONE_SOCIALE, dando atto che successivamente al deposito del ricorso monitorio il RAGIONE_SOCIALE aveva provveduto al pagamento di gran parte delle somme capitali dovute; residuava pertanto la verifica RAGIONE_SOCIALE debenza degli interessi sul corrispettivo reclamato dalla società opposta ai sensi del d.lgs. n. 231/2002.
1.2 Con sentenza del 22 febbraio 2017 il Tribunale di Catanzaro accoglieva l’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo opposto e riconosceva in misura minore il credito RAGIONE_SOCIALE società
istante, in particolare rilevando che la prestazione funzionale all’esecuzione delle intercettazioni ed il monitoraggio ambientale non rientra nelle transazioni commerciali, per cui le relative prestazioni erano remunerate mediante i criteri di cui al d.p.r. n. 115/2002, con esclusione pertanto dell’applicazione del d.lgs. n. 231/2002 quanto alla misura degli interessi, da calcolarsi invece al tasso legale, dalla scadenza pattuita sino al saldo.
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avanti alla Corte d’Appello di Catanzaro.
Si costituiva resistendo il RAGIONE_SOCIALE.
2.1 Con sentenza n. 615/2021 del 5 maggio 2021 la Corte d’Appello di Catanzaro rigettava l’appello e condannava la RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del gravame.
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Resiste con controricorso il RAGIONE_SOCIALE.
La causa, fissata in un primo tempo in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ., è stata poi rimessa alla pubblica udienza.
Il Pubblico ministero ha depositato le proprie conclusioni Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con il primo motivo la società ricorrente denuncia ‘Violazione RAGIONE_SOCIALE normativa Ue in materia di lotta contro i ritardi di pagamenti nelle transazioni commerciali e RAGIONE_SOCIALE carta dei diritti fondamentali dell’Ue. Richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia Ue ex art. 267 del Trattato di funzionamento Ue’.
Lamenta che, peraltro sulla base di consolidato orientamento di questa Corte, l’essere la corte territoriale pervenuta a qualificare i compensi dovuti per le attività di intercettazione in termini di spese straordinarie di giustizia comporta, di
conseguenza, l’esclusione del riconoscimento su tali somme RAGIONE_SOCIALE spettanza degli interessi di cui al d.lgs. 231/2002, e ciò in patente violazione delle disposizioni del menzionato d.lgs., le quali, nell’attuare la Direttiva 2011/7/UE, qualificano e riconducono alla categoria delle ‘transazioni commerciali’ i contratti, ‘comunque denominati’, che comportano la prestazione di servizi a fronte del pagamento di un prezzo, categoria nella quale sono pertanto pienamente riconducibili, per le loro caratteristiche, anche i servizi di noleggio di attrezzature per radio intercettazioni e monitoraggio ambientale.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ‘L’inidoneità dei decreti di liquidazione a costituire l’unico valido titolo utilizzabile dai noleggiatori per far valere le proprie ragioni creditorie sia in linea capitale che con riguardo agli interessi moratori per violazione delle direttive unitarie, del d.lgs. 231/2002 e RAGIONE_SOCIALE carta dei diritti fondamentali RAGIONE_SOCIALE Ue’.
Pur dando atto che consolidato orientamento di questa Corte afferma che ex art. 168, n. 2, del d.p.r. 115/2002 il decreto di liquidazione è un titolo provvisoriamente esecutivo, il quale, in mancanza di opposizione ai sensi dell’art. 100 d.p.r. acquisisce natura definitivamente esecutiva, e che, ai sensi del successivo art. 171 del d.p.r., costituisce titolo di pagamento per la spesa, lamenta che le citate disposizioni normative assicurano al prestatore dei servizi di noleggio una tutela assai limitata e che il fatto che il nostro ordinamento preveda soltanto il limitato strumento dell’efficacia esecutiva del decreto di pagamento è in contrasto con il principio di effettività RAGIONE_SOCIALE tutela riconosciuto all’art. 24 cost., all’art. 10 RAGIONE_SOCIALE direttiva 2011/7 e dall’art. 1 protocollo 1 RAGIONE_SOCIALE Convenzione europea sui diritti umani, nonché all’art. 13 Cedu, che in forza di recente interpretazione data dalla sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte Edu in causa Azzolina e altri c. Italia del 26 ottobre 2017, pone un obbligo generale a carico degli Stati
contraenti di predisporre rimedi effettivi e adeguati al fine di offrire una soluzione concreta alle doglianze del soggetto che lamenti un pregiudizio sui propri beni con una ragionevole prospettiva di successo, da valutare anche alla luce RAGIONE_SOCIALE fattispecie del contesto giuridico e politico nonché RAGIONE_SOCIALE situazione personale del ricorrente.
Infatti il decreto di liquidazione, una volta emesso, non entra nella disponibilità del noleggiatore, non è notificato in copia autentica e men che meno in copia provvisoriamente esecutiva, dato che ai sensi del n. 2 e 3 dell’art. 168 d.p.r. 115/2002, la sua emissione è solo comunicata al beneficiario.
2.1. Aggiunge inoltre la ricorrente che non vi sono altre possibilità per il noleggiatore di tutelare i suoi diritti, posto che egli non è parte del procedimento penale, perché al medesimo non è riconosciuto espressamente dalla legge il diritto al rilascio di copie, e perché, in ogni caso, quand’anche il noleggiatore, per far valere le sue pretese in relazione ai ritardati pagamenti subiti, dovesse conseguire le copie esecutive dei decreti ex art 168 cit., dovrebbe sopportare in via anticipata costi rilevanti, al quali non è tenuto per far valere un diritto che la normativa nazionale, comunitaria e la carta europea dei diritti umani gli riconoscono.
2.2. Evidenzia inoltre la ricorrente che, non essendo previsto un termine per la emissione del decreto, a mezzo del quale il credito diviene certo, liquido ed esigibile, la decisione sul momento di pagamento verrebbe sottoposta alla assoluta discrezionalità RAGIONE_SOCIALE pubblica amministrazione.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ‘Inottemperanza alla normativa nazionale vigente del principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte e di quanto disposto dall’art. 1, comma 26, RAGIONE_SOCIALE legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Finanziaria 2005)’.
Evidenzia che a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 1, comma 26, RAGIONE_SOCIALE legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Finanziaria
2005), è stato introdotto, dopo l’art. 5 del Testo Unico delle Spese di RAGIONE_SOCIALE, un art. 5 bis, con cui sono state incluse tra le spese ripetibili anche <>, categoria alla quale è possibile ricondurre le spese per il noleggio delle attrezzature funzionali alle intercettazioni, in modo tale da qualificarle spese ordinarie e non straordinarie.
Lamenta che tuttavia, con la sentenza n. 2074/2019 e con l’ordinanza 25850/2019, questa Corte ha ritenuto irrilevante la novella legislativa.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia ‘Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 267 e 268 cod. proc. pen. e dell’art. 168 d.p.r. 115/2002 (TUSG), anche nel loro combinato disposto in relazione alla questione RAGIONE_SOCIALE capacità del PM procedente di impegnare negozialmente la PA con riferimento alle operazioni di noleggio di apparecchiature dal medesimo disposte (n. 3 art. 360, comma 1, cod. proc. civ.)’.
Lamenta che erroneamente la corte di merito ha trascurato di considerare la circostanza, rilevante ai fini RAGIONE_SOCIALE riconduzione RAGIONE_SOCIALE fattispecie oggetto di causa ad uno schema negoziale contrattuale, per cui nell’autorizzare l’uso delle apparecchiature per le intercettazioni il Pubblico RAGIONE_SOCIALE perviene a formulare una vera e propria accettazione RAGIONE_SOCIALE proposta proveniente dalla fornitrice delle apparecchiature, in tal modo impegnando contrattualmente il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Tutti e quattro i motivi, per la loro stretta connessione, possono essere scrutinati congiuntamente.
5.1. Va anzitutto svolta una premessa.
Si discute qui, come in vicende analoghe, RAGIONE_SOCIALE fonte del rapporto tra la società privata che concede l’uso delle apparecchiature ed il RAGIONE_SOCIALE che ne usufruisce. In particolare,
poi, il ricorso proposto riguarda solo quella parte RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’Appello di Catanzaro con cui è stato statuito che, pur in presenza di ritardo nel pagamento delle somme dovute, non possano essere applicati gli interessi ex artt. 4 e 5 del d.lgs. 231/2002 perché il rapporto perfezionato fra le parti non è qualificabile come transazione commerciale.
Ebbene, l’orientamento sinora assunto da questa Suprema Corte ha considerato la questione nei termini qui di seguito indicati.
Anzitutto, ed in linea generale (cfr. Cass., 03/09/2019, n. 21973 che richiama Cass. n. 2704/2019, p. 5) sono “spese di giustizia, gravanti in via preventiva sull’erario e destinate al successivo recupero, le spese derivanti dall’espletamento dell’intera gamma di attività strumentali allo svolgimento del processo penale, nel senso più ampio del suo integrale dipanarsi dalla fase di indagine a quella di esecuzione”.
Tali spese, oltre a distinguersi in ripetibili ed irripetibili, si differenziano a seconda che siano espressamente previste come spese correlate allo svolgimento del processo penale ovvero che non lo siano, ma che, in quest’ultimo caso, vengano ritenute indispensabili dal magistrato che procede, il quale applicherà, “in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 61, 62 e 63 e dell’articolo 277 e per l’importo utilizzerà prezzari analoghi. Il decreto di pagamento è disciplinato dagli articoli 168, 169, 170 e 171” (art. 70 del d.p.r. n. 115/2002).
In materia di spese di giustizia, la liquidazione del compenso per il noleggio ad una Procura RAGIONE_SOCIALE Repubblica di apparecchiature destinate ad intercettazioni telefoniche e ambientali e, se del caso, del personale addetto al loro funzionamento, va effettuata con decreto emesso ai sensi dell’art. 168 del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, opponibile solo con le modalità a tale scopo espressamente predisposte dall’art.
170 del medesimo provvedimento, il quale rinvia all’art. 15 del d.lgs. 1/09/2011, n. 150 (Cass., 05/09/2019, n. 22159). Si è precisato che le prestazioni di noleggio di apparecchiature private da utilizzarsi per intercettazioni telefoniche non sono, in astratto, sottratte alla libera contrattazione, ma l’autorizzazione all’utilizzo rilasciata dal P.M. non costituisce accettazione di una proposta contrattuale del noleggiatore poiché essa proviene da un organo che non ha capacità di impegnare contrattualmente il RAGIONE_SOCIALE e la sua funzione è piuttosto di rendere utilizzabili nel processo le intercettazioni effettuate con strumenti privati. Peraltro, in difetto di una utilizzazione pattuita, l’uso di tali apparecchiature è rimborsabile nei termini indicati dall’art. 168 del d.P.R. n. 115 del 2002, che costituisce disposizione di chiusura che consente il rimborso di tutte le spese, non espressamente previste, effettuate nel corso del processo per situazioni straordinarie (Cass., 08/07/2020, n. 14242).
Si è precisato poi (Cass., 19/12/2019, n. 33765; Cass., 03/09/2019, n. 21973) che, mentre fino al 2004 era rimasta pacifica l’espressa esclusione, dal d.p.r. n. 115/2002, di dette spese tra quelle di giustizia, dall’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE legge 30/12/2004, n. 311 (modificativa dell’art. 1 del d.p.r. n. 112/2002), il quadro normativo sia divenuto più complesso, avendo detta legge espressamente incluso, tra le spese ripetibili dall’Erario che le ha anticipate, quelle relative alle prestazioni di cui all’art. 96 del Codice delle comunicazioni elettroniche (d.lgs. 10/08/ 2003, n. 259) e, ai fini che qui interessano, quelle “funzionali all’utilizzo delle prestazioni medesime” (art. 5, comma 1, lett. i-bis, come modificato dall’art. 1, comma 326, RAGIONE_SOCIALE legge 30/12/2004, n. 311). Le prime, relative alla remunerazione degli operatori telefonici e all’attività di tracciamento, riguardanti le prestazioni cui sono tenuti ex lege gli operatori di telefonia, ove richiesti, a fini di giustizia, dalle competenti autorità giudiziarie,
liquidate sulla scorta di appositi listini; le seconde, quelle strumentali all’utilizzazione delle medesime, comprensive anche di quelle per il noleggio delle apparecchiature necessarie alla captazione e alla registrazione.
Su entrambe tali tipologie di spese è intervenuto l’art. 168bis d.p.r. 115/2002, introdotto dal d.lgs. 2/10/2018, n. 120, in vigore dal 10/11/2018, il quale ha previsto espressamente che le spese relative alle prestazioni obbligatorie a fini di giustizia, effettuate a fronte dì richieste di intercettazioni e di informazioni da parte delle competenti autorità giudiziarie, e quelle funzionali all’utilizzo delle prestazioni medesime, vengano liquidate con decreto giudiziale ai sensi dell’art. 168 d.p.r. n. 115/2002, individuando esclusivamente nel Pubblico RAGIONE_SOCIALE, che ha eseguito o richiesto l’autorizzazione a disporre le operazioni captative, il soggetto competente ad emettere tale decreto.
La scelta normativa fatta con l’introduzione dell’art. 168-bis d.p.r. 115/2002 comprova la volontà del legislatore, per un verso, di attrarre le spese per intercettazioni nel novero di quelle di giustizia, anche relativamente alle modalità di liquidazione, e, per altro verso, di disciplinare con le stesse modalità sia i costi per le prestazioni obbligatorie cui sono tenuti gli operatori delle comunicazioni telefoniche, sia quelli per la locazione dei macchinari da soggetti privati.
Tale assimilazione è stata, non a caso, valorizzata anche da Cass. n. 2074/2019, la quale ne ha tratto il convincimento che non vi sia ragione di introdurre, a livello interpretativo, una distinzione che non si rinviene nella normativa, che invece tende ad unificare le varie tipologie di spesa per le intercettazioni in un’unica categoria. Che si trattasse di spese straordinarie di giustizia normalmente liquidate con il decreto di cui all’art. 168 d.p.r. 115/2002 trova indiretta conferma anche in Cass., 11/02/2014, n. 3004, la quale, a fronte di un provvedimento con
il quale era stato autorizzato ex art. 70 d.p.r. 115/2002 e quindi liquidato il costo del noleggio di apparecchiature e dell’assistenza tecnica per attività di intercettazione, aveva stabilito che il decreto con il quale era stata liquidata la spesa poteva essere impugnato, ai sensi dell’art. 170 del d.p.r. 115/2002, per asseriti vizi riguardanti l’ammontare delle somme liquidate, ma non anche per questioni attinenti ai provvedimenti discrezionali antecedenti.
5.2. La pronuncia consolida la conclusione che le spese per il noleggio degli apparecchi di intercettazioni siano state ritenute spese straordinarie di giustizia, liquidate con decreto del magistrato disponente, opponibili esclusivamente con gli strumenti predisposti a tale scopo; il richiamo normativo è agli artt. 165 e seguenti del testo unico, che affidano a provvedimenti la liquidazione delle spese ivi disciplinate, mentre l’art. 170 regola il procedimento di opposizione al decreto di pagamento, che è l’unica sede in cui il quantum RAGIONE_SOCIALE operata liquidazione, mediante l’apposito provvedimento, può essere posto in discussione.
L’orientamento sinora consolidato di questa Suprema Corte è dunque nel senso che le attività strettamente funzionali ed inerenti al processo penale, e le relative spese, si connotano per il loro rilievo pubblicistico e si collocano al di fuori RAGIONE_SOCIALE libera contrattazione, sicché la liquidazione di queste ultime deve inalvearsi nell’apposito procedimento previsto dal Testo Unico.
Senonché, come condivisibilmente evidenziato dalla società odierna ricorrente sia in ricorso sia in memoria illustrativa, il sinora consolidato orientamento non considera l’azione intrapresa dall’Unione Europea per la lotta ai ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali.
6.1. La direttiva 2000/35/CE del 29 giugno 2000 ha evidenziato che i ritardi di pagamento rappresentano un intralcio
sempre più grave per il successo del mercato unico (quinto considerando), che periodi di pagamento eccessivi e i ritardi di pagamento impongono pesanti oneri amministrativi e finanziari alle imprese, ed in particolare a quelle di piccole e medie dimensioni. Inoltre tali problemi costituiscono una tra le principali cause d’insolvenza e determinano la perdita di numerosi posti di lavoro (settimo considerando) e che le differenze tra le norme in tema di pagamento e le prassi seguite negli Stati membri costituiscono un ostacolo al buon funzionamento del mercato interno (nono considerando).
La direttiva è stata recepita nel nostro ordinamento interno con il d. lgs. n. 231/2002, sulla base RAGIONE_SOCIALE delega contenuta nell’articolo 26 RAGIONE_SOCIALE legge comunitaria 2001 (legge 1° marzo 2002, n. 39).
Successivamente, con l’adozione RAGIONE_SOCIALE nuova direttiva europea sui ritardi di pagamento (Direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011 relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali), l’Unione Europea ha sottolineato la necessità di intensificare la lotta contro un fenomeno che mette a rischio la sopravvivenza di numerose imprese in Europa e rappresenta un grave ostacolo alla concorrenza e alla libera circolazione di merci e servizi nel mercato unico. I punti cardine del provvedimento adottato dalle istituzioni europee, infatti, sono l’indicazione di un termine massimo -fissato in 30 giorni – per il pagamento delle prestazioni e l’inasprimento delle sanzioni applicate in caso di ritardo. Le nuove regole europee sono state recepite in Italia con il d.lgs. n. 192/2012 e trovano applicazione per i contratti stipulati a partire dal 1° gennaio 2013.
La direttiva 2011/7/UE ha inteso apportare svariate modificazioni sostanziali alla direttiva 2000/35/CE, sottolineando espressamente nel terzo considerando: che nelle transazioni
commerciali tra operatori economici e amministrazioni pubbliche molti pagamenti sono effettuati più tardi rispetto a quanto concordato nel contratto o stabilito nelle condizioni generali che regolano gli scambi; che sebbene le merci siano fornite e i servizi prestati, molte delle relative fatture sono pagate ben oltre il termine stabilito; che tali ritardi di pagamento influiscono negativamente sulla liquidità e complicano la gestione finanziaria delle imprese; che essi compromettono anche la loro competitività e redditività quando il creditore deve ricorrere ad un finanziamento esterno a causa di ritardi nei pagamenti; che il rischio di tali effetti negativi aumenta considerevolmente nei periodi di recessione economica, quando l’accesso al finanziamento diventa più difficile.
Significativo è infine il quarto considerando RAGIONE_SOCIALE direttiva, secondo cui ‘Il ricorso alla giustizia nei casi di ritardi di pagamento è già agevolato dal regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, dal regolamento (CE) n. 805/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati, dal regolamento (CE) n. 1896/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento, e dal regolamento (CE) n. 861/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, che istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità’, ma nonostante ciò ‘Per disincentivare i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali è tuttavia necessario stabilire disposizioni aggiuntive’.
6.2. Le finalità perseguite dalle suindicate direttive sono state recepite nel d.lgs. 231/2002, come novellato dal d.lgs. n. 192/2012.
L’art. 1, rubricato ‘Ambito di applicazione’, dispone: ‘1. Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale.
Le disposizioni del presente decreto non trovano applicazione per:
debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore, comprese le procedure finalizzate alla ristrutturazione del debito;
pagamenti effettuati a titolo di risarcimento del danno, compresi i pagamenti effettuati a tale titolo da un assicuratore’.
L’art. 2, rubricato ‘Definizioni, dispone: ‘1. Ai fini del presente decreto si intende per:
“transazioni commerciali”: i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo;
“pubblica amministrazione”: le amministrazioni di cui all’articolo 3, comma 25, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e ogni altro soggetto, allorquando svolga attività per la quale è tenuto al rispetto RAGIONE_SOCIALE disciplina di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;
“imprenditore”: ogni soggetto esercente un’attività economica organizzata o una libera professione;
“interessi moratori”: interessi legali di mora ovvero interessi ad un tasso concordato tra imprese;
“interessi legali di mora”: interessi semplici di mora su base giornaliera ad un tasso che è pari al tasso di riferimento maggiorato di otto punti percentuali;
“tasso di riferimento”: il tasso di interesse applicato dalla Banca centrale europea alle sue più recenti operazioni di
rifinanziamento principali;
“importo dovuto”: la somma che avrebbe dovuto essere pagata entro il termine contrattuale o legale di pagamento, comprese le imposte, i dazi, le tasse o gli oneri applicabili indicati nella fattura o nella richiesta equivalente di pagamento.
L’art. 3, rubricato ‘Responsabilità del debitore’, prevede:’1. Il creditore ha diritto alla corresponsione degli interessi moratori sull’importo dovuto, ai sensi degli articoli 4 e 5, salvo che il debitore dimostri che il ritardo nel pagamento del prezzo è stato determinato dall’impossibilità RAGIONE_SOCIALE prestazione derivante da causa a lui non imputabile’.
L’art. 4, rubricato ‘Termini di pagamento’, prevede: ‘1. Gli interessi moratori decorrono, senza che sia necessaria la costituzione in mora, dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento. 2. Salvo quanto previsto dai commi 3, 4 e 5, il periodo di pagamento non può superare i seguenti termini:
trenta giorni dalla data di ricevimento da parte del debitore RAGIONE_SOCIALE fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente. Non hanno effetto sulla decorrenza del termine le richieste di integrazione o modifica formali RAGIONE_SOCIALE fattura o di altra richiesta equivalente di pagamento;
trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla data di prestazione dei servizi, quando non è certa la data di ricevimento RAGIONE_SOCIALE fattura o RAGIONE_SOCIALE richiesta equivalente di pagamento;
trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla prestazione dei servizi, quando la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento è anteriore a quella del ricevimento delle merci o RAGIONE_SOCIALE prestazione dei servizi;
trenta giorni dalla data dell’accettazione o RAGIONE_SOCIALE verifica eventualmente previste dalla legge o dal contratto ai fini
dell’accertamento RAGIONE_SOCIALE conformità RAGIONE_SOCIALE merce o dei servizi alle previsioni contrattuali, qualora il debitore riceva la fattura o la richiesta equivalente di pagamento in epoca non successiva a tale data.
Nelle transazioni commerciali tra imprese le parti possono pattuire un termine per il pagamento superiore rispetto a quello previsto dal comma 2. Termini superiori a sessanta giorni, purché non siano gravemente iniqui per il creditore ai sensi dell’articolo 7, devono essere pattuiti espressamente. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto.
Nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione le parti possono pattuire, purché in modo espresso, un termine per il pagamento superiore a quello previsto dal comma 2, quando ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. In ogni caso i termini di cui al comma 2 non possono essere superiori a sessanta giorni. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto.
I termini di cui al comma 2 sono raddoppiati:
per le imprese pubbliche che sono tenute al rispetto dei requisiti di trasparenza di cui al decreto legislativo 11 novembre 2003, n. 333;
per gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria e che siano stati debitamente riconosciuti a tale fine.
Quando è prevista una procedura diretta ad accertare la conformità RAGIONE_SOCIALE merce o dei servizi al contratto essa non può avere una durata superiore a trenta giorni dalla data RAGIONE_SOCIALE consegna RAGIONE_SOCIALE merce o RAGIONE_SOCIALE prestazione del servizio, salvo che sia diversamente ed espressamente concordato dalle parti e previsto nella documentazione di gara e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore ai sensi dell’articolo 7. L’accordo deve essere provato per iscritto.
Resta ferma la facoltà delle parti di concordare termini di pagamento a rate. In tali casi, qualora una delle rate non sia pagata alla data concordata, gli interessi e il risarcimento previsti dal presente decreto sono calcolati esclusivamente sulla base degli importi scaduti’.
6.3. Tanto premesso, e tornando al caso di specie, l’orientamento di questa Corte che riconduce alla nozione di ‘spese di giustizia’ la prestazione, con i relativi costi, di noleggio di attrezzature per i servizi di intercettazione rischia di limitare la effettiva tutela giurisdizionale del noleggiatore, anzitutto perché nega, nonostante l’ampia dicitura di cui all’art. 1 del d.lgs. 231/2022, che tale prestazione in favore degli uffici di Procura possa essere considerata una transazione commerciale con la pubblica amministrazione e per l’effetto esclude la applicabilità RAGIONE_SOCIALE disciplina che regola, a seguito RAGIONE_SOCIALE novella del 2012, i ritardi nei pagamenti (che devono pur sempre essere contenuti nei termini indicati all’art. 4 del citato d.lgs.) ed altresì prevede, in caso di ritardato pagamento, il diritto agli interessi moratori di cui all’art. 3 del citato d.lgs.
6.4. La tutela del noleggiatore delle attrezzature per i servizi di intercettazione finisce, infatti, per essere ristretta ad un unico rimedio e cioè il decreto di liquidazione di cui al citato art. 168 T.U. 115/2002, e questo nonostante: a) non sia previsto alcun termine perché il Giudice competente abbia ad emettere il decreto di liquidazione; b) una volta emesso, comunque il decreto di liquidazione non entra nella disponibilità del noleggiatore creditore, né in forma provvisoria né definitiva, perché viene solo comunicato e non trasmesso in forma integrale; c) una volta emesso comunque il decreto di liquidazione non contiene alcuna pronuncia in relazione agli interessi dovuti, siano essi quelli legali o moratori.
6.5 . Aggiungasi che l’esclusivo riferimento al Testo Unico
delle Spese di RAGIONE_SOCIALE, elimina la possibilità, per una azienda che noleggi le proprie attrezzature ad una Procura RAGIONE_SOCIALE Repubblica, di far valere le proprie pretese creditorie tramite il ricorso per decreto ingiuntivo.
Ne consegue che un noleggiatore-creditore non solo è tenuto a subire ritardi, spesso considerevoli, nel veder riconosciute le sue ragioni creditorie, ma non è mai in grado di disporre di un titolo, tantomeno in forma esecutiva, per dare impulso alle azioni a tutela del proprio credito quand’anche questo sia stato riconosciuto (tramite decreto di liquidazione) e comunque non è mai munito di un titolo che gli riconosca gli interessi, in ipotesi quelli di cui al d.lgs. 231/2002, a fronte del ritardato pagamento.
Orbene, le conseguenze, come sopra indicate, determinate dall’orientamento di questa Corte fanno sorgere dubbi sulla compatibilità di quest’ultimo con il diritto dell’Unione.
7.1. Sono -invero- ravvisabili la possibilità di contrasto con la normativa comunitaria, recepita da quella nazionale, in tema di lotta al ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali, nonché la specifica violazione dell’art. 10, par. 1, RAGIONE_SOCIALE direttiva 2011/7/UE, che recita: ‘Gli Stati membri assicurano che un titolo esecutivo possa essere ottenuto, anche mediante una procedura accelerata e indipendentemente dall’importo del debito, di norma entro novanta giorni di calendario dalla data in cui il creditore ha presentato un ricorso o ha proposto una domanda dinanzi all’autorità giurisdizionale o un’altra autorità competente, ove non siano contestati il debito o gli aspetti procedurali. Gli Stati membri assolvono detto obbligo conformemente alle rispettive disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali’.
7.2. Più in generale, si prospetta un contrasto con il fondamentale diritto di cui all’art. 47 -‘ Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale’ RAGIONE_SOCIALE Carta dei Diritti
Fondamentali RAGIONE_SOCIALE UE, che prevede: ‘Ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia’.
In particolare, per quanto rileva in questa sede, il citato art. 47, par. 1, dispone che ogni persona, i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati, ha diritto ad un ricorso effettivo dinanzi ad un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo (su cui v. di recente Corte di RAGIONE_SOCIALE (Grande Sezione), sentenza 06 ottobre 2020, C-245/19 e C-246/19; Corte di giustizia (Grande Sezione), sentenza 5 novembre 2019, causa C-192/18, Commissione europea c. Polonia; Corte di giustizia (Grande sezione), sentenza 19 novembre 2019, cause riunite C-585/18, C-624/18 e C625/18).
8. La ravvisata concreta possibilità di contrasto tra l’orientamento di questa Corte ed il diritto dell’Unione induce a chiedere, in via pregiudiziale, l’intervento interpretativo RAGIONE_SOCIALE Corte di RAGIONE_SOCIALE dell’Unione Europea (in materia di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE, v. Corte giust., 24 maggio 1977, causa Hoffmann-Laroche, C107/76, secondo cui la norma ha lo scopo particolare di evitare che si producano divergenze giurisprudenziali all’interno dell’Unione su questioni di diritto europeo).
Ancora di recente le Sezioni Unite di questa Corte (Cass.,
Sez. Un., 18/09/2020, n. 19598) hanno ribadito che nelle controversie disciplinate dal diritto dell’Unione lo Stato ha rinunciato all’esercizio RAGIONE_SOCIALE sovranità, la quale è esercitata dall’Unione tramite i giudici nazionali, il cui potere giurisdizionale esiste esclusivamente in funzione dell’applicazione del diritto dell’Unione. Il giudice nazionale che, in assenza delle condizioni tassativamente indicate dalla Corte di giustizia (a partire dalla sentenza 6 ottobre 1982, Cilfit, C-238/81, p. 14) che esonerano il giudice nazionale dall’obbligo di rinvio pregiudiziale, ometta senza motivare di effettuare tale rinvio anche ‘nuovamente’ quando sia necessario per la decisione RAGIONE_SOCIALE causa principale (v. Corte di giustizia, 5 marzo 1986, C-69/85, p.14) – e decida la causa interpretando direttamente le norme non chiare del diritto dell’Unione, invade le attribuzioni esclusive RAGIONE_SOCIALE Corte di giustizia cui spetta l’ultima parola in ordine all’interpretazione di tale diritto, poiché esercita un potere giurisdizionale di cui è privo, esponendosi, nell’ordinamento italiano, al ricorso per cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione.
L’art. 267 TFUE «istituisce una procedura di cooperazione diretta tra la Corte di giustizia e i giudici degli Stati membri fondata su una netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte» (Corte di giustizia, Grande Sezione, 25 ottobre 2017, C-106/16, Polbud, p. 27; 16 giugno 2015, COGNOME NOME a., C62/14, p. 15) di cui non sono tollerate indebite commistioni. «l procedimento di rinvio pregiudiziale (…) costituisce la chiave di volta del sistema giurisdizionale nell’Unione Europea il quale (…) mira ad assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione, permettendo così di garantire la coerenza, la piena efficacia e l’autonomia di tale diritto nonché, in ultima istanza, il carattere peculiare dell’ordinamento istituito dai Trattati (v. parere 2/13, del 18 dicembre 2014, punto 176 e giurisprudenza ivi citata)» (Corte di
giustizia, 5 luglio 2016, C-614/14, COGNOMEv, p. 15).
L’art. 267 TFUE vieta agli Stati membri di limitare, mediante norme legislative o prassi interpretative nazionali, la facoltà delle giurisdizioni, anche non di ultima istanza, di operare il rinvio alla Corte, in quanto il giudice nazionale ha il dovere di garantire la piena efficacia delle norme dell’Unione (Corte di giustizia, 22 giugno 2010, C-188 e 189/10, NOME, p. 40-45: 15 gennaio 2013, C-416/10, COGNOME, e a., p. 6573). «L’articolo 267 TFUE conferisce ai giudici nazionali la più ampia facoltà di adire la Corte qualora ritengano che, nell’ambito di una controversia dinanzi ad essi pendente, siano sorte questioni che implichino un’interpretazione o un accertamento RAGIONE_SOCIALE validità delle disposizioni del diritto dell’Unione necessarie per definire la controversia di cui sono investiti. I giudici nazionali sono d’altronde liberi di esercitare tale facoltà in qualsiasi momento da essi ritenuto opportuno (v. sentenze del 5 ottobre 2010, COGNOME, C-173/09, punto 26 e giurisprudenza ivi citata, nonché dell’11 settembre 2014, A, C -112/13, punto 39 e giurisprudenza ivi citata)» (Corte di giustizia, 5 luglio 2016, C-614/14, COGNOMEv, p. 17).
Per altro verso, come risulta dalla giurisprudenza consolidata RAGIONE_SOCIALE Corte di giustizia, i Trattati comunitari hanno instaurato un ordinamento giuridico di nuovo genere, a favore del quale gli Stati hanno rinunziato, in settori sempre più ampi, ai loro poteri sovrani e che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini (v., in particolare, sentenza 5 febbraio 1963, COGNOME & Loos, C-26/62). Le caratteristiche fondamentali dell’ordinamento giuridico comunitario così istituito sono, in particolare, la sua preminenza sui diritti degli Stati membri e l’efficacia diretta di tutta una serie di norme che si applicano ai cittadini di tali Stati nonché agli Stati stessi (Corte di giustizia, 14 dicembre 1991, Parere n. 1/91, p. 21; 3 aprile 1968,
C-28-67, RAGIONE_SOCIALE; 15 luglio 1964, C-6/64, COGNOME; secondo quest’ultima «il trasferimento, effettuato dagli Stati a favore dell’ordinamento giuridico comunitario, dei diritti e degli obblighi corrispondenti alle disposizioni del Trattato implica quindi una limitazione definitiva dei loro diritti sovrani, di fronte alla quale un atto unilaterale ulteriore, incompatibile con sistema RAGIONE_SOCIALE Comunità, sarebbe del tutto privo di efficacia»).
8 .1. Ne deriva pertanto l’obbligo degli Stati di dare leale attuazione al principio secondo cui il giudice nazionale «è vincolato, ai fini RAGIONE_SOCIALE soluzione RAGIONE_SOCIALE controversia principale, dall’interpretazione (…) fornita dalla Corte e deve eventualmente discostarsi dalle valutazioni dell’organo giudiziario di grado superiore qualora esso ritenga (…) che queste ultime non siano conformi al diritto dell’Unione» (Corte di giustizia, Grande Sezione, 5 ottobre 2010, C-173/09, COGNOME; Grande Sezione, 5 luglio 2016, C-614/14, NOME COGNOME, Grande Sezione, 5 aprile 2016, RAGIONE_SOCIALE, C-689/13, la quale ultima ha precisato che «l’effetto utile dell’art. 267 TFUE sarebbe attenuato se al giudice nazionale fosse impedito di applicare, immediatamente, il diritto dell’Unione in modo conforme ad una pronuncia o alla giurisprudenza RAGIONE_SOCIALE Corte (v., in tal senso, sentenza Simmenthal, 106/77, EU:C:1978:49, punto 20)’).
Nel caso di specie, inoltre, la società odierna ricorrente sottolinea nella propria memoria che ‘La Commissione Europea, nel mese di aprile 2023, ha infatti emesso parere motivato ex art. 258 TFUE nei confronti dell’Italia ravvisando la non corretta attuazione delle norme RAGIONE_SOCIALE direttiva sui ritardi di pagamento (direttiva 2011/7/UE) in danno delle aziende che noleggiavano le proprie attrezzature per le intercettazioni alle Procure RAGIONE_SOCIALE Repubblica. Il parere motivato è stato adottato nella procedura di infrazione –P_IVA -avviata nei confronti dell’Italia a seguito RAGIONE_SOCIALE denuncia depositata da questa difesa nell’interesse
di numerose imprese del settore, circostanza questa che, a modesto parere dello scrivente, dovrebbe essere idonea ad indurre Codesta Ecc.ma Corte, nella propria funzione nomofilattica, a modificare l’orientamento che sino ad oggi l’ha contraddistinta’, ed anche l’Avvocatura dello Stato, odierna resistente, ha prodotto l’ordinanza interlocutoria n. 29595/2023 emessa dalla I Sezione Civile di questa Corte, che, in vicenda del tutto analoga, ha osservato: ‘Assume particolare rilevanza la circostanza dell’apertura nei confronti RAGIONE_SOCIALE Repubblica italiana di una procedura di infrazione -INFR(2021)4037 -riferita alla non corretta attuazione delle norme RAGIONE_SOCIALE Direttiva UE sui ritardi di pagamento (Direttiva 2011/7/UE) in danno delle aziende che noleggiavano le proprie attrezzature per le intercettazioni alle Procure RAGIONE_SOCIALE Repubblica. Procedura nel corso RAGIONE_SOCIALE quale la Commissione Europea, nel mese di aprile 2023, ha emesso parere motivato ex art. 258 TFUE, ravvisando, appunto, la non corretta attuazione delle norme RAGIONE_SOCIALE direttiva sui ritardi di pagamento. Detta circostanza – che ha indotto la ricorrente a dedurre il contrasto dell’orientamento assunto in materia da questa Corte con i principi eurounitari ed a sollecitare, conseguentemente, questa Corte ad operare un rinvio pregiudiziale alla Corte di RAGIONE_SOCIALE UE – evidenzia la rilevanza delle questioni sollevate e palesa, pertanto, l’opportunità di disporre la trattazione del ricorso in pubblica udienza’.
Le considerazioni tutte di cui ai punti precedenti inducono quindi il Collegio, in ottemperanza all’art. 267 del TFUE, a sottoporre alla Corte di RAGIONE_SOCIALE UE le seguenti due questioni pregiudiziali:
‘Se il principio di leale collaborazione di cui all’art. 4.3 TUE, il diritto fondamentale del ricorso effettivo ad un giudice sancito dall’artt. 47 RAGIONE_SOCIALE Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE, nonché la Direttiva 2011/7/UE e, in particolare, i suoi artt. 2 n. 1
e 2 n. 2, debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa o ad una prassi nazionale che: (i) esclude la qualifica di ‘transazioni commerciali’ ai sensi RAGIONE_SOCIALE Direttiva per le prestazioni di servizi effettuati dietro corrispettivo dai noleggiatori su richiesta delle Procure; (ii) esclude di conseguenza dalla disciplina degli interessi prevista dalla Direttiva il credito vantato dai noleggiatori per le prestazioni svolte in favore delle Procure;
2) ‘Se il principio di leale collaborazione di cui all’art. 4.3. TUE, il diritto fondamentale del ricorso effettivo a un giudice sancito dall’art. 47 RAGIONE_SOCIALE Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE, nonché la Direttiva 2011/7/UE e, in particolare, il suo art. 10 paragrafo 1, debbano essere interpretati nel senso che ostino ad una normativa o a una prassi nazionale che non preveda un termine determinato per la liquidazione dei corrispettivi dovuti ad un prestatore di servizi e/o che preveda altresì che tali diritti possano essere fatti valere solo con i rimedi previsti dal T.U. Spese di RAGIONE_SOCIALE d.p.r. 115/2002 ed in particolare soltanto con il rimedio dell’opposizione avverso il decreto di liquidazione’.
11 . In base all’articolo 105 del regolamento di procedura RAGIONE_SOCIALE Corte di giustizia del 25 settembre 2012, si richiede che il presente rinvio pregiudiziale sia deciso con procedimento accelerato.
Sussistono ragioni serie e specifiche che impongono di rimuovere in tempi brevi gravi incertezze su questioni fondamentali di rilievo costituzionale nazionale, quali sono quelle implicate nelle questioni pregiudiziali, inerenti al significato da attribuire al diritto dell’Unione Europea. Va inoltre dato atto dell’ampiezza del contenzioso pendente dinanzi a questa Corte e dell’apertura RAGIONE_SOCIALE procedura di infrazione.
P.Q.M.
La Corte, visto l’articolo 267 del Trattato sul funzionamento
dell’Unione europea, chiede alla Corte di G iustizia dell’Unione europea di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulle questioni di interpretazione del diritto dell’Unione europea indicate nel paragrafo 10 RAGIONE_SOCIALE motivazione;
chiede che le questioni pregiudiziali siano decise con procedimento accelerato;
sospende il giudizio sino alla definizione delle suddette questioni pregiudiziali;
ordina la trasmissione di copia RAGIONE_SOCIALE presente ordinanza, unitamente agli atti dei giudizi, alla cancelleria RAGIONE_SOCIALE Corte di giustizia dell’Unione europea.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Terza