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Ripartizione debito fideiussorio: come si decide?

La sentenza analizza un caso di opposizione a decreto ingiuntivo relativo a un’azione di regresso tra co-fideiussori. Un garante sosteneva che il debito dovesse essere diviso in parti uguali tra tutti i firmatari. Il Tribunale ha respinto l’opposizione, stabilendo che la ripartizione del debito fideiussorio deve basarsi sull'”interesse comune” dei garanti, che nel caso specifico corrispondeva alle quote di partecipazione nella società beneficiaria del finanziamento, superando così la presunzione legale di uguaglianza delle quote.

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Ripartizione Debito Fideiussorio: Quote Sociali Battono Presunzione di Uguaglianza

Quando più persone si impegnano come garanti per un debito altrui, sorge una domanda fondamentale: come si divide internamente l’onere in caso di pagamento? La legge prevede una presunzione di uguaglianza, ma una recente sentenza del Tribunale di Monza chiarisce come l'”interesse comune” dei garanti possa portare a una diversa ripartizione del debito fideiussorio. Questo principio diventa cruciale quando i garanti sono anche soci della società per cui è stata prestata la garanzia.

I Fatti del Caso

La vicenda nasce dall’opposizione a un decreto ingiuntivo presentata da un fideiussore. Quest’ultimo era stato chiamato a pagare una quota del debito da parte dei suoi co-fideiussori, i quali avevano saldato l’intero importo dovuto a un istituto di credito. La garanzia era stata concessa a favore di una società composta da tre soci, ognuno con una quota di circa un terzo del capitale sociale.

Il punto controverso riguardava il numero di garanti: sebbene i soci fossero tre, la fideiussione era stata firmata da quattro persone, poiché una socia era stata sostituita nella garanzia dai suoi due genitori. L’opponente sosteneva quindi che il debito dovesse essere diviso in quattro parti uguali. I co-fideiussori convenuti, al contrario, affermavano l’esistenza di un accordo per una divisione in tre parti, corrispondente alle quote sociali e all’interesse di ciascun socio nell’operazione di finanziamento.

La Ripartizione del Debito Fideiussorio tra Presunzione Legale e Interesse Comune

La difesa dell’opponente si basava sulla presunzione stabilita dall’art. 1298, comma 2, del Codice Civile, secondo cui le parti di un’obbligazione solidale si presumono uguali, salvo che risulti diversamente. In assenza di un accordo scritto che specificasse una diversa divisione, l’opponente riteneva legittima una ripartizione del debito per teste, ovvero in quattro quote identiche.

La tesi dei convenuti, accolta dal Tribunale, si fondava invece su un principio consolidato in giurisprudenza: per individuare il criterio di riparto interno, non si deve guardare al contratto di fideiussione in sé, ma alla “ragione del collegamento tra le obbligazioni assunte dai singoli confidejussori, ossia all’interesse comune”.

Le Motivazioni della Decisione

Il Giudice ha ritenuto che l'”interesse comune” che legava i garanti fosse inequivocabilmente la loro partecipazione alla società beneficiaria del mutuo. La fideiussione era stata un passo strumentale per ottenere il finanziamento necessario all’attività d’impresa. Pertanto, la ripartizione più logica e coerente con la volontà delle parti non era quella basata sul mero numero dei firmatari, ma quella che rifletteva le quote di partecipazione al capitale sociale.

Il Tribunale ha specificato che le quote societarie, essendo sostanzialmente paritarie (33%, 33% e 34%), giustificavano una divisione del debito in tre parti uguali. La circostanza che una socia fosse stata sostituita dai genitori è stata considerata una mera formalità che non alterava la sostanza dell’accordo: i genitori rappresentavano un’unica posizione debitoria, riconducibile alla quota di un terzo della figlia. Questa interpretazione è stata ulteriormente rafforzata dal comportamento di un altro socio che, dopo l’escussione della garanzia, aveva spontaneamente rimborsato ai co-fideiussori esattamente la sua quota di un terzo.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La sentenza ha rigettato l’opposizione, confermando integralmente il decreto ingiuntivo e condannando l’opponente al pagamento delle spese legali. La decisione sottolinea un principio di grande importanza pratica: nei rapporti interni tra co-fideiussori, la presunzione di uguaglianza delle quote può essere superata da prove, anche indirette, che dimostrino un diverso accordo o un interesse comune che giustifichi un’altra suddivisione. Quando i garanti sono soci di un’azienda, è altamente probabile che un giudice consideri le quote di partecipazione come il criterio più equo per la ripartizione del debito fideiussorio, a meno che non sia stato esplicitamente pattuito diversamente.

Quando più persone firmano una fideiussione, il debito si divide sempre in parti uguali?
No. La legge stabilisce una presunzione di uguaglianza delle quote tra i co-debitori in solido, ma questa può essere superata se si dimostra che l’interesse comune alla base dell’obbligazione giustifica una diversa ripartizione.

L’interesse dei soci di una società può influenzare la ripartizione del debito di una fideiussione da loro prestata?
Sì. Come stabilito dalla sentenza, se la fideiussione è prestata nell’interesse di una società da parte dei suoi soci, il criterio per la ripartizione interna del debito è l’interesse comune, che si presume coincidere con le rispettive quote di partecipazione al capitale sociale.

Cosa succede se a firmare la fideiussione sono i genitori di un socio e non il socio stesso?
Secondo la decisione, questa è una circostanza formale che non modifica la sostanza. I genitori che garantiscono per il figlio-socio vengono considerati come un’unica entità ai fini del riparto, e la loro quota di debito è calcolata sulla base della quota societaria del figlio che hanno sostituito nella garanzia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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