Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9666 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9666 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5746/2021 R.G. proposto da : COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
SAFECAP
INVESTMENT
LTD,
D’ARGENIO
NOME
-intimati- sul controricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE LTD. NUMERO_DOCUMENTO, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO, presso lo
studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente incidentale- contro
D’ARGENIO
NOME
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 3032/2020 depositata il 07/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
1.NOME COGNOME ha effettuato una operazione finanziaria online.
In particolare, egli aveva un contratto con la società RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE) di tipo speculativo: le parti guadagnavano o perdevano a seconda dell’andamento di certi titoli.
Nella notte del 27 giugno 2011, il COGNOME ha notato un improvviso calo di valore del titolo DJ 30 che, da usuali quotazioni di 10-15 mila, era sceso a 115-130: egli ne ha approfittato per chiudere le posizioni e lucrare dunque sul crollo di valore di quel titolo. Ha in tal modo guadagnato 860 mila euro circa. Ma, durante quella stessa notte, quindi poche ore dopo, la Safcap ha annullato l’operazione per via del fatto che la quotazione del DJ 30 era stata indicata in 110-115 punti
per mero errore: ed invero, quel valore non corrispondeva alla quotazione effettiva reale, che invece era di circa 12000 punti. 2.COGNOME ha dunque agito in giudizio, davanti al Tribunale di Avellino, per far dichiarare che la somma guadagnata gli era effettivamente dovuta, e per ottenere comunque la restituzione di 49 mila euro, e di altri 123 mila euro, pari alla somma che lui aveva dovuto impiegare per poter fare quella speculazione.
3.- Nel giudizio si è costituita la RAGIONE_SOCIALE che ha chiesto l’annullamento per errore delle dichiarazioni negoziali relative alla quotazione del titolo DJ 30.
4.- Il Tribunale di Avellino ha accolto la domanda principale, negando l’annullamento sul presupposto che l’errore non poteva essere riconoscibile da parte del COGNOME, in quanto costui agiva quale consumatore, ma ha rigettato la sua richiesta di rimborso delle altre somme, ritenendo non provato il dolo della controparte né documentati i ritardi di costei nella esecuzione degli ordini impartiti.
5.- La Corte di Appello di Napoli ha riformato questa decisione, ed ha accolto l’appello principale della RAGIONE_SOCIALE, mentre ha rigettato quello incidentale di COGNOME.
Costui ha proposto ricorso per cassazione con cinque motivi, illustrati da memoria, a fronte del quale vi è stato controricorso della Safecap nonché ricorso incidentale con un motivo di censura e memoria.
7.- Con ordinanza del 23.1.2024 il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite sulla questione di giurisdizione posta con il ricorso incidentale da Safecap. Con ordinanza del 17.9.2024, le Sezioni Unite hanno ritenuto la giurisdizione del giudice italiano e rimesso dunque la decisione del merito a questo collegio.
Ragioni della decisione
7.La questione principale della controversia è nella riconoscibilità dell’errore.
I giudici di appello, dato per pacifico che per errore è stato comunicato un valore del DJ 30 di molto inferiore a quello effettivo, hanno ritenuto che tale errore fosse riconoscibile da parte del COGNOME, che, seppure consumatore e non investitore professionale, avrebbe potuto avvedersene usando l’ordinaria diligenza, anche in ragione del notevole crollo di valore del titolo che avrebbe dovuto indurlo in sospetto.
Quanto alle somme messe dall’investitore nel plafond, al fine di poterle poi impiegare nella operazione, i giudici di merito hanno confermato che non risulta il COGNOME sia stato indotto con dolo a fare tale operazione, e che dunque si è trattato di una sua libera scelta, sia pure consigliata dalla società qui controricorrente. Infine, per via della scarsa chiarezza dei rapporti e della buona fede del ricorrente, i giudici di appello hanno compensato le spese.
8.- Queste rationes decidendi sono censurate con cinque motivi di ricorso principale ed uno di ricorso incidentale.
8.1.- La preliminare questione di giurisdizione, posta con il ricorso incidentale, come si è detto, è stata risolta dalla ordinanza 25954/ 2024 delle Sezioni Unite di questa Corte, che ha confermato la giurisdizione italiana ed ha rimesso dunque il merito a questo collegio.
9.- Il ricorso principale.
E’ preliminare l’indagine sul quarto motivo di ricorso.
Con esso, infatti, si prospetta omesso esame della circostanza, ritenuta decisiva, che il contratto si era perfezionato ed era stato eseguito. Se ne dedurrebbe, secondo il ricorrente, che non poteva più essere posto nel nulla, meglio: essendosi concluso il contratto tramite accettazione da parte del ricorrente della offerta di acquisto fatta dalla società, non
poteva più mettersi in discussione l’avvenuta transazione, quale che fosse l’eccezione da farsi.
Questo motivo è preliminare perché sembra adombrare l’idea che il fatto di avere guadagnato quella somma era irreversibile e ciò, ove se ne fosse tenuto conto, avrebbe comportato l’inammissibilità di ogni altra questione, e soprattutto di quella volta a vanificare l’operazione.
Il motivo è infondato.
E’ evidente che la circostanza che un contratto, o un qualche accordo, si sia concluso e sia anche stato eseguito, non significa che non possa essere rimesso in discussione attraverso i rimedi della nullità e dell’annullamento: qui la controparte ha chiesto per l’appunto che si annullassero le dichiarazioni unilaterali (neanche l’intero iniziale contratto) per errore essenziale e riconoscibile, che è rimedio esperibile anche ovviamente a prestazione eseguita.
Ciò posto,
11.- Il primo motivo prospetta omesso esame degli obblighi derivanti dalle direttive Cee, poi recepite con legge 58 del 1998 e successive, a carico degli intermediari finanziari.
Il ricorrente assume che la controparte avrebbe dovuto intanto tener conto del grado di conoscenza finanziaria dell’investitore, al fine di classificarlo, e poi, in ossequio all’obbligo di trasparenza, avrebbe dovuto avvisarlo in cosa era consistito l’errore.
Il motivo è svolto nei termini di un omesso esame, ma si può intendere, più correttamente, che esso prospetta invece una violazione di legge: l’omesso esame è omissione di un fatto, non già violazione di norme che prevedono obblighi a carico di una delle parti.
12.- Con il secondo motivo il ricorrente denunzia omesso esame dei parametri di riconoscibilità dell’errore ex art. 1428 c.c.
Anche in questo caso si può ben dire che, pur sotto l’apparenza dell’omesso esame, è denunciata una violazione di legge, ossia dei criteri legali con cui valutare se un errore è riconoscibile oppure no.
La tesi del ricorrente è che l’errore non era affatto riconoscibile. Presupposto di tale tesi è che egli è un consumatore, non già un investitore professionale, e dunque la capacità di riconoscere l’errore andava misurata su tale sua condizione.
Il ricorrente censura la decisione impugnata nel punto in cui avrebbe utilizzato quale elemento presuntivo della riconoscibilità dell’errore la circostanza che il ricorrente stesso aveva effettuato numerosi accessi alla piattaforma, e ritiene che il numero degli accessi, come previsto dalla decisione della Corte UE (n. 500 del 2020), non è rilevante per decidere della qualità di consumatore.
Infine, si sostiene che alcun elemento poteva trarsi dalla circostanza del crollo repentino e significativo del valore del DJ30, in quanto il crollo di valore dei titoli è tipico ed è frequente nei mercati finanziari e non può essere motivo di sospetto, specialmente per chi non è operatore finanziario professionale.
I motivi, che sono logicamente connessi potendo pertanto farsene congiunto scrutinio, sono infondati.
Va anzitutto ribadito che ove l’errore sia in astratto riconoscibile con l’ordinaria diligenza ( non essendo necessario che l’errore sia stato effettivamente riconosciuto ) è questione di fatto rimessa all’accertamento del giudice di merito, ed
incensurabile con ricorso per cassazione se non per difetto di motivazione (Cass. 24738/ 2017).
Va per altro verso escluso che vi possa essere una connessione tra gli obblighi informativi gravanti sull’intermediario finanziario e la riconoscibilità dell’errore in questione, per alcune ragioni. Intanto, in quanto è accertato, e non è stato messo in discussione, che RAGIONE_SOCIALE, ossia la controricorrente, non è un intermediario finanziario, ma la controparte contrattuale del ricorrente.
D’altro canto , in quanto gli obblighi informativi mirano a mettere al corrente il consumatore del tipo di operazione finanziaria e dei rischi che la stessa prospetta, e non anche ad indicare come riconoscere l’errore dell’altra parte, ossia come riconoscere l’errore in cui l’altra parte può incorrere nel fare una dichiarazione negoziale rilevante ai fini del contratto.
Infine, non è necessario che l’errore sia stato effettivamente riconosciuto dalla controparte, essendo sufficiente che quest’ultima, usando l’ordinaria diligenza, avrebbe potuto riconoscerlo.
La censura del relativo accertamento, come si è detto, è ammissibile solo nella misura in cui denuncia violazione delle regole legali che presiedono all’accertamento della riconoscibilità dell’errore.
Orbene, il ricorrente contesta l’accertamento nella specie condotto dalla corte di merito e la rilevanza degli elementi da cui quest’ultima ha ricavato che l’errore fosse riconoscibile con l’ordinaria diligenza.
Contesta anzitutto il rilievo assegnato al numero frequente di accessi, viceversa asseritamente non significativo, avendo la stessa Corte di Giustizia posto in rilievo che la frequenza di accesso non può essere usata ad indentificare il consumatore.
La censura non è rilevante, atteso che nella specie trattasi di non già di identificare il consumatore ma di stabilire viceversa se questi possa avvedersi dell’errore altrui: se è vero che il numero di accessi fatti su una piattaforma di trading online non serve a distinguere tra consumatore e investitore professionale, è per contro vero che può servire a stabilire se un consumatore (che dunque è già indentificato come tale) fosse in grado di accorgersi o meno dell’errore altrui nella indicazione del valore di un titolo.
Né può sostenersi che la corte di merito non abbia tenuto conto del fatto che il ricorrente era un consumatore ed in tale veste agiva nell’operazione speculativa: ne ha tenuto conto ed ha ritenuto, con accertamento in fatto, che egli si sarebbe potuto accorgere della stranezza del crollo di valore ove avesse usato l’originaria diligenza, non già una diligenza qualificata propria di un soggetto più esperto del consumatore. Anche ad ammettere, come fa il ricorrente, che il crollo repentino di valori è tipico del mercato finanziario e dunque non può essere elemento di sospetto per i consumatori che vi accedono, i quali lo devono dunque considerare come un fatto normale, anche ad ammettere ciò, resta il fatto che quel crollo repentino era verificabile accedendo ad una serie di siti web che riportano le quotazioni dei titoli, circostanza cui fa cenno la decisione impugnata e che dunque è altro indizio utile della mancanza di diligenza nella verifica dell’errore.
13.-Con il terzo motivo il ricorrente denunzia violazione dell’articolo 5 delle condizioni di contratto.
L’articolo in questione prevede che la controparte debba verificare la regolarità della transazione e poi, solo dopo, accettarla. Assume il ricorrente che tale norma è stata violata: fatto questo trascurato dai giudici.
Il motivo è inammissibile.
Non è chiaro se la questione sia stata posta ai giudici di appello, ed in che termini lo sia stata, presupposto necessario per dolersi della omissione.
Inoltre, non è sufficientemente detto perché, se i giudici di merito si fossero fatti carico di quella questione, ossia della violazione dell’articolo 5 dell’accordo, ciò avrebbe portato ad una decisione diversa, tenuto conto del fatto che l’operazione è stata inizialmente approvata non per l’omesso controllo della sua regolarità, ma per un errore, cui si è posto rimedio immediatamente, come previsto da quell’articolo.
14- Con il quinto motivo il ricorrente denunzia nullità della sentenza per violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. Attiene al diverso capo di sentenza costituito dal rigetto della richiesta di vedersi restituite le somme necessarie a costituire il fondo da cui poi è partito l’investimento causato dall’errore di cui si è detto.
Si duole che i giudici di merito abbiano ritenuto volontaria quella rimessa, ossia non indotta da dolo della controparte, ed hanno altresì ritenuto non provato il ritardo di quest’ultima nella esecuzione delle operazioni impartite.
Il ricorrente contesta la decisione proponendo una diversa valutazione delle prove, quelle testimoniali in particolare, mirata ad un diverso accertamento dei fatti.
Il motivo è inammissibile.
La ratio della decisione impugnata è basata chiaramente su un determinato accertamento dei fatti: che quella rimessa sia stata volontaria o concordata, e comunque non dovuta ad un raggiro della controparte, intenta a specularci, e che il ritardo nella esecuzione degli ordini, che sarebbe anche indizio dello scopo lucrativo della controparte, non è affatto provato.
Accertamento in fatto, questo, qui non censurabile.
15.- Il ricorso incidentale.
E’ basato su un unico motivo che prospetta violazione degli articoli 92 e ss. c.p.c. in tema di spese.
La ricorrente incidentale si duole dell’operata compensazione delle spese del doppio grado di merito senza invero adeguata motivazione al riguardo, in asserita violazione de ll’art . 92 c.p.c.
Il motivo è inammissibile.
Esso è volto a censurare un apprezzamento di fatto del giudice di merito, il quale ha ritenuto sussistenti gravi ed eccezionali ragioni al riguardo, indicate nella buona fede del ricorrente e nella mancanza di chiarezza del contratto che ha dato origine alla controversia.
Il sindacato di questa Corte non può spingersi fino a misurare gravità ed eccezionalità, che sono invece rimesse al giudice di merito, salva la violazione di giurisprudenza consolidata o la motivazione apparente (Cass. 15495 7 2022).
Entrambi i ricorsi vanno dunque rigettati.
Attesa la reciproca soccombenza, può disporsi la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta entrambi i ricorsi, principale e incidentale. Compensa tra i ricorrenti, principale e incidentale, le spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 31/1/2025