Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12119 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12119 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 37780/2019 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa giusta delega a margine de l ricorso dall’Avv. NOME COGNOME , dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME i quali dichiarano di voler ricevere le notifiche e le comunicazioni relative al presente procedimento agli indirizzi di posta elettronica certificata indicati, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio del l’Avv. NOME COGNOME .
-ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma presso il suo studio a INDIRIZZO giusta procura speciale in calce al controricorso
-controricorrente-
E
RAGIONE_SOCIALE, Istituto Nazionale per lo studio e la cura dei tumori, Fondazione Pascale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale a margine del controricorso, la quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni relative a questo procedimento a ll’ indirizzo di posta elettronica certificata indicato, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio d ell’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di n. 2570/2019, depositata il 13/5/2019
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/3/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Con delibera n. 479 del 14/7/1997 l’Istituto nazionale per lo studio della cura dei tumori (IRCCS), Fondazione G. COGNOME, disponeva la gara ad evidenza pubblica a licitazione privata per l’effettuazione dei lavori di ristrutturazione edilizia ed adeguamento tecnologico dell’istituto Pascale.
La base d’asta dei lavori era di lire 29.455.473.165.
L’aggiudicazione avveniva con la delibera n. 775 del 9/12/1997, in favore dell’ATI, con la mandataria RAGIONE_SOCIALE, per la somma di lire 19.731.664.525, con un ribasso d’asta del 33,73%.
L’ATI era formata dalla RAGIONE_SOCIALE, che si occupava dei lavori di installazione degli ascensori, con un ribasso d’asta del 50%, dalla RAGIONE_SOCIALE, dalla NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, che per gli impianti elettrici proponeva un ribasso del 35%, dalla COGNOME RAGIONE_SOCIALE, che si occupava degli impianti, con un ribasso d’asta del 32%, oltre che dalla mandataria RAGIONE_SOCIALE, per le opere civili, con un ribasso d’asta del 29,4% .
A seguito di informativa antimafia, il contratto veniva stipulato il 13/10/1999, con previsione di ultimazione dei lavori in 30 mesi.
L’offerta presentata dall’ATI, con il ribasso d’asta delle 33,073% veniva reputata anomala, sicché la mandataria RAGIONE_SOCIALE recava le giustificazioni di un tale ribasso d’asta.
L’aggiudicazione definitiva interveniva con delibera n. 454 del 14/7/1999.
L’istituto Pascale provvedeva al pagamento integrale in favore della mandataria RAGIONE_SOCIALE, con ordinanza di assegnazione in sede di pignoramento per euro 1.303.080,23.
Con atto di citazione notificato il 12/10/2005 la RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria dell’ATI, e l’IRCCS, Fondazione Pascale, chiedendo: «in via cautelare emettere provvedimento cautelare ex art. 700 c.p.c., diretto ad inibire l’istituto fondazione G. Pascale convenuto di pagare alla RAGIONE_SOCIALE degli importi relativi al Sal n. 21 di spettanza della Ferrari medesima, pari ad euro 165.547,03; in via principale, condannare l’istituto fondazione G. Pascale al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE, a titolo di corrispettivo per le opere eseguite complessivo importo di euro 310.719,88 di cui euro 165.547,03, a titolo di corrispettivo a saldo per ulteriori opere eseguite in esecuzione dell’appalto oggetto di causa, ma non contabilizzate dall’Istituto committente; in via subordinata nell’ipotesi in cui, nelle more del
giudizio, intervenga da parte dell’Istituto committente il pagamento dell’intero importo del SAL n. 21 in favore della RAGIONE_SOCIALE e nella denegata ulteriore ipotesi che codesto Ecc.mo giudice adito ritenga liberatorio il suddetto pagamento anche per gli importi di spettanza della Ferrari pari ad euro 165.547,03, condannare la RAGIONE_SOCIALE a pagare all’attrice l’importo di euro 165.547,03».
In sostanza, l’attrice COGNOME deduceva che, essendo si obbligata ad espletare l’attività di installazione degli ascensori, inizialmente con un ribasso del 50%, ma, in sede di aggiudicazione, con il ribasso medio del 33%, tale ultimo indice percentuale doveva essere applicato in sede di distribuzione da parte della mandataria Sifra Sud delle somme ricevute dalla stazione appaltante RAGIONE_SOCIALE.
La società voleva, insomma, che le fosse applicata la percentuale di riduzione del 33,073 %, quale risultante dall’aggiudicazione della gara appalto, e non nella misura del 50%.
Si costituiva la RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto della domanda.
Si costituiva l’IRCCS deducendo «di aver già versato anche la quota di pertinenza della Ferrari alla mandataria dell’ATI, RAGIONE_SOCIALE».
Il tribunale di Napoli, con sentenza del 9/7/2015, accoglieva la domanda, condannando la RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore della società attrice della somma di euro 142.219,95.
In particolare, il tribunale rilevava che «il pagamento effettuato dal Pascale alla RAGIONE_SOCIALE ha senz’altro effetto liberatorio in quanto la stazione appaltante deve ritenersi estranea ai rapporti interni dell’ATI», chiarendo che neanche «può ritenersi efficace nei confronti del COGNOME la revoca tacita del mandato poiché contrastante con aspetti essenziali dell’istituto dell’ATI».
Avverso tale sentenza proponeva appello la RAGIONE_SOCIALE, chiedendo l’applicazione sull’importo delle lavorazioni di spettanza della Ferrari, contabilizzato nel SAL n. 21 del contratto d’appalto, del
ribasso del 50%, in luogo del ribasso del 33,073 %, riducendo dunque l’importo spettante alla Ferrari ad euro 81.270,27.
In particolare, l’appellante deduceva che, in sede di gara, in ragione della ritenuta anomalia dell’offerta dell’ATI, la stessa veniva sottoposta alla verifica ex art. 21 della legge n. 109 del 1994, attraverso l’esame delle «giustificazioni dell’offerta economica».
In tale frangente la mandataria RAGIONE_SOCIALE produceva «le offerte di ribasso che ogni impresa del raggruppamento, previo studio della categoria di lavori di propria competenza aveva ad essa mandataria comunicato ai fini della formulazione del ribasso unitario da offrire in gara strumento l’impegno, all’interno dell’ATI, di eseguire la propria categoria dei lavori con il ribasso comunicato».
La mandataria dell’ATI, dunque, una volta ricevuti dalle mandanti i differenti ribassi offerti dalle imprese raggruppate per le categorie di lavori di rispettiva competenza, aveva effettuato «la media ponderale degli stessi così determinando il ribasso unitario offerta all’Istituto committente».
Il ribasso offerto dalla Ferrari, pari al 50%, in sede di «giustificazioni dell’offerta» rendeva il ribasso unico offerto pari al 33,073%.
Per tale ragione, ad avviso dell’appellante, «la ripartizione dei compensi tra le singole imprese va operata dalla mandataria sulla base dei ribassi offerti dalle stesse con riferimento alle singole categorie di lavorazioni, così da consentire, in ragione dei diversi ribassi offerti, quei margini di guadagno indicati in sede di offerta».
A nulla rilevava che l’accordo interno non emergesse dal contratto d’appalto, stante la estraneità della committente agli accordi interni delle imprese.
8. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 2570/2019, del 13/5/2019, rigettava il gravame.
Rilevava che la sussistenza ed il contenuto dell’accordo intercorso tra le imprese dell’ATI, di ripartirsi compensi sulla base dei diversi ribassi offerti dalle stesse con riferimento alle singole categorie di lavorazione, erano «controversi», anche prima del giudizio.
La mandante COGNOME aveva sempre negato che vi fosse stato un accordo, verbale o scritto, tra gli associati di applicare al loro interno ribassi differenziati «o, comunque, in misura diversa da quella risultante dall’unico ribasso offerto unitariamente in sede di gara».
Precisava la Corte territoriale che «né è vero che della sussistenza di tale accordo vi sia prova documentale, non risultando tale pattuizione né inserita nell’atto costitutivo dell’ATI per notar Mauro, né richiamata nel contratto di appalto stipulato con l’istituto Pascale. Agli atti vi era soltanto la «Giustificazione dell’offerta economica», ossia la tabella contenente i singoli ribassi operati dalle imprese dell’ATI, inviata dalla stessa Sifra Sud dalla stazione appaltante e predisposta dalla medesima odierna appellante».
In tale tabella si dava conto dei ribassi comunicati dalle imprese, ma «di tali comunicazioni e del loro effettivo contenuto l’appellante non ha dato affatto la prova».
Per tale ragione, non era possibile sostenere che la comunicazione dei singoli ribassi effettuata dalle imprese alla mandataria RAGIONE_SOCIALE costituisse «impegno scritto delle singole imprese, posto che anche di tale comunicazione manca la prova».
Neppure potevano individuarsi quali indizi significativi «la mera circostanza che in occasione dei pagamenti degli altri venti SAL non vi è stata alcuna lagnanza da parte delle altre imprese raggruppate ovvero il fatto che nella specie trattasi di un ATI verticale, caratterizzata cioè da lavorazioni di classificazione diverse».
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, depositando anche memoria scritta.
Ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE depositando anche memoria scritta.
Ha resistito con controricorso l’Istituto nazionale per lo studio della cura dei tumori INDIRIZZO, IRCCS.
Il Procuratore Generale, nella persona del dott. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO CHE:
Con un unico motivo di impugnazione la ricorrente deduce la «violazione articoli 360, primo comma, numeri 3, 4 e 5 in relazione all’art. 117 c.p.c., legge n. 2248/1865 – Al contratto d’appalto Rep. 70580 del 2/11/1999 – Alla legge n. 109/94 e al d.p.r. 554/99 – Agli artt. 1341 e 1362 c.c. – Agli artt. 1175 e 1375 c.c. – Agli articoli 1664 c.c. e seguenti – Violazione del principio della domanda ex articoli 99 e 112 c.p.c. – Violazione art. 111 della Costituzione travisamento esame di un punto decisivo della controversia Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti decisivi per il giudizio».
Per la ricorrente la Corte territoriale avrebbe errato nel determinare l’importo spettante alla Ferrari, considerando il ribasso del 33,73%, quale ribasso unitario calcolato dall’ATI ai fini dell’aggiudicazione e della giustificazione dell’offerta, inizialmente ritenuta anomala, in luogo del ribasso effettivo che doveva essere «del 50%, indicato dalla RAGIONE_SOCIALE e pure ribadito nel documento giustificativo».
Infatti, a seguito della verifica prevista ex art. 21 della legge n. 109 del 1994, in ragione della ritenuta anomalia dell’offerta economica presentata, l’ATI aveva depositato delle «Giustificazioni
dell’offerta economica», all’interno delle quali erano indicati i singoli ribassi di ciascuna società facente parte dell’ATI.
In particolare, la società RAGIONE_SOCIALE, con riguardo alle opere civili aveva offerta un ribasso del 29,4%, RAGIONE_SOCIALE, in relazione agli impianti elettrici, aveva offerta un ribasso del 35%, RAGIONE_SOCIALE, in relazione agli impianti meccanici, aveva offerta un ribasso del 32%, la Ferrari aveva offerta un ribasso del 50%, in relazione agli impianti elevatori, per una media di ribasso del 33,73%, pari a lire 19.713.751.713, a titolo di importo netto che la stazione appaltante avrebbe dovuto corrispondere all’ATI, in luogo dell’importo a base d’asta pari a lire 29.455.473.165.
La società mandataria RAGIONE_SOCIALE, quindi, aveva provveduto alla ripartizione dei compensi tra le singole imprese in ragione dei ribassi offerte dalle stesse con riferimento alle singole categorie di lavorazioni, «così da consentire, in ragione dei diversi ribassi offerti, i margini di guadagno indicati in sede di offerta».
Pertanto, per la ricorrente, «solo l’aliquota del 50% indicata da COGNOME, si ripete, doveva essere quell’effettiva e a base dell’impegno assunto dell’ATI nei confronti dell’istituto Pascale».
Aggiunge la ricorrente che la Ferrari aveva contestato l’applicazione della percentuale di ribasso del 50% solo in sede di ripartizione degli importi a seguito del 21º SAL.
Per la ricorrente l’errore commesso dalla Corte d’appello sarebbe consistito nel non riconoscere che «le dichiarazioni rese dagli operatori economici nell’ambito di una pubblica gara, poi peraltro confermata nelle giustificazioni prodotte a corredo dell’offerta, costituiscono un preciso impegno contrattuale degli stessi nei confronti della PA».
Non vi sarebbe stata contestazione in relazione all’atto esibito dalla ricorrente, così da diventare pacifico, ex art. 115 c.p.c.
La riduzione del 50% sarebbe stata «agevolmente ricavabile dalle più volte richiamate giustificazioni, allegate nel giudizio di prime cure sia da Sifra Sud che dal CTU». Ciò avrebbe reso «superflua ogni indagine sull’esistenza di accordi/patti diversi, mai esibiti o prodotti in giudizio dalla mandante COGNOME».
Il motivo è inammissibile.
2.1. In primo luogo, in tema di ricorso per cassazione, i motivi d’impugnazione, se prospettano una pluralità di questioni precedute dalla elencazione unitaria delle norme violate, sono inammissibili, in quanto costituiscono una negazione della regola della chiarezza e richiedono un intervento della S.C. volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure (Cass., sez. 5, 6/11/2024, n. 28541).
Nella specie, il motivo è costruito con un affastellarsi inestricabile di argomentazioni e di norme asseritamente violate, rendendo impossibile a questa Corte di decidere su ciascuna delle censure separatamente.
2.2. Il motivo pecca anche di autosufficienza ex art. 366, n. 6, c.p.c., non essendo stato trascritti gli stralci dei documenti invocati (contratto di appalto; giustificazioni offerta anomala).
Inoltre, si è in presenza di una doppia decisione conforme di merito ex art. 348ter c.p.c., nella versione ratione temporis vigente, con la conseguente impossibilità di articolare il motivo di impugnazione teso a censurare il vizio di motivazione ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
L’art. 348ter c.p.c., è applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito in legge n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012 (Cass., sez. 1, 22/12/2016, n. 26774).
Va premesso che nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter, comma 5, c.p.c., il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n. 5) dell’art. 360 c.p.c. è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass., sez. 3, 28/2/2023, n. 5947; Cass., sez. 2, 10/3/2014, n. 5528).
La ricorrente, sul punto, non ha riportato le argomentazioni del tribunale, con cui è stata rigettata l’originaria domanda da parte della mandataria RAGIONE_SOCIALE
Trova applicazione il principio per cui, in tema di ricorso di cassazione, ricorre l’ipotesi di «doppia conforme», ai sensi dell’art. 348ter , commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logicoargomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Cass., sez. 6-2, 9/3/2022, n. 7724).
4. Tra l’altro, la ricorrente chiede una nuova valutazione degli elementi istruttori, già compiutamente effettuata da parte della Corte d’appello, non sindacabile in questa sede.
Senza contare che il vizio di motivazione viene articolato alla stregua della vecchia normativa di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., cioè come «omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti decisivi per il giudizio», e non come omesso esame di fatti decisivi (Cass. Sez.U., n. 8053 del 2014).
5. Va anche evidenziato che, poiché la delibera n. 479 del 14/7/1997 ha indetto la gara a licitazione privata, trova applicazione, quanto alle offerte anomale, la disciplina di cui all’art. 21, comma 1bis , della legge 11/2/1994, n. 109, che statuisce «nei casi di aggiudicazione di lavori pari o superiori a 5 milioni di ECU con il criterio del prezzo più basso di cui al comma 1, l’amministrazione interessata deve valutare l’anomalia delle offerte di cui all’art. 30 della direttiva 93/37/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993, relativamente a tutte le offerte che presentino un ribasso superiore alla percentuale fissata entro il 1 gennaio di ogni anno con decreto del Ministro dei lavori pubblici, sentito l’osservatorio, sulla base dell’andamento delle offerte ammesse alle gare espletate nell’anno precedente. A tal fine la pubblica amministrazione può prendere in considerazione esclusivamente giustificazioni fondate sull’economicità del procedimento di costruzione o delle soluzioni tecniche adottate o sulle condizioni particolarmente favorevoli di cui gode l’offerente, con l’esclusione, comunque, di giustificazioni relativamente a tutti quegli elementi i cui valori minimi sono stabiliti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, ovvero i cui valori sono rilevabili da dati ufficiali. Le offerte debbono essere corredate, fino a dalla loro presentazione, da giustificazioni relativamente alle voci di prezzo più significative, indicate nel bando di gara o nella lettera di invito, che concorrono a formare un importo non inferiore al 75% di quello posto a base d’asta» (poi artt. 86 e 87 del d.lgs. n. 163 del 2006; art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016; art. 110 del d.lgs. n. 36 del 2023).
6. La società mandataria, RAGIONE_SOCIALE ha provveduto quindi a fornire giustificazioni e ad indicare il ribasso medio del 33,73%.
Tale ribasso medio è stato fatto proprio dalla stazione appaltante che ha aggiudicato i lavori per la somma di lire 19.731.664.525.
Tale dato è stato fatto proprio, dunque, dalla RAGIONE_SOCIALE al momento della richiesta del 21º SAL, in luogo della percentuale diversa del 50%, che però restava all’interno dei rapporti tra le società partecipanti all’ATI.
Con valutazione di pieno merito, sia il Tribunale che la Corte d’appello, hanno ritenuto che non vi fosse un accordo interno tra le società partecipanti all’ATI per l’applicazione a ciascuna impresa della quota di ribasso differenziata in relazione alla tipologia dei lavori espletati, trattandosi di ATI verticale.
Al contrario, l’unico dato certo è quello unitario dell’ATI di ribasso complessivo del prezzo offerto pari a 33,73%.
In tal senso si richiama il precedente di questa Corte per cui con l’associazione temporanea di imprese, costituita per l’aggiudicazione e l’esecuzione di un contratto di appalto di opere pubbliche, la sussistenza di un rapporto di mandato collettivo con rappresentanza, gratuito ed irrevocabile, conferito da una o più imprese ad altra impresa capogruppo, preclude la validità dell’accordo interno in base al quale i corrispettivi vengano ripartiti in modo difforme da quanto stabilito nel contratto di appalto, violando detta clausola il divieto di contratti in frode alla legge, ai sensi dell’art. 1344 cod. civ., poiché contrastante con aspetti essenziali dell’istituto, sia per lo svuotamento del mandato collettivo, sia, quanto alla disciplina dell’appalto di opere pubbliche, per contrasto con l’art. 22, comma 4, del d.lgs. n. 406 del 1991 (nel testo ” ratione temporis ” applicabile), il quale fa divieto di costituire un raggruppamento concomitante o successivo all’aggiudicazione della gara, altrimenti impedendosi alla P.A. di valutare la consistenza tecnica e finanziaria delle imprese riunite (Cass., sez. 1, 23/1/2012, n. 837).
Ciò che rileva è, dunque, il rapporto con la stazione appaltante, ai fini della determinazione dell’obbligazione gravante sull’ATI,
venendo in considerazione «aspetti inerenti alla trasparenza dell’appalto, nel senso che la pubblica amministrazione viene posta preventivamente in grado di conoscere i partecipanti alla gara e di effettuare le conseguenti valutazioni» (Cass. n. 837 del 2012).
Tant’è vero che una clausola stipulata successivamente alla conclusione del contratto d’appalto, con la quale si convengono alla ripartizione dei corrispettivi difforme dalle previsioni del capitolato, appare assolutamente distonica rispetto al fenomeno rappresentativo dell’ATI (Cass. n. 837 del 2012).
Si è chiarito, del resto, che «il rilievo che viene normalmente attribuito alla necessità che i lavori vengano effettivamente svolti secondo le indicazioni fornite prima dell’aggiudicazione, corrisponde all’esigenza, in capo all’amministrazione, di conoscere le quote facenti capo a ciascuna impresa, anche al fine di valutare le rispettive capacità tecniche e finanziarie».
7. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste, per il principio della soccombenza, a carico della ricorrente si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile ricorso.
Condanna la ricorrente a rimborsare in favore della Ferrari le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi euro 6.200,00, oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, oltre Iva e cpa.
Condanna la ricorrente a rimborsare in favore della IRCCS le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi euro 4.200,00, oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, oltre Iva e cpa.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-q uater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento,
da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sezione