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Revoca amministratore socio pubblico: chi paga i danni?

Un amministratore di una società a partecipazione pubblica viene revocato senza giusta causa a seguito della trasformazione della società. L’amministratore fa causa alla società per ottenere il risarcimento del danno. I tribunali di merito condannano la società, ritenendo che il rapporto contrattuale intercorra con essa e non con l’ente pubblico socio che ha deciso la revoca. La società ricorre in Cassazione, sostenendo che la responsabilità dovrebbe essere dell’ente pubblico. La Corte di Cassazione, data la rilevanza della questione sulla revoca amministratore socio pubblico e l’assenza di precedenti, ha rinviato la causa a pubblica udienza per una decisione approfondita.

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Revoca Amministratore Socio Pubblico: La Società Paga per le Scelte del Socio?

La gestione delle società a partecipazione pubblica presenta complessità uniche, specialmente quando si intrecciano le norme del diritto societario con le prerogative dell’ente pubblico. Una recente ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione solleva una questione cruciale: in caso di revoca amministratore socio pubblico senza una giusta causa, chi è tenuto a risarcire il danno? La società o il socio pubblico che ha esercitato il potere di nomina e revoca? Analizziamo la vicenda per comprendere la portata di questo importante interrogativo giuridico.

I Fatti del Caso: Una Revoca Contestata

Un amministratore di una società per azioni, operante nel settore dei servizi informatici per l’agricoltura e controllata da un ente pubblico, veniva revocato dal suo incarico. La revoca non era esplicita, ma conseguente a una delibera dell’assemblea che, nel trasformare la società da s.r.l. a s.p.a., nominava un nuovo organo amministrativo. La ragione addotta era l’adeguamento alla nuova disciplina, che per le s.p.a. prevede una durata massima di tre esercizi per il consiglio di amministrazione, a differenza dei dieci esercizi previsti dallo statuto della precedente s.r.l.

Ritenendo la revoca avvenuta in assenza di giusta causa, l’ex amministratore conveniva in giudizio la società, chiedendo un cospicuo risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2383, comma 3, c.c.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale che la Corte di Appello davano ragione all’amministratore revocato, condannando la società al risarcimento. I giudici di merito hanno stabilito che:
1. Il rapporto contrattuale lega l’amministratore alla società, non ai singoli soci che lo hanno nominato.
2. Di conseguenza, la legittimazione passiva, ovvero la titolarità a resistere in giudizio, spetta unicamente alla società.
3. La trasformazione societaria e il conseguente adeguamento normativo non costituiscono una giusta causa di revoca, trattandosi di una scelta gestionale della compagine sociale.
4. La società è quindi tenuta a risarcire il danno patito dall’amministratore, anche se la decisione di revoca è stata di fatto imposta dal socio pubblico di maggioranza.

Le Questioni sulla revoca amministratore socio pubblico in Cassazione

La società soccombente ha proposto ricorso per cassazione, articolando due motivi principali. Il fulcro dell’argomentazione è che la responsabilità per la revoca amministratore socio pubblico dovrebbe ricadere direttamente sul socio pubblico (l’Ente per le Erogazioni in Agricoltura) che ha esercitato il potere di nomina e revoca, e non sulla società, che si è trovata a subire una decisione altrui.

Secondo la ricorrente, l’art. 2449 c.c. conferisce al socio pubblico un potere diretto di nomina e revoca che non si trasferisce alla società. Di conseguenza, la valutazione sulla giusta causa dovrebbe avvenire nell’ambito del rapporto tra amministratore e socio pubblico, e non tra amministratore e società. Addebitare alla società le conseguenze dannose di una scelta altrui creerebbe, secondo la difesa, una forma anomala di responsabilità oggettiva, priva di nesso causale tra la condotta della società (che nulla ha fatto per la revoca) e il danno.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria in esame, non ha deciso nel merito la questione, ma ne ha riconosciuto l’eccezionale importanza. I giudici hanno sottolineato come il secondo motivo di ricorso presenti un “rilievo nomofilattico”, ovvero la necessità di fornire un’interpretazione uniforme della legge su una questione di principio sulla quale non esistono precedenti specifici della Corte stessa. Il problema centrale è stabilire se il potere di nomina e revoca conferito dalla legge al socio pubblico resti confinato nel rapporto tra quest’ultimo e l’amministratore, o se, con l’accettazione dell’incarico, si instauri un rapporto contrattuale con la società che la rende unica responsabile per l’eventuale revoca illegittima. La complessità della questione, che tocca i principi fondamentali della responsabilità contrattuale e societaria nelle società a partecipazione statale, ha indotto la Corte a disporre il rinvio della causa a una pubblica udienza, dove il caso verrà discusso e deciso in modo approfondito.

Le Conclusioni

L’ordinanza segna un momento di riflessione importante sul bilanciamento di interessi nelle società controllate dallo Stato. La futura sentenza della Corte di Cassazione farà chiarezza su un punto fondamentale: chi paga quando le decisioni del socio pubblico danneggiano gli amministratori da esso nominati? La risposta avrà implicazioni significative non solo per la governance delle società partecipate, ma anche per la tutela degli amministratori che operano in contesti così peculiari, definendo i confini della responsabilità tra la società e il suo socio di controllo pubblico. La decisione finale è attesa con grande interesse da tutti gli operatori del diritto societario.

In caso di revoca senza giusta causa di un amministratore nominato da un socio pubblico, chi è tenuto al risarcimento del danno secondo i giudici di merito?
Secondo le sentenze di primo e secondo grado, la responsabilità del risarcimento del danno ricade sulla società e non sul socio pubblico che ha effettuato la nomina. Questo perché il rapporto di natura contrattuale si instaura tra l’amministratore e la società, rendendo quest’ultima l’unico soggetto legittimato passivo nella causa.

La trasformazione della forma societaria può essere considerata una giusta causa per la revoca di un amministratore?
No. La Corte di Appello ha stabilito che la cessazione di un amministratore a seguito della trasformazione societaria, pur essendo una revoca implicita, non costituisce una giusta causa. Tale cambiamento rappresenta un diverso assetto della società che, di per sé, non giustifica la risoluzione del rapporto di amministrazione senza conseguenze risarcitorie.

Qual è la principale questione giuridica che la Corte di Cassazione dovrà risolvere?
La Corte di Cassazione dovrà decidere se il potere di nomina e revoca dell’amministratore, attribuito dalla legge a un socio pubblico (ex art. 2449 c.c.), rimanga confinato nel rapporto tra il socio e l’amministratore, oppure se l’accettazione dell’incarico instauri un rapporto contrattuale con la società tale da renderla l’unica responsabile per i danni derivanti da una revoca senza giusta causa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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