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Restituzione somme conto cointestato: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13213/2025, ha confermato la condanna di una ex coniuge alla restituzione del 50% delle somme prelevate da un conto corrente cointestato e investite a proprio nome. La Corte ha chiarito che la domanda di restituzione somme conto cointestato è autonoma rispetto al giudizio di separazione e che la prova dell’autorizzazione al prelievo o della proprietà esclusiva dei fondi spetta a chi ha effettuato l’operazione. Il provvedimento ha inoltre affrontato importanti questioni procedurali, come la litispendenza e la gestione delle spese legali in caso di patrocinio a spese dello Stato per entrambe le parti.

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Restituzione somme conto cointestato: la Cassazione fa chiarezza

La gestione dei patrimoni comuni durante una crisi coniugale è spesso fonte di complesse battaglie legali. Un caso emblematico, risolto di recente dalla Corte di Cassazione, riguarda la restituzione somme conto cointestato a seguito di un prelievo unilaterale da parte di uno dei coniugi. L’ordinanza in esame non solo ribadisce principi consolidati ma offre anche importanti chiarimenti su questioni procedurali, come la distinzione tra il giudizio di separazione e quello di divisione patrimoniale.

I Fatti di Causa: Il Prelievo dal Conto Comune

La vicenda trae origine dalla separazione di due coniugi. Il marito citava in giudizio la moglie, accusandola di aver prelevato dal conto corrente cointestato la somma di 98.000 euro, per poi investirla in certificati di deposito intestati esclusivamente a suo nome. Inizialmente, il marito aveva ottenuto un provvedimento di sequestro sui certificati, ma l’azione si era rivelata tardiva poiché la moglie li aveva già riscossi. Di conseguenza, l’azione legale si trasformava in una richiesta di condanna alla restituzione del denaro.

L’Iter Processuale nei Gradi di Merito

Sia il Tribunale in primo grado sia la Corte d’Appello davano ragione al marito, condannando la moglie a restituire il 50% della somma prelevata, oltre agli interessi. I giudici di merito hanno ritenuto che, in assenza di prove contrarie, le somme su un conto cointestato si presumono di proprietà comune in parti uguali. La moglie, non avendo dimostrato di essere stata autorizzata al prelievo o che i fondi fossero di sua esclusiva pertinenza, era tenuta a restituire la quota spettante all’ex coniuge.

I Motivi del Ricorso e la questione della restituzione somme conto cointestato

La moglie ricorreva in Cassazione, sollevando diverse obiezioni. In primo luogo, lamentava che i giudici non si fossero pronunciati sull’illegittimità del provvedimento di sequestro iniziale. In secondo luogo, sosteneva l’esistenza di una litispendenza, poiché una domanda simile era stata avanzata dal marito nel parallelo giudizio di separazione. Infine, contestava la decisione sulla base del fatto che il marito non avesse depositato nuovamente il proprio fascicolo con i documenti probatori, e che l’oggetto della causa fossero i certificati di deposito e non il conto corrente.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo tutti i motivi infondati o inammissibili.

Sul primo punto, i giudici hanno chiarito che, una volta riscossi i certificati, la ricorrente non aveva più alcun interesse a una pronuncia sul sequestro, essendo la questione ormai superata dalla domanda principale di restituzione del denaro.

Per quanto riguarda la presunta litispendenza, la Corte ha precisato che la domanda di restituzione somme conto cointestato ha natura e rito diversi rispetto al giudizio di separazione. Si tratta di un’azione di rito ordinario che non può essere cumulata nel processo di separazione, se non per essere valutata incidentalmente ai fini di un eventuale addebito. Pertanto, non vi era alcuna duplicazione di giudizi.

Infine, la Corte ha ribadito che i fatti principali – il prelievo dal conto comune e l’investimento a nome della sola moglie – non erano mai stati contestati. Di conseguenza, l’onere di provare che quei fondi le appartenevano in via esclusiva o che fosse autorizzata a disporne interamente gravava su di lei. Non avendo fornito tale prova, la decisione dei giudici di merito era corretta.

Un ultimo aspetto interessante riguarda le spese legali. Entrambe le parti erano state ammesse al patrocinio a spese dello Stato. La Corte ha chiarito che, in base al principio di soccombenza, la parte perdente (la moglie) è comunque tenuta a versare le spese liquidate, ma il pagamento deve essere eseguito a favore dello Stato e non della controparte vittoriosa.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza della Cassazione offre preziose indicazioni per chi affronta una separazione con patrimoni in comune. In primo luogo, conferma che la cointestazione di un conto crea una presunzione di comproprietà al 50%, e chi preleva oltre la propria quota deve essere in grado di giustificarlo legalmente. In secondo luogo, stabilisce nettamente la separazione tra il procedimento di separazione personale e le azioni volte al recupero di somme, che devono essere intraprese in un giudizio autonomo. Infine, fornisce un importante chiarimento sulla disciplina delle spese legali in presenza di patrocinio a spese dello Stato, confermando che la soccombenza obbliga comunque il perdente al pagamento, ma a beneficio dell’Erario.

È possibile chiedere la restituzione di somme prelevate dal conto cointestato nello stesso giudizio di separazione?
No. La Corte ha chiarito che la domanda di restituzione di somme è soggetta al rito ordinario e non può essere cumulata nel processo di separazione, caratterizzato da un rito diverso. Può essere valutata solo in via incidentale ai fini dell’addebito della separazione.

Chi deve provare la proprietà esclusiva dei fondi su un conto cointestato?
L’onere della prova spetta al cointestatario che ha prelevato le somme. Se un coniuge preleva più del 50% dal conto comune, deve dimostrare che i fondi erano di sua esclusiva proprietà o che era stato autorizzato a disporne interamente. In mancanza di tale prova, si presume la contitolarità al 50%.

Se entrambe le parti in causa sono ammesse al patrocinio a spese dello Stato, chi paga le spese legali in caso di sconfitta?
La parte soccombente (perdente) è comunque condannata a pagare le spese processuali. Tuttavia, il versamento non deve essere effettuato a favore della controparte, ma direttamente allo Stato (Erario).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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