Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13213 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13213 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3583/2022 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliata in SANTERAMO IN INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliato in SANTERAMO IN INDIRIZZO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 1461/2021 depositata il 29/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.NOME COGNOME, coniuge separato di NOME COGNOME, conveniva la COGNOME davanti al Tribunale di Bari ed esponendo che la stessa aveva prelevato dal conto corrente bancario comune 98.000,00 euro e li aveva investiti in due certificati di deposito nominativi intestati a suo nome, che i due certificati erano stati oggetto di provvedimento di sequestro, che il provvedimento non aveva trovato attuazione perché la convenuta aveva estinto i certificati e intascato la somma, chiedeva la convalida del sequestro e la condanna della COGNOME alla restituzione della somma prelavata dal conto. Il Tribunale condannava la convenuta a restituire all’attore il 50% della somma, oltre interessi. La COGNOME proponeva appello. La Corte di Appello di Bari con sentenza n. 1461/2021, rigettava l’appello e condannava l’appellante alle spese;
per la cassazione di questa sentenza la COGNOME ricorre con tre motivi avversati dal Dimita con controricorso;
le parti hanno depositato memoria;
considerato che:
1.il primo motivo di ricorso è così rubricato: ‘violazione dell’art. 112 cpc in relazione all’art. 360 n. 4 cpc per: omessa pronuncia 1) sulla domanda attorea di ‘convalida del sequestro’ e 2) sulle eccezioni della convenuta (conclusione n. 3 comparsa di costituzione 12.01.2011 e conclusione n. 2 della conclusionale 08.06.2018 di ‘dichiarare l’illegittimità del provvedimento di sequestro e l’infondatezza della domanda come esposto ai paragrafi C e D della comparsa di costituzione 12.01.2011′; erronea applicazione del potere di qualificazione della domanda; violazione dell’art. 670 n. 1 cpc e 669 octies comma 2 cpc in relazione all’art. 360 n. 3 cpc.: infondatezza e ineseguibilità della domanda di sequestro giudiziario’.
La ricorrente deduce che la Corte avrebbe errato nel rigettare immotivatamente il motivo di appello con cui era stata censurata la decisione di primo grado per non avere il Tribunale dato risposta alle eccezioni sollevate da essa ricorrente contro il provvedimento di sequestro e per avere invece deciso solo sulla domanda del Dimita di restituzione della somma oggetto di dedotta appropriazione.
Il motivo è inammissibile.
Va premesso che la ricorrente stessa riporta il testo della citazione in cui è scritto che il Dimita aveva chiesto di’ 1) convalidare il sequestro concesso e per l’effetto condannare la Losito alla restituzione della somma di €.98.000,00 portata dai certificati di deposito…e comunque della somma sino all’ammontare di €.98.000,00 oltre interessi e danno da svalutazione monetaria; 2) dichiarare l’esponente proprietario del 50% della somma totale, comprensiva di interessi maturati e maturandi e danno da svalutazione monetaria, assegnandone la titolarità e la proprietà esclusiva; 3) condannare la convenuta al pagamento delle spese di …giudizio’.
Il motivo mira ad una riconsiderazione dei presupposti del provvedimento di sequestro senza tener conto delle affermazioni della Corte di Appello secondo cui il Tribunale aveva condivisibilmente chiarito che la COGNOME non aveva interesse ad una ‘valutazione in ordine al sequestro e alla relativa convalida’ posto che la stessa aveva estinto i certificati oggetto di sequestro, che le spese della fase cautelare erano state integralmente compensate e che, riguardo alla compensazione delle spese, nessuna delle parti aveva ‘manifestato doglianze o formulato richieste’, che la tesi della appellante per cui dalla decisione negativa sul provvedimento di sequestro sarebbe derivata ‘l’inaccoglibilità della domanda di condanna alle restituzione delle somme’ era infondata posto che la domanda proposta dall’attore nel merito aveva ad oggetto la
somma di € 98.000,00 di cui la Losito si era appropriata prelevandola dal conto cointestato, che il Tribunale aveva reso pronuncia nei limiti del petitum, non travalicando tali limiti, avendo dato riscontro alla richiesta restitutoria così come formulata’;
2.con il secondo motivo di ricorso si lamenta ‘violazione dell’art. 39 comma 1 cpc in relazione all’art. 360 n.4 c.p.c.; violazione dell’art. 112 cpc in relazione all’art. 360 n.4 c.p.c.’.
La ricorrente lamenta che la Corte di Appello avrebbe errato nel rigettare il motivo di impugnazione con cui era stata censurata la decisione di primo grado per avere il Tribunale escluso la litispendenza tra il giudizio di separazione e il presente giudizio malgrado che in entrambi il Dimita avesse ‘chiesto una pronuncia dichiarativa della sua proprietà al 50% delle somme portate dai due certificati di deposito (e cioè, il 50% del totale di €.98.000,00= €.49.000,00 ) e una pronuncia di condanna in suo favore e in danno della moglie di ‘assegnazione (e cioè di restituzione) di siffatto importo’.
Il motivo è infondato.
In linea generale sussiste litispendenza qualora le cause siano pendenti, nel merito, innanzi ad uffici giudiziari diversi, anche per grado; qualora invece le cause siano pendenti, nel merito, innanzi allo stesso ufficio giudiziario, ne va disposta la riunione di ufficio, ai sensi dell’art. 273 c.p.c.
Nel caso di specie la ricorrente dà conto del fatto che la causa di separazione e quella che occupa pendevano davanti allo stesso ufficio giudiziario, il Tribunale di Bari.
Sotto altro profilo vi è da rilevare che la Corte di Appello ha rigettato il motivo di impugnazione proposto dalla Losito contro la sentenza di primo grado osservando che, ‘stanti i chiari limiti di cognizione e decisione nell’ambito dei giudizi di separazione, la valutazione e decisione concernente la restituzione delle somme de quibus certo non poteva essere affrontata ed in particolare esser
oggetto di decisione con la sentenza da emettersi nell’ambito di tale giudizio, potendo ritenersi solo suscettibile di valutazione in via incidentale ed ai fini delle verifiche da condursi nell’ambito del medesimo giudizio di separazione ed addebito e disciplina correlata’.
La ricorrente insiste sul fatto che la domanda di restituzione non era stata proposta affatto ‘in via incidentale’ ma trascura l’affermazione della Corte di Appello per cui tale domanda non poteva essere avanzata nel giudizio di separazione con la conseguenza che di tale domanda, nel giudizio di separazione, avrebbe potuto tenersi conto solo ai fini dell’addebito e della disciplina correlata alla separazione.
Va ricordato che nella giurisprudenza di legittimità è stato affermato che ‘ L’art. 40 cod. proc. civ. consente nello stesso processo il cumulo di domande soggette a riti diversi soltanto in ipotesi qualificate di connessione (art. 31, 32, 34, 35 e 36), così escludendo la possibilità di proporre più domande connesse soggettivamente e caratterizzate da riti diversi: conseguentemente è esclusa la possibilità del “simultaneus processus” tra l’azione di divorzio e quella avente ad oggetto, tra l’altro, la restituzione di beni mobili, essendo quest’ultima soggetta al rito ordinario, autonoma e distinta dalla prima’ (Sez. 1, Sentenza n.11828 del 21/05/2009);
3. il terzo motivo di ricorso è così rubricato: ‘ violazione, in relazione all’art. 360 n. 3 cpc, dell’art. 2697 cc; violazione, in relazione all’art. 360 n. 3 e 4 cpc, dell’art. 115 cpc; violazione dell’art. art. 112 cpc in relazione all’art. 360 n. 4 cpc per aver ritenuto che oggetto di causa fosse il conto cointestato anziché i certificati di deposito’. Sostiene la ricorrente che la domanda ‘dell’attore avrebbe dovuto essere rigettata se non altro perché il mancato rideposito del suo fascicolo di parte non ha consentito al GU l’esame della documentazione prodotta dal Dimita con il suo
ricorso per sequestro, con la sua citazione per convalida, con le sue memorie 183 n. 1,2,3’.
Il motivo è inammissibile.
La Corte di Appello ha osservato che ‘l’impiego delle somme di denaro provenienti da conto cointestato e l’impiego a fini di investimento nei due certificati di deposito intestati alla sola COGNOME‘ non erano stati contestati, cosicché ‘a fronte di tali pacifiche acquisizioni, non risultava e non risulta quindi necessario alcun ulteriore riscontro da trarsi dal fascicolo di parte ‘. La Corte di Appello ha aggiunto che la COGNOME non aveva dimostrato la propria allegazione di aver avuto ‘la autorizzazione’ del Dimita ‘per l’impiego delle somme di denaro de quibus’ né aveva dimostrato la propria ulteriore allegazione per cui le somme investite fossero state frutto di investimenti di risorse personali.
Il motivo di ricorso in esame si riduce ad una serie di prospettazioni in fatto sulle vicende che hanno portato alla separazione, sulla contrarietà della ricorrente alla richiesta di separazione del marito, su asserite violenze subite, sui movimenti del conto cointestato che non sarebbero stati esaminati dai giudici di merito. Il motivo è formulato trascurando la natura di questo giudizio come giudizio di legittimità;
4. con il quarto motivo di ricorso si lamenta la ‘violazione dell’art. 132 dpr 30.05.2002 n. 115’. Si sostiene che ‘la sentenza impugnata, applicando il principio di soccombenza, ha condannato l’appellante al pagamento delle spese dell’appello in favore dell’appellato, anziché in favore dello Stato come avrebbe dovuto essere, essendo il Dimita stato ammesso al gratuito patrocinio nel grado di appello’.
Il motivo è inammissibile posto che la mancata statuizione sul pagamento a favore dello Stato delle spese liquidate nel giudizio di appello integra errore materiale suscettivo di correzione
in conclusione il ricorso deve essere rigettato;
6. quanto alle spese di causa, posto che entrambe le parti sono state ammesse al patrocinio a spese dello Stato, che l’art.133 del d.P.R. n. 115 del 2002 dispone che ‘il provvedimento che pone a carico della parte soccombente non ammessa al patrocinio la rifusione delle spese processuali a favore della parte ammessa dispone che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato’, che questa Corte (v. Sez. 6 – 1, ordinanza n.25653 del 13/11/2020 e precedenti ivi citati) ha già precisato che ‘i l patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, ex art. 74, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002, non vale ad addossare all’Erario anche le spese che la parte ammessa sia condannata a pagare all’altra risultata vittoriosa, sicché ove anche quest’ultima sia stata ammessa al patrocinio, il soccombente dovrà effettuare il versamento in favore dell’Erario ‘, la ricorrente, tenuta a rifondere al controricorrente le spese del presente giudizio in virtù del principio di soccombenza, dovrà versare le spese allo Stato;
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in €6000,00, per compensi professionali, €200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti, disponendo che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Roma 24 aprile 2025.
Il Presidente NOME COGNOME