Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20890 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20890 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11678/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, in persona del Commissario straordinario p.t. , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende per procura speciale a margine del ricorso
-ricorrente-
contro
BANCA MONTE DEI PASCHI RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rapp.te p.t. , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende per procura speciale a margine del controricorso
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 1777/2016 depositata il 31/10/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Questa Corte, con la sentenza n. 13080 del 2013, in parziale accoglimento del ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE Monte dei Paschi di Siena (di seguito RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza della Corte d’appello di Firenze del 17 febbraio 2006, che aveva condannato la ricorrente a restituire all’amministrazione straordinaria di RAGIONE_SOCIALE somme riscosse, in esecuzione di un riparto parziale, in misura superiore a quelle effettivamente dovutele quale creditrice concorsuale, oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria dalla data della riscossione, cassò il capo della decisione impugnata che aveva attribuito alla procedura gli accessori del credito senza accertare, secondo quanto richiesto dall’art. 2033 c.c., se l’ accipiens versasse in buona o mala fede al momento in cui aveva percepito gli importi non dovuti.
La Corte d’appello di Firenze, con sentenza del 31.10.2016 emessa in sede di rinvio, ha riconosciuto la buona fede della RAGIONE_SOCIALE al momento dell’apprensione (il DATA_NASCITA febbraio 1986) delle somme indebitamente attribuitele in sede di riparto.
Ha osservato al riguardo: i) che il carattere indebito del pagamento era emerso solo ex post, e segnatamente a seguito dell’accollo liberatorio da parte di RAGIONE_SOCIALE del mutuo di cui era gravata la società in RAGIONE_SOCIALE, cui RAGIONE_SOCIALE aveva prestato il proprio consenso nell’aprile dello stesso anno; ii) che RAGIONE_SOCIALE non aveva provato, ma neppure allegato, che già al momento del pagamento la RAGIONE_SOCIALE avesse contezza dell’accollo; iii) che era palesemente inconferente l’assunto dell’Amministrazione Straordinaria secondo cui l’originaria malafede dell’istituto di
credito era provata dalla temerarietà del giudizio di opposizione a stato passivo dallo stesso instaurato nel 1981, sia perché a dar corpo all’indebito non era stato il rigetto dell’opposizione, ma l’accoglimento della domanda svolta in via riconvenzionale dalla procedura, sia perché l’accoglimento della riconvenzionale non sarebbe valsa, di per sé, a integrare consapevolezza dell’indebito, rispetto al quale era risultato decisivo il successivo accollo liberatorio; iv)che, ai fini della decorrenza degli interessi, era irrilevante la mala fede sopravvenuta della RAGIONE_SOCIALE.
La corte del merito, pertanto, osservato che ai sensi dell’art. 2033 c.c. l’ accipiens in buona fede è tenuto a corrispondere gli interessi sull’indebito solo dalla data della domanda, e accertato che MPS aveva provveduto alla restituzione della somma indebitamente percepita (di £ 159.236.334) il 18 luglio 1995, ovvero anteriormente alla notifica, il 1° luglio 1996, dell’atto di citazione da parte di RAGIONE_SOCIALE in A.S., ha rigettato la domanda della procedura di condanna della RAGIONE_SOCIALE al pagamento degli interessi legali e della rivalutazione monetaria sulla somma predetta.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidandolo a due motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2033 c.c..
1.1.La ricorrente contesta che le circostanze sulle quali la corte d’appello ha fondato la decisione fossero indicative della buona fede della RAGIONE_SOCIALE. Deduce in contrario, per un verso, che MPS era consapevole sin dal 28 febbraio 1986 dell’ intenzione di RAGIONE_SOCIALE di accollarsi il mutuo, in quanto il Commissario straordinario,
nell’inoltrarle l’assegno, l’aveva informata della volontà di subentro della predetta società, sollecitandola a comunicare se intendesse prestarvi assenso e, per altro verso, che la riduzione del credito della RAGIONE_SOCIALE ammesso al passivo non era derivato dall’accoglimento della riconvenzionale ma dall’effettuazione, nel corso del giudizio di opposizione, di più precisi e condivisi conteggi; lamenta, infine, che la corte del merito abbia ritenuto irrilevante la sopravvenuta consapevolezza dell’indebito, quale momento da cui far decorrere la corresponsione degli interessi.
Con il secondo motivo la ricorrente illustra le medesime doglianze sotto il profilo del vizio di motivazione della sentenza impugnata, imputando alla corte d’appello l’omesso esame dei fatti, a suo dire decisivi, appena riportati sub. 1.1.
I motivi, che sono sostanzialmente sovrapponibili e possono essere congiuntamente esaminati, sono inammissibili.
3.1. L a valutazione dello stato soggettivo dell’ accipiens al momento in cui riceve un pagamento costituisce un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità, se non per vizio di motivazione (cfr. Cass. n. 23543/2016, non massimata sul punto).
3.2.Nel caso in esame il vizio in questione, denunciato specificamente col secondo motivo, non ricorre, perché, come più volte affermato da questa Corte (cfr., fra molte, Cass. nn. 2498/015, 28887/019, 20553/021) esso non è integrato dall’ omesso esame di risultanze istruttorie qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, il quale, come nella specie, abbia dato ampio conto degli elementi sui quali ha fondato il proprio convincimento, anche senza indicare le ragioni per le quali ne ha ritenuto altri privi di concludenza.
3.3.Ciò senza contare che l’eventuale svista nella quale sarebbe incorsa la corte d’appello nell’affermare che la procedura di A.S. , sulla quale incombeva il relativo onere, non aveva provato -ma neppure allegato -che la banca avesse contezza dell’accollo già al momento del pagamento, costituirebbe vizio revocatorio, denunciabile solo ai sensi dell’art. 395 c.p.c.
3.4.Non v ‘e dubbio, poi, che anche col primo motivo la ricorrente, sotto l’apparente denuncia di un vizio di violazione di legge (art. 2033 c.c.), intenda sollecitare questa Corte a una ricostruzione del fatto diversa da quella operata dal giudice d’appello, come noto insindacabile nella presente sede di legittimità.
3.5. Da ultimo va evidenziato che le pronunce richiamate dalla ricorrente a confutazione dell’assunto della corte territoriale dell’irrilevanza, ai fini della debenza degli interessi, della mala fede sopravvenuta dall’ accipiens, sono tutte riferite a fattispecie in cui non si discuteva dell’applicazione dell’art. 2033 c.c.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 8.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del dPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 11.7.2024
La Presidente
NOME