Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25089 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25089 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19939/2022 R.G., proposto da
NOME COGNOME e NOME COGNOME ; rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO (pec dichiarata: EMAIL), in virtù di procura rilasciata su foglio separato da intendersi in calce al ricorso per cassazione;
-ricorrenti- nei confronti di
NOME (NOME) COGNOME ; NOME COGNOME , NOME COGNOME , quali eredi di NOME COGNOME; rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO (pec dichiarata: EMAIL), in virtù di procura speciale rilasciata su foglio a parte da intendersi in calce al controricorso;
-controricorrenti e ricorrenti incidentalinonché di
A.C. 28.06.2024 N. R.G. 19939/2022 Pres. COGNOME
Est. COGNOME
NOME COGNOME ; rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (pec dichiarata: EMAIL), in virtù di procura in calce al controricorso;
-controricorrente-
e di
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore ; rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME (pec dichiarata: EMAIL) e NOME COGNOME (pec dichiarata: EMAIL), in virtù di procura in calce al controricorso;
-controricorrente-
nonché di
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentate pro tempore ; rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO (pec dichiarata: EMAIL), in virtù di procura in calce al controricorso;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza n. 994/2022 della CORTE d ‘ APPELLO di SALERNO, depositata il 26 luglio 2022; udìta la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28
giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
I coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME, in qualità di proprietari di una porzione di un fabbricato sito in Roccapiemonte, Comune della Provincia di Salerno, realizzarono nel 1985 dei lavori di sopraelevazione.
I loro vicini, proprietari di distinte porzioni del fabbricato, nel 1990 li convennero davanti al Tribunale di Nocera Inferiore,
lamentando la violazione delle distanze tra costruzioni ed un rischio statico per il fabbricato, appesantito dalla sopraelevazione e dal conseguente aumento di volumetria della porzione di edificio oltre il massimo consentito. Chiesero, dunque, la condanna dei convenuti alla demolizione delle opere sopraelevate, alla riduzione in pristino e al consolidamento statico.
I coniugi COGNOME e COGNOME resistettero alla domanda con il patrocinio dell’ AVV_NOTAIO.
In primo grado (sentenza n.449/1997) il Tribunale di Nocera Inferiore, dopo avere istruito la causa con una CTU a firma dell’ AVV_NOTAIO, rigettò la domanda.
In secondo grado (sentenza n.89/2004) la Corte d’appello di Salerno, rinnovata la CTU con l’ AVV_NOTAIO, accertò che mediante la sopraelevazione e l’ampliamento dei locali era stata violata la regola del ‘ Piano di recupero del patrimonio edilizio esistente ‘ del 15 febbraio 1983, che prescriveva il rispetto delle distanza di 10 metri tra i corpi di fabbrica (essendosi costruito a 6,30 metri dalla cortina edificata retrostante), nonché la regola del predetto piano urbanistico che prescriveva che l’aumento di volumetria negli interventi di recupero non potesse superare i 40 metri cubi (essendo stato realizzato un ampliamento di volumetria pari a 92 metri cubi); di conseguenza, in accoglimento delle domande proposte contro i coniugi COGNOME e COGNOME, condannò questi ultimi ad abbattere il corpo di fabbrica eretto in sopraelevazione e ampliamento del preesistente, nonché al consolidamento statico delle mura perimetrali e della volta del locale. La sentenza non fu oggetto di ricorso per cassazione e -dopo aver resistito all’impugnazione per revocazione -e passò in giudicato.
Con citazione del 16-18 aprile 2009 NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero davanti al Tribunale di Nocera Inferiore l’ AVV_NOTAIO
A.C. 28.06.2024 N. R.G. 19939/2022 Pres. COGNOME Est. COGNOME
NOME COGNOME e l’ AVV_NOTAIO NOME COGNOME, chiedendone il risarcimento del danno asseritamente conseguente agli errori da loro commessi nello svolgimento delle rispettive attività professionali (di avvocato e di CTU) nell’ambito del precedente giudizio.
Gli attori, in particolare, imputarono all’ AVV_NOTAIO. COGNOME, autore della consulenza tecnica espletata in appello, di non avere individuato correttamente lo strumento urbanistico applicabile (affermando l’ applicabilità, all’intervento edilizio da loro eseguito , del Piano di recupero approvato dal Comune di Roccapiemonte in data 15 febbraio 1983 in luogo di quello invece approvato il 28 marzo 1996); imputarono invece all’ AVV_NOTAIO sia di non avere contestato l ‘erronea CTU dell’ AVV_NOTAIO COGNOME, evidenziando al giudice la sussistenza di un PRG più favorevole, sia di non averli tempestivamente notiziati della pubblicazione della sentenza d’appello , in modo che potessero proporre ricorso per cassazione.
Ne chiesero dunque la condanna solidale ‘ nella misura di euro 230.600,00 per le causali di cui in narrativa ovvero all’importo maggiore o minore che sarà accertato e quantificato in giudizio ovvero a tutti i danni, nessuno escluso, conseguenti alla esecuzione della sentenza n. 89/04 ‘ .
I convenuti si costituirono in giudizio, resistendo alla domanda.
AVV_NOTAIO chiamò in garanzia le sue società assicurative, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (poi divenuta RAGIONE_SOCIALE; inoltre, domandò in via riconvenzionale la condanna degli attori al pagamento delle sue competenze professionali.
Si costituirono in giudizio le società assicurative, resistendo sia alla domanda principale che a quella di garanzia.
Con sentenza n. 1055/2016, il Tribunale di Nocera Inferiore rigettò le domande proposte da NOME COGNOME e NOME COGNOME;
accolse la domanda riconvenzionale di NOME COGNOME per il pagamento delle competenze professionali.
La sentenza di primo grado è stata integralmente confermata in appello dalla Corte territoriale di Salerno che, con sentenza 26 luglio 2022, n. 994 -pronunciando a seguito dell’interruzione del giudizio per il decesso dell’ AVV_NOTAIO e della riassunzione dello stesso nei confronti dei suoi eredi NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME -, ha rigettato l’impugnazione proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME, condannandoli alle spese del grado.
La Corte d’appello ha deciso sulla base dei seguenti rilievi :
ICon riguardo alla dedotta responsabilità extracontrattuale del CTU, AVV_NOTAIO -fondata sull’assunto che egli non aveva rilevato la mancanza della frontalità tra gli edifici ed aveva attestato come vigente un Piano Regolatore (quello del 1983) in realtà sostituito da un successivo e più favorevole Regolamento (quello del 1996) non indicato in perizia -, la Corte ha escluso recisamente la fondatezza di tale assunto, osservando: a) che la questione della mancanza di frontalità tra gli edifici non era stata prospettata e non aveva formato oggetto di incarico al CTU; b) che l’esistenza del PRG del 198 3 emergeva dagli atti; c) che l’applicabilità di tale piano -in luogo di quello del 1996 -all’intervento edilizio eseguito dai coniugi COGNOME era già stato attestato nel primo grado del giudizio presupposto dal AVV_NOTAIO; d) che, quanto al problema dei rapporti tra i due piani diacronicamente succedutisi, esso era stato risolto dalle note tecniche di attuazione del Piano di recupero del 1996, le quali avevano stabilito che erano esclusi dall’ambito di applicazione del nuovo Piano gli interventi già effettuati nella vigenza del precedente e da esso regolati, sicché non poteva esservi dubbio sulla circostanza che il Piano regolatore
applicabile alla fattispecie era quello del DATA_NASCITA né, quindi, sulla esattezza dell’attestazione dell’ AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO (che aveva confermato quella del precedente CTU, NOME COGNOME), il quale aveva quindi correttamente espletato l’incarico ricevuto ;
IIcon riguardo alla dedotta responsabilità contrattuale dell’ AVV_NOTAIO -fondata sul duplice assunto che egli non aveva evidenziato al giudice d’appello la sussistenza di un Piano urbanistico più favorevole e non aveva tempestivamente comunicato alle parti la notizia della sentenza d’appello -la Corte di merito ha ritenuto, sotto il primo profilo, che il professionista avesse correttamente seguito, sul piano tecnico, le indicazioni del AVV_NOTAIO e, sotto il secondo, che, stante la correttezza della decisione del giudice d’appello, l’eventuale ricorso per cassazione non avrebbe avuto ragionevoli probabilità di essere accolto;
IIIl ‘esclusione della dedotta responsabilità del l’avvocato implicava il riconoscimento del suo diritto alla percezione dei compensi per l’attività professionale svolta.
Per la cassazione della sentenza della Corte salernitana ricorrono NOME COGNOME e NOME COGNOME, sulla base di sette motivi.
Rispondono con un primo controricorso NOME) COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali propongono anche ricorso incidentale sorretto da un unico motivo.
Con distinti controricorsi rispondono altresì NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.
Le compagnie assicurative hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
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1.1. Con il primo motivo del ricorso principale viene denunciata ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. nonché degli artt. 61 e 191 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. con riferimento all’art. 360 n. 5 c.p.c., per aver la Corte d’Appello precluso alle parti appellanti di dimostrare le lamentate violazioni con l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio in sede di gravame, incorrendo nel vizio di motivazione apparente o assente della sentenza ‘ .
i ricorrenti -sull’assunto che « la colpa grave del consulente tecnico d’ufficio, AVV_NOTAIO, era accertabile solo con idonea consulenza tecnica » -lamentano che la Corte territoriale, senza alcuna motivazione, non abbia disposto tale consulenza tecnica, impedendo loro di esercitare il diritto alla prova.
Sostengono, infatti, che solo con CTU avrebbe potuto essere dimostrata « l’assenza di frontalità degli immobili », ai fini delle distanze, nonché « la vigenza di uno strumento urbanistico diverso da quello indicato dal consulente tecnico d’ufficio ».
1.2. Con il secondo motivo del ricorso principale viene denunciata la ‘ Nullità della sentenza per violazione dell’art. 51 n. 4, dell’art. 158 e dell’art. 161 del codice di procedura civile, con riferimento all’art. 360 n. 4 c.p.c. Violazione dell’art. 111 Cost .’ .
I ricorrenti eccepiscono la nullità della sentenza impugnata in quanto emessa da un collegio presieduto dallo stesso giudice che aveva emesso la sentenza d’appello nel giudizio presupposto.
Si sarebbe dunque integrata la violazione della regola (art. 51, n.4, cod. proc. civ.) che obbliga all’astensione il giudice che ha conosciuto della causa come magistrato in altro grado del processo.
1.3. Con il terzo motivo del ricorso principale è denunciata la ‘Violazione dell’art. 1176 c.c. con riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c.,
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per non aver la Corte territoriale effettuato una valutazione prognostica sulla base dei documenti prodotti dagli appellanti’ .
i ricorrenti imputano alla Corte territoriale l’omessa corretta valutazione della documentazione prodotta e, in particolare, del piano di recupero del 1996 con i relativi allegati e le consulenze tecniche di parte.
1.4. Con il quarto motivo del ricorso principale è denunciata ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 1176, comma 2, c.c., dell’art. 1218 c.c., nonché violazione del codice deontologico RAGIONE_SOCIALE approvato dal RAGIONE_SOCIALE nella seduta del 31.01.2014 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 241 del 16.10.2014, in particolare, tra le varie disposizioni art. 12 ‘dovere di diligenza’, art.14 ‘dovere di competenza’, art. 27 ‘doveri di informazione’, con riguardo alla responsabilità professionale dell’AVV_NOTAIO, in riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c.’ .
I ricorrenti si dolgono di un’erronea valutazione della condotta professionale del l’AVV_NOTAIO in rapporto ai doveri deontologici e di diligenza a cui il professionista dovrebbe attenersi.
1.5. Con il quinto motivo del ricorso principale è denunciata ‘Violazione degli articoli 1176, 2236, 1218, 1453 e 2697 cod. civ. con riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c., per responsabilità dell’avvocato per mancata menzione delle prove indispensabili per ottenere il buon esito della causa in favore dei propri assistiti e per mancata comunicazione della sentenza per consentire il ricorso in Cassazione nei termini di legge’ .
I ricorrenti deducono che la Corte territoriale avrebbe omesso di rilevare che l’AVV_NOTAIO non aveva assolto l’onere di dimostrare di essersi attivato per ricercare le prove a sostegno della difesa dei suoi assistiti e di aver comunicato tempestivamente la sentenza d’appello.
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1.6. Con il sesto motivo del ricorso principale è denunciata ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 64 c.p.c. con riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c. con riferimento alla mancata colpa grave del consulente tecnico di ufficio COGNOME. COGNOME.
La sentenza d’appello è censurata perché, con un’errata applicazione della norma inerente alla responsabilità del consulente e con una carente motivazione, non avrebbe accertato la colpa grave in cui sarebbe incorso il CTU, nonché per avere ritenuto inammissibile la produzione documentale dell’attestato del Segretario Comunale di Roccapiemonte del 4 marzo 2021.
1.7 . Con il settimo motivo del ricorso principale viene dedotta la ‘Violazione e falsa applicazione di norme di diritto di cui agli artt. 1176, 1460 e 2236 del codice civile con riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c. Omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5.’.
La sentenza è censurata per mancanza di motivazione e violazione di legge in ordine alla conferma della statuizione di accoglimento della domanda riconvenzionale dell’ AVV_NOTAIO.
I motivi del ricorso principale -da esaminarsi congiuntamente per ragioni di connessione -sono manifestamente inammissibili per diverse ragioni.
2.1. In primo luogo va evidenziato che essi, non ostante l ‘ intestazione in cui viene formalmente dedotta la violazione di norme di diritto, attengono, nella sostanza, a profili di fatto e tendono a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello espresso dalla Corte d ‘ appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di
legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
La Corte territoriale, con valutazione incensurabile in questa sede, ha motivatamente ritenuto, sulla scorta delle risultanze istruttorie, che nessuna condotta illecita era ascrivibile al AVV_NOTAIO, sia perché la questione della mancanza di frontalità tra gli edifici non era stata prospettata e non aveva formato oggetto di incarico al CTU , sia perché l’esistenza e l’applicabilità del Piano di recupero del 1983 (in luogo di quello del 1996), conformemente alla sua corretta attestazione, era stata accertata aliunde e non era revocabile in dubbio.
Con valutazione di merito motivata e altrettanto incensurabile, la Corte territoriale ha poi escluso in radice anche la sussistenza di una condotta professionale inesattamente adempiente dell’ AVV_NOTAIO, escludendo la prima omissione addebitatagli (la mancata evidenziazione al giudice d’appello della sussistenza di un Piano urbanistico più favorevole ai suoi assistiti) e reputando irrilevante la seconda, sul rilievo che, stante la correttezza della decisione del giudice d’appello nel giudizio presupposto , l’eventuale ricorso per cassazione averso quella sentenza non avrebbe avuto ragionevoli probabilità di essere accolto.
Avuto riguardo alle motivate e incensurabili valutazioni della Corte di appello, i motivi di ricorso si palesano inammissibili, in quanto tendono a provocare dalla Corte di cassazione una lettura delle risultanze istruttorie e un apprezzamento delle circostanze di fatto diversi da quelli motivatamente forniti dal giudice del merito, i quali sono insindacabili in questa sede di legittimità.
2.2. In secondo luogo, con riguardo ai denunciati vizi di motivazione, va ricordato che i n seguito alla riformulazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. , disposta dall’art. 54 del decreto -legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità attiene all’esistenza in sé della motivazione e alla sua coerenza, e resta circoscritto alla verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall’art.132 n.4 c od. proc. civ., la cui violazione -deducibile in sede di legittimità quale nullità processuale ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ. -sussiste qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. Un., 07/04/2014, nn. 8053 e 8054; Cass. 12/10/2017, n. 23940; Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 03/03/2022, n. 7090).
Nel caso di specie, alla luce della, pur sintetica, illustrazione delle ragioni che sorreggono la decisione d’appello, emerge con evidenza che essa non presenta alcuna delle suindicate gravi lacune motivazionali, per essere anzi corredata di un chiaro, adeguato e coerente apparato argomentativo.
2.3. Con specifico riferimento alla censura concernente il diniego di CTU, va poi osservato che il difetto di motivazione costituzionalmente rilevante può effettivamente inficiare la statuizione di mancata ammissione della consulenza tecnica d’ ufficio poiché, sebbene la decisione di ricorrere o meno ad essa costituisca un potere discrezionale del giudice del merito, questi, nelle controversie che,
per il loro contenuto, richiedono che si proceda ad un accertamento tecnico, è tuttavia tenuto a motivare adeguatamente il rigetto dell ‘ istanza di ammissione proveniente da una delle parti, dimostrando di poter risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione (in tal senso, da ultimo, Cass. 13/05/2024, n. 13038; in precedenza, v., nello stesso senso, Cass. 16/12/2022, n. 37027; Cass. 01/09/2015, n. 17399).
Però, nel caso in esame, tale carenza motivazionale non si integra, perché la Corte d’ appello ha osservato che il difetto di frontalità non era stato prospettato e che l’ applicabilità del Piano di recupero del 1983 (in luogo di quello del 1996) era stata accertata già sulla base della CTU espletata in primo grado nel giudizio presupposto da parte dell’ AVV_NOTAIO, sicché sarebbe stato superfluo disporre una nuova CTU.
Va anche evidenziato che nel formulare la censura in esame i ricorrenti confondono indebitamente il presente giudizio di responsabilità professionale con il giudizio presupposto. La controversia che, per il suo contenuto, richiedeva che si procedesse ad un accertamento tecnico era quella in cui era stata proposta la domanda di condanna dei coniugi COGNOME alla riduzione in pristino e al consolidamento statico dell’edificio sul presupposto della violazione delle norme sulle distanze e dell’indebito aumento di volumetria, in seguito all’intervento di recupero da loro svolto. In quel processo erano state disposte due consulenze tecniche, all’ esito delle quali erano state accertate le dedotte violazioni in base alle regole del Piano regolatore del 1983, ritenuto applicabile.
Si tratta di fatti definitivamente accertati nell’ambito del giudizio presupposto, i quali non avrebbero potuto essere rimessi in discussione nel successivo giudizio di responsabilità dei professionisti,
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nell’ambito del quale l’ eventuale illiceità della loro condotta e il nesso causale tra essa e il danno asseritamente patito dagli attuali ricorrenti ben potevano essere accertati allo stato degli atti, senza necessità di rinnovare l’accertamento tecnico già espletato sui fatti costitutivi della diversa domanda formulata nel giudizio presupposto.
2.4. La tendenza a confondere indebitamente il giudizio presupposto con quello (attuale) di responsabilità professionale emerge con evidenza in ordine alla censura con cui si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’obbligo di astensione da parte del giudice che ha presieduto il collegio che ha deciso la sentenza impugnata, pur avendo già conosciuto come giudice relatore della causa presupposta.
Al riguardo è sufficiente evidenziare che non vi è violazione dell’art. 51 n. 4 cod. proc. civ., poiché non si tratta di gradi diversi del medesimo giudizio ma, appunto, di due giudizi distinti.
In definitiva, il ricorso principale va dichiarato inammissibile con assorbimento del ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, con il cui unico motivo essi hanno denunciato l’omessa pronuncia sul loro difetto di legittimazione passiva per pregressa rinuncia all’eredità.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo in favore di ciascuna delle quattro parti controricorrenti ed in relazione all’attività difensiva rispettivamente spiegata.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, ove dovuto.
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La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, a rimborsare alle parti controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 ciascuna per RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, e in Euro 4.300,00 per ciascuna delle altre due parti controricorrenti oltre, per ciascuna parte controricorrente, alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza