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Responsabilità precontrattuale: quando è lecita?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24081/2024, ha chiarito i limiti della responsabilità precontrattuale. Nel caso di una trattativa per la locazione di un immobile, la Corte ha stabilito che non sussiste alcun obbligo di risarcimento se una delle parti recede legittimamente perché non sono state fornite le garanzie economiche richieste. La semplice discussione degli elementi essenziali del contratto non genera un affidamento tutelabile se la conclusione è stata chiaramente subordinata a condizioni specifiche, come la valutazione positiva della solidità finanziaria della controparte. La Corte ha quindi respinto le pretese risarcitorie del potenziale conduttore, confermando le decisioni dei giudici di merito.

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Responsabilità precontrattuale: quando interrompere le trattative è legittimo?

La fase delle trattative è un momento cruciale nella formazione di un contratto. Ma cosa succede se, dopo settimane di discussioni, una delle parti si tira indietro? Scatta sempre un obbligo di risarcimento? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito importanti chiarimenti sui confini della responsabilità precontrattuale, sottolineando come non ogni interruzione delle trattative sia illecita.

I fatti del caso: la trattativa per la locazione

Il caso esaminato riguarda una negoziazione per la locazione di un immobile. Un aspirante conduttore aveva avviato contatti con la proprietaria, discutendo i termini principali del contratto. Tuttavia, la proprietaria aveva fin da subito subordinato la firma del contratto alla verifica di adeguate garanzie reddituali e bancarie da parte del proponente. Poiché tali garanzie non sono state ritenute sufficienti, la proprietaria ha deciso di non procedere, interrompendo le trattative. L’aspirante conduttore, ritenendo di aver subito un danno per l’ingiustificato recesso, ha citato in giudizio la proprietaria chiedendo il risarcimento, sia per inadempimento contrattuale (sostenendo che un contratto fosse già stato concluso) sia, in subordine, per responsabilità precontrattuale.

La decisione dei giudici di merito

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto le domande del potenziale inquilino. I giudici hanno accertato due punti fondamentali: in primo luogo, nessun contratto di locazione era mai stato formalmente concluso tra le parti. In secondo luogo, non si era creato un ‘ragionevole affidamento’ sulla futura conclusione del contratto, poiché la proprietaria aveva sempre condizionato l’esito positivo della trattativa a una valutazione positiva della solidità finanziaria della controparte. Di conseguenza, è stata esclusa qualsiasi forma di responsabilità precontrattuale a carico della proprietaria.

L’analisi della Cassazione sulla responsabilità precontrattuale

La Suprema Corte, investita della questione, ha confermato la linea dei giudici di merito, rigettando quasi tutti i motivi di ricorso e offrendo una lezione chiara sul concetto di culpa in contrahendo.

L’assenza di un ragionevole affidamento

Il punto centrale della decisione è il concetto di ‘ragionevole affidamento’. Secondo la giurisprudenza consolidata, la responsabilità precontrattuale per recesso ingiustificato scatta solo quando le trattative sono giunte a uno stadio talmente avanzato da creare nella controparte la legittima fiducia nella conclusione del contratto. Non è sufficiente aver raggiunto un’intesa di massima sugli elementi essenziali (come il canone di locazione o la durata). Se una delle parti ha manifestato chiaramente la volontà di subordinare la firma a verifiche ulteriori, l’altra parte non può nutrire un affidamento meritevole di tutela fino al superamento di tali condizioni.

La subordinazione del contratto a garanzie

Nel caso specifico, la richiesta di garanzie reddituali e bancarie non era un dettaglio secondario, ma una condizione essenziale posta dalla proprietaria. Procedere nelle trattative manifestando la volontà di ‘andare avanti’, come emerso dalle comunicazioni, non è incompatibile con la persistente necessità di verificare tali garanzie. La Corte ha chiarito che queste due posizioni sono perfettamente compatibili: una parte può voler continuare a negoziare per acquisire tutte le informazioni necessarie, senza che ciò implichi un impegno a concludere il contratto a prescindere dall’esito delle verifiche.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondate le censure del ricorrente basate sulla violazione dell’art. 1337 c.c. (trattative e responsabilità precontrattuale). La motivazione risiede nel principio consolidato secondo cui, per integrare tale tipo di responsabilità, è necessario che le trattative abbiano raggiunto un punto tale da ingenerare un affidamento oggettivamente riconoscibile. Nel caso di specie, la costante richiesta di garanzie da parte della proprietaria fungeva da condizione sospensiva implicita della conclusione del contratto, impedendo la formazione di un simile affidamento. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili numerosi altri motivi di ricorso, in quanto volti a ottenere un riesame del merito della causa o formulati in violazione delle rigide regole processuali che disciplinano il ricorso per cassazione, come quelle relative alla denuncia di vizi di motivazione o di travisamento della prova.

le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la libertà contrattuale include la libertà di non concludere un contratto, a patto di non violare il dovere di buona fede. Interrompere una trattativa non è di per sé un illecito. Diventa tale solo quando si lede un affidamento ragionevole e incolpevole della controparte. Se, come nel caso esaminato, la conclusione del contratto è esplicitamente o implicitamente condizionata a verifiche specifiche (ad esempio, di natura economica), il recesso motivato dal mancato superamento di tali verifiche è pienamente legittimo e non dà diritto ad alcun risarcimento del danno. L’unico punto del ricorso accolto ha riguardato un mero errore materiale nel calcolo delle spese legali, che non ha intaccato la sostanza della decisione.

Quando l’interruzione delle trattative comporta una responsabilità precontrattuale?
La responsabilità precontrattuale sorge quando il recesso avviene senza un giustificato motivo, in una fase delle trattative così avanzata da aver creato nell’altra parte un affidamento ragionevole e incolpevole sulla futura conclusione del contratto.

Aver raggiunto un’intesa sugli elementi essenziali del contratto è sufficiente a impedire il recesso?
No. Secondo la Corte, anche se le parti hanno raggiunto un’intesa di massima sugli elementi essenziali (es. prezzo, oggetto), non sorge un obbligo di contrarre se le stesse parti hanno manifestato la volontà di subordinare la conclusione finale a ulteriori elementi o verifiche, come l’acquisizione di garanzie finanziarie.

La richiesta di garanzie economiche è una condizione sufficiente per giustificare l’interruzione delle trattative?
Sì. Se una parte ha chiaramente subordinato la conclusione del contratto alla verifica e alla valutazione positiva di specifiche garanzie reddituali e bancarie, il mancato soddisfacimento di tale condizione costituisce un giustificato motivo per interrompere le trattative senza incorrere in responsabilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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