Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3639 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3   Num. 3639  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21911/2020 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME NOME (CF:CODICE_FISCALE)
-Ricorrente –
Contro
NOME,  elettivamente  domiciliato  in  INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell ‘ avvocato  COGNOME  NOME (CF:CODICE_FISCALE),  rappresentato  e  difeso  dall ‘ avvocato COGNOME NOME (CF:CODICE_FISCALE)
-Controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE  IN  LIQUIDAZIONE,  RAGIONE_SOCIALE
-Intimati –
avverso  la  SENTENZA  della  CORTE  D ‘ APPELLO  di  VENEZIA  n. 1147/2020 depositata il 28/04/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/06/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Il sig. NOME COGNOME convenne dinnanzi al Tribunale di Padova – Sezione distaccata di Cittadella – il sig. NOME COGNOME al fine di ivi sentirlo condannare a corrispondergli il compenso dovuto per l ‘ opera professionale prestata a suo favore dopo la revoca dell ‘ incarico conferito. L ‘ attore asserì di avere svolto prestazioni professionali consistenti nella predisposizione e presentazione di un progetto di demolizione di un fabbricato ad uso residenziale sito a Trebaseleghe, nonché nella realizzazione di un nuovo fabbricato, attività per la quale emise proforma di parcella per l ‘ importo di euro 31.727,90.
Costituitosi  in  giudizio,  il  COGNOME  eccepì  la  nullità  del  contratto d ‘ opera, trattandosi di attività riservata ad ingegneri e architetti, e svolse domanda riconvenzionale tesa ad ottenere la risoluzione del contratto  per  grave  inadempimento;  la  restituzione  degli  acconti pagati; il risarcimento dei conseguentemente subiti danni.
Il  NOME chiese ed ottenne la chiamata in garanzia della propria compagnia assicuratrice RAGIONE_SOCIALE, nonché della società RAGIONE_SOCIALE, che aveva realizzato i lavori nel cantiere, alla quale imputò ogni responsabilità per i vizi riscontrati.
Si  costituì  la  RAGIONE_SOCIALE  chiedendo  il  rigetto  delle  domande avversarie per intervenuta decadenza e prescrizione e, in subordine, ne  contestò  il quantum .  Nel  costituirsi  in  giudizio  la  compagnia assicuratrice chiese l ‘ accertamento della inoperatività della polizza e il  rigetto  di  ogni  domanda  nei  propri  confronti  o  nei  confronti  del COGNOME.
Nelle more del giudizio la società appaltatrice RAGIONE_SOCIALE venne dichiarata  fallita;  la  causa  venne  successivamente  riassunta  nei confronti del fallimento ed istruita mediante l ‘ assunzione di prove orali e con lo svolgimento di CTU.
Con sentenza n. 829/2017 il Tribunale di Padova dichiarò nullo il contratto intercorso tra l ‘ attore e convenuto per violazione di norme
imperative,  con  condanna  del  geometra  a  restituire  al  COGNOME  gli acconti ricevuti.
Avverso detta decisione il COGNOME propose appello, chiedendone la parziale  riforma  nella  parte  in  cui  rigettava  la  sua  domanda riconvenzionale  di  risarcimento  del  danno  non  patrimoniale.  Si costituirono  in  COGNOME  e  la  RAGIONE_SOCIALE  chiedendo  entrambi  il rigetto del gravame e la conferma della sentenza di primo grado.
Con sentenza n. 1147/2020, depositata in data 28/4/2020, la Corte d ‘ Appello di Venezia ha rigettato l ‘ appello, con condanna del COGNOME alla rifusione delle spese di lite.
Avverso  la  suindicata  pronunzia  della  corte  di  merito  il  COGNOME NOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui COGNOME NOME resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell ‘ art. 380bis 1 cod. proc. civ.
Parte controricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., nn. 3 e 5, cod. proc. civ., ‘ Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1669, 2226, 1418, 2043 e 2947 co 1 cc in relazione all ‘ art. 360, co 1, n. 3 c.p.c.- Omesso esame di un fatto decisivo in relazione all ‘ art. 360, co 1, n. 5 c.p.c. ‘ , per avere la Corte d ‘ appello applicato il termine breve di prescrizione dell ‘ azione risarcitoria, non considerando l ‘ intervenuta declaratoria di nullità del contratto intercorso con il professionista, con conseguente impossibilità di ascriverlo a inadempimento contrattuale e necessità di applicare il diverso termine attinente alle ipotesi di responsabilità extracontrattuale.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 4, c.p.c., ‘ Violazione dell ‘ art. 112 c.p.c. in relazione all ‘ art. 360  c.p.c.  co  1  n.  4 ‘ per  mancata  pronuncia  sulla  domanda risarcitoria  da  fatto  illecito.  Il  ricorrente  denuncia  un error  in
procedendo che  la  Corte  territoriale  avrebbe  commesso  per  non essersi pronunciata sulla domanda di risarcimento da fatto illecito che ha portato anche alla declaratoria di nullità del contratto, con conseguente applicazione degli artt. 2043 e 2947 c.c.
Il  primo  e  secondo  motivo,  che  possono  essere  congiuntamente esaminati  in  quanto  connessi,  sono  fondati  e  vanno  accolti  nei termini e limiti di seguito indicati.
3.1 Secondo la giurisprudenza di legittimità, e segnatamente secondo le Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., sent. 2/07/2015, n. 13569), la questione della compatibilità, quindi della ammissibilità, delle azioni ex art. 2043 cod. civ. e art. 1669 cod. civ. rispetto al medesimo evento va risolta in senso affermativo. La responsabilità prevista dall ‘ art. 1669 cod. civ., secondo un principio ormai consolidato, nonostante sia collocata nell ‘ ambito del contratto di appalto, configura un ‘ ipotesi di responsabilità extracontrattuale la quale, pur presupponendo un rapporto contrattuale, ne supera i confini, essendo riconducibile ad una violazione di regole primarie (di ordine pubblico), stabilite per garantire l ‘ interesse, di carattere generale, alla sicurezza dell ‘ attività edificatoria, quindi la conservazione e la funzionalità degli edifici, allo scopo di preservare la sicurezza e l ‘ incolumità delle persone. Da questa configurazione consegue l ‘ ulteriore questione del rapporto tra le due disposizioni, risolto da questa Corte in virtù del principio che l ‘ art. 1669 cod. civ. reca una norma speciale rispetto a quella contenuta nell ‘ art. 2043 cod. civ., risultando la seconda applicabile quante volte la prima non lo sia in concreto. Al riguardo è sufficiente ricordare che la natura di norma speciale dell ‘ art. 1669 cod. civ. rispetto all ‘ art. 2043 cod. civ. presuppone l ‘ astratta applicabilità delle due norme, onde, una volta che la norma speciale non possa essere in concreto applicata, permane l ‘ applicabilità della norma generale, in virtù di una tesi coerente con le ragioni della qualificazione della responsabilità ex art. 1669 cod. civ. come extracontrattuale, consistenti nell ‘ esigenza
di offrire ai danneggiati dalla rovina o dai gravi difetti di un edificio una più ampia tutela. Infatti, come è stato bene osservato in dottrina da detta configurazione si desume che l ‘ art. 1669 cod. civ. non è norma di favore diretta a limitare la responsabilità del costruttore, ma mira a garantire una più efficace tutela del committente, dei suoi aventi causa e dei terzi in generale. Il legislatore ha con essa stabilito un più rigoroso regime di responsabilità rispetto a quello previsto dall ‘ art. 2043 cod. civ., caratterizzato dalla presunzione iuris tantum di responsabilità dell ‘ appaltatore, che è stata tuttavia limitata nel tempo, in virtù di un bilanciamento tra le contrapposte esigenze di rafforzare la tutela di un interesse generale e di evitare che detta presunzione si protragga per un tempo irragionevolmente lungo. Pertanto, se la ratio dell ‘ art. 1669 cod. civ. è quella di introdurre una più incisiva tutela, è coerente con la medesima l ‘ applicabilità dell ‘ art. 2043 cod. civ., nel caso in cui non sussistano le condizioni previste dalla prima norma, essendo in generale ammissibile la coesistenza di due azioni diversificate quanto al regime probatorio e potendo la parte agire non avvalendosi delle facilitazioni probatorie stabilite per una di esse. Una diversa soluzione va respinta, in quanto comporta una indebita restrizione dell ‘ area di tutela stabilità dalla norma fondamentale in materia di responsabilità extracontrattuale e, in palese contrasto con l ‘ armonia del sistema e con le ragioni alla base della previsione della disciplina speciale, conduce all ‘ irragionevole risultato di creare un regime di responsabilità più favorevole per i costruttori di edifici, perché esclude ogni forma di responsabilità in situazioni che potrebbero ricadere nell ‘ ambito – in linea di principio illimitato – dell ‘ art. 2043 cod. civ. L ‘ azione ex art. 2043 cod. civ. è, dunque, proponibile quando in concreto non sia esperibile quella dell ‘ art. 1669 cod. civ., perciò anche nel caso di danno manifestatosi e prodottosi oltre il decennio dal compimento dell ‘ opera. Nell ‘ ipotesi di esperimento dell ‘ azione disciplinata dall ‘ art. 2043 cod. civ. non opera, ovviamente, il regime speciale di presunzione della
responsabilità del costruttore, che lo onera di una non agevole prova liberatoria. Pertanto, in tal caso, spetta a colui il quale agisce provare tutti  gli  elementi richiesti dall ‘ art. 2043 cod. civ. e, in particolare, anche  la  colpa  del  costruttore  (confronta  Cass.,  Sez.  I,  12  aprile 2006, n. 8520) (così Cass., Sez. un., sent. 2/07/2015, n. 13569; ; conformi Cass., Sez. II, sent. 26/09/2023, n. 27385; . Cass. Sez. Un., sent. 03/02/2014, n. 2284). .
3.2 La sentenza gravata ha motivato che: ‘ Quando l ‘ opera eseguita in appalto presenta gravi difetti dipendenti da errata progettazione, il progettista è responsabile con l ‘ appaltatore nei confronti del committente ex art. 1669 c.c.: progettista ed appaltatore, con le loro rispettive azioni ed omissioni – che restano illeciti tra loro autonomi – concorrono a produrre eventi dannosi e tipici ex art. 1669 c.c. e diventano entrambi responsabili di un unico illecito contrattuale (Cassazione civile, sez. II, 18/06/2014) ‘ (così a p. 5, 4° §, della sentenza).
3.3  La  Corte  territoriale  ha  pertanto  errato,  in  primo  luogo,  nel  non considerare l ‘ intervenuta declaratoria di nullità del contratto intercorso  con  il  professionista,  con  conseguente  impossibilità  di ascrivere  al  COGNOME  un  inadempimento  contrattuale  e  necessità, invece, di applicare alla domanda risarcitoria del ricorrente il diverso termine attinente alle ipotesi di responsabilità extracontrattuale.
3.4  Il  ricorrente  in  primo  grado  chiese  la  condanna  del  COGNOME  al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del grave inadempimento  nell ‘ esecuzione  dell ‘ incarico  affidatogli  e,  in  via riconvenzionale, il risarcimento dei danni subiti, nella propria qualità di  committente,  dalla  illecita,  oltre  che  non  corretta  ed  a  regola d ‘ arte,  esecuzione  dell ‘ incarico  professionale  conferito  (come  si ricava dalle conclusioni riportate a p. 6 del ricorso).
3.5  Dalle  conclusioni  riportate  risulta  che  il  ricorrente  aveva  chiesto comunque la condanna del tecnico COGNOME per i danni accertati e
conseguenti  al  suo  operato  illecito,  con  conseguente  applicazione degli artt. 2043 e 2947 c.c.
3.6  La Corte territoriale non ha preso in considerazione la domanda di risarcimento  da  fatto  illecito  extracontrattuale,  con  conseguente applicazione degli artt. 2043 e 2947 cod. civ., sicché anche il secondo motivo risulta fondato.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., nn. 3 e 5, cod. proc. civ., ‘ Violazione e/o falsa applicazione, sotto altro profilo, degli artt. 1669 c.c. e 2226 c.c. in relazione all ‘ art. 360, n. 3 c.p.c.- Violazione e mancata applicazione degli artt. 2043 e 2947 co. 1 c.c. in relazione all ‘ art. 360, n. 3 c.p.c.- Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all ‘ art. 360, n. 5 c.p.c .’ , per avere la Corte territoriale ritenuto applicabili le disposizioni di cui agli artt. 1669 e 2226 c.c. in luogo dell ‘ art. 2043 in materia di responsabilità aquiliana e dell ‘ art. 2947, 1° comma, c.c. che regola la prescrizione quinquennale della relativa azione.
Il motivo rimane assorbito in ragione dell ‘ accoglimento del primo e del secondo motivo.
La sentenza va pertanto cassata in relazione ai motivi accolti nei suindicati  termini, con  rinvio  alla  Corte  d’ appello  di  Venezia,  in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e  rinvia,  anche  per  le  spese  del  giudizio  di  legittimità,  alla  Corte d ‘ Appello di Venezia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 20/06/2023.