Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16799 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16799 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30583/2020 R.G. proposto da : COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè contro
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PERUGIA n. 163/2020 depositata il 21/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con sentenza del 21.10.20 la corte d’appello di Perugia, in parziale riforma della pronuncia del tribunale di Spoleto del 18.1.18, ha condannato i signori COGNOME in solido al pagamento di euro 232.548 in favore della lavoratrice indicata in epigrafe, sulla base dell’istruttoria espletata e della consulenza disposta all’esito. In particolare, la corte territoriale ha ritenuto provata la subordinazione della lavoratrice in relazione a un rapporto decennale con orario pieno, ha ritenuto i Clarici eredi dell’attività sulla base di alcuni indici sintomatici (protrazione per anni dell’attività dopo la morte del padre, pretese alla distribuzione degli utili dell’impresa da parte di singoli eredi, situazione di apparenza circa la sussistenza di una società di fatto tra gli eredi con legittimo affidamento della lavoratrice, intestazione delle buste paga alla ‘ditta eredi di Clarici Manes’, iscrizione di tale ditta all’anagrafe tributaria, indicazione di COGNOME Ferdinando quale legale rappresentante della ditta eredi summenzionata).
Avverso tale sentenza ricorrono NOME e NOME per quattro motivi, cui resistono con controricorso sia la lavoratrice sia NOME
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Il primo motivo deduce violazione dell’articolo 2909 c.c. e 324 c.p.c., per avere la corte territoriale trascurato il giudicato formatosi per mancata impugnazione dell’accertamento di primo grado dell’inesistenza della società di fatto tra eredi, capo appellato solo da NOME (con domanda peraltro inammissibile di condanna a favore di terzo).
In effetti, la sentenza di primo grado aveva ritenuto parte del rapporto il solo NOME e, mentre aveva condannato solo quest’ultimo, aveva rigettato la domanda verso le altre coeredi.
Il motivo è infondato. Invero, la sentenza è stata appellata non solo dal summenzionato NOME COGNOME ma anche in via incidentale dalla lavoratrice, che ha chiesto la condanna degli eredi NOME COGNOME e/o di NOME NOME
Nessun giudicato, quindi, si era formato giacché la questione era ancora sub iudice.
In tale contesto, mentre l’impugnazione di NOME COGNOME (che aveva richiesto accertarsi l’obbligo di tutti gli eredi verso la lavoratrice e condannarsi le sorelle al pagamento di quanto dovuto alla stessa) non poteva importare una condanna del coerede verso il terzo, la corte territoriale bene ha pronunciato una condanna richiesta dalla lavoratrice in appello.
Il secondo motivo deduce violazione dell’articolo 112 c.p.c., per avere la corte territoriale pronunciato verso i singoli sebbene la domanda fosse verso ‘gli eredi di NOME COGNOME e/o NOME.
Il motivo è infondato, atteso che la corte territoriale ha ritenuto sussistere una società di fatto tra i coeredi, che peraltro si è presentata all’esterno quale ‘ditta RAGIONE_SOCIALE‘, ed ha pronunciato condanna nei confronti degli appartenenti a detta società, tutti peraltro partecipanti al giudizio in oggetto sin dalla sua introduzione.
Il terzo motivo deduce violazione dell’art. 345 c.p.c., per avere la corte d’appello accolto la domanda di condanna proposta da NOME sebbene in primo grado egli avesse chiesto solo l’accertamento dell’obbligo degli altri coeredi.
Il motivo è infondato, atteso che la condanna delle sorelle NOME è stata disposta in accoglimento della domanda formulata nell’appello incidentale dalla lavoratrice, come risulta dalla stessa sentenza impugnata.
Il quarto motivo deduce violazione dell’articolo 752 e 754 c.c., per avere la sentenza trascurato che fino alla morte del de cuius, per i suoi debiti rispondono gli eredi non in solido, ma pro quota ereditaria.
Il motivo è infondato: secondo la giurisprudenza di questa S.C. (cfr. Cass. n. 28381/05; Cass. n. 17418/05), cui va data continuità, si applica l’art. 2112 c.c. anche quando il trasferimento d’azienda avvenga mortis causa, essendo detto trasferimento ravvisabile in ogni caso in cui, ferma restando nel suo nucleo essenziale l’organizzazione del complesso di beni destinati all’esercizio dell’impresa, si verifichi la sostituzione della persona del titolare, quale che sia il mezzo tecnico-giuridico attraverso il quale tale sostituzione si attui, e quindi anche a mezzo di successione ereditaria, trovi essa fondamento in un testamento o nelle norme sulle successioni legittime. Dunque, nella vicenda in esame tutti gli eredi COGNOME, essendo subentrati -come s’è detto -al loro dante causa nella gestione dell’azienda, sono responsabili ex
art. 2112 comma 2° c.c. per tutti i debiti che il loro dante causa aveva verso la RAGIONE_SOCIALE
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Spese secondo soccombenza.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
p.q.m.
Rigetta il ricorso.
Condanna le ricorrenti in solido al pagamento delle spese di lite, che si liquidano -in favore di ciascun contro ricorrente – in euro 8.000 per compensi professionali ed euro 200 per esborsi, oltre a spese generali al 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 marzo 2025.