Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18765 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 18765 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27502/2020 R.G. proposto da: COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrenti-
RAGIONE_SOCIALE COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso
lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
COGNOME NOME IMPIANTI TERMOIDRAULICI, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
ISOR ALLUMINIO DI NOME COGNOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (RSSGPL59P29H501W)
-controricorrenti-ricorrenti incidentali- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 1164/2020 depositata il 04/05/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale che ha concluso riportandosi alle conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del ricorso principale e dei ricorsi incidentali.
Uditi gli avvocati COGNOME, COGNOME e COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La sentenza impugnata della Corte d’appello di Venezia ha definito più controverse riunite proposte in primo grado dinanzi al Tribunale di Verona riguardanti la realizzazione di una villa in Comune di Zevio (VR): un primo gruppo di cause, promosse contro il committente COGNOME Felice dal progettista COGNOME NOME e dalle
imprese incaricate dei lavori di realizzazione ex novo dell’ immobile, precisamente l’impresa individuale COGNOME RAGIONE_SOCIALE (successivamente COGNOME NOME), RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE. In tali cause gli attori chiesero il pagamento dei corrispettivi. Una causa promossa da Lavecchia contro il progettista e altre imprese, fra le quali quelle sopra indicate e l’impresa RAGIONE_SOCIALE, nella quale l ‘attore denunziò, nei confronti dell’uno e delle altre, la cattiva esecuzione e la sussistenza di visi e difetti.
Il Tribunale di Verona definì il giudizio nei seguenti termini: rigettò l’eccezione di decadenza e prescrizione proposta dagli esecutori delle opere; quantificò i compensi spettanti al direttore dei lavori e alle imprese; riconobbe vizi e difetti delle opere (tranne che per RAGIONE_SOCIALE), adottando le pronunce consequenziali.
Per quanto ancora rileva, la Corte d’appello di Venezia, adita con appello principale dal COGNOME e con appello incidentale dal committente, da impresa COGNOMERAGIONE_SOCIALE dopo avere rinnovato la consulenza tecnica, e dopo avere affermato in via di principio, la responsabilità generale del direttore dei lavori e delle singole imprese in relazione a quanto compiuto, ha recepito gli esiti della consulenza tecnica relativamente ai vizi e manchevolezze riscontrati e ai costi di ripristino. Quindi, essa ha provveduto, sulla base del computo metrico elaborato dal consulente tecnico, a ripartire i costi fra le varie imprese e il direttore dei lavori, che è stato ritenuto il solo responsabile delle opere indicate nell’ultimo capoverso a pag. 35 della sentenza. Sono poi poste a carico di tutti i soggetti coinvolti le voci ‘spese tecniche e di impianto cantiere’ secondo la quantificazione del consulente
tecnico, oltre all’importo relativo al mancato godimento dell’immobile.
La Corte d’appello, pertanto, definiva le lit i sul compenso proposte da RAGIONE_SOCIALE e COGNOME (in particolare, condannava COGNOME al pagamento della somma di € 8.500,00 in favore di RAGIONE_SOCIALE e riduceva il compenso dovuto dal COGNOME a COGNOME NOME); rideterminava i crediti risarcitori del committente nei confronti delle varie imprese e del direttore di lavori; regolava le spese di lite.
Per la cassazione della decisione COGNOME Alfonso ha proposto ricorso sulla base di tredici motivi. Hanno proposto ricorso incidentale l ‘impresa COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE sulla base di sette motivi, RAGIONE_SOCIALE sulla base di cinque motivi e RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME sulla base di due motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
COGNOME Felice ha resistito con controricorso al ricorso principale, depositando poi controricorso ai ricorsi incidentali.
Tutte le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
─ Ricorso principale. I motivi del ricorso principale possono così riassumersi:
in relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c. , nullità della sentenza o del procedimento -violazione degli artt. 112, 324, 329, 333, 342 e 343 c.p.c.
La Corte d’Appello di Venezia, sulla scorta del computo metrico estimativo delle opere di ripristino elaborato dal c.t.u. di secondo grado, ing. NOME COGNOMEincaricato di verificare la fondatezza dei motivi di doglianza espressi dall’appellante in ordine alle
conclusioni assunte dal c.t.u. di primo grado), da un lato, ha rideterminato alcune voci risarcitorie a carico dell’arch itetto NOME COGNOME (in via esclusiva o solidale con altri), in misura superiore rispetto a quella stabilita per le medesime voci nella sentenza del Tribunale di Verona, e, dall’altro, lo ha condannato (in via esclusiva o solidale con altri) al risarcimento di nuove poste di danno che non erano state contemplate nella sentenza di primo grado. In entrambi in casi ciò è avvenuto in assenza di qualsivoglia impugnazione incidentale sul punto da parte di NOME COGNOME né di qualsiasi altra parte del giudizio. Simili statuizioni, conclude il ricorrente, sono inficiate da ultrapetizione per violazione dell’art. 112 c.p.c. e contrastano, altresì, con il principio dell’effetto devolutivo dell’appello.
in relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c. , nullità della sentenza o del procedimento -violazione dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c.
La Corte d’appello ha condannato il professionista a risarcire, in relazione a più lavori, voci di spesa rispetto alle quali non si comprende il percorso argomentativo seguito per pervenire alla decisione, con conseguente nullità della sentenza per vizio di motivazione.
in relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c. , nullità della sentenza o del procedimento, violazione dell’art. 112 c.p.c.
Si denunzia la mancata pronuncia sui primi due motivi di appello, con i quali l’arch itetto COGNOME aveva censurato la decisione di primo grado perché il Tribunale aveva accolto la domanda risarcitoria proposta da NOME COGNOME sulla base di una cieca ed acritica adesione alle conclusioni della c.t.u. dell’ing egnere NOME COGNOME senza rilevare, né comunque pronunciarsi in alcun modo in ordine
ai gravi errori in essa presenti, dettagliatamente illustrati dalla sua difesa.
in relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c. , nullità della sentenza o del procedimento -violazione dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. in relazione ai primi due motivi di appello.
Si sostiene con tale motivo che, n ell’ipotesi in cui il vizio di omessa pronuncia in ordine ai primi due motivi di appello non dovesse ritenersi sussistente, la decisione impugnata andrebbe senz’altro ritenuta affetta dal vizio di omessa motivazione nella parte in cui non ha accolto i primi due motivi di gravame.
in relazione al n.3 dell’art. 360 c.p.c. , violazione e falsa applicazione di norme di diritto -violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 19 lett. g) della l. 143/1949 e dell’art. 2697 c.c.
La sentenza è censurata in relazione ai capi che hanno disposto la condanna dell’arch itetto COGNOME quale direttore dei lavori, in solido con l’una o l’altra delle imprese incaricate, al risarcimento del danno in relazione a opere non contemplate nel progetto architettonico e neppure nel capitolato. Con il motivo in esame, il ricorrente, in ordine alla responsabilità ascrittagli in solido con la società RAGIONE_SOCIALE e la ditta COGNOME RAGIONE_SOCIALE, evidenzia che egli non aveva progettato e nemmeno previsto nel capitolato gli impianti di climatizzazione e di deumidificazione, i quali, infatti, sono stati progettati dalla società RAGIONE_SOCIALE che ne ha pure diretto i lavori, come documentato nel giudizio Tribunale di Verona n. 5012/2012 R.G.
in relazione al n.3 dell’art. 360 c.p.c. , violazione/falsa applicazione di norme di diritto -violazione dell’art. 1176 c.c. e dell’art. 2697 c.c., nonché dell’art. 115 c.p.c.
La Corte d’appello ha addebitato al direttore dei lavori la responsabilità per qualsivoglia vizio riscontrato nell’immobile, in base all’assunto secondo il quale egli non avrebbe svolto il proprio incarico con il grado di diligenza massima richiesto dalle peculiarità dell’opera da realizzare. Ebbene, n onostante l’onere di provare la mancanza un’adeguata vigilanza sia a carico del creditore, la sentenza impugnata, da un lato, non indica, a fondamento della propria decisione, alcun elemento idoneo a dimostrare l’omessa vigilanza da parte dell’arch itetto COGNOME e, dall’altro, ha affermato l’irrilevanza delle istanze istruttorie non ammesse in primo grado e riproposte nel giudizio d’appello, attraverso le quali il professionista aveva chiesto di provare per testimoni il puntuale adempimento di ogni obbligazione a suo carico, inclusi i doversi di informazione e consiglio nei confronti del committente.
in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c. , violazione/falsa applicazione di norme di diritto -violazione dell’art. 1655 c.c., dell’art. 19 lett. g) della l. 143/1949, dell’art. 2697 c.c., nonché dell’art. 115 c.p.c.
Sono oggetto di censura i capi della sentenza di secondo grado che hanno addebitato alla responsabilità del direttore dei lavori anche i costi relativi a lavorazioni di dettaglio di competenza dell’impresa appaltatrice o delle singole imprese prestatrici d’opera, la cui inesatta esecuzione non avrebbe potuto essere addebitata al direttore dei lavori.
in relazione al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. , per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti.
La consulenza tecnica integrativa aveva accertato che, nel progetto originario dei serramenti, le superfici finestrate nei locali ‘cucina’,
‘camere da letto’ e ‘soggiorno dei figli’ risultassero apribili in conformità alle prescrizioni di legge (superiori ad 1/8 della superficie della stanza). Il che voleva dire che la trasformazione dei serramenti da apribili a fissi era stata voluta dal committente, essendo quindi esente il direttore dei lavori da ogni responsabilità in ordine ai costi necessari per rendere l’immobile rispondente alle prescrizioni normative (€ 62.603,63).
in relazione al n.3 dell’art. 360 c.p.c. , violazione/falsa applicazione di norme di diritto -violazione degli art. 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 1223 c.c.
La sentenza impugnata è oggetto di censura nella parte in cui è stato rigettato il terzo motivo di appello con il quale l’arch itetto COGNOME aveva eccepito che la condanna disposta a suo carico, a corrispondere l’intera somma necessaria per l’installazione dell’impianto di ventilazione meccanica controllata, violava il principio della compensatio lucri cum damno , stante il risparmio di energetico conseguito dal committente.
Tale decisione sarebbe conseguenza di una inadeguata valutazione del contenuto della c.t.u. e dell’applicazione di un erroneo criterio di valutazione delle conclusioni raggiunte dal consulente.
in relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c ., nullità della sentenza o del procedimento -violazione dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. violazione dell’art. 1227 c.c.
La sentenza impugnata ha respinto il sesto motivo di appello con il quale l’arch itetto NOME COGNOME aveva eccepito come i capi della sentenza che lo avevano condannato a corrispondere a NOME COGNOME le somme necessarie per l’eliminazione delle conseguenze dell’aggravamento dei vizi presenti nel locale impianti del piano interrato (pari ad € 36.761,13) e di quelli riguardanti i
serramenti (pari ad € 33.798,00), fossero conseguenza della violazione e dell’errata applicazione dell’art. 1227 c.c..
Si sostiene che se il committente avesse dato corso alle opere di riparazione indicate dal c.t.u. nell’accertamento tecnico preventivo avrebbe evitato l’aggravamento dei danni poi verificatisi.
in relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c. , nullità della sentenza o del procedimento -violazione dell’art. 112 c.p.c. mancato esame dell’ottavo motivo di appello inerente alla duplicazione delle poste risarcitorie a carico dell’arch itetto COGNOME
La Corte d’Appello ha omesso di pronunciarsi in ordine alle ragioni di impugnazione formulate nell’ottavo motivo di appello con il quale è stata eccepita la duplicazione delle poste risarcitorie a carico dell’arch itetto NOME COGNOME.
in relazione al n.3 dell’art. 360 c.p.c. , per violazione/falsa applicazione di norme di diritto -violazione degli artt. 119 e 121 del d.l. n. 34/2020 o comunque dall’art. 16 bis del d.p.r. n. 917/1986
Si sostiene che alcuni degli interventi di riparazione che l’arc hitetto COGNOME è stato condannato a pagare nel giudizio di primo grado possono beneficiare della super detrazione del 110%, introdotta dal D.L. n. 34 del 19 maggio 2020, entrato in vigore successivamente alla pronuncia della sentenza d’appello . In considerazione di ciò, la Corte d’appello avrebbe dovuto scomputare dal risarcimento le somme corrispondenti al beneficio goduto dal committente grazie alla nuova norma.
in relazione al n.3 dell’art. 360 c.p.c. per violazione/falsa applicazione di norme di diritto -violazione dell’art. 91 c.p.c.
La considerazione della reciproca soccombenza, nei rapporti fra il ricorrente e il Lavecchia, avrebbe giustificato la compensazione
delle spese dell’intero giudizio, che invece sono state compensate per 1/3 e poste per i residui 2/3 a carico del ricorrente.
B) 1. ─ Il primo motivo è fondato. Il divieto di reformatio in peius il quale consegue alle norme, dettate dagli artt. 329 e 342 c.p.c. in tema di effetto devolutivo dell’impugnazione di merito e di acquiescenza, che presiedono alla formazione del thema decidendum in appello, per cui, una volta stabilito il ” quantum devolutum , l’appellato non può giovarsi della reiezione del gravame principale per ottenere effetti che solo l’appello incidentale gli avrebbe assicurato e che, invece, in mancanza, gli sono preclusi dall’acquiescenza prestata alla sentenza di primo grado (Cass. n. 21504/2020). Il divieto comprende sicuramente l’ipotesi di cui alla presente causa, nella quale la Corte d’appello, a l fine di definire i motivi dell’appello principale proposto dal COGNOME, ha rinnovato le operazioni di consulenza tecnica. Quindi, sulla scorta della consulenza tecnica, non ha ridefinito solo le sole voci oggetto dell’appello, ma ha rinnovato la decisione per intero, modificando in peius la posizione del direttore dei lavori in ordine a voci di danno liquidate dal Tribunale in misura inferiore o non liquidate affatto. Al contrario, in assenza di appello incidentale, il divieto di reformatio in peius impediva alla Corte d’appello sia l’attribuzione di “voci di spesa” non liquidate dal Tribunale in favore del committente, sia di aumentare le ‘ voci ‘ già liquidate. È importante sottolineare che, agli effetti del divieto in esame, è irrilevante che l’ammontare infine liquidato sia in ipotesi inferiore a quello determinato dal giudice di primo grado, non essendo consentito al giudice d’appello di ripartire diversamente, seppure nell’ambito del complessivo importo, l’incidenza dei costi (Cass. n. 3896/2020).
2. ─ Il secondo motivo è infondato. A seguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. è denunciabile in cassazione è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U, n. 8053/2014).
In ordine all ‘aspetto della decisione oggetto di censura (la denunziata duplicazione dei costi di ripristino riferiti a un medesimo vizio) , l’anomalia motivazionale non è affermata sulla base della sentenza, ma scaturisce dal confronto con elementi istruttori: il che esclude, giusti i principi sopra richiamati, la sussistenza di un’anomalia motivazionale denunziabile in questa sede. Quanto all’ulteriore questione riguardante le pareti finestrate, avuto riguardo al complesso delle considerazioni proposte dalla sentenza impugnata, si capisce che, s otto l’egida del vizio motivazionale (questa volta sotto il profilo dell’insanabile contraddizione fra affermazioni inconciliabili), è oggetto di censura la ricostruzione del fatto e i criteri usati per l’attribuzione di responsabilità, che non sono sindacabili sotto il profilo del vizio di motivazione.
3. ─ Il terzo e il quarto motivo, da esaminare congiuntamente, sono infondati: la Corte d’appello si è pronunziata più che
implicitamente sui motivi, avendo disposto la rinnovazione della consulenza tecnica.
4. ─ Il quinto, il sesto, il settimo e l’ottavo motivo possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono fondati e il loro accoglimento comporta l’assorbimento del nono e del decimo motivo.
È stato affermato da questa Suprema corte che, in tema di appalto, il direttore dei lavori ha la funzione di tutelare la posizione del committente nei confronti dell’appaltatore, vigilando che l’esecuzione dei lavori abbia luogo in conformità con quanto stabilito dal capitolato di appalto, senza che da ciò derivi a suo carico una responsabilità per la cattiva esecuzione dei lavori, che resta imputabile alla libera iniziativa dell’appaltatore, ovvero per l’omessa costante vigilanza in relazione a profili marginali dell’esecuzione dell’opera (Cass. n. 39448/2021; n. 20557/2014).
In contrasto con tale principio , la Corte d’appello ha riconosciuto la responsabilità del direttore dei lavori, in solido con le imprese incaricate, con riferimento inscindibile alla generalità dei vizi, mentre la corretta applicazione del principio imponeva una verifica riferita al singolo vizio riscontrato, avuto riguardo alla sua natura e alla sua origine.
5. ─ L’undicesimo motivo è infondato. Il motivo d’appello, a cui è riferita omessa pronunzia, è richiamato nella stessa sentenza (pag. 4 n. 8) e non se ne tratta espressamente. Tuttavia, ciò non rivela alcuna omissione, trattandosi di censura rimasta assorbita in conseguenza della liquidazione ex novo operata dalla Corte d’appello in sede di gravame. Vale infatti il principio, secondo cui, in tema di provvedimenti del giudice, l’assorbimento in senso improprio – configurabile quando la decisione di una questione esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre –
impedisce di ritenere sussistente il vizio di omessa pronuncia, il quale è ravvisabile solo quando una questione non sia stata, espressamente o implicitamente, ritenuta assorbita da altre statuizioni della sentenza (Cass. n. 2334/2020).
─ Il dodicesimo motivo e il tredicesimo motivo sono assorbiti.
R icorso incidentale COGNOME . I motivi del ricorso incidentale di COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE possono così sintetizzarsi:
violazione e falsa applicazione degli artt. 1669, 2222 e 2226 c.c. nonché nullità della decisione per violazione dell’art. 132, comma 2m n. 4, c.p.c. relativamente al capo di sentenza che ha condannato la ditta RAGIONE_SOCIALE a pagare € 62.603,63 per risoluzione del mancato rispetto della superficie minima dei serramenti apribili. La Corte d’appello ha identificato la causa dell’inconveniente ( l’eccessiva umidità nei locali abitativi ) non solo in un errore riguardante la progettazione dell’immobile (come affermato dal consulente), ma anche nella ‘dimensionalità degli impianti nel suo complesso’. Per questa parte la decisione è illogica e in contrasto con gli accertamenti peritali, ai quali pur la Corte d’appello ha affermato di volersi rifare.
violazione e falsa applicazione degli artt. 1669, 2222 e 2226 c.c. nonché nullità della decisione per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. relativamente al capo di sentenza che ha condannato la ditta RAGIONE_SOCIALE a pagare € 28.771,04 per ‘ spese tecniche, impianto cantiere e mancato godimento immobile’.
La Corte d’appello non ha tenuto conto, quanto alle spese tecniche e di impianto cantiere, che solo 1/3 era riconducibile alle opere impiantistiche, essendo quindi palesemente ingiustificata la condanna solidale per l’intero pronunziata dalla Corte veneta. Lo
stesso dicasi per la condanna riguardante gli imprevisti, che avrebbe dovuto essere pronunziata in rapporto alla quota di lavori di ciascuna impresa, il che imponeva di circoscrivere la responsabilità della ricorrente nei limiti delle voci dipendenti dagli impianti tecnologici, con esclusione di tutto il resto.
3) violazione e falsa applicazione degli artt. 1669, 2222 e 2226 c.c. nonché nullità della decisione per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. relativamente al capo di sentenza che ha condannato la ditta RAGIONE_SOCIALE a pagare € 14.700,04 ‘per costi afferenti all’impianto di climatizzazione e deumidificazione’. La sentenza, relativamente a queste voci, sarebbe stata assunta, in parte, in contrasto con quanto affermato dal consulente tecnico, il quale aveva escluso il vizio corrispondente e, per altra parte, nella misura in cui il consulente il vizio era stato riconosciuto dal consulente, in assenza di motivazione, reiterandosi, quindi, nella sentenza la petizione di principio già riscontrabile nella consulenza.
4) violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 324, 329, 333, 342 c.p.c., nonché nullità della decisione per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., relativamente ai capi di sentenza che hanno condannato la ditta RAGIONE_SOCIALE a pagare € 14.700,04 ‘per costi afferenti all’impianto di climatizzazione e deumidificazione’, € 25.771,04, per ‘spese tecniche ed impianto cantiere e spese per imprevisti’ e a quello che ha maggiorato dell’Iva i predetti importi’. Le voci di spesa indicate nella intestazione del motivo sono state rideterminate dalla decisione d’appello, inserendovi elementi diversi e ulteriori rispetto a quanto aveva statuito la decisione di primo grado, aumentando anche l’importo di voci già presenti, in assenza di qualsivoglia impugnazione incidentale sul punto da parte di NOME COGNOME né di qualsiasi altra parte del giudizio.
violazione e falsa applicazione degli artt. 1669 e 2222 e seguenti c.c., nonché nullità della decisione per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., relativamente al capo di sentenza che ha condannato la ditta RAGIONE_SOCIALE a pagare € 1.750,00 per la parte impiantistica della piscina esterna. La decisione, per questa parte, richiama a pag. 30 la relazione del consulente ing. COGNOME la quale tuttavia escludeva la responsabilità dell’impresa RAGIONE_SOCIALE in ordine ai vizi riscontrati nella piscina esterna.
violazione e falsa applicazione degli artt. 228 e 230 c.p.c., nonché nullità della decisione per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. relativamente al capo di sentenza che ha ridotto il credito della ditta COGNOME nei confronti del Lavecchia a € 27.052,07. La riduzione, la quale ha incrementato la riduzione già disposta in primo grado, è stata giustificata dalla Corte veneta sulla base delle risposte date dal COGNOME al capitolo n. 5 di interrogatorio formale, che non giustificavano tuttavia tale riduzione, non avendo quindi la valenza confessoria attribuita dai giudici di merito.
violazione dell’art. 91 c.c. L’accoglimento dei motivi di ricorso impone la completa ridistribuzione delle spese di lite, che vanno poste per intero a carico del Lavecchia.
1. Il primo, il terzo e il quinto motivo del ricorso incidentale, che possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati. In tutti i casi, la critica attiene al complessivo accertamento fattuale operato dal giudice del merito, cui il ricorrente intende opporre, sotto la formale rubrica di vizio di violazione di legge, e dell’anomalia motivazionale, una diversa valutazione: ciò, però, non è ammesso nel giudizio di legittimità, che non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel
quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (fra le tante, Cass. n. 21381 del 2006, Cass. n. 8758 del 2017, Cass., sez. un., n. 34476 del 2019).
Il secondo motivo è infondato. La Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui «Qualora la rovina od il difetto di bene immobile sia imputabile a più appaltatori, la responsabilità di questi, nei confronti del committente o degli aventi causa del committente, a norma dell’art 1669 c.c., e regolata dal principio della solidarietà, sancito dall’art 2055 c.c., da ciò consegue che i predetti danneggiati possono pretendere l’intera prestazione risarcitoria da uno solo dei coobbligati, indipendentemente dalla misura del suo apporto causale (rilevante solo nei rapporti interni fra debitori solidali), ed ancorché, per decorso dei termini di decadenza e prescrizione fissati dal citato art 1669 c.c., sia loro precluso di rivolgersi nei confronti degli altri coobbligati (Cass. n. 4278/1976).
Il quarto motivo pone la medesima questione del primo motivo del principale ed è fondato in forza delle medesime considerazioni, da intendersi qui interamente richiamate
Il sesto motivo è inammissibile, L’interpretazione data dal giudice del merito, in ordine alle dichiarazioni rese da una parte in sede di interrogatorio formale, al fine di stabilire se le medesime costituiscano o no confessione, ai sensi dell’art. 2730 c.c., risolvendosi in un apprezzamento di fatto, diretto alla valutazione di un mezzo di prova, non è soggetta al sindacato di legittimità, se immune da errori logici e giuridici.
Il settimo motivo è un ‘non motivo’, consistendo nella riforma del capo sulle spese di lite in conseguenza dell’auspicato accoglimento del ricorso.
─ Ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE I motivi del ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE possono così riassumersi:
violazione e falsa applicazione dell’art. 1669 c.c., della l. 10/1991 e del d.m. 5 luglio 1975, nonché nullità della decisione per violazione dell’art. 132, comma 2m n. 4, c.p.c. relativamente al capo di sentenza che ha condannato la RAGIONE_SOCIALE a pagare € 62.603,63 per risoluzione mancato rispetto della superficie minima dei serramenti apribili. La Corte d’appello ha identificato la causa dell’inconveniente derivante dall’eccessiva umidità nei locali abitativi non solo in un errore riguardante la progettazione dell’immobile, la Corte d’appello ritenuto (come affermato dal consulente), ma anche nella ‘dimensionalità degli impianti nel suo complesso’. Per questa parte la decisione è illogica e in contrasto con gli accertamenti peritali, ai quali pur la Corte d’appello ha affermato di volersi rifare.
violazione e falsa applicazione dell’art. 1669 c.c. nonché nullità della decisione per violazione dell’art. 132, comma 2m n. 4, c.p.c. relativamente al capo di sentenza che ha condannato la RAGIONE_SOCIALE a pagare € 28.771,04 per spese tecniche, impianto cantiere e mancato godimento immobile’.
La Corte d’appello non ha tenuto conto, quanto alle spese tecniche e di impianto cantiere solo 1/3 era riconducibile alle opere impiantistiche, essendo quindi palesemente ingiustificata la condanna solidale per l’intero pronunziata dalla Corte. Lo stesso dicasi per la condanna riguardante gli imprevisti, che avrebbe dovuto essere pronunziata in rapporto alla quota di lavori di
ciascuna impresa, il che imponeva di circoscrivere la responsabilità della ricorrente nei limiti delle voci dipendenti dagli impianti tecnologici, con esclusione di tutto il resto.
3) violazione e falsa applicazione dell’art. 1669 c.c. nonché nullità della decisione per violazione dell’art. 132, comma 2m n. 4, c.p.c. relativamente al capo di sentenza che ha condannato la RAGIONE_SOCIALE a pagare € 14.700,04 ‘per costi afferenti all’impianto di climatizzazione e deumidificazione’. La sentenza, relativamente a queste voci, è assunta, in parte, in contrasto con quanto affermato dal consulente tecnico, il quale aveva escluso il vizio corrispondente e, per altra parte, nella misura in cui il consulente il vizio era stato riconosciuto dal consulente, in assenza di motivazione, reiterandosi, quindi, nella sentenza la petizione di principio già riscontrabile nella consulenza.
4) violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 324, 329, 333, 342 c.p.c., nonché nullità della decisione per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., relativamente ai capi di sentenza che hanno condannato la RAGIONE_SOCIALE a pagare € 14.700,04 ‘per costi afferenti all’impianto di climatizzazione e deumidificazione’, € 25.771,04, per ‘spese tecniche ed impianto cantiere e spese per imprevisti’ e a quello che ha maggiorato dell’Iva i predetti importi’. Le voci di spesa indicate nella intestazione del motivo sono state rideterminate dalla decisione d’appello, inserendovi elementi diversi e ulteriori rispetto a quanto aveva statuito la decisione di primo grado, aumentando anche l’importo di voci già presenti, in assenza di qualsivoglia impugnazione incidentale sul punto da parte di NOME COGNOME né di qualsiasi altra parte del giudizio.
5) violazione dell’art. 91 c.c. La sentenza di primo grado aveva posto a carico della ricorrente i due terzi delle spese di lite,
nonostante la reciproca soccombenza. Tale ripartizione è stata ribadita in appello, nonostante sia stata introdotta una pronunzia favorevole alla ricorrente, con la condanna del Lavecchia a pagare il saldo per l’attività svolta. L’accoglimento dei motivi di ricorso impone la completa ridistribuzione delle spese di lite, che vanno poste per intero a carico del Lavecchia.
1. I primi tre motivi sono identici a quello del ricorso incidentale COGNOME e condividono la medesima sorte.
Il quarto motivo pone la medesima questione del primo motivo del principale e del quarto motivo del ricorso COGNOME ed è fondato in forza delle medesime considerazioni, da intendersi qui interamente richiamate
Il quinto motivo è inammissibile : esso, infatti, è un ‘non motivo’, consistendo nella riforma del capo sulle spese di lite in conseguenza dell’auspicato accoglimento del ricorso.
─ Ricorso incidentale Isor Alluminio . I motivi di ricorso incidentale di Isor Alluminio possono così sintetizzarsi.
in relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c. per nullità della sentenza o del procedimento -violazione degli artt. 112, 324, 329, 333, 342 e 343 c.p.c.
La Corte d’Appello di Venezia ha condannato la ditta RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, in solido con altri, al pagamento della somma complessiva di € 28.771,04, maggiorata dell’iva sull’importo di € 25.771,04, oltre interessi, nonché alla rifusione delle spese di lite di primo grado, nella misura di 2/3, nonostante né l’appellante principale, né gli appellanti incidentali avessero formulato impugnazioni nei suoi confronti (ragione che l’aveva indotta a non costituirsi nel giudizio di secondo grado).
in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c. per violazione/falsa applicazione di norme di diritto -violazione dell’art. 91 c.p.c.
La Corte d’Appello ha condannato la ditta RAGIONE_SOCIALE, in solido con l’arch itetto COGNOME e con le società RAGIONE_SOCIALE, al pagamento in favore di NOME COGNOME anche delle spese del giudizio di secondo grado, nella misura di due terzi, sul presupposto implicito di una sua parziale soccombenza, inesistente laddove si consideri che, in difetto di una propria impugnazione incidentale, né di qualsivoglia impugnazione, principale o incidentale, antagonista nei confronti della ditta Isor Alluminio, quest’ultima non poteva in alcun modo essere ritenuta soccombente.
E. 1. I motivi da esaminare congiuntamente sono fondati.
Se una sentenza, formalmente unica, è resa tra litisconsorti facoltativi (ipotesi che ricorre nel caso in esame), il capo concernente l’uno è autonomo rispetto all’altro sì che passa in giudicato quello non impugnato, e perciò non è modificabile dal giudice del gravame dell’altro, neppure se lo ritiene presupposto logico di questo (Cass. n, 667/1998).
Pertanto, in assenza di impugnazione proposta nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’appello non avrebbe dovuto assumere alcuna statuizione nei confronti di questa, il che giustifica la cassazione senza rinvio della pronunzia limitatamente alla stessa RAGIONE_SOCIALE
F. In conclusione – quanto al ricorso principale di COGNOME – sono accolti il primo, il quinto, il sesto, il settimo motivo e l’ottavo motivo del ricorso principale; sono rigettati il secondo, il terzo, il quarto e l’undicesimo; sono assorbiti il nono, il decimo, il dodicesimo e il tredicesimo motivo; quanto al ricorso incidentale
COGNOME è accolto il quarto motivo; sono rigettati il primo, il secondo, il terzo, il quinto; sono inammissibili il sesto e il settimo; quanto al ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE è accolto il quarto motivo, sono rigettati i primi tre motivi; è inammissibile il quinto motivo; è accolto il ricorso di RAGIONE_SOCIALE.
La sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi del ricorso principale e dei ricorsi incidentali di COGNOME e RAGIONE_SOCIALE accolti e la causa rinviata alla Corte d’appello di Venezia, che provvederà a nuovo esame in conformità a quanto sopra e liquiderà fra le stesse parti le spese del giudizio di legittimità.
La sentenza deve essere cassata senza rinvio limitatamente ai capi di decisioni riguardanti RAGIONE_SOCIALE e le spese del presente giudizio vanno poste a carico del Lavecchia, mentre, in considerazione della causa dell’errore incorso nella decisione, sono compensate le spese del giudizio d’appello.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il quinto, il sesto, il settimo motivo e l’ottavo motivo del ricorso principale di COGNOME NOMECOGNOME rigetta il secondo, il terzo, il quarto e l’undicesimo del medesimo ricorso principale e dichiara assorbiti il nono, il decimo, il dodicesimo e il tredicesimo motivo del ridetto ricorso principale; accoglie il quarto motivo del ricorso incidentale di COGNOME NOME COGNOME Idraulici; rigetta il primo, il secondo, il terzo e il quinto motivo del medesimo ricorso incidentale; dichiara inammissibili il sesto e il settimo motivo del ridetto ricorso incidentale; accoglie il quarto motivo del ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE rigetta i primi tre motivi del medesimo ricorso incidentale; dichiara inammissibile il quinto motivo del ridetto ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnate in relazione ai motivi accolti del ricorso
principale e dei ricorso incidentali accolti e rinvia al causa alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione anche per le spese ; accoglie il ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME e cassa, relativamente a questa, senza rinvio la sentenza impugnata; condanna Lavecchia RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00, per compensi per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge; compensa fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE le spese del giudizio d’appello.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda