Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21376 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21376 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 8402/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, digitalmente domiciliata ex lege
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), digitalmente domiciliata ex lege
nonché contro
SOCIETA’ RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende, digitalmente domiciliata
-controricorrente-
avverso SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 468/2023 depositata in data 1/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato quanto segue.
Con ricorso notificato l’11 aprile 2023 il fallimento RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza Corte d’appello Napoli del 1° febbraio 2023 emessa nei confronti di Banca Credito Popolare di Torre del Greco Coop e della Società Cattolica ass.ni. I controricorrenti hanno depositato separati controricorsi il 16 maggio (Società Cattolica assicurazioni) e il 18 maggio (Banca Credito Popolare di Torre del Greco Coop). Sono state depositate memorie illustrative.
Oggetto della domanda è: 1) un’ azione di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. promossa dal fallimento della società (cliente della banca) nei confronti della banca presso la quale erano appoggiati i rapporti di credito con la società fallita, per concorso colposo della banca nel fatto doloso commesso dagli ex amministratori e sindaci della fallita (indicata come banca fiancheggiatrice che avrebbe messo a disposizione i suoi servizi bancari agli ex esponenti della società fallita i quali sono stati
condannati tra l’altro per il reato di abusiva raccolta del risparmio ad anni quattro di reclusione). 2) In via alternata o subordinata, azione di risarcimento del danno ex artt. 1218 c.c. (azione di responsabilità contrattuale) per violazione, da parte della banca convenuta, dei doveri di protezione e, comunque, per non avere eseguito secondo correttezza e buona fede il contratto di conto corrente con i connessi servizi e prestazioni che legava la società RAGIONE_SOCIALE in bonis con l’istituto di credito; violazione della normativa antiriciclaggio, per mancata interruzione del rapporto bancario ex lege 231/2007, a fronte di operazioni fortemente anomale e frutto della raccolta abusiva del risparmio.
Il petitum attiene alla liquidazione del danno in valori pari alle somme in entrate ed in uscita transitate sui conti correnti bancari (€. 40 milioni); in subordine, alla richiesta di liquidazione del danno nei valori pari alle somme oggetto di insinuazione al passivo (€. 10 milioni); in ulteriore subordine, alla richiesta di condanna al risarcimento del danno per un importo pari alle operazioni anomale segnalate dal perito del P.M. e corrispondenti ad €. 8.134.838,04.
La causa petendi si sostanzia in una duplice e alternata domanda di responsabilità risarcitoria: a.) extracontrattuale, per concorso colposo della banca in delitto doloso realizzato dagli ex amministratori; b.) contrattuale, per violazione degli obblighi derivanti dal vincolo contrattuale del rapporto di conto corrente che affonda le sue basi nel contratto di mandato bancario: la banca avrebbe violato, nell’esercizio del mandato, la normativa primaria e secondaria che governa l’ agere delle banche: segnatamente l’art. 5 TUB e la normativa antiriciclaggio (art. 23 D.Lgs. 231/2007, nonché le disposizioni regolamentari di fonte vigilanza ). Sotto questo profilo si deduce la violazione dei doveri di protezione e, comunque, di non avere eseguito secondo correttezza e buona fede il mandato
bancario con i connessi servizi e prestazioni inerenti alla gestione del suddetto rapporto, ivi compreso quello di conto corrente.
In relazione alla vicenda portata all’esame dei giudici, il Fallimento riferisce essere occorse (i) plurime operazioni di versamento e di prelevamento dai conti correnti di cui le persone fisiche appartenenti alla famiglia COGNOME erano i titolari, a mezzo di assegni a loro stessi intestati (in entrata) o a mezzo bonifici, e (ii) operazioni di versamento solo virtuale da tali conti correnti al conto della società, con indicazione della causale ‘finanziamento soci’; nel dettaglio, il Fallimento deduce (iii) il ricorso da parte dei signori COGNOME all’utilizzo massiccio di assegni e bonifici nell’ordine del 99% dei casi (cfr. atto di appello, pag. 17, laddove si riporta il dato dei 44 milioni raccolti dai Signori COGNOME con ricorso al prestito obbligazionario fuori bilancio) e sempre per tramite dei medesimi titolari dei conti correnti o dei loro delegati alla gestione; (iv) a fronte di tali movimentazioni, la omessa specifica illustrazione, per ciascuna delle movimentazioni, della condotta che i funzionari della Banca sarebbero stati tenuti ad assumere (per legge o per contratto) e che invece colposamente avrebbero omesso in un periodo di tempo che va dal 2005 al 2010.
La sentenza impugnata ha rigettato l’appello della Curatela confermando la sentenza di prime cure là dove ha ritenuto infondata la domanda della Curatela, sull’assunto che sia mancata la prova del nesso causale in senso probabilistico (giudizio controfattuale) – risultando il ‘modello 231’ adottato nel 2008 dalla banca del tutto idoneo – e che pertanto non vi fossero i sintomi di operazioni sospette da determinare l’obbligo (comunque di natura pubblicistica) di cessare i rapporti con i Di Maio e neanche sintomi tali da far scattare l’obbligo di tutelare l’interesse della società correntista, sotto il profilo contrattuale. Pertanto, ha ritenuto di non potere attribuire agli obblighi di legge stabiliti a carico (anche) degli Istituti di credito dalla normativa antiriciclaggio
una natura integrativa contrattuale in relazione ai rapporti finanziari instaurati con i propri clienti. Inoltre, ha rilevato che la Curatela (Cass. n. 7956 del 31/03/2010) non potesse lamentare la mancata osservanza da parte della banca della normativa sulla correttezza e buona fede, comportante il rifiuto da parte della stessa di eseguire operazioni ” ictu oculi ” anomale, nel senso che siano tali da compromettere palesemente l’interesse della correntista, quale dovere di protezione della stessa, posto non erano desumibili sintomi di attività di depauperamento della correntista da parte dei suoi amministratori.
Ritenuto quanto segue.
I motivi di ricorso sono cinque : -PRIMO MOTIVO (relativo al rigetto dell’azione extracontrattuale avanzata nel giudizio di merito) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p., 2727 e 2728 c.c., 18 e 23 D.Lgs. 231/2007, 2697 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. ( error in iudicando ); -SECONDO MOTIVO (relativo al rigetto dell’azione extracontrattuale avanzata nella fase di merito) – nullità della sentenza o del procedimento ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per violazione degli artt. 132 c.p.c. e 111 c.p.c. -error in procedendo (motivazione meramente apparente, obiettiva incomprensibilità); -TERZO MOTIVO (relativo al rigetto dell’azione contrattuale avanzata dalla Curatela nella fase di merito) violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. relativamente all’art. 23 D.Lgs. 21.11.2007 n. 231 (normativa antiriciclaggio) -violazione delle norme in tema di correttezza e buona fede 1175 e 1375 cc. con riferimento al contratto di conto corrente ed uso anomalo dei servizi e delle prestazioni connesse -automatica esistenza della prova del nesso di causa tra inadempimento e danno ( error in iudicando ); QUARTO MOTIVO – (relativo al rigetto dell’azione contrattuale avanzata nella fase di merito) nullità della sentenza o del procedimento ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per
violazione degli artt. 132, comma 1, n. 4, c.p.c. e 111 Cost. -( error in procedendo ) motivazione apparente illogica perplessa; -QUINTO MOTIVO DEL RICORSO PER CASSAZIONE – omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.). Mancata ammissione di CTU percipiente, prove testimoniali e ordine di esibizione; in via subordinata o alternata, error in procedendo ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per violazione degli artt. 132, comma 1, n. 4, c.p.c. e 111 Cost. -motivazione apparente, contraddittoria, incomprensibile.
Il nucleo fondante della responsabilità extracontrattuale o contrattuale della banca attiene alla asserita violazione del ‘Modello organizzativo 231’ stabilito nel 2007 (adottato per la prima volta dalla Banca nel 2008) e del ‘Manuale organizzativo antiriciclaggio’, in quanto l’Istituto di Credito sarebbe stato -in tesi -nella piena condizione di individuare, valutare ed eventualmente segnalare le operazioni sospette di riciclaggio, risultando così (in tesi) fiancheggiatrice degli esponenti aziendali della società cliente, che in merito, nel 2012, hanno patteggiato la pena in relazione ai reati di distrazione di fondi e del patrimonio della società, nonché di raccolta abusiva del risparmio. Si assume infatti che le procedure operative e di controllo predisposte dall’Istituto di credito attraverso il suddetto Modello, secondo il fallimento ricorrente, costituissero, ove attuate, un valido strumento di controllo basato su più livelli.
Per quanto sopra esposto, vista la rilevanza nomofilattica della questione sottoposta all’esame della Corte e la mancanza di precedenti specifici sulle questioni attinenti alla responsabilità della banca per violazione del cd ‘modello organizzativo 231’, appare opportuno rimettere la causa sul ruolo rinviando la discussione alla pubblica udienza in presenza del Pubblico Ministero e delle parti.
In considerazione della rilevanza nomofilattica delle questioni da trattare e della mancanza di precedenti sul punto, rimette la causa alla pubblica udienza, rinviandola a nuovo ruolo.
Così deciso in Roma, il 22/05/2025.