Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26852 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26852 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 3143/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, NOME COGNOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO controricorrente
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’ AVV_NOTAIO controricorrente
avverso la sentenza n.69/2019 della Corte d’ appello di Trento sezione distaccata di Bolzano, depositata il 14-6-2019
OGGETTO: appalto
RG. 3143/2020
C.C. 24-9-2025
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24-92025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME ha convenuto avanti il Tribunale di Bolzano RAGIONE_SOCIALE, con la quale aveva concluso contratto di appalto per la realizzazione delle facciate nord e sud di edificio a Merano per il corrispettivo complessivo di Euro 171.561,79, mediante pannelli costituiti da vetri doppi dotati di determinate caratteristiche tecniche e per la facciata sud mediante installazione, all’interno della camera vetrata, di sistema motorizzato di tende lamellari parasole. L’attore ha lamentato gravi difetti dell’opera, relativi all’inadeguatezza de ll’isolamento termico, per essere stati montati vetri di colore extrachiaro non rispondenti alle caratteristiche pattuite e per il malfunzionamento degli avvolgibili delle tende. Ha chiesto l’accertamento della responsabilità della convenuta ex art. 1667 o in subordine art. 1669 cod. civ. per i vizi, con conseguente condanna al risarcimento dei danni.
RAGIONE_SOCIALE si è costituita, contestando la domanda ed esponendo di essersi attenuta a quanto disposto dall’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, progettista, direttore dei lavori nonché fratello e mandatario del committente, del quale ha chiesto e ottenuto la chiamata in causa, deducendo che a lui dovesse essere imputata la scelta dei vetri installati e delle tende veneziane.
NOME COGNOME si è a sua volta costituito, escludendo qualsiasi propria responsabilità, in quanto egli aveva scelto il vetro extrachiaro solo perché più confacente al progetto originario, con scelta di natura esclusivamente estetica e non tecnica.
Acquisito l’accertamento tecnico preventivo e istruita la causa, il Tribunale di Bolzano con sentenza n. 935/2017 depositata il 2-8-2017 ha ritenuto, quanto alla facciata nord, che la scelta del vetro bianco in
sostituzione di quello previsto nel contratto concretizzava una modifica degli accordi contrattuali riferibile al direttore dei lavori e alla committenza; quindi ha escluso la responsabilità contrattuale dell’appaltatrice perché la difformità non era da qualificare occulta e l’accettazione dell’opera senza riserve, comunicata dal direttore dei lavori con lettera 7-2-2005, precludeva l’azione di garanzia. Quanto alla facciata sud, ha dichiarato che il sistema facciata -vetri con veneziane integrate- era un unico elemento, con impossibilità di intervento separato e, accertato il diffuso non funzionamento delle veneziane e constatato che il vetro era inidoneo allo scopo, in quanto non era dotato di adeguate caratteristiche sotto il profilo dell’isolamento termico, ha ritenuto la responsabilità dell’appaltatrice ex art. 1667 cod. civ.; ha altresì ritenuto il vizio incidente sul normale godimento della cosa e talmente grave da comportare responsabilità ex art. 1669 cod. civ., ha respinto le eccezioni di decadenza e prescrizione sollevate dalla società per il fatto che la stessa aveva riconosciuto i vizi; ha ritenuto in capo all’AVV_NOTAIOitetto COGNOME una responsabilità concorrente del 25% e quindi, quantificato il danno per la sostituzione delle facciate sul lato sud in Euro 114.803,94 iva compresa ed Euro 6.480,00 per il mancato godimento dell’immobile durante i lavori, ha condannato la società convenuta a pagare all’attore le somme, con gli interessi dalla decisione al saldo e il terzo NOME COGNOME a manlevar e la società dalla condanna per l’importo di Euro 30.320,98. Ha condannato la convenuta per la quota di tre quarti e il terzo chiamato per la quota di un quarto alla rifusione delle spese di lite a favore dell’attore.
2.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE, così trasformatasi RAGIONE_SOCIALE, e NOME COGNOME personalmente hanno proposto appello, che la Corte d’appello di Bolzano ha integralmente rigettato con sentenza n. 69/20.
La sentenza ha rigettato i primi tre motivi di appello, con i quali era stata censurata la sentenza di primo grado per avere ritenuto infondate le eccezioni di decadenza e di prescrizione dell’azione di garanzia in ragione del riconoscimento dei vizi con riguardo alla facciata sud, mentre le medesime eccezioni erano state accolte per la facciata nord. Ha rigettato i motivi con i quali era stato censurato l’accertamento dei vizi e della responsabilità della società appaltatrice ; ha rilevato che in base alle previsioni contrattuali l’appaltatrice aveva l’obbligo di segnalare per iscritto al committente ogni suo eventuale dubbio sulle modalità di esecuzione dei lavori, ha richiamato il principio sull’obbligo dell’appaltatore di realizzare l’opera in modo tecnicamente idoneo a soddisfare le esigenze del committente e di informare il committente di situazioni obiettive e carenze progettuali; ha rilevato che nella fattispecie spettava alla società, esperta del settore in quanto realizzatrice di facciate in acciaio e vetro, verificare l’idoneità del nuovo materiale scelto dalla committenza, fino a sconsigliarlo. Ha rigettato il nono motivo di appello, con il quale si sosteneva la decadenza d ell’azione ex art. 1669 cod. civ., dichiarando che sull’applicazione di tale disposizione non pareva esservi contrasto tra le parti, stante la gravità del difetto che impediva il normale utilizzo della cosa, e ha escluso la decadenza. Ha rigettato il motivo di appello con il quale l’appellante si lamentava del limitato accoglimento della domanda di manleva e il motivo avente a oggetto il riparto delle spese di lite di primo grado.
3.RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME personalmente hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
NOME COGNOME ed NOME COGNOME hanno resistito con distinti controricorsi.
I n prossimità dell’adunanza in camera di consiglio i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 24-9-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. degli artt. 1667, 1326, 2944 e 2946 cod. civ., lamentando che la sentenza impugnata abbia ritenuto gli interventi eseguiti da RAGIONE_SOCIALE sulla facciata tacito riconoscimento del vizio idoneo a svincolare il diritto alla garanzia dai termini di decadenza e prescrizione ex art. 1667 cod. civ. Sostiene che la sentenza abbia eseguito una aberrante interpretazione della condotta della società quale rinuncia a fare valere la prescrizione, il cui termine era spirato, a fronte della consegna dell’opera anteriore alla data del 7-2-2005, di cui alla missiva inviata dal direttore dei lavori a ringraziamento del lavoro fatto; lamenta che la sentenza non abbia spiegato mediante quale attività volitiva si sarebbe perfezionato il negozio generante lo svincolo dalla garanzia ed evidenzia come l’applicazion e di tale artificio dovrebbe avere valore retroattivo, comportare l’effetto aberrante di cancellare l’estinzione del diritto già avvenuta e determinare il decorso del termine di prescrizione decennale, mentre il termine di prescrizione previsto dall’art. 1667 cod. civ. è biennale.
1.1.Il motivo è inammissibile, in applicazione del principio secondo il quale, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte e autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, che, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass. Sez. 1 27-7-2017 n. 18641 Rv. 645076-01, Cass. Sez. 3 26-2-2024 n. 5102 Rv. 670188-01).
Nella fattispecie, è vero che la sentenza contiene le affermazioni delle quali si duole la ricorrente, in ordine al riconoscimento dei vizi in relazione alla garanzia ex art. 1667 cod. civ. Però, la decisione di seguito (pag.29) ha spiegato che nella fattispecie si applicava il termine di cui all’art. 1669 cod. civ., che non vi era neppure contrasto tra le parti in ordine all’applicazione della disposizione, stante la gravità del difetto che impediva il normale e conveniente utilizzo della cosa, che il termine non decorreva fino a quando il danneggiato non aveva una sicura conoscenza dei difetti e delle loro cause, che tale termine poteva essere postergato all’esito degli accertamenti tecnici necessari per stabilire le cause dei vizi, che nella fattispecie il ripetuto e persistente danneggiamento dei motori di avviamento degli avvolgibili e l’insufficienza della protezione dall’irraggiamento solare offerta dalla vetrata a sud erano stati accertati nella loro gravità all’esito della consulenza tecnica svolta in sede di procedimento ex art. 696 cod. proc. civ.; ha altresì dichiarato che solo da allora il danneggiato committente dell’opera aveva avuto la consapevolezza qualificata del vizio che faceva decorrere il termine per la denuncia e che quindi la denuncia eseguita in data 14/18-72011 a mezzo dell’AVV_NOTAIO in nome e per conto del committente era comunque tempestiva, il ricorso per accertamento tecnico preventivo era stato depositato il 12-4-2012, la c.t.u. era stata depositata il 25-102012 e l’atto di citazione era stato notificato il 29-3-2013 e perciò non si era verificata nessuna prescrizione.
Quindi, la sentenza ha applicato alla fattispecie l’art. 1669 cod. civ. e ha espressamente dichiarato che il committente aveva denunciato i vizi e agito in giudizio entro l’anno dalla scoperta , avendo avuto conoscenza circostanziata dei vizi solo dal momento del deposito della relazione nell’accertamento tecnico preventivo ; tali statuizioni, non attinte in alcun modo dal primo motivo di ricorso, sono sufficienti
a sostenere la ritenuta tempestività dell’azione e a rendere perciò ininfluenti gli errori imputati con il medesimo motivo alla sentenza con riguardo all’erronea applicazione dei principi relativi al riconoscimento dei vizi. Del resto, è acquisito il principio secondo il quale il termine di decadenza per la denuncia dei vizi previsto dall’art. 1669 cod. civ. decorre solo dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficienti manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti; l’accertamento del momento nel quale detta conoscenza è stata acquisita, involgendo un apprezzamento di fatto, è riservato al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se non entro i limiti nei quali rileva il vizio di motivazione (Cass. Sez. 3 27-1-2025 n. 1909 Rv. 673739-02, Cass. Sez. 2 16-1-2020 n. 777 Rv. 656833-02, Cass. Sez. 2 29-3-2002 n. 4622 Rv. 553388-01).
2.Con il secondo motivo la parte ricorrente deduce l’omesso esame di fatti decisivi ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. e la nullità della sentenza ex art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ. in relazione all’art. 132 co. 2 n.4 cod. proc. civ. per radicale vizio di motivazione, con riguardo alla ritenuta inidoneità del sistema di vetrate e tende lamellari sulla facciata sud e al rigetto dell’istanza di consulenza tecnica d’ufficio integrativa; richiama le deduzioni svolte in primo grado e in appello, in ordine al fatto che il progetto prevedeva la costruzione della casa all’interno di parco totalmente ombreggiato da alberi di alto fusto, in area sottoposta a vincolo paesaggistico che non avrebbe potuto essere altera ta e prevedeva l’impiego della geotermia per la refrigerazione e il riscaldamento, per cui era coerente la scelta del vetro extra-chiaro; quindi evidenzia che l’affermazione della sentenza, secondo la quale spettava all’appaltatore valutare la bontà del pr ogetto, non tiene conto di questi dati, perché successivamente alla consegna dell’opera gli
alberi erano stati abbattuti e l’impianto geotermico non era più stato realizzato; rileva che l’aumento dell’irraggiamento solare estivo e l’aumento delle temperature esterne d’estate potevano esporre le tende lamellari a fenomeni di deformazione tali da causarne il cattivo funzionamento e quindi lamenta che la sentenza non abbia tenuto conto di tali dati.
2.1.Il motivo non può essere accolto.
In primo luogo, si esclude che gli argomenti dei ricorrenti individuino nella motivazione della sentenza vizi tali da determinarne la nullità, in quanto è acquisito il principio secondo il quale, sulla base dell’attuale formulazione dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ ., non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost. e nel processo civile dall’art. 132 co.2 n. 4 cod. proc. civ.; il sindacato di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale e tale obbligo è violato, concretandosi nullità processuale deducibile ex art. 360 co. 1 n.4 cod. proc. civ., qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, o viziata da manifesta e irriducibile contraddittorietà o sia perplessa e incomprensibile, purché il vizio risulti dallo stesso testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; al di fuori di tali ipotesi il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di un diverso esito della controversia (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 6-3 25-9-2018 n. 22598 Rv. 65088001, Cass. Sez. 1 14-2-2022 n. 4777 Rv. 669598-02).
Nella fattispecie va esclusp che la sentenza non sia rispettosa del minimo costituzionale, in quanto oltre ad avere diffusamente esposto –
da pag. 23 a pag. 28- le ragioni per le quali ha ritenuto la responsabilità della società appaltatrice, ha anche specificamente esaminato (pag. 27) la questione relativa al taglio degli alberi secolari e al sistema di riscaldamento prescelto mediante geotermia; ha escluso che si trattasse di elementi idonei a incidere sulla responsabilità dell’appaltatore, dichiarando che sarebbe stato comunque compito dell’appaltatore segnalare i suoi dubbi sull’idoneità del vetro scelto rispetto a quello previsto nel contratto; ha aggiunto che all’appaltatore , consapevole del fattore di isolamento termico e di difesa dall’irraggiamento solare proprio delle vetrate scelte, sarebbe spettato informarsi e sincerarsi anche dell’immutazione della situazione rispetto a quella in essere al momento della progettazione; ha altresì espressamente dato atto (pag. 28) che non sussistevano i presupposti per introdurre la nuova consulenza tecnica chiesta dall’appellante. La pronuncia è coerente con il principio sul quale la sentenza ha fondato la disamina, riferito al fatto che la società appaltatrice, quale esperta del settore in quanto realizzatrice di facciate di acciaio e vetro, a fronte della modifica dell’originario accordo con la previsione della sostituzione del tipo di vetro, avreb be dovuto verificare l’idoneità del nuovo materiale al raggiungimento del fine p erseguito. E’ evidente che la circostanza che i ricorrenti non condividano le conclusioni alle quali è pervenuta la Corte d’appello non rende fondata la loro doglianza sul vizio della motivazione, mentre nessuno degli argomenti svolti è utile a ritenere una violazione o falsa applicazione dei principi in materia di responsabilità dell’appaltatore. Infatti la sentenza impugnata, nel sottolineare la necessità che la società appaltatrice -esperta del settore- verificasse che il vetro scelto fosse idoneo allo scopo, ha correttamente applicato alla fattispecie il principio secondo il quale l’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è
obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove le istruzioni ricevute siano errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto a eseguirle quale nudus minister, per le insistenze del committente e a rischio di quest’ultimo (Cass. Sez. 2 16 -1-2020 n. 777 Rv. 656833-01, Cass. Sez. 1 9-10-2017 n. 23594 Rv. 645788-01, Cass. Sez. 2 21-5-2012 n. 8016 Rv. 622408-01, Cass. Sez. 2 29-11983 n. 821 Rv. 425574-01).
Invece, i l motivo proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. per omesso esame di fatti decisivi è inammissibile ai sensi dell’art. 348 -ter co.5 cod. proc. civ. ratione temporis vigente, in ragione dell’introduzione del giudizio d’appello successivamente all’11 -92012 e all’introduzione del giudizio di cassazione prima del 28 -22023, vertendosi in ipotesi di “doppia conforme”.
Il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n.5 dell’art. 360 cod. proc. civ. è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. 3 28-2-2023 n. 5947 Rv. 667202 -01, Cass. Sez. 1 22-122016 n. 26774 Rv. 643244-03, per tutte).
Al contrario la parte ricorrente, limitandosi a lamentare che la Corte d’appello non abbia esaminato le sue deduzioni, presuppon e l’inesistenza di una diversità delle ragioni di fatto poste a fondamento delle decisioni di primo e di secondo grado.
3.Con il terzo motivo la ricorrente deduce, in relazione alla ritenuta responsabilità di RAGIONE_SOCIALE per i vizi e per il danno nella misura del 75% e del direttore dei lavori nella misura del 25%, l’omesso esame di fatti decisivi ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., il vizio di motivazione ex art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ., in relazione
all’art. 132 co. 2 n.4 cod. proc. civ., nonché la violazione , ex art. 360 co. 1 n.3 cod. proc. civ., degli artt. 1659, 1176 co. 2 e 1669 cod. civ. In primo luogo si sostiene che siano le circostanze inerenti al venire meno dell’ombreggiatura naturale per effetto dell’abbattimento delle piante solo dopo la consegna dei lavori e la mancata realizzazione dell’impianto geotermico a dimostrare che al l’appaltatrice non era consentito di riconoscere eventuali e sopraggiunte inadeguatezze prestazionali del sistema costituito dal vetro extra-chiaro e dalle tendine; quindi assume che non potesse pretendersi dall’appaltatrice l’esercizio di alcuna delle attività che la giurisprudenza ritiene espressione di diligenza idonea a esimere da responsabilità l’appaltatore. In secondo luogo, reputa essere comunque censurabile la ripartizione di responsabilità maggioritaria a carico dell’appaltatrice anziché del progettista e direttore dei lavori. Con riguardo alla scelta delle tende lamellari, la parte ricorrente lamenta che sia stata totalmente omessa la disamina delle dichiarazioni del teste COGNOME e non sia stato considerato quanto dal teste dedotto in ordine al fatto che la scelta del modello di tende fosse presupposta dalla scelta del colore. Con riguardo alla scelta del vetro extra-chiaro, evidenzia che essa era stata effettuata solo dal progettista e che l’appaltatrice era stata privata di ogni autonomia in proposito; aggiunge che il progettista era anche direttore dei lavori e che entrambe le figure erano gravate dal dovere di diligenza specifica ex art. 1176 cod. civ., che era inapplicabile l’art. 1669 cod. civ. ed era fondata la relativa eccezione di prescrizione, in quanto fin dall’inizio erano note la tipologia del vetro e tutte le caratteristiche connesse, che vi erano i presupposti per applicare i principi sul raggruppamento temporaneo di imprese e sul relativo riparto di responsabilità.
3.1.Il motivo in primo luogo presenta profili di inammissibilità per le modalità con le quali è formulato, in quanto accumula una serie di argomentazioni che non è sempre possibile inquadrare nei vizi dedotti.
A ogni modo, per quanto è dato comprendere, richiamando quanto sopra esposto sul vizio di motivazione rilevante in sede di legittimità, si esclude che la sentenza non rispetti il minimo costituzionale. La Corte d’appello -punto 6 della sentenza- ha esposto i criteri utilizzati per ripartire la responsabilità, sulla base dell’accertamento in fatto che la scelta del sistema delle tende lamellari era da imputare unicamente alla ditta appaltatrice (50%) e la scelta del vetro extra-chiaro era da imputare sia al progettista direttore dei lavori che all’appaltatrice specialista del settore (25% a testa), con la conseguente attribuzione della responsabilità per l’unitario sistema di vetrata composta dalle lastre di vetro e dalle tende lamellari. La sentenza ha esposto le ragioni per le quali ha ritenuto che la scelta delle tende fosse da imputare alla società appaltatrice, con riferimento al fatto che né nell’offerta né nel contratto era indicato il tipo di tende e con riferimento anche alle dichiarazioni del testimone COGNOME, per cui la preferenza era stata espressa dal progettista con limitato riferimento al colore e non al tipo di tende; ha considerato le dichiarazioni dei testimoni, trovandovi conferma che il legale rappresentante d ell’appaltatrice non aveva segnalato le conseguenze dell’uso del bianco extrachiaro. Quindi, il ragionamento è coerente e consente di seguire il percorso logico eseguito per giungere alla conclusione, risultando all’evidenza irrilevante al fine di fare emergere il vizio di motivazione la circostanza che tale conclusione non sia condivisa dai ricorrenti.
Il motivo proposto ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. per omesso esame di fatti decisivi è inammissibile per le ragioni già sopra esposte, vertendosi in ipotesi di doppia conforme.
Le ulteriori affermazioni svolte nel motivo, in ordine al fatto che era inapplicabile l’art. 1669 cod. civ. , non possono neppure essere esaminate, non essendo accompagnate da una qualche deduzione volta a censurare la statuizione della sentenza impugnata, riguardo al dato che i vizi accertati, per la loro gravità, impedivano il normale e conveniente utilizzo della cosa e al dato che sull’applicazione dell’art. 1669 cod. civ. non vi era neppure contestazione delle parti. Del resto la sentenza, laddove ha accertato in fatto che i vizi impedivano il normale utilizzo dell’immobile, ha dimostrato di fare applicazione del principio corretto secondo il quale sono gravi difetti dell’opera, rilevanti ai fini dell’art. 1669 cod. civ., anche quelli che riguardino elementi secondari e accessori -quali impermeabilizzazioni, rivestimenti e infissipurché tali da comprometterne la funzionalità globale e la normale utilizzazione, secondo la destinazione propria di quest’ultim a (Cass. Sez. U 27-3-2017 n. 7756 Rv. 643560-02, Cass. Sez. 2 11-2-1995 n. 1164 Rv. 490191-01).
Infine, è totalmente infondato il richiamo al principio del riparto delle responsabilità nel caso di raggruppamento temporaneo di imprese nell’appalto pubblico, in quanto si verte in ipotesi di responsabilità solidale ex art. 1669 cod. civ.
4.Con il quarto motivo i ricorrenti deducono la violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. e la nullità della sentenza per vizio di motivazione ex art. 360 co.1 n. 4 cod. proc. civ. in relazione all’art.132 co. 2 n.4 cod. proc. civ., con riguardo al rigetto del loro motivo di appello avente a oggetto la ripartizione delle spese di lite di primo grado e la pronuncia di integrale compensazione delle relative spese tra la società appaltatrice e il progettista; sostengono che la pronuncia comporti violazione del principio di soccombenza, essendo l’AVV_NOTAIO. COGNOME risultato soccombente, rispetto alla domanda di manleva, per il 25%;
aggiungono che la pronuncia comporta violazione anche dell’art. 92 cod. proc. civ., non essendovi le gravi ed eccezionali ragioni che giustificano la compensazione ed essendo la motivazione solo apparente e comunque contraddittoria.
4.1.Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha dichiarato che correttamente il giudice di primo grado aveva posto le spese di lite dell’attore a carico della società convenuta appaltatrice per tre quarti e a carico del terzo chiamato progettista per un quarto e che l’esito della lite consentiva di compensare per intero le spese di lite tra la convenuta e il terzo chiamato, stante il giudizio di maggiore responsabilità della società rispetto al progettista per l’insorgere del danno.
La pronuncia si sottrae a tutte le critiche dei ricorrenti, perché non ha alcun fondamento la loro pretesa di ottenere la rifusione delle spese di lite, anche solo pro quota, dal progettista, nei cui confronti essi erano risultati soccombenti, in ragione del riconoscimento della maggiore quota di responsabilità a carico della parte appaltatrice. Quindi, esclusa la violazione del principio di soccombenza, i ricorrenti non hanno neppure interesse a svolgere doglianze in ordine all’erronea applicazione dell’ar t. 92 cod. proc. civ. che, se esistente, si è risolta a loro favore.
5.In conclusione il ricorso è interamente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, i ricorrenti sono condannati alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida a favore di ciascun controricorrente in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 8.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il 24-9-2025
Il Presidente NOME COGNOME