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Clausola floor, non va confusa con la c.d. opzione floor

Clausola floor, non va confusa con la c.d. opzione floor, strumento finanziario derivato, di natura aleatoria e regolato dalle nome sugli intermediari finanziari.

Pubblicato il 02 May 2022 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di SONDRIO
SEZIONE UNICA CIVILE

Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice, ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 148/2022 pubblicata il 19/04/2022

nella causa civile di primo grado iscritta al n.r.g. 1469/2018 promossa da:

XXX S.R.L. (c.f.), YYY (c.f.), ZZZ (c.f.), KKK (c.f.), JJJ (c.f.), SSS (c.f.), CCC (c.f.), con l’avv.

ATTORI OPPONENTI contro

BANCA PPP SOC. COOP. S.P.A. (c.f.), con l’avv.

CONVENUTA OPPOSTA

Oggetto: contratti bancari.

CONCLUSIONI

All’udienza del 16/02/2022 le parti hanno rassegnato le seguenti conclusioni:

Per gli opponenti:

in via preliminare e/o pregiudiziale:

– dato atto del mancato effettivo esperimento del procedimento di mediazione per mancata effettiva partecipazione della Banca opposta al primo incontro, revocare il decreto ingiuntivo opposto; nel merito, nel caso di mancato accoglimento dell’eccezione pregiudiziale:

– accertare e dichiarare la nullità dell’obbligazione relativa agli interessi in relazione ai prestiti per cui è causa:

– per l’effetto annullare e/o revocare e/o dichiarare inefficace il decreto ingiuntivo opposto;

– accertare e dichiarare che la XXX S.R.L. è tenuta a rimborsare alla BANCA PPP SOC. COOP. S.p.A. il solo capitale relativo ai due prestiti chirografari per cui è causa dedotte le somme già rimborsate nella misura che risulterà in corso di causa, in relazione a ciascuna delle due posizioni di prestito;

– in estremo subordine accertare e dichiarare che la XXX S.R.L. è tenuta a rimborsare alla BANCA stessa il solo capitale relativo ai due prestiti chirografari con gli interessi al tasso legale, dedotte le somme già rimborsate nella misura che risulterà in corso di causa;

– in ogni caso accertare e dichiarare la nullità delle fideiussioni menzionate in narrativa e nello stesso ricorso monitorio e prestate dai Signori YYY, ZZZ, JJJ, SSS, KKK, CCC, e, per l’effetto, dichiararsi che nulla è dovuto dagli stessi a favore dell’opposta Banca PPP Soc. Coop. S.p.A., con la conseguente liberazione degli stessi – o di coloro per i quali ne risultino i presupposti- da ogni obbligazione;

– in subordine dichiarare liberati i fideiussori – o quelli per i quali ne risultino i presupposti – da ogni e qualsiasi obbligazione correlata ai prestiti per cui è causa e alle garanzie relative;

– in via istruttoria chiedono la riconvocazione del nominato CTU dott. a chiarimenti, in contradditorio con i consulenti di parte; in ogni caso: con vittoria di compensi e spese, oltre rimborso forfettario, Iva e c.p.a. come per legge.

Per l’opposta: nel merito

– rigettare tutte le richieste ex adverso formulate in quanto infondate in fatto e diritto per i motivi esposti in atti; nel merito, in subordine

– nell’ipotesi in cui il giudicante ritenga fondate le conclusioni cui è pervenuto il consulente tecnico d’ufficio, si insiste per il riconoscimento dell’intero credito così come ingiunto al netto di € 873,12 individuati come indebiti dal CTU, condannando gli opponenti al pagamento della suddetta somma, ovvero della maggiore o minor somma che verrà ritenuta di giustizia;

– qualora non venga riconosciuta la natura di contratto autonomo di garanzia, dichiarare la nullità parziale delle fideiussioni de quo limitatamente alle clausole 2, 6 ed 8 restando vincolanti per i garanti opponenti tutte le altre clausole del contratto.

– In ogni caso con vittoria di spese e compensi professionali.

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

Con atto di citazione notificato il 25.9.2018, XXX S.R.L., debitrice principale, YYY, ZZZ, JJJ, SSS, KKK e CCC, fideiussori omnibus, proponevano opposizione al decreto ingiuntivo n. 378/2018 del 27.6.2018 a mezzo del quale Tribunale di Sondrio li condannava al pagamento in via solidale in favore di BANCA PPP SOC. COOP. S.P.A. della somma di € 562.096,80, oltre interessi, spese ed accessori di legge, a titolo di saldo debitore residuo dei rapporti intrattenuti dalla debitrice principale con detta azienda di credito – due mutui chirografari del 18.4.2014 e del 19.4.2012, estinti per recesso dell’istituto di credito comunicato il 18.12.2017 a fronte del mancato pagamento dei ratei di rimborso del credito.

A sostegno dell’opposizione, lamentavano il superamento del tasso soglia usurario degli interessi corrispettivi e moratori, l’illegittimità della clausola floor, la difformità del Taeg applicato con quello pattuito, la violazione dell’art. 1956 c.c. e la nullità delle fideiussioni per violazione della normativa anticoncorrenziale.

L’istituto di credito, ritualmente costituitosi, replicava alle avverse doglianze chiedendone il rigetto.

Respinta l’istanza ex art. 648 c.p.c., concessi i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c. ed espletata c.t.u. contabile a ricostruzione dei rapporti dare-avere e rimessa la causa in istruttoria in vista del pronunciamento delle Sezioni Unite in punto di nullità delle fideiussioni, la causa era trattenuta in decisione, con assegnazione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c.. ***

In rito, va respinta l’eccezione attorea, formulata peraltro per la prima volta in comparsa conclusionale, di improcedibilità per inidonea instaurazione del procedimento di mediazione obbligatoria, in mancanza di una procura speciale notarile al difensore della banca avv. che, al primo incontro, comunicava l’indisponibilità della banca ad iniziare la mediazione.

In primo luogo, si evidenzia che l’avv. era munito di apposita procura speciale conferita da Banca PPP (doc. 14 opposta, da ritenersi ammissibile in quanto prodotto al fine di replicare ad un’eccezione di puro rito formulata da controparte per la prima volta in comparsa conclusionale); quanto alla forma della procura, si evidenzia che nessuna norma impone la necessità di un’autentica notarile, tenuto altresì conto che il medesimo difensore degli opponenti avv. partecipava alla mediazione a mezzo di procura semplice.

Quanto, poi, alla volontà dell’istituto di credito di non iniziare la mediazione al primo incontro, basti richiamare condivisibile giurisprudenza di legittimità secondo cui “la condizione di procedibilità può ritenersi, inoltre, realizzata qualora una o entrambe le parti comunichino al termine del primo incontro davanti al mediatore la propria indisponibilità a procedere oltre” (Cass. 27.3.2019, n. 8473).

Nel merito, preliminarmente respinte le reiterate istanze di remissione in istruttoria, per essere la causa idoneamente decidibile sulla base degli atti, dei documenti versati e dell’istruttoria esperita, occorre distinguere ciascun profilo di illegittimità lamentato da parte attrice, alla luce della documentazione prodotta in giudizio e della relazione tecnico-contabile depositata dal nominato c.t.u…

1. Usura oggettiva: nella verifica del superamento del tasso soglia, il c.t.u. ha applicato la formula della Banca d’Italia, condivisibilmente al quesito, ed ha accertato che in nessun caso sono stati sforati i limiti dei tassi soglia ministeriali, trimestre per trimestre, sia per quanto attiene agli interessi corrispettivi, sia moratori, anche con riferimento all’usura sopravvenuta (cfr. pp. 6 e ss. relazione c.t.u).

Si reputa priva di pregio la perizia attorea prodotta in quanto basata su un calcolo del TEGM dichiaratamente difforme dalla formula espressa dalla Banca d’Italia. Tale metodo di calcolo non è condivisibile, in quanto contrasta col dettato legislativo. Sul tema, la fonte primaria, la l. n. 108/96, ha introdotto al comma 3 dell’art. 644 c.p. una norma “parzialmente in bianco” che demanda ad una fonte secondaria, e cioè al decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, la verifica delle soglie d’usura per categorie di operazioni. In particolare l’art. 2 della suddetta legge dispone che “Il Ministro del Tesoro (ora Ministro dell’Economia e delle Finanze), sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio Italiano dei cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio […]”. È pertanto indubbio che il Ministero, per determinare il TEGM riportato nei decreti trimestrali sui tassi soglia – aventi natura cogente di fonte secondaria – deve, per legge, fare riferimento al parere tecnico di un soggetto qualificato di natura pubblica e con competenze specifiche (qual è la Banca d’Italia); parere tecnico che si esprime specificamente nelle istruzioni della Banca d’Italia, con l’inevitabile conseguenza che ciò che rileva o non rileva ai fini dell’usura viene stabilito dal soggetto dalle rilevazioni della Banca d’Italia che, mediante la descritta delega a cascata, acquistano natura cogente.

In punto di interessi moratori, va poi respinta la tesi attorea per cui il calcolo del relativo TEG si baserebbe sulla sommatoria tra il tasso di interesse corrispettivo e il tasso di interesse moratorio.

Al riguardo, va ribadita l’ontologica distinzione tra interessi corrispettivi e moratori: i primi sono legati al momento fisiologico dell’esecuzione del contratto di finanziamento ed hanno funzione remunerativa del mancato godimento della somma di denaro corrisposta dal mutuante al mutuatario; diversamente, i secondi attengono ad un momento patologico del finanziamento, solo eventuale, svolgendo funzione di sanzione civile di risarcimento del danno in caso di inadempimento o ritardo del mutuatario, alla stregua di una clausola penale che, ai sensi dell’art. 1224 co. 1 c.c., si sostituisce di diritto agli interessi corrispettivi. Dunque, la diversità di funzione è di per sé sufficiente ad escludere una loro sommatoria ai fini del calcolo del TEG.

Tale principio è stato definitivamente chiarito dalla Suprema Corte a Sezioni unite (Cass. SS.UU. 18.9.2020, n. 19597), secondo cui l’usurarietà degli interessi moratori va sì valutata, ma in via autonoma rispetto a quelli corrispettivi, raffrontando gli interessi di mora con un TEGM appositamente maggiorato ai sensi della circolare della Banca d’Italia del 3.7.2013: invero, per gli interessi moratori “il tasso-soglia sarà dato dal T.e.g.m., incrementato della maggiorazione media degli interessi moratori, moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l’aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di tolleranza, dal quarto comma dell’art. 2 sopra citato, mentre invece, laddove i decreti ministeriali non rechino l’indicazione della suddetta maggiorazione media, la comparazione andrà effettuata tra il Tasso effettivo globale (T.e.g.) del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori, e il T.e.g.m. così come rilevato nei suddetti decreti” (Cass. SS.UU. 18.9.2020, n. 19597 e succ. conformi).

Va parimenti respinta la tesi attorea per cui la penale pattuita in caso di estinzione anticipata rileverebbe ai fini del calcolo del TEG.

Sul punto, si condivide l’orientamento maggioritario della giurisprudenza di merito che esclude tali spese dal calcolo del TEG, sulla base dell’interpretazione degli artt. 644 c.p. e 2 l. 108/1996 resa dalle Istruzioni della Banca d’Italia – agosto 2009 par. C4. In particolare, l’art. 644 comma 4 c.p. dispone che “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”. Pertanto, ai fini della rilevanza nel calcolo del tasso soglia usurario, occorre considerare le sole spese e commissioni sostenute dal cliente che siano direttamente collegate con l’ottenimento ovvero con l’erogazione della somma mutuata, dovendosi escludere tutte quelle che non presentino tale nesso causale.

Secondo le menzionate Istruzioni, vanno escluse dal calcolo del TEG le penali a carico del cliente previste in caso di estinzione anticipata del rapporto poiché “le penali a carico del cliente previste in caso di estinzione anticipata del rapporto, laddove consentite, sono da ritenersi meramente eventuali, e quindi non vanno aggiunte alle spese di chiusura della pratica”. Invero, la penale di estinzione, nel caso di recesso anticipato del cliente, costituisce un onere meramente potenziale, poiché non dovuto in vista o per effetto della conclusione del contratto, ma subordinato al verificarsi di eventi futuri rimessi nella disponibilità del cliente. Essa pertanto non è direttamente collegata all’erogazione del finanziamento, venendo in rilievo solamente nell’ipotesi in cui il rapporto non segua l’andamento pattuito.

Pertanto, la penale di anticipata estinzione, per sua natura eventuale/potenziale, non può ritenersi immediatamente “collegata”, quale interesse o costo, “alla erogazione del credito”, come richiesto dall’art. 644, comma 4, c.p. (ex multis, cfr. Corte d’Appello di Milano, Sez. I., Sent. 21 luglio 2020 n. 1901/2020 e Sent. n. 1455/2018 Tribunale di Trapani, 24 giugno 2020 n. 435/2020, Tribunale di Milano,16 febbraio 2017 n. 1906/2017, Tribunale di Trani, Ord. 11 gennaio 2017, Tribunale di Roma, 16 giugno 2016 n. 12284, Tribunale di Torino, Ord. 28 marzo 2016).

Ulteriormente, si osserva che l’operata sommatoria ai fini del calcolo del TEG tra l’interesse corrispettivo e la penale di anticipata estinzione, appare ancor più problematica se si considera che la penale di anticipata estinzione è calcolata sul capitale residuo del finanziamento ed è evidentemente finalizzata ad interrompere il pagamento degli interessi corrispettivi, per cui appare illogico prevedere una sommatoria di due voci alternative, che si escludono l’una con l’altra, come anche ribadito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte in tema di dicotomia tra interessi corrispettivi e moratori (Cass. SS. UU. 18.9.2020 n. 19597, sopra citata).

2. Nullità della “clausola floor”: gli opponenti reputano nulla la clausola per cui il tasso di interesse non potrà essere comunque inferiore ad una determinata percentuale, in quanto snaturerebbe la causa del mutuo da finanziamento a quella di investimento, con conseguente applicazione delle norme in tema di trasparenza degli strumenti finanziari (in particolare l’art. 21 t.u.f.), non applicate nel caso di specie.

La doglianza va respinta, non ritenendosi applicabile al caso in esame la predetta normativa.

Con la “clausola floor”, le parti hanno pattuito un determinato tasso di interesse debitore minimo, al di sotto del quale non influiscono le eventuali fluttuazioni negative del tasso di interesse variabile: pertanto tale clausola non snatura affatto la causa di finanziamento del contratto di mutuo, avendo unicamente la funzione di tutelare l’istituto mutuante da fluttuazioni del mercato finanziario nel medio-lungo periodo, senza alcuna funzione di investimento, né aleatoria, estranee alla causa di mutuo.

Al riguardo, si condivide l’orientamento prevalente della giurisprudenza di merito per cui nel contratto di mutuo in cui la banca abbia consegnato al cliente una somma di denaro e quest’ultimo si sia obbligato a restituirla in epoca successiva con l’aggiunta della previsione di una remunerazione (per appunto il tasso) stabilita in contratto, anche ove sia presente una clausola floor, non è possibile ritenere che in capo al cliente mutuatario vi sia lo scopo di realizzare, con l’operazione bancaria, anche un investimento finanziario; in altri termini, il trasferimento di un rischio, che è tratto caratteristico del contratto derivato, non è in alcun modo ravvisabile nello schema del contratto di mutuo con clausola “floor” (ex multis, Trib. Pordenone 24.4.2020, n. 222, Trib. Bologna. Sez. III, sent. n. 20087 del 31/01/2018, Trib. di Lanciano, sent. n. 142 del 4/04/2018, Trib. di Trento, sent. del 6/07/2017, Trib. di Monza, sent. n. 196 del 8/02/2017). La predetta clausola non va confusa con la c.d. opzione floor, strumento finanziario derivato, di natura aleatoria e regolato dalle nome sugli intermediari finanziari, che consente a chi lo acquista, a fronte di un premio, di porre un limite alla variabilità in discesa di un determinato indice o di un prezzo, ricevendo la differenza che alla scadenza/alle scadenze contrattuali si manifesta tra l’indice/prezzo di riferimento ed il limite fissato: tale diversa clausola è del tutto assente nel caso di specie.

Alla luce di quanto premesso, tale clausola, sufficientemente determinata e specificamente approvata dal mutuatario, non costituisce uno strumento finanziario, con conseguente inapplicabilità delle norme del t.u.f..

3. Erronea determinazione dell’Isc/Taeg: la lieve difformità del Taeg rilevata dal c.t.u. in relazione ad uno dei due contratti di mutuo chirografario (0,05 punti percentuali rispetto a quello pubblicizzato, con costi ulteriori per € 873,12, cfr. p. 12 e ss. relazione c.t.u.) si reputa ininfluente, dovendosi escludere l’applicazione dell’art. 117 t.u.b. in caso di erronea indicazione del Taeg, come condivisibilmente chiarito dalla giurisprudenza di merito, secondo cui l’Isc/Taeg “è un mero indicatore previsto dalla normativa vigente ai fini della trasparenza bancaria. Non è esso stesso la pattuizione (e quindi il tasso, il prezzo o una condizione contrattuale) ma un mero indice del costo effettivo del finanziamento o della sovvenzione, imposto e previsto ai soli fini informativi. Non essendo un tasso, un prezzo o una condizione deve pertanto escludersi l’applicabilità dell’evocato articolo 117 comma 6 del T.U.B. Inoltre, va rilevato come nell’ordinamento vigente non si rinviene una previsione di invalidità per la fattispecie qui evocata. A ben vedere, infatti, una simile sanzione è prevista dal legislatore per il solo caso del credito al consumo, nell’ambito della cui disciplina l’articolo 125 bis comma 6 del T.U.B. espressamente prevede che, ove il TAEG indicato nel contratto non sia stato determinato correttamente, le clausole che impongono al consumatore costi aggiuntivi (rispetto a quelli effettivamente computati nell’ISC) sono da considerarsi nulle. Il menzionato articolo 125 bis comma 6 così recita: “sono nulle le clausole del contratto relative a costi a carico del consumatore che, contrariamente a quanto previsto ai sensi dell’articolo 121, comma 1, lettera e), non sono stati inclusi o sono stati inclusi in modo non corretto nel TAEG pubblicizzato nella documentazione predisposta secondo quanto previsto dall’art. 124. La nullità della clausola non comporta la nullità del contratto”. Appare allora evidente – applicando il canone ermeneutico dell’argomento a contrario espresso dal brocardo latino “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit” – che, qualora il legislatore avesse voluto sanzionare con la nullità la difformità tra ISC e TAEG dichiarati e ISC e TAEG concretamente applicati, anche nell’ambito di operazioni diverse dal credito al consumo, allora lo avrebbe espressamente previsto con una specifica norma dal tenore analogo a quella di cui all’art. 125 bis, comma 6 TUB. Una tale previsione, tuttavia, non si riscontra nell’ambito dell’art. 117 comma 6 del TUB e, dunque, deve inferirsi che l’erronea applicazione dell’ISC rispetto a quanto indicato in contratto non comporta alcuna nullità ai sensi della cennata disposizione” (Tribunale Torino, 488/2018; Trib. Milano 10832/2017).

Trattandosi i mutui impugnati di operazioni bancarie all’evidenza non finalizzate al credito al consumo, la lieve difformità dell’indicazione del Taeg non determina alcuna incertezza sul contenuto effettivo del contratto stipulato e del tasso di interesse pattuito, dovendosi escludere l’applicabilità dell’art. 117 t.u.b..

4. Illegittima capitalizzazione degli interessi per ammortamento alla francese: la doglianza si reputa inammissibile in quanto formulata tardivamente per la prima volta in sede di osservazioni alla c.t.u..

5. Nullità delle fideiussioni per violazione della normativa antitrust: gli opponenti lamentano la nullità integrale delle fideiussioni, conseguente alla illegittimità degli artt. 2,6,8 dello schema contrattuale ABI, accertata il 2.5.2005 dalla Banca d’Italia – all’epoca avente funzione di Autorità di garante per la concorrenza tra istituti di credito – quale intesa nulla, per violazione della disciplina anticoncorrenziale di cui art. 2 della l. 287/90.

Sul tema, si reputa opportuno uniformarsi al condivisibile principio recentemente espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sent. 41994/2021 ud. 23.11.2021, depositata il 30.12.2021, secondo cui “i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett.

a) della legge n. 287 del 1990 e 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge succitata e dell’art. 1419 cod. civ., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti”.

Calando le esposte coordinate nel caso di specie, l’eccezione di nullità, formulata dagli opponenti con esclusivo riguardo all’integralità delle fideiussioni impugnate (cfr. pp.8-9 citazione), va respinta, non essendo in alcun modo dedotto e, tantomeno, provato che i fideiussori non avrebbero prestato il proprio consenso alla stipula della fideiussione, in mancanza delle clausole riproduttive del contenuto dell’intesa nulla.

Va per contro respinta la tesi attorea, contraria al dictum delle Sezioni Unite, per cui le fideiussioni sarebbero in ogni caso colpite da nullità integrale: come opportunamente motivato dalle Sezioni Unite, “la forma di tutela più adeguata allo scopo, ma che consente di assicurare anche il rispetto degli altri interessi coinvolti nella vicenda, segnatamente quello degli istituti di credito a mantenere in vita la garanzia fideiussoria, espunte le clausole contrattuali illecite, sia la nullità parziale limitata – appunto – a tali clausole”; a tal riguardo, giova richiamare la regola della nullità parziale ex art. 1419 comma 1 c.c., quale espressione del generale favore dell’ordinamento per la conservazione, per quanto possibile, degli atti di autonomia negoziale, dal quale deriva il carattere eccezionale dell’estensione della nullità all’intero contratto, con la conseguenza che resta a carico della parte interessata fornire la prova dell’estensione al resto del contratto degli effetti della clausola nulla. Tra l’altro, le stesse Sezioni Unite hanno ribadito che ben difficilmente potrebbe trovare applicazione l’estensione della nullità parziale delle singole clausole censurate all’intero contratto, dal momento che “avuto riguardo alla posizione del garante, la riproduzione nelle fideiussioni delle clausole nn. 2,6,8 dello schema ABI ha certamente prodotto l’effetto di rendere la disciplina più gravosa per il medesimo, imponendogli maggiori obblighi senza riconoscergli alcun corrispondente diritto; sicchè la loro eliminazione ne alleggerirebbe la posizione. […] Al contempo, è del tutto evidente che anche l’imprenditore bancario ha interesse al mantenimento della garanzia, anche espunte le suddette clausole a lui favorevoli, atteso che l’alternativa sarebbe quella dell’assenza completa della fideiussione, con minore garanzia dei propri crediti” (SS.UU. cit. in motivazione).

6. Liberazione dei fideiussori ex art. 1956 c.c.: secondo gli opponenti, con i mutui impugnati l’istituto di credito avrebbe concesso nuovo credito alla debitrice principale XXX s.r.l., senza avere previamente informato i fideiussori ZZZ, JJJ, KKK e CCC, estranei all’amministrazione della società garantita, del peggioramento delle condizioni della società, a cagione della crisi economica del 2008 che aveva portato alla stesura di bilanci in perdita: pertanto sostengono che, laddove informati, non avrebbero consentito alla concessione dell’apertura di credito e delle fideiussioni oggetto di causa.

Peraltro nel caso di specie non sussistono idonei presupposti per affermare l’inconsapevolezza dei menzionati fideiussori in ordine alla situazione economica della società garantita.

Invero, l’art. 5 delle fideiussioni impugnate – non toccato dalla nullità derivata ex art. 2 l. 287/1990 – imponeva espressamente ai fideiussori l’onere di “tenersi al corrente delle condizioni patrimoniali del debitore e, in particolare, di informarsi presso lo stesso dello svolgimento dei rapporti con l’Azienda di credito”. A fronte di tale presunzione relativa di conoscenza delle condizioni patrimoniali della debitrice principale, la mera estraneità dei menzionati fideiussori all’amministrazione della società garantita non si reputa di per sé sola sufficiente ai fini della prova contraria, considerato che ZZZ era amministratrice e legale rappresentante della s.a.s. dante causa dell’attuale s.r.l., vigente all’epoca della sottoscrizione delle fideiussioni (cfr. visura XXX doc. 7 opponenti), mentre non sono contestati gli stretti legami di parentela tra gli attuali amministratori della garantita e gli altri fideiussori; segnatamente, JJJ, Alessandra e Stefano sono figli del legale rappresentante SSS, tutti residenti al medesimo indirizzo (cfr. citazione).

Quanto al credito ingiunto, avente ad oggetto il pagamento del saldo finale a debito dei rapporti facenti capo a XXX s.r.l., l’importo preteso si reputa liquido sulla base della produzione in giudizio dei contratti di mutuo con la debitrice principale (docc. 1,2, opponenti), delle fideiussioni omnibus dei garanti (docc. 3,4,5 opponenti), degli estratti conto analitici prodotti dall’inizio dei rapporti sino alla cessazione (gruppo docc. 12,13 opposta), nonché esigibile in forza del recesso dell’istituto di credito dai rapporti, comunicato alla debitrice tramite raccomandata A/R il 18.12.2017 (doc. 8 opposta).

Alla luce di tutto quanto premesso, consegue il rigetto dell’opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo opposto, con declaratoria di definitiva esecutività ai sensi dell’art. 653 c.p.c..

Le spese di lite seguono la soccombenza solidale degli opponenti e si liquidano, ai sensi del d.m. 55/2014 secondo i parametri di causa di valore tra € 520.001,00 ed € 1.000.000,00 di medio-bassa complessità, in complessivi € 20.000,00 per compenso professionale (€ 3.000,00 per fase di studio, € 2.000,00 per pagina fase introduttiva, € 10.000,00 per fase istruttoria, € 5.000,00 per fase decisionale), oltre accessori di legge. Sono infine da porsi definitivamente a carico degli opponenti in via solidale le spese di c.t.u., già liquidate con separato decreto del 7.5.2021.

P.Q.M.

Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita,

1. rigetta l’opposizione e, per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo del Tribunale di Sondrio n. n. 378/2018 del 27.6.2018, dichiarandolo definitivamente esecutivo;

2. condanna gli opponenti al pagamento in via solidale in favore dell’opposta delle spese di lite, liquidate in motivazione in complessivi € 20.000,00 per compenso professionale, oltre 15% spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge;

3. pone in via definitiva a carico degli opponenti il pagamento in via solidale delle spese di c.t.u., liquidate con separato decreto del 7.5.2021.

Sondrio, 19/04/2022.

Il Giudice

Atto redatto in formato elettronico e depositato telematicamente nel fascicolo informatico ai sensi dell’art.35 comma 1 d.m. 21 febbraio 2011, n.44, come modificato dal d.m. 15 ottobre 2012 n.209.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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